Decisi da tempo, per mantenere alto il
livello della mia consapevolezza, tutelare la capacità di vivere il presente
con attenzione, utilizzare una cultura storica esperienziale e non ideologica,
di non scrivere di quei fatti che divengono quasi un mantra del “Io ci sono e
cosa ne penso”. Evitare insomma oltre
alle bufale del mezzo tecnologico del social network, anche l’omologato
pensiero per cui alla fine tutto ci riguarda e su tutto dobbiamo commentare.
Ma si sa come alle regole siano
consentiti strappi, così anche io mi lancerò in questa discussione dicendo il
mio pensiero. In realtà, no. Parlerò della mia esperienza. Perché è proprio per
questa che mi sono sentita tirata per i capelli a scriverne. Trovo di una
devastante violenza la campagna promossa dal Ministero della Salute denominata
“Fertility day “. A partire dalla scelta del nome, alle squallide dozzinali
immagini utilizzate. La fertilità, la sterilità non sono argomenti da social
network, da spot televisivo.
Quando si entra così nel privato lo
Stato deve sparire. Non ci si può
permettere di sventolare di fronte a tutti (bambini ed adolescenti compresi)
una tematica così profonda, visceralmente esistenziale , come se fosse una
partita di calcio. Penso e sono vicina alle coppie che non riescono ad avere
figli, molte le cause legate anche alla qualità della vita di cui dovrebbe
rispondere proprio il ministero e non i soggetti al Ministero.
Sono solidale con quelle giovani che
non hanno posto di lavoro garantito e che non saprebbero come mantenerlo un
figlio, e se lo negano questo diritto. Sono vicina a quelli le cui patologie
acquisite da stress e ambiente ha negato questo desiderio. Sono anche con
coloro i quali hanno scelto di non avere figli nel rispetto della propria
identità, in modo consapevole e che da sempre devono giustificare questa
scelta.
Sono vicina a loro con la mia
esperienza di primipara attempata che è riuscita miracolosamente ad avere un
figlio a 43 anni senza alcuna cura, ma dopo averlo atteso per più di vent’anni.
Dopo aver tergiversato di fronte alle domande invadenti dei parenti di turno,
dei conoscenti. Dopo aver digerito le battute inopportune, le sdolcinate
retoriche delle amiche in attesa che come lame andavano a scalfire nell’anima
il desiderio profondo di stringere una piccola mano dentro la mia.
Ecco.
Credo anche che il polemizzare sulle
immagini razziste o meno, sia solo un modo di distrarsi dal tema centrale: lo
Stato DEVE fare in modo che chi desideri procreare lo possa fare. Come succede
in molti Stati dell’Unione Europea. Con i servizi. Oltre non vado.
Parliamo di quello nelle nostre
bacheche. Anche noi abbiamo armi dialettiche usiamole in modo personale, unico.
Ribadiamo la nostra unicità… “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda
il dito”. Mi compravo gli abiti
premaman: questa nelle foto sono io a 19 anni , mentre osservo sorridente il
gioco del vento a sostegno dei miei sogni.
Anna
Borghi.
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