sabato 12 novembre 2016

"P3, i pm: «A Carboni 9 anni, 1 a Cappellacci»" - "«Sardegna fuori dal Senato? Sciocchezze»" - "Norvegesi a caccia di giacimenti: ecco i rischi per l'ecosistema sardo"



La Nuova

L’ex governatore è accusato di abuso d’ufficio, il reato andrà in prescrizione a gennaio P3, i pm: «A Carboni 9 anni, 1 a Cappellacci»

ROMA In Sardegna la P3 puntava su due obiettivi: norme più leggere per realizzare parchi eolici ad alto valore aggiunto e un direttore dell'Arpas, l’agenzia regionale per l’ambiente, che garantisse una corsia preferenziale ai progetti dell'organizzazione segreta. In un caso e nell'altro serviva un grimaldello politico per scardinare le porte della Regione: per l’accusa era Ugo Cappellacci, uomo di Berlusconi, obbligato dall'appartenenza e dalla riconoscenza elettorale a cedere alle pressioni di pezzi da novanta come Denis Verdini, Marcello Dell'Utri e Flavio Carboni. È lui, per l’accusa, ad aver «contribuito a sviare la gara pubblica per quella poltrona».

Dopo un dibattimento pubblico durato tre anni davanti al tribunale di Roma, i pm Rodolfo Sabelli e Mario Palazzi sono rimasti fermi nella loro convinzione iniziale: l’ex governatore della Sardegna è colpevole di abuso d’ufficio per aver assecondato, violando la legge, i desideri dei suoi referenti politici e a conclusione di una requisitoria durata 15 ore nell’arco di tre udienze hanno chiesto al tribunale presieduto da Maria Rosaria Brunetti la sua condanna a un anno di reclusione.

Quale che sia l’orientamento del tribunale, il reato attribuito a Cappellacci - che non faceva parte della P3 - si prescriverà a gennaio, prima ancora che parli il difensore Guido Manca Bitti. Confermate le accuse di associazione a delinquere e di violazione della legge Anselmi per l’anziano affarista Flavio Carboni, per il quale i due magistrati hanno sollecitato nove anni e mezzo di carcere e per altri cinque degli otto sardi coinvolti nel processo: la Procura ha chiesto un anno per Ignazio Farris, che Cappellacci nominò al vertice dell’Arpas su diktat della P3, due anni per Pinello Cossu, presidente del consorzio Tea, tre anni per la compagna di Carboni, Antonella Pau, un anno per Maria Laura Scanu Concas, diecimila euro di multa per il direttore di Unicredit Iglesias Stefano Porcu.

Nel complesso le richieste di condanna sono state 18 e il solo imputato considerato non colpevole dai due pm è il dirigente dell’area ambiente al comune di Porto Torres Marcello Garau. Richieste di pena anche per Denis Verdini (4 anni) e per l’ex primo presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone (5 anni per corruzione), un anno e mezzo per l’ex sottosegretario Nicola Cosentino che risponde di diffamazione e violenza privata.

Ancora: ad Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi devono essere inflitti 8 anni e mezzo come promotori e organizzatori della P3, mentre per Marcello Dell’Utri, la cui posizione era stata stralciata, il processo va avanti davanti a un’altra sezione del tribunale. L’accusa principale contestata è quella di aver dato vita ad una associazione che violava la legge Anselmi sulle società segrete. Obiettivo della P3 era anche quello, secondo l’accusa «di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali». 

A Roma - hanno detto i pubblici ministeri - fino al 2010 «non ha operato un’associazione sovversiva ma un’associazione per delinquere caratterizzata dalla segretezza degli scopi» che puntava da un lato a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali dello Stato, degli enti amministrativi e locali e dall’altro a procurarsi finanziamenti con il coinvolgimento di imprenditori a investire nel settore delle fonti di produzione dell’energia rinnovabile. Questa organizzazione segreta «svolgeva un’attività di interferenza in ambito istituzionale, sviluppando una fitta rete di rapporti e conoscenze nei settori di magistratura, politica e imprenditoria». (m.l)
Unione Sarda
LA RIFORMA. L'ufficio legislativo della Camera esclude l'incompatibilità «Sardegna fuori dal Senato? Sciocchezze»

I consiglieri regionali sardi non possono fare i senatori se vince il Sì? «Una sciocchezza colossale». Parola del sottosegretario al ministero degli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, ieri a Cagliari per una manifestazione a favore del Sì con il presidente della Regione, Francesco Pigliaru e l'assessore agli Affari generali, Gianmario Demuro. Il problema dell'incompatibilità era stato posto nei giorni scorsi da alcuni parlamentari, compreso Michele Piras di Sinistra italiana: «Come previsto dall'articolo 17 dello Statuto speciale, l'incarico di consigliere sardo è incompatibile con quello di senatore. E adesso?».

IL NODO «Nell'articolo 57 del testo di riforma - ha fatto notare Bressa - è scritto che ogni Regione ha almeno due senatori, e che Trento e Bolzano ne hanno due». Insomma, «che tutte sono rappresentate». Solo per questo «la questione dovrebbe risolversi pacificamente». Del resto, «quando ti siedi alla prima ora di diritto costituzionale in tutte le facoltà d'Italia, ti spiegano che una legge successiva che affronta lo stesso tema disciplinato da una precedente, prevale». Quanto all'incompatibilità prevista dallo Statuto, «riguardava il vecchio Senato».

La questione è «un falso problema» anche per il presidente della Regione Francesco Pigliaru, che ha evidenziato la «tendenza da parte degli oppositori alla proposta di riforma costituzionale a parlare di tante cose piuttosto che entrare nel merito». Per poi argomentare: «Nella situazione precedente esisteva incompatibilità con i due rami del Parlamento che descrivevano un tipo di rappresentanza e di lavoro politico in alternativa a quello di un consigliere regionale». Ma adesso, «si entra nel Senato delle Regioni proprio in quanto consiglieri, per svolgere nient'altro che il prolungamento in sede ulteriore del proprio lavoro di consiglieri». Ugualmente, Demuro ha osservato che «l'incompatibilità dell'articolo 17 fa riferimento a un Senato che non c'è più». Quindi, «sotto il profilo della ratio della norma e della successione di leggi nel tempo il problema non esiste».
Ad avvalorare le tre posizioni, il parere appena formulato dall'Ufficio legislativo della Camera: «Le previsioni degli statuti speciali sull'incompatibilità tra le cariche di consigliere regionale e di senatore sono superate dal nuovo articolo 122, secondo comma, della Costituzione riformata».

IL FRONTE DEL NO In mattinata, a sostenere le ragioni del No, c'era a Cagliari il presidente del comitato nazionale “Scelgo No” Guido Calvi. L'ex membro del Csm, ora nella minoranza Pd, ha criticato la Riforma proprio per il «pasticcio del nuovo Senato, i cui membri non sappiamo come verranno eletti, perché questo è rimandato a una legge che ancora non c'è».

Oggi intanto, altra manifestazione a favore del Sì, sempre a Cagliari, alle 10.30 al Teatro Massimo, con il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, chiamato a spiegare «le ragioni del sì che rafforzano la Sardegna».
Roberto Murgia


La società Tgs ha chiesto al ministero di avviare le ricerche tra l'area del Sinis e l'Asinara. Norvegesi a caccia di giacimenti: ecco i rischi per l'ecosistema

I primi a scandagliare i mari a ovest della Sardegna sono stati gli ingegneri dell'Agip: erano gli anni '60 e il ministero dell'Industria cercava di capire se sotto il fondo, a oltre 2mila metri di profondità, ci fossero giacimenti di petrolio. I risultati non furono definitivi, ma è anche sulla base di questa prima ricerca che nel 1967 il Governo individuò la «zona marina E», in cui è possibile «ricercare e coltivare idrocarburi». Quasi 50 anni dopo la Tgs Nopec, società norvegese che cerca petrolio per conto dei grandi gruppi, vuole approfondire il discorso. Una corsa all'oro nero che prevede l'uso dell'air gun: si spara aria compressa in acqua e si aspetta la risposta delle rocce, per capire se sotto il fondale ci sia quello che gli esperti chiamano “reservoir”, cioè serbatoio.

LE RICERCHE Perché proprio in Sardegna? «Solitamente si parte da una base di conoscenze geologiche, legate a studi geofisici precedenti. Si cerca di ricostruire, nel modo più rigoroso possibile, la successione di eventi geologici che hanno interessato l'area da investigare», spiega Silvana Fais, docente di Geofisica dell'Università di Cagliari. E gli indizi in mano alla Tgs Nopec, evidentemente, parlano di una buona probabilità di trovare petrolio o giacimenti di gas. Dipende da come si è formato ed evoluto il sottosuolo. Attraverso l'air gun si farà la radiografia di un'area di 20mila chilometri quadrati che va da Mal di Ventre fino a oltre l'Asinara.

ERE GEOLOGICHE «Con questi strumenti è possibile ricostruire un'immagine dettagliata anche a diversi chilometri di profondità e individuare le rocce serbatoio, che in milioni di anni hanno consentito di intrappolare gli idrocarburi sia allo stato liquido sia gassoso», dice Fais. «Naturalmente tutto questo deve essere fatto», avverte la docente di Geofisica, «nel rispetto delle norme che tutelano i mammiferi marini». Già, i cetacei. La zona in cui verrà cercato il petrolio è a pochi chilometri dal Santuario Pelagros, dove vivono delfini, balenottere e capodogli.

I RISCHI PER GLI ANIMALI L'air gun è già stato utilizzato nei mari della Sardegna tra il 1988 e il 1991 dalla nave Explora dell'istituto oceanografico nazionale. Ma all'epoca la sensibilità verso delfini e balene era diversa. «Nell'ultimo anno le procedure di autorizzazione
per le ricerche con queste tecniche prevedono un monitoraggio dei cetacei prima, durante e dopo l'air gun, per capire se ci siano riflessi sugli animali», chiarisce Gianni Pavan, docente del centro di Bioacustica dell'Università di Pavia. Per ora non ci sono certezze, né in un senso, né nell'altro: «A livello mondiale non c'è ancora una conoscenza approfondita. Non possiamo dire che gli effetti dell'air gun siano nocivi, né innocui». Certo, i cannoni ad aria compressa fanno rumore. Tanto: tra i 260 e i 280 decibel. «È probabile che ci siano conseguenze negative se i cetacei sono vicini». Quanto vicini? «Dipende dal numero di air gun e dal loro volume. E soprattutto dal
fondale: più è basso, più si propagano le onde».

GLI ACCORGIMENTI Le nuove norme, che la Tgs Nopec dovrà seguire per ottenere il via libera a scandagliare il mare a nord ovest dell'Isola, prevedono che a bordo e in acqua una parte dell'equipaggio si occupi di registrare le eventuali reazioni dei cetacei. Ma tenere sotto controllo le balene non è semplice: «Si può fare ben poco per monitorare la popolazione. Ecco perché è difficile dimostrare gli eventuali danni provocati da queste tecniche». Nel dubbio, le «prospezioni sismiche», cioè l'air gun, sono state bloccate da qualche anno.

«La maggior parte degli scienziati, e io sono tra questi, tendono ad applicare un principio di precauzione», dice Pavan, «mentre i politici e le impresa cercando di mandare avanti la ricerca. In aree ad alta sensibilità bisogna fare di tutto per ridurre i rischi. Se dalle indagini che precedono l'opera si dovesse capire che la densità di animali è alta forse sarebbe meglio sospendere tutto. Ma è presto per dirlo».
Michele Ruffi

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Federico Marini
skype: federico1970c

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