La Nuova
L’ex governatore è accusato di abuso
d’ufficio, il reato andrà in prescrizione a gennaio P3, i pm: «A
Carboni 9 anni, 1 a Cappellacci»
ROMA In Sardegna la P3 puntava su due
obiettivi: norme più leggere per realizzare parchi eolici ad alto valore
aggiunto e un direttore dell'Arpas, l’agenzia regionale per l’ambiente, che
garantisse una corsia preferenziale ai progetti dell'organizzazione segreta. In
un caso e nell'altro serviva un grimaldello politico per scardinare le porte
della Regione: per l’accusa era Ugo Cappellacci, uomo di Berlusconi, obbligato
dall'appartenenza e dalla riconoscenza elettorale a cedere alle pressioni di
pezzi da novanta come Denis Verdini, Marcello Dell'Utri e Flavio Carboni. È
lui, per l’accusa, ad aver «contribuito a sviare la gara pubblica per quella
poltrona».
Dopo un dibattimento pubblico durato tre
anni davanti al tribunale di Roma, i pm Rodolfo Sabelli e Mario Palazzi sono
rimasti fermi nella loro convinzione iniziale: l’ex governatore della Sardegna
è colpevole di abuso d’ufficio per aver assecondato, violando la legge, i
desideri dei suoi referenti politici e a conclusione di una requisitoria durata
15 ore nell’arco di tre udienze hanno chiesto al tribunale presieduto da Maria
Rosaria Brunetti la sua condanna a un anno di reclusione.
Quale che sia l’orientamento del
tribunale, il reato attribuito a Cappellacci - che non faceva parte della P3 -
si prescriverà a gennaio, prima ancora che parli il difensore Guido Manca
Bitti. Confermate le accuse di associazione a delinquere e di violazione della
legge Anselmi per l’anziano affarista Flavio Carboni, per il quale i due
magistrati hanno sollecitato nove anni e mezzo di carcere e per altri cinque
degli otto sardi coinvolti nel processo: la Procura ha chiesto un anno per Ignazio
Farris, che Cappellacci nominò al vertice dell’Arpas su diktat della P3, due
anni per Pinello Cossu, presidente del consorzio Tea, tre anni per la compagna
di Carboni, Antonella Pau, un anno per Maria Laura Scanu Concas, diecimila euro
di multa per il direttore di Unicredit Iglesias Stefano Porcu.
Nel complesso le richieste di condanna
sono state 18 e il solo imputato considerato non colpevole dai due pm è il
dirigente dell’area ambiente al comune di Porto Torres Marcello Garau.
Richieste di pena anche per Denis Verdini (4 anni) e per l’ex primo presidente
della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone (5 anni per corruzione), un anno e
mezzo per l’ex sottosegretario Nicola Cosentino che risponde di diffamazione e
violenza privata.
Ancora: ad Arcangelo Martino e Pasquale
Lombardi devono essere inflitti 8 anni e mezzo come promotori e organizzatori della
P3, mentre per Marcello Dell’Utri, la cui posizione era stata stralciata, il
processo va avanti davanti a un’altra sezione del tribunale. L’accusa principale
contestata è quella di aver dato vita ad una associazione che violava la legge
Anselmi sulle società segrete. Obiettivo della P3 era anche quello, secondo
l’accusa «di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali».
A Roma
- hanno detto i pubblici ministeri - fino al 2010 «non ha operato un’associazione
sovversiva ma un’associazione per delinquere caratterizzata dalla segretezza
degli scopi» che puntava da un lato a condizionare il funzionamento degli
organi costituzionali dello Stato, degli enti amministrativi e locali e
dall’altro a procurarsi finanziamenti con il coinvolgimento di imprenditori a
investire nel settore delle fonti di produzione dell’energia rinnovabile.
Questa organizzazione segreta «svolgeva un’attività di interferenza in ambito istituzionale,
sviluppando una fitta rete di rapporti e conoscenze nei settori di
magistratura, politica e imprenditoria». (m.l)
Unione Sarda
LA RIFORMA. L'ufficio legislativo della
Camera esclude l'incompatibilità «Sardegna fuori dal Senato? Sciocchezze»
I consiglieri regionali sardi non possono
fare i senatori se vince il Sì? «Una sciocchezza colossale». Parola del
sottosegretario al ministero degli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, ieri a
Cagliari per una manifestazione a favore del Sì con il presidente della Regione,
Francesco Pigliaru e l'assessore agli Affari generali, Gianmario Demuro. Il
problema dell'incompatibilità era stato posto nei giorni scorsi da alcuni
parlamentari, compreso Michele Piras di Sinistra italiana: «Come previsto
dall'articolo 17 dello Statuto speciale, l'incarico di consigliere sardo è
incompatibile con quello di senatore. E adesso?».
IL NODO «Nell'articolo 57 del testo di
riforma - ha fatto notare Bressa - è scritto che ogni Regione ha almeno due
senatori, e che Trento e Bolzano ne hanno due». Insomma, «che tutte sono rappresentate».
Solo per questo «la questione dovrebbe risolversi pacificamente». Del resto,
«quando ti siedi alla prima ora di diritto costituzionale in tutte le facoltà
d'Italia, ti spiegano che una legge successiva che affronta lo stesso tema
disciplinato da una precedente, prevale». Quanto all'incompatibilità prevista
dallo Statuto, «riguardava il vecchio Senato».
La questione è «un falso problema» anche
per il presidente della Regione Francesco Pigliaru, che ha evidenziato la «tendenza
da parte degli oppositori alla proposta di riforma costituzionale a parlare di tante
cose piuttosto che entrare nel merito». Per poi argomentare: «Nella situazione
precedente esisteva incompatibilità con i due rami del Parlamento che
descrivevano un tipo di rappresentanza e di lavoro politico in alternativa a
quello di un consigliere regionale». Ma adesso, «si entra nel Senato delle
Regioni proprio in quanto consiglieri, per svolgere nient'altro che il
prolungamento in sede ulteriore del proprio lavoro di consiglieri». Ugualmente,
Demuro ha osservato che «l'incompatibilità dell'articolo 17 fa riferimento a un
Senato che non c'è più». Quindi, «sotto il profilo della ratio della norma e
della successione di leggi nel tempo il problema non esiste».
Ad avvalorare le tre posizioni, il parere
appena formulato dall'Ufficio legislativo della Camera: «Le previsioni degli
statuti speciali sull'incompatibilità tra le cariche di consigliere regionale e
di senatore sono superate dal nuovo articolo 122, secondo comma, della
Costituzione riformata».
IL FRONTE DEL NO In mattinata, a sostenere
le ragioni del No, c'era a Cagliari il presidente del comitato
nazionale “Scelgo No” Guido Calvi. L'ex membro del Csm, ora nella minoranza
Pd, ha criticato la Riforma proprio per il «pasticcio del nuovo Senato, i cui
membri non sappiamo come verranno eletti, perché questo è rimandato a una legge
che ancora non c'è».
Oggi intanto, altra manifestazione a
favore del Sì, sempre a Cagliari, alle 10.30 al Teatro Massimo, con il
capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, chiamato a spiegare «le ragioni del sì
che rafforzano la Sardegna».
Roberto Murgia
La società Tgs ha chiesto al ministero di
avviare le ricerche tra l'area del Sinis e l'Asinara. Norvegesi a caccia di giacimenti: ecco i
rischi per l'ecosistema
I primi a scandagliare i mari a ovest
della Sardegna sono stati gli ingegneri dell'Agip: erano gli anni '60 e il
ministero dell'Industria cercava di capire se sotto il fondo, a oltre 2mila metri
di profondità, ci fossero giacimenti di petrolio. I risultati non furono definitivi,
ma è anche sulla base di questa prima ricerca che nel 1967 il Governo individuò
la «zona marina E», in cui è possibile «ricercare e coltivare idrocarburi».
Quasi 50 anni dopo la Tgs Nopec, società norvegese che cerca petrolio per conto
dei grandi gruppi, vuole approfondire il discorso. Una corsa all'oro nero che
prevede l'uso dell'air gun: si spara aria compressa in acqua e si aspetta la risposta
delle rocce, per capire se sotto il fondale ci sia quello che gli esperti
chiamano “reservoir”, cioè serbatoio.
LE RICERCHE Perché proprio in Sardegna?
«Solitamente si parte da una base di conoscenze geologiche, legate a studi
geofisici precedenti. Si cerca di ricostruire, nel modo più rigoroso possibile,
la successione di eventi geologici che hanno interessato l'area da
investigare», spiega Silvana Fais, docente di Geofisica dell'Università di
Cagliari. E gli indizi in mano alla Tgs Nopec, evidentemente, parlano di una buona
probabilità di trovare petrolio o giacimenti di gas. Dipende da come si è
formato ed evoluto il sottosuolo. Attraverso l'air gun si farà la radiografia
di un'area di 20mila chilometri quadrati che va da Mal di Ventre fino a oltre
l'Asinara.
ERE GEOLOGICHE «Con questi strumenti è
possibile ricostruire un'immagine dettagliata anche a diversi chilometri di
profondità e individuare le rocce serbatoio, che in milioni di anni hanno consentito
di intrappolare gli idrocarburi sia allo stato liquido sia gassoso», dice Fais.
«Naturalmente tutto questo deve essere fatto», avverte la docente di Geofisica,
«nel rispetto delle norme che tutelano i mammiferi marini». Già, i cetacei. La
zona in cui verrà cercato il petrolio è a pochi chilometri dal Santuario
Pelagros, dove vivono delfini, balenottere e capodogli.
I RISCHI PER GLI ANIMALI L'air gun è già
stato utilizzato nei mari della Sardegna tra il 1988 e il 1991 dalla nave
Explora dell'istituto oceanografico nazionale. Ma all'epoca la sensibilità
verso delfini e balene era diversa. «Nell'ultimo anno le procedure di
autorizzazione
per le ricerche con queste tecniche
prevedono un monitoraggio dei cetacei prima, durante e dopo l'air gun, per
capire se ci siano riflessi sugli animali», chiarisce Gianni Pavan, docente del
centro di Bioacustica dell'Università di Pavia. Per ora non ci sono certezze,
né in un senso, né nell'altro: «A livello mondiale non c'è ancora una conoscenza
approfondita. Non possiamo dire che gli effetti dell'air gun siano nocivi, né
innocui». Certo, i cannoni ad aria compressa fanno rumore. Tanto: tra i 260 e i
280 decibel. «È probabile che ci siano conseguenze negative se i cetacei sono
vicini». Quanto vicini? «Dipende dal numero di air gun e dal loro volume. E
soprattutto dal
fondale: più è basso, più si propagano le
onde».
GLI ACCORGIMENTI Le nuove norme, che la
Tgs Nopec dovrà seguire per ottenere il via libera a scandagliare il mare a
nord ovest dell'Isola, prevedono che a bordo e in acqua una parte
dell'equipaggio si occupi di registrare le eventuali reazioni dei cetacei. Ma
tenere sotto controllo le balene non è semplice: «Si può fare ben poco per monitorare
la popolazione. Ecco perché è difficile dimostrare gli eventuali danni
provocati da queste tecniche». Nel dubbio, le «prospezioni sismiche», cioè
l'air gun, sono state bloccate da qualche anno.
«La maggior parte degli scienziati, e io
sono tra questi, tendono ad applicare un principio di precauzione», dice Pavan,
«mentre i politici e le impresa cercando di mandare avanti la ricerca. In aree
ad alta sensibilità bisogna fare di tutto per ridurre i rischi. Se dalle indagini
che precedono l'opera si dovesse capire che la densità di animali è alta forse
sarebbe meglio sospendere tutto. Ma è presto per dirlo».
Michele Ruffi
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Federico Marini
skype: federico1970c
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