Unione
Sarda
Previsto
anche un bonus una tantum di 500 euro ai Municipi per ogni “richiedente
asilo” Quote “migranti” per ogni paese. Accordo tra Prefettura e Comuni per una
equa distribuzione.
Solo 63 Comuni sardi ospitano i
5.688 migranti attualmente presenti in Sardegna nei centri di accoglienza.
Pochi. Per meglio distribuire i richiedenti asilo nel territorio, facendo
finalmente decollare la seconda accoglienza anche nell'Isola, scatteranno le
“quote”: sei migranti per i Comuni con meno di duemila abitanti, tre ogni mille
residenti per quelli con più di duemila abitanti e due migranti ogni mille
cittadini per la città metropolitana di Cagliari. Lo Stato per incentivare
l'accoglienza, affidata sempre all'adesione “volontaria”, stanzierà ai Comuni
500 euro (una tantum) a migrante.
L'EMERGENZA Se n'è parlato ieri
mattina nella sede della Prefettura di Cagliari durante la riunione del
tavolo di coordinamento regionale dei flussi migratori non programmati.
Collegato, in videoconferenza, anche il capo del dipartimento per
l'immigrazione del Viminale, il prefetto Mario Morcone. Si è parlato
soprattutto dell'emergenza della seconda accoglienza (il Sistema di Protezione
per Richiedenti Asilo e Rifugiati, “Sprar”, è decollato in
appena nove Comuni sardi e coinvolge duecento migranti): per questo Stato,
Regione ed enti locali (rappresentati dall'Anci Sardegna) hanno stretto un
patto.
CIE NELL'ISOLA A margine
dell'incontro la prefetta di Cagliari, Giuliana Perrotta, ha inoltre confermato
che il progetto (della Regione) per la realizzazione di una struttura per la
prima identificazione nel porto di Cagliari (in occasione dell'arrivo delle navi
con i migranti) sta andando avanti. Sull'apertura di un Centro Identificazione
ed Espulsione (Cie) nell'Isola si attendono «decisioni e indicazioni precise da
parte del Ministero». L'ex scuola della polizia penitenziaria a Monastir
sarebbe la struttura destinata a diventare un Cie nel caso dovesse arrivare
l'ordine perentorio da Roma.
CACCIA ALLE ADESIONI La prima
accoglienza (affidata alle cooperative che partecipano ai bandi di gara della
Prefettura) in Sardegna ha finora funzionato. Non si può dire la stessa cosa
della seconda accoglienza, affidata ai Comuni. I migranti, una volta presentata
la richiesta di protezione, dovrebbero essere inseriti in uno Sprar: nuova
struttura e un percorso che prevede progetti di integrazione e socializzazione. «L'accoglienza», ha
spiegato la prefetta, «finora si è concentrata solo in alcuni territori. Serve
una maggiore adesione da parte dei Comuni.
Per questo, in
accordo con l'Anci, avvieremo una serie di incontri con i territori». Ora,
secondo le indicazioni dei Ministero, ci sono numeri sicuri (con le “quote”
fissate in base ai principi di proporzionalità demografica e volontarietà) e
anche un contributo (500 euro, una tantum) a migrante che finirà direttamente nelle
casse del Comune.
«È necessaria una distribuzione
razionale», ha aggiunto la Perrotta. La prefetta ha ribadito di aver chiesto al
Ministero che gli arrivi diretti degli algerini (più di mille tra il 2016 e le
prime settimane del nuovo anno) siano inseriti nella quota di migranti accolta
in Sardegna. «Non abbiamo alcuna indicazione di possibili minacce terroristiche
provenienti dai migranti o dagli arrivi diretti», ha sottolineato la prefetta.
REGIONE E ANCI Facendo decollare
finalmente gli Sprar si libereranno inoltre posti nelle strutture che si
dovrebbero occupare solo della prima accoglienza, quella immediatamente
successiva allo sbarco dei migranti dalla navi. «Faremo la nostra parte», ha
commentato l'assessore regionale all'Ambiente, Donatella Spano, «per incentivare
le adesioni dei Comuni».
Soddisfatto, ma cauto, il direttore
dell'Anci Sardegna, Umberto Oppus: «Vogliamo garanzie sui finanziamenti a
disposizione per mettere a norma le strutture che dovranno ospitare i
richiedenti asilo». L'accordo nazionale, raggiunto tra Anci e ministero
dell'Interno, dunque è una buona base di partenza: «Ora bisogna tradurre le
parole in fatti», ha concluso Oppus. L'Anci Sardegna inoltre spera che vengano
aperti in tempi rapidi i Cie, strumento «essenziale per le necessarie politiche
di rimpatrio dei non aventi diritto e di prevenzione sul piano della
sicurezza».
Matteo Vercelli
Finanziaria
regionale bocciata Entrate del bilancio nel mirino
Paci
assicura: «Già fatti i correttivi». L'opposizione: «L'assessore si dimetta»
La bocciatura della Finanziaria
regionale del 2016 decisa dalla Corte
Costituzionale più che una doccia
fredda è l'innesco di un caso
politico. La Consulta ha ritenuto
incostituzionale la copertura di un
disavanzo tecnico di 31,5 milioni di
euro ottenuto con la differenza
tra entrate e spese, di conseguenza
anche l'intera legge nelle parti
in cui viene applicato questo
disavanzo. Nonostante l'assessore del
Bilancio, Raffaele Paci, ribadisca
che la manovra «non viene in alcun
modo messa in discussione nella sua
sostanza», arrivano attacchi sia
dalla maggioranza, sia dall'opposizione
che chiede le «dimissioni
dell'assessore».
LE MOTIVAZIONI La bocciatura della
manovra è contenuta in sei pagine
di sentenza. Con l'introduzione del
bilancio armonizzato nella finanza
pubblica, vale la regola per cui a
entrate debbano corrispondere
necessariamente uscite. Nella
Finanziaria del 2016, il totale delle
entrate, rispetto a quello della
spesa non coincide. Da qui il
disavanzo tecnico di 31,5 milioni di
euro che ha portato prima
all'impugnazione da parte del
governo e poi alla bocciatura della
Corte Costituzionale, relativamente
a questa cifra.
«SITUAZIONE SANATA» L'assessore Paci
chiarisce la situazione e dice:
«La Finanziaria non è illegittima,
non è stata annullata né bocciata
ed è pienamente operativa». Nessun
dramma dunque perché
«l'impugnazione del governo
riguardava solo ed esclusivamente
l'articolo 3 del Bilancio, nella
parte sul disavanzo tecnico e una
somma pari a 31 milioni di euro».
Inoltre, «la situazione è stata già
sanata dalla Giunta prima e dallo
stesso Consiglio poi con la
variazione di bilancio promulgata il
5 dicembre scorso, purtroppo
qualche giorno dopo la sentenza
emessa il 23 novembre ma pubblicata
solo ieri». Poi, un passaggio sulle
polemiche: «Parlare di
annullamento della Finanziaria è un
atto di malafede che non fa bene
né ai sardi, perché vengono
raccontate bugie pur di screditare
l'avversario, né al dibattito
politico, inquinato e falsato da
interpretazioni che non hanno alcun
fondamento giuridico, tecnico e politico».
DATO POLITICO Non per tutti la
questione si deve fermare all'aspetto
tecnico. Il senatore ex Sel, Luciano
Uras, evidenzia il «valore
politico della vicenda». E lo fa
ripercorrendo le tappe
dall'impugnazione del governo,
quando la Regione «ha rinunciato a
costituirsi in giudizio». Per il
senatore è il segnale di «una
rassegnata sudditanza». Poi,
aggiunge: «Da troppo tempo registriamo
questi atteggiamenti subalterni e in
occasione di un'impugnazione
governativa vediamo un ripiegamento
rassegnato». Duro anche il
deputato del Centro democratico,
Roberto Capelli, all'attacco della
Giunta dei tecnici: «Hanno fallito».
Da qui l'invito alla politica
affinché «si riappropri subito del
suo ruolo. La Sardegna non può
aspettare il Pd». Parole al veleno
anche dagli ex alleati dei
Rossomori che invitano la maggioranza
a una «chiara assunzione di
responsabilità istituzionale, prima
ancora che politica, e se ne
traggano le necessarie conseguenze».
Il segretario di Rifondazione
comunista, Giovannino Deriu,
evidenzia «l'incapacità politica del
governo regionale. Prima si mette
fine a questa disastrosa legislatura
regionale meglio è per la Sardegna».
INDIPENDENZA Non contro l'assessore,
ma contro lo Stato: questa è la
posizione del segretario del Partito
dei Sardi, Franciscu Sedda.
L'accusa è per chi ha «2.200
miliardi di soldi accantonati, di cui 660
della Regione, che censura il
bilancio sardo per 31 milioni». Per
questo, Sedda ribadisce la necessità
di «correre velocemente verso
l'indipendenza».
«DIMISSIONI» Per il centrodestra c'è
solo una richiesta e sono le
«dimissioni dell'assessore». Le ha
chieste il coordinatore regionale
di Forza Italia, Ugo Cappellacci,
all'attacco di una Giunta che
«impartisce lezioni agli altri, ma
colleziona figuracce». Stessa cosa
per il capogruppo in Consiglio
regionale, Pietro Pittalis, convinto
che «non ci si può nascondere dietro
il dito del disguido tecnico. La
Finanziaria 2016 è illegittima per
un errore grossolano della Giunta
regionale». Per il capogruppo dei
Riformatori, Attilio Dedoni, «va
sottolineata la gravità delle
ripercussioni che quanto è accaduto avrà
sul fragile tessuto economico
isolano».
LA DIFESA Difende l'assessore il
capogruppo del Pd in Consiglio
regionale, Pietro Cocco. L'occasione
è il dibattito in cui è stato
dato il via libera a tre mesi di
esercizio provvisorio in attesa della
Finanziaria del 2017. Cocco ha
ricordato che «non è stato presentato
il ricorso perché avevamo capito che
c'era un errore tecnico». Poi
aggiunge: «Non mi sembrano
motivazioni sufficienti per chiedere le
dimissioni dell'assessore».
Matteo Sau
IL
DIBATTITO. Truzzu (FdI): «No alla preferenza di genere». Tunis
(FI):
«Non è una priorità» Ganau: «Subito la legge elettorale»
«La settimana prossima proporrò ai
capigruppo la modifica della legge
elettorale». Il balzo in avanti del
presidente del Consiglio
regionale, Gianfranco Ganau, per
superare lo stallo su un nuovo testo
apre il dibattito tra i partiti. Si
tratta di un intervento tecnico
perché le modifiche che il
presidente Ganau intende apportare,
riguardano soprattutto le criticità
che hanno causato i ricorsi:
doppia preferenza e rappresentanza.
Eppure, non tutte le posizioni
sono univoche, nemmeno davanti alle
criticità elencate da Ganau. I
partiti attendono le prime mosse; la
legge elettorale è comunque un
tema delicato perché determinerà gli
equilibri della prossima legislatura.
Per il vice capogruppo del Pd,
Roberto Deriu , è «giusto che il
presidente voglia mettere in
sicurezza il tema elettorale». Il fatto
che Ganau affidi agli uffici le
modifiche significa «non voler entrare
a gamba tesa nel dibattito politico,
lasciato alla dialettica dei
partiti», sottolinea l'esponente del
Pd che fa parte della
sottocommissione per la legge
elettorale.
Di parere opposto un altro
componente, il consigliere di Forza Italia,
Stefano Tunis , convinto che a «metà
legislatura non mi sembra la cosa
più urgente, a meno che il
presidente Ganau non sappia qualcosa che
noi non sappiamo e che rende urgente
un nuovo testo». Per l'esponente
di Forza Italia, comunque, la legge
va cambiata, almeno «sulla doppia
preferenza di genere, perché il
quorum va bene così». Eppure per Ganau
lo sbarramento rappresenta uno dei
peccati originali: «Ritengo che
l'esclusione di coalizioni, come
quella guidata da Michela Murgia, sia
stato un errore perché impedisce a
tanti elettori di essere rappresentati».
Infine, l'esponente di Fratelli
d'Italia, Paolo Truzzu
, che si dichiara «contrario alla
doppia preferenza di genere. Il capo
del mio partito è una donna ed è
stata scelta per la sua bravura».
Riguardo il quorum «è giusto tenerlo
al 10% per una coalizione». (m.s.)
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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