Quando si parla di politica è importante fissare il concetto
di “presente”, cioè cos’è attuale e cosa no. Questo per definire opportunamente
un futuro che ognuno di questi signori che combattono al loro personale guerra
per arrivare in alto, spacciandosi per "hobbisti". Magari non andrà
così, però non mi risulta che ci siano mai stati politici che si gettarono
nella mischia per sopravvivere. Per sopravvivere si lavora e, a volte, si
compare con un capello fuori posto. Cosa che alla stragrande maggioranza di
questi campioni dallo sguardo perennemente presente non capita mai e poi mai.
Forse significa qualcosa.
Ma lasciando stare i dettagli che forse sono insignificanti,
il punto è che non sono affatto convinto che questo concetto di presente sia
chiaro al pubblico, e questo per vari motivi oltre lo stranoto che
"nessuno lo informa".
Osservando la realtà, è appurato che le parti, dall'avvento
di Berlusconi in poi, si sono affannate sopratutto a cambiare nome (cosa che
sicuramente non hanno fatto per caso) così come non è stato raro che signori
eletti da una parte passassero all'altra che sulla carta si dichiarava opposta
se non antagonista (poi, se leggiamo i volantini e i programmi, tutti sono
simili ma questo è un altro discorso).
Certo è che tutto ciò ha alimentato e continua ad alimentare quelle lunghe e
tediose chiacchiere che servono soltanto a mettere di cattivo umore perché
tanto, nulla esclude che più di un qualcuno voti a da una parte per poi
raccontare di essere dell’altra: l’Italia, come dice quel tizio che incontro
nei posti più impensabili, non è un luogo di ferrea carenza e lealtà. (Ok,
così, citandolo, lo faccio contento, va).
Nonostante questo, ci si ostina a considerare l’elettore di sinistra o di
destra come se la manifestazione di voto (la “x” sulla scheda) si trattasse di
un qualcosa scritto nel segmento 21 del codice genetico di chiunque entri in un
seggio.
A questo punto, non credo sia snob considerare quest’idea di identikit
dell’elettore una colossale cazzata.
Affermata questa sintesi molto spiccia, poi, possiamo dilungarci a discutere
sul cosa ci sia dietro il caos comunicativo innescato dalla miriade di rivoli,
tra i quali svettano, in disordinato elenco, varie "fonti":
cominciamo con a) le molte inutili radio libere solo ai tempi che si credeva
che i bambini li trovavano sotto il cavolo, che tra un “brano” e l’altro, tra
una pubblicità e l’altra, ci innaffiano di insopportabili “news-fotocopia”
dentro la nostre macchine (tutte complete di autoradio o la macchina è da
buttare) dove trascorriamo quotidianamente “tot-tempo”; b) i quotidiani che si
sono auto-evirati molti anni fa rendendosi sudditi della televisione e, da non
dimenticare, il più recente gusto per c) post e tweet sedicenti “demolitori”,
lanciati tra un gattino, un cagnolino e un “mi piace” alla tipa che manda
selfie-baci mentre guida quella figata di macchina che è la Vamos à la Festa
Connect e che una percentuale importante dell’utenza internet pensa (la tipa)
di trovarla nei siti porno tanto per divertirsi a renderle la vita
insopportabile. Poi ci sono d), e), f), g), h), i) fino a x) y) e z) (come le
targhe ma facciamola breve che tanto basta e avanza per informare chi vi sta
attorno e si diverte a raccontarvi "storie originali" come gli
asciugamani comprati al discount del tessuto.
Ora, piuttosto che queste sciocchezze, che si integrano a
meraviglia con l’incessante attività d’incolpare di astrazioni fantasiose e
illazioni varie i personaggi che molto semplicemente s'invidia, è venuto a
qualcuno il dubbio che l’opinione personale, come l'invidia, non la si fonda
più sugli stessi identici elementi che invece, come si diceva allora, “facevano
opinione” nel 1968? E anche nel 1978 e pure nel 1988 quando non nel 1998?
Se ci pensiamo lucidamente, rispetto al ’68 (cito la data più lontana, anche se
in politica più d'uno la cita ancora) sono cambiate tante cose. Non solo allora
non si guardavano partite 24 ore su 24 ma anche altri gesti erano differenti.
Era diverso il modo di “andare in macchina”, com’è cambiato il modo di
cucinare, il modo di vestire, di depilarsi e di fare tante altre belle cose.
Anche il linciaggio morale era diverso, a pensarci bene. Gli altri gesti non
so, dal punto di vista dell'approccio, senz'altro, qualcosa è cambiata anche
lì.
Detto questo, alla mente normalmente lubrificata, suppongo
venga spontanea la domanda che è, approssimativamente la seguente: se tutto
cambia, come si può pensare che non possa cambiare il modo di “fare politica”?
Per quanto mi riguarda, è quasi ovvio che sono convinto di
si. Il problema è stabilire come tutto ciò sia cambiato.
Quindi, il post continua… ma sui canali a pagamento.
:-D
(Sono accettate anche le principali carte di credito, tramite
PayPal, ma vanno bene anche banali bonifici, comuni vaglia, sporchi contanti e
altro che non cito per autentico senso del pudore)
Paolo Manca.
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