Sui principali quotidiani di oggi, alcuni fini politologi
dibattono sull’esito della Direzione PD di ieri. E lo fanno utilizzando la
metafora del cerino acceso. Tuttavia, pur a voler leggere con attenzione, non
si capisce, dopo ieri, in quali mani sia finito questo cerino: se in quelle
della minoranza PD o in quelle di Matteo Renzi. Perché, gli stessi
commentatori, non fanno chiarezza.
Vi spiego perché, secondo me, il fiammifero sia da
ieri nelle mani degli esponenti di Minoranza. Matteo Renzi si è presentato in
direzione ed ha calato il poker: cioè si è detto disponibile a modificare
l’Italicum. Sebbene dopo il 4 dicembre prossimo, cioè a referendum chiuso.
A ridisegnare la legge elettorale penserà, da oggi,
una apposita commissione istituita dal partito: e di questa commissione
potranno far parte due membri indicati dalla minoranza. Ma a Cuperlo non è
bastato nemmeno questo, tanto che se la modifica dell’Italicum non avverrà
prima del referendum voterà no allo stesso e successivamente si dimetterà da
deputato.
Se i calcoli non m’ingannano, mancano una cinquantina
di giorni alla tornata referendaria. Che, a conti fatti, non sono sufficienti
per modificare l’Italicum prima del voto. Innanzitutto, perché non c’è alcun
accordo con le altre forze politiche. Ma, soprattutto, perché in tanti si son
dimenticati che (cito Eugenio Scalfari in un suo editoriale del 14 agosto
scorso che ho ripescato dagli archivi):
« Il 4 ottobre la Corte Costituzionale risponderà al
procuratore di Messina e ai quesiti che quel magistrato ha sottoposto con il
consenso del tribunale della sua città. I quesiti sottoposti alla Corte
riguardano la legittimità dell'Italicum, la legge elettorale ormai in vigore e
pronta ad entrare in uso quando saranno indette le elezioni politiche. Il
tribunale di Messina ha presentato quali sono i suoi quesiti: e a quanto
possiamo valutare sono del massimo interesse. Il primo riguarda i cosiddetti
nominati da ciascuna lista cioè i capi delle liste nelle varie circoscrizioni.
La seconda questione riguarda le preferenze le quali apparentemente vengono
propagandate dagli interessati come un segno evidente di libertà».
Alla luce di questo, è chiaro come non sia politically
correct cambiare l’Italicum prima che si pronunci – il prossimo 4 ottobre - la
Corte Costituzionale. E credo che Matteo Renzi questo lo sappia benissimo. A
differenza di Cuperlo. In definitiva, la minoranza PD si è messa in un bel
pasticcio. Perché, se prima diceva no al referendum senza modificare
l’Italicum, dopo ieri ogni variazione alla legge elettorale può essere
discussa. E con tanto di Commissione dedicata. Se invece continua – come ha
fatto - a dire no al referendum malgrado si sia dimostrato che l’Italicum non è
modificabile prima del 4 ottobre, allora, a Cuperlo e compagnia non rimane che
dire che voteranno No al referendum per mere questioni di antipatia verso il
leader. Insomma, una tragedia.
Enrico Chessa
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