Unione
Sarda
Direttorio rinviato, nessun cenno a
rimpasto e congresso. Spissu avverte: sono temi legati «Pd, poco sprint sul
referendum» Il garante Dal Moro bacchetta l'assemblea Dem in vista del voto.
Nessuno meglio di Gianni Dal Moro in
questo momento può svolgere il compito di “garante” del Partito democratico. Se
non altro per avere la garanzia che tutti lavorino solo ed esclusivamente per
la vittoria al referendum del 4 dicembre. E non fa nulla se l'appello ha più il
,sapore dell'avviso anche a fronte del «poco entusiasmo» dimostrato finora:
tutta la storia futura del Pd si scriverà dopo il referendum.
LA MISSIONE Davanti all'assemblea dem,
riunita ieri sera a Tramatza, Dal Moro ha bacchettato tutti i presenti,
chiedendo massima dedizione e di fatto lasciando nel cassetto le altre
questioni come il rimpasto e il congresso. Non c'è molto spazio per sofismi
politici perché i conti si faranno il 5 dicembre. Possibilmente con la vittoria
del “sì” perché diversamente il clima all'interno del Pd (e quello sardo non è
esente) sarà quello della resa dei conti.
UN AVVISO Ben vengano convegni e dibattiti
ma non basta. Gianni Dal Moro vuole che si cerchino i voti
quartiere per quartiere e casa per casa. Dal Moro chiede che ci siano banchetti
in strada e che ognuno cerchi voti come se li stesse cercando per sè stesso in
campagna elettorale. Gli argomenti sono sempre gli stessi, cambiano le sfumature
che, ogni tanto, assumono contorni cupi soprattutto quando il garante
sottolinea che il giorno dopo il referendum si faranno i conti.
TUTTO RINVIATO Slitta anche la nascita
della commissione, o direttorio, che dovrà affiancare Dal Moro nell'attività
del partito. A dimostrazione che non serve dibattito davanti alla missione
unica di vincere il referendum. Ci ha tentato nel
suo intervento Giacomo Spissu a ricordare al garante che le regole per il
congresso e le questioni sul governo regionale sono interconnesse. Ma per ora
tutto rimane invariato e Dal Moro proseguirà in solitudine.
GLI INTERVENTI Davanti a previsioni
disastrose in caso di vittoria del no, tutti i dem che prendono la parola
assicurano il proprio appoggio per la vittoria. Ci sono alcune differenze
rimarcate soprattutto dagli esponenti della corrente della Traversata. Il
dirigente ogliastrino Gianluigi Piras assicura il suo sì ma non vuole sposare
la tesi che il referendum sia il giudizio universale, ed evita posizioni catastrofiche
dell'una o dell'altra alternativa. Ma soprattutto, la condizione necessaria per
sostenere la riforma è la salvaguardia dell'autonomia della Regione.
RESPONSABILITÀ C'è anche il tempo per
capire il motivo dell'arrivo del garante a guidare il partito. Il deputato Siro
Marrocu parla di una responsabilità di tutto il gruppo dirigente, incapace di
risolvere le questioni interne. Una versione dei fatti differente è quella che viene
fornita dall'ex segretario, Renato Soru, che davanti all'assemblea si è assunto
la responsabilità della situazione a causa delle proprie dimissioni.
ARRIVANO I BIG A Roma la Sardegna è data
come una delle regioni incerte, e per tirare la volata scendono in campo i big.
La settimana prossima (forse giovedì) arriverà a Cagliari il premier, Matteo
Renzi, per la firma del Patto per la città e per
alcune iniziative referendarie. Nelle prossime settimane potrebbero arrivare
anche Debora Serracchiani (vice segretaria del Pd), il sottosegretario agli Affari
regionali Gianclaudio Bressa e il ministro dell'Agricoltura, Maurizio Martina.
Matteo Sau
«Matteo contro le regole Ue? Me ne frego».
Bersani: partito arrogante. Da Juncker alla minoranza Pd: i due fronti
di attacco a Renzi
Matteo Renzi è a Frosinone e calma così i
sostenitori del Sì al referendum, colpevoli di aver iniziato a rumoreggiare
sull'evergreen D'Alema. «CASA MIA» Il premier non intende cadere «nel tranello
delle polemiche» del post-Leopolda. È
ancora forte l'eco del “fuori, fuori” urlato dalla platea fiorentina alla minoranza
Pd. Bersani e compagni non hanno gradito.
«Possono gridare fino a sgolarsi: una
pagliacciata che dimostra che in quel posto non c'è cultura politica - tuona
l'ex segretario - Mi ha colpito che nessuno dal palco abbia sedato quei cori da
operetta». Il Pd, ribadisce, «è casa mia. Non toglierò il disturbo. Quindi
stiano calmi e sereni». Bersani è a Palermo a «dire la sua» sulla riforma
costituzionale e punta i piedi. Il partito «cammina su arroganza e sudditanza»,
attacca, «io dico “dentro, dentro”, ma se il segretario dice “fuori fuori”
bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto».
«NO ALLA SCISSIONE» Nessuna ipotesi
scissione, assicurano i dirigenti della minoranza dem, ma lo strappo si fa
sempre più evidente con l'avvicinarsi del 4 dicembre. «Non esco dal Pd nemmeno
con le cannonate», assicura Roberto Speranza, pronto a votare la fiducia a Renzi anche in caso di vittoria del No. Ma
boccia i cori della Leopolda: è l'immagine «dell'arroganza del potere, più
della simpatia di chi sfida il potere», è la sentenza.
EUROPOLEMICA E di lì a poche ore per Renzi
si apre un importante fronte esterno. La bordata è del presidente della
Commissione Ue: l'Europa, spiega Jean-Claude Juncker, ha concesso una
flessibilità «di cui hanno beneficiato diversi Paesi.
Prendo per esempio l'Italia, che non smette di attaccare la Commissione a
torto. E questo non produrrà i risultati previsti».
E poi insiste: «L'Italia oggi, nel 2016,
può spendere 19 miliardi in più di quelli che avrebbe potuto spendere se non
avessi riformato il patto di stabilità nel segno della flessibilità». Sempre
parlando dell'Italia, «sarà necessario che con saggezza si prenda in considerazione
il costo dei terremoti e dei rifugiati», ma «il costo addizionale delle
politiche dedicate alla migrazione in Italia ammonta allo 0,1% del Pil, mentre
l'Italia ci aveva promesso d'arrivare a un deficit dell'1,7% nel 2017, e ora ci
propone invece il 2,4% in ragione dei terremoti e i rifugiati, con un costo si
è ridotto allo 0,1%».
«ME NE FREGO» Poi il colpo più aspro:
«Roma non deve più dire, oppure lo si può dire in realtà ma a quel punto me ne
frego, che le politiche di austerità sarebbero state proseguite da questa
Commissione così come erano state attuate in precedenza». Immediata la reazione
del premier: «Anche oggi Juncker ha criticato l'Italia. Abbiamo avuto tre terremoti
in sette anni. Ricostruiremo e metteremo in sicurezza, e piaccia o non piaccia
quelle spese saranno fuori dal Patto di Stabilità. Sono spese che riguardano la
stabilità dei nostri figli».
La Nuova
Il capogruppo Congiu al Pd: respingiamo
l’accusa strisciante che per noi conta solo la carta d’identità. Nomine Asl,
il Pds: «Azzerato il merito»
CAGLIARI La replica non poteva non esserci:
sulla sanità ormai è guerra in campo aperto fra i partiti della maggioranza.
Così dopo che il consigliere regionale del Pd Luigi Ruggeri ha accusato «alcuni alleati di essere entrati a gamba tesa sulla
Giunta all’indomani delle prime nomine del super manager dell’Asl
unica», è arrivata la risposta del Partito dei sardi. Partito che, in questi
giorni, è stato fra i più critici per l’ingresso di due continentali nello
staff del direttore generale Fulvio Moirano.
«Rispediamo al mittente – scrive Gianfranco
Congiu, capogruppo del Pds in Consiglio regionale – il paternalismo insinuante
di chi liquida come "provincialismo da carta di identità" quelle che,
invece, sono legittime pretese di equità e non discriminazione, pretese che
abbiamo posto solo su un piano esclusivamente politico».
Scritta la replica, il
Partito dei sardi va oltre: «A suo tempo siamo stati critici con la riforma
sanitaria quando dicevamo che l'inedito modello proposto, quello dell’Asl
unica, rappresentava un azzardo in un contesto come quello sardo. Siamo stati anche
esigenti nel proporre, rispetto alla riforma poi approvata, ben altra
suddivisione delle competenze insieme a poteri certo più bilanciati rispetto a
quelli assegnati al direttore generale, perché questi erano gli unici baluardi
democratico di fronte al verticismo voluto dalla Giunta.
Oggi sono queste stesse ragioni a portarci
ad interrogarci ancora di fronte alle prime nomine del direttore generale Moirano.
Nomine rispetto alle quali lo sbandierato valore "fiduciario dei
nominati" rende la competizione sul merito e sulle competenze assolutamente
residuale, per non dire irrilevante».
Fino a un’altra risposta secca sempre al Pd:
«Dite di noi – scrive Congiu – che abbiamo perso di vista gli obiettivi
generali? Sbagliato, la riduzione degli sprechi, il contenimento della spesa e
l’innalzamento della qualità dei servizi, sono e continueranno a essere i nostri
traguardi». Intanto la Cisl, col segretario generale Ignazio Ganga, ha inviato
alla Giunta una lettera in cui sollecita «l’immediata apertura del confronto
con l’assessore alla Salute Luigi Arru e il direttore generale dell’Asl unica
sul futuro della sanità. I sindacati hanno idee e proposte per restituire
efficienza al sistema e non possono essere tenuti in disparte».
Nessun commento:
Posta un commento