Unione
Sarda.
La seconda vita delle Province Fondi
ridotti, personale all'osso e competenze cedute alla Regione: ma in primavera
si vota Dovevano sparire, invece è appena nata quella del Sud Sardegna.
Più forti di tutto: le Province
sopravvivono al taglio delle risorse statali, a una legge nazionale (la
“Delrio”) che voleva di fatto sopprimerle, in ultimo anche al referendum che si
proponeva di cancellarle dalla Costituzione. Invece no, restano in vita. Anzi, nell'Isola
dal primo gennaio ne è nata una nuova, il Sud Sardegna: 107 paesi, dal Sulcis
al Sarrabus passando per Medio Campidano, Sarcidano, Trexenta e Parteolla, 357
mila abitanti. Mezza regione, Cagliari e,area metropolitana (di nuova
istituzione) esclusa.
SOPRAVVISSUTE Resta il paradosso:
perché confidando in una fine prossima, nel frattempo erano state sistemate in
un binario morto della pubblica amministrazione, sacrificando i bilanci,
riducendo personale e soprattutto competenze. Adesso che sono ufficialmente risorte,
le Province restano senza possibilità di assumere personale per concorsi,
neppure con il turn over parziale che resiste nei Comuni. E in estate si voterà
per eleggere i nuovi presidenti.
Nell'Isola in quelle “storiche” di
Sassari, Nuoro e Oristano, più il Sud Sardegna. Perché le altre quattro
(Ogliastra, Gallura, Medio Campidano e Sulcis) erano state già abolite su
decisione popolare, sull'onda di un'opinione pubblica che vede gli enti
intermedi come emblema dell'elefantiaca (e spesso
inutile) macchina burocratica italiana e dello spreco di denaro pubblico.
LA REGIONE L'assessore regionale
Cristiano Erriu, che si era schierato per il sì alla riforma
costituzionale e quindi di riflesso nella schiera dagli abolizionisti, si
dichiara pronto ad affrontare la nuova situazione alla luce della legge
regionale voluta dal centrosinistra. E saluta la nascita del Sud Sardegna,
ufficiale da avant'ieri con il trasferimento degli ultimi venti dipendenti
superstiti da quella di Cagliari e con l'istituzione del bilancio contabile
della nuova Provincia: «Auspico un cambiamento di mentalità che possa portare i
comuni sardi ad associarsi tra loro per ridurre le spese e migliorare i servizi.
Esistono fondi del bilancio
regionale assegnati proprio per consentire ai Comuni di unificare gli uffici
che non vengono né richiesti né spesi. Le Province erano nella camera della
morte, avevano subito il taglio dei trasferimenti delle aliquote su bollo auto
e assicurazioni di responsabilità civile destinate a limare di un miliardo il
debito pubblico nazionale. Adesso il risultato del referendum ha cambiato la
loro sorte, hanno delle competenze e devono essere messe nelle condizioni di
poter lavorare, fermo restando che la Regione ha previsto un ruolo importante
per le Unioni di Comuni».
LA RIFORMA Erriu, ex sindaco di
Santadi ed ex presidente dell'Anci Sardegna (l'associazione nazionale dei
Comuni d'Italia) vede comunque il bicchiere mezzo pieno: «La riforma è avviata
e procede per gradi: senza l'elezione diretta del presidente e del Consiglio
provinciale ci sarà un risparmio in Sardegna di dieci milioni di euro. E i
nuovi organismi saranno a costo zero, visto che il presidente sarà eletto tra i
consiglieri dei Comuni delle Province e che non è previsto compenso, a parte i gettoni di
presenza a carico sempre dei Municipi».
L'ANCI Più articolato il pensiero di
Pier Sandro Scano, attuale presidente dell'Anci Sardegna ed ex assessore
regionale: «Siamo in un quadro confuso a livello nazionale, dopo la vittoria
del “no” al referendum occorre una riflessione
anche in Sardegna, viste le competenze della Regione autonoma. La legge
nazionale Delrio è in gran parte un fallimento: se si è riusciti a portare
avanti l'istituzione delle città metropolitana (come
quella di Cagliari), l'auspicata fusione dei comuni sta riguardando soltanto
una ventina di municipi del centro Italia (su ottomila totali). Si va avanti di
proroga in proroga, perché tutti i sindaci vogliono salvaguardare (giustamente) identità, storia e autonomia. La
strada corretta sarebbe quella di convincere i Comuni a lavorare insieme per
migliorare i servizi e ridurre i costi. Ma in un quadro così difficile deve
intervenire lo Stato, partendo dalla lezione delle Province: sembravano
superate e invece sono risorte dalle loro ceneri».
Paolo Carta
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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970c
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