La Nuova Sardegna
D’Alema incalza:
«Nostra reazione? Una nuova lista». Renzi: «Rispetto le regole». Pd, l’ombra
lunga della scissione.
ROMA Una lista a sinistra del Pd? Partirebbe dal
dieci per cento. Per la prima volta Massimo D’Alema evoca la parola
scissione. E ammette di avere già fatto sondare il consenso della eventuale
nuova costola della sinistra. «Se Renzi volesse sbaraccare tutto
e chiedesse le dimissioni di Gentiloni senza cambiare la legge elettorale, la reazione
sarebbe una nuova lista», spiega D’Alema su Raitre, chiedendo di convocare il
congresso. «Senza congresso ci sarà una frattura nel partito, un grande partito
che viene da tante ripetute sconfitte ha bisogno di fare un congresso»,
aggiunge D’Alema dando ragione a Michele Emiliano.
Il governatore della Puglia che si è candidato
alla segreteria del Pd ha minacciato carte bollate se Renzi non indirà il congresso
anticipato prima del voto accusando l’ex premier, in caso di nuovo diniego, di
essere lui a lavorare per la scissione. Matteo Renzi è sempre più sotto
assedio. A chiedere il congresso ora non è più solo la minoranza bersaniana.
Enrico Rossi, il presidente della Toscana, anche lui candidato alla segreteria
dem, ha lanciato ieri una petizione online per chiedere al partito di
anticipare il congresso, convinto che il Pd di Renzi abbia smarrito la bussola.
Il Pd deve tornare a occuparsi delle nuove
povertà. Tornare a parlare ai giovani, ai lavoratori e ai ceti popolari, spiega
Rossi, chiedendo di cambiare strategia e leadership. La verità, dice ancora
D’Alema, è che Renzi vuole far cadere Gentiloni e andare al voto subito per un
«calcolo meschino» per far fuori tutti i dissidenti. «Il Pd non è più casa nostra»,
aggiunge un bersaniano.
Ma non è più solo la sinistra del partito a
mordere il freno verso la corsa che Renzi sembra intenzionato a fare per andare
al voto il prima possibile. Anche nell’area di Franceschini cresce il malumore.
E soprattutto, in perfetta sintonia con il Quirinale, si chiede di aspettare le
motivazioni dell’Alta Corte sull’Italicum prima di mettersi a lavorare per
uniformare i sistemi elettorali di Camera e Senato. L’obiettivo è quello di
cambiare il premio di maggioranza, che la Consulta ha salvato, dalla lista alla
coalizione.
In perfetta sintonia con le esigenze dei centristi
di Alfano. E Renzi? Prima tocca a Matteo Orfini provare a spiegare che per
statuto il congresso non può essere convocato prima di giugno. «È un passo
avanti», commenta ironico Francesco Boccia, vicino a Emiliano, che evoca un
referendum tra gli iscritti. Poi ci prova Matteo Renzi a rimettere le cose a
posto. In realtà il segretario del Pd lancia messaggi dal suo blog e sembra già
proiettato in campagna elettorale; parla di Irpef e torna a promettere che se
tornerà a Palazzo Chigi le tasse andranno giù perché è finita l’era della
sinistra che ama il fisco Dracula.
In serata però ci ripensa e dalla sua e-news prova
a spiegare di non essere interessato alla data dal voto. «Il problema non è con
quale legge si vota, visto che questo interessa solo gli addetti ai lavori che
cercando posti in parlamento». Poi affronta la questione congresso, rimandando all’assemblea
del 18 dicembre «quella - per intendersi - in cui mi è stato chiesto di non
fare il congresso straordinario ma di rispettare la tempistica e le regole
dello statuto. Se uno fa parte di una comunità deve rispettarne le regole,
no?». (m. b.)
Unione Sarda
Congresso
Pd, la sinistra alla ricerca di un candidato
La
corrente della Traversata tende la mano agli esponenti che hanno
sostenuto
il No
Un Partito democratico con una forte
connotazione sarda che acquisisca
maggiore autonomia rispetto a Roma e
che abbia nei piccoli Comuni una
risorsa fondamentale. Cominciano a
delinearsi i contorni del dibattito
che impegnerà le correnti dem sino
al 19 marzo, data prevista per il
congresso.
A fare la prima uscita pubblica sono
i rappresentanti della corrente
della Traversata, che guardano alla
sinistra del Pd e lamentano alcune
lacune che in questi mesi hanno
caratterizzato il partito. L'obiettivo
è riuscire a trovare un candidato
per la segreteria che possa
rappresentare anche la parte più a
sinistra del Pd. I rappresentanti
della Traversata guardano con
particolare attenzione a quella parte
che «ha dimostrato, anche nella
campagna referendaria, di saper
intercettare un diffuso malcontento
dell'elettorato sardo che si è
riconosciuto nella battaglia in
favore del No».
Tra questi c'è Yuri Marcialis,
assessore comunale a Cagliari e l'unico
a schierarsi pubblicamente contro la
riforma costituzionale di Renzi.
Questa fase pre-congresso, è
l'occasione per fare autocritica: «Non
sempre abbiamo saputo comunicare
un'idea di Sardegna chiara e
condivisa e si è sentita l'assenza
di una dialettica corretta,
costruttiva ma incalzante nei
confronti del governo regionale»,
scrivono gli esponenti della
Traversata. Lo sguardo, però, è rivolto
anche alle altre correnti del
partito che in questi giorni stanno
lavorando per cercare di arrivare a
una sintesi. I propositi, emersi
nelle ultime settimane, erano
orientati verso una candidatura
unitaria, anche se allo stato
attuale un percorso simile non sembra
assolutamente praticabile.
La segreteria sarà anche un discorso
generazionale, nel tentativo di
trovare tra i giovani la guida per
il Partito democratico. Così,
l'appello è a «tutte quelle
generazioni che, iniziando con noi nuovi
percorsi nei mesi scorsi, hanno
voluto testimoniare la necessità di
confrontarci sui problemi dei nostri
concittadini». (m. s.)
Presidenza
Anci, 118 voti su 377. Ciccolini: «Una vergogna»
Dopo
quattro mesi svolta tra polemiche. Il sindaco di Bortigiadas: «Un
onere
pesante» Eletto Deiana ma è scontro
La novità è che l'Anci Sardegna ha
un presidente ed è Emiliano Deiana,
sindaco di Bortigiadas, eletto per
acclamazione dai 118 sindaci
presenti all'assemblea di ieri a
Nuraghe Losa. È, però, l'unica novità
perché anche questa elezione lascia
un pesante strascico polemico
sull'Associazione dei sindaci.
L'altro candidato, il primo cittadino
di Bitti Giuseppe Ciccolini, non
accetta il verdetto e sullo
svolgimento delle elezioni attacca:
«Non c'è nessuna legittimità. Oggi
una minoranza spregiudicata ha
deciso di governare l'Anci. Mi vergogno
per loro».
LE CREPE I prossimi saranno giorni
caldi per l'associazione dei
sindaci e soprattutto per il neo
presidente che parla di «un onere
pesante, anche dal punto di vista
personale. Abbiamo deciso che non
potevamo lasciare l'associazione
senza governo». Ma sull'Anci incombe
la sentenza del ricorso presentato
da Ciccolini per contestare l'esito
delle elezioni del 23 settembre
scorso, invalidate dall'ufficio di
presidenza dell'assemblea, in cui il
sindaco di Bitti raccolse 152
voti contro i 141 di Deiana.
LA GIORNATA Dopo quattro mesi di
stallo e vari rinvii, i sindaci sardi
si sono dati appuntamento al Centro
congressi di Nuraghe Losa per
l'assemblea convocata dall'Anci per
ripetere le elezioni. In sala ci
sono circa 190 sindaci, a cui
Ciccolini propone lo slittamento delle
elezioni. Nella sua richiesta il
limite è fissato all'8 febbraio, data
prevista per la sentenza sul ricorso
dello stesso Ciccolini.
Alla fine si decide con un nuovo
voto se procedere o meno con le
elezioni: 108 votano a favore e 29
contro. Nel frattempo una parte di
sindaci lascia la sala, tra questi
anche Ciccolini, andato via prima
dell'epilogo dell'assemblea. Alla
fine Deiana viene eletto per
acclamazione con 118 voti
favorevoli, 23 in meno rispetto a quelli
raccolti in occasione della prima
assemblea ed è per questo che il
sindaco di Bitti parla di «un vero e
proprio blitz».
L'ATTACCO Una giornata che lascia
l'amaro in bocca a Ciccolini,
convinto che l'elezione di Deiana
«non sia legittima sia dal punto di
vista procedurale sia da quello
politico». L'umore del sindaco di
Bitti fa presagire un'altra tornata
di ricorsi e contestazione, così
come è successo in occasione della
prima elezione nulla. «Non si è mai
vista un'assemblea che elegge un
presidente con così pochi sindaci»,
sottolinea Ciccolini, «è un fatto
molto grave». Dissolti
definitivamente anche i propositi di
mediazione: «Se l'intenzione era
quella di trovare unità, questo non
aiuta e io non sono intenzionato a
fare sconti a nessuno».
C'è un aspetto tecnico che porta il
sindaco di Bitti a contestare
l'elezione e riguarda il quorum.
Infatti, i 152 voti raccolti
all'assemblea di settembre furono
giudicati insufficienti. «Ora 118
voti sono considerati sufficienti,
mentre a settembre i miei 152 non
lo erano», conclude Ciccolini.
IL VINCITORE Emiliano Deiana ha la
voce ancora provata da una giornata
faticosa. I numeri non sono
trionfali: «Sono consapevole che 118 voti
non sono tantissimi - dice - ma non
sono neanche pochi». L'inizio del
mandato del neo eletto presidente è
all'insegna della massima apertura
con la volontà di «coinvolgere
tutti, all'interno di un discorso
unitario dell'Anci». Nessun problema
anche per l'esito del ricorso,
presentato da Ciccolini. «Aspetterò
serenamente il pronunciamento, poi
farò le valutazioni politiche che
non escludono nessuna soluzione».
Se la sentenza non dovesse cambiare
i destini dell'Associazione, il
sindaco di Bortigiadas è deciso ad
andare avanti: «Il mio impegno sarà
quello di rendere partecipi tutti i
primi cittadini nel governo
dell'Anci». Una mano tesa verso
Ciccolini, anche se per ora la
tensione è ancora troppo alta per pensare
a qualsiasi dialogo. Deiana
rimanda al mittente qualsiasi accusa
di forzatura se non addirittura
di “blitz”, come ha evidenziato
Ciccolini per commentare le elezioni.
«C'è stata una votazione per
decidere se fare le elezioni oppure no.
Alla fine si è deciso di votare oggi
perché diversamente l'Anci
Sardegna rischiava di rimanere senza
governo». L'ultima stoccata è per
il collega di Bitti che ha
annunciato battaglie: «Così non stiamo
discutendo di politica, ma di
ricorsi. Cosa che mi appassiona davvero
poco».
Matteo Sau
PALAZZO
REGIO. Sì del Consiglio al primo documento contabile
Città
metropolitana, avvio con poche risorse
Il Consiglio metropolitano ha
approvato ieri il Documento unico di
programmazione (Dup) e il primo
bilancio di previsione della Città
metropolitana per il 2017. Nel
documento approvato (107 milioni per
l'anno in corso, 58 milioni di spesa
corrente, 24 milioni di
trasferimenti-rimborso allo Stato),
i numeri dell'ente: dalle risorse
umane (256 dipendenti) alle
partecipazioni in altre società (Cacip, 40
per cento; Parco di Molentargius, 3
per cento; Parco Gutturu Mannu,
4,1 per cento), dal piano triennale
delle opere pubbliche (interventi
per 54 milioni) agli immobili, dalle
entrate alle uscite relative al
contributo alla finanza pubblica.
LE VOCI Il sindaco Massimo Zedda ha
illustrato al Consiglio ogni voce
e passaggio del documento. Non sono
previsti accessi a mutui o
indebitamento. Rimangono in cassa
oltre 95 milioni di euro fermi per
il patto di stabilità.
È stato osservato che se è vero che
i Comuni della Città metropolitana
sono stati individuati come
destinatari dei 168 milioni di euro
relativi al “Patto per Cagliari”, è
altrettanto vero che il nuovo
ente, come tutti gli enti
territoriali, «eredita una situazione in
forza della quale lo Stato
centrale», ha sottolineato Francesco
Lilliu, consigliere e segretario
provinciale Pd, «in questi ultimi
anni ha drasticamente ridotto i
trasferimenti, determinando una
ridotta capacità di spesa, che è
tutta incentrata nell'erogazione di
servizi come la manutenzione delle
strade e delle scuole superiori
pubbliche».
IL SINDACO Il bilancio, come ha
rilevato il sindaco Zedda, «è stato
redatto in linea con quanto
contenuto nel Documento unico di
programmazione». La previsione delle
entrate non si basa su un trend
storico preciso, «ma su una
ripartizione in base alla popolazione e al
territorio dei 17 Comuni della Città
metropolitana», pari «a circa il
75 per cento del gettito annuo della
soppressa Provincia».
LA GESTIONE Il Consiglio ha
constatato che il bilancio non poteva che
essere tecnico e che le somme
contenute nel documento di spesa
dovranno essere utilizzate per la
gestione ordinaria e per lo
svolgimento dei compiti essenziali
della Città metropolitana.
CRITICITÀ Il capitolo contributi
erariali tra tra le criticità. «Non
sono previsti trasferimenti da parte
dello Stato», ha sottolineato
Fabrizio Marcello, Pd, «perché i
contributi spettanti alla soppressa
Provincia sono stati quasi azzerati
fin dal 2012». (p. p.)
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La Nuova
Il
sindaco di Bortigiadas è scelto per acclamazione da 118 colleghi isolani
Ma
Ciccolini, che ha abbandonato con altri l’assemblea, contesta il risultato
Anci,
viene eletto Deiana ma c’è già un ricorso
di Luca Rojch
SASSARI Presidente a orologeria. La
sfida tra Giuseppe Ciccolini ed
Emiliano Deiana per la guida
dell’Anci finisce, per ora, con
l’elezione del sindaco di
Bortigiadas. Vittoria imbottita di polemiche
che avrà un seguito in tribunale.
Ciccolini non la prende benissimo e
su Facebook non lo nasconde: «Siete
inadeguati, mi vergogno per voi».
La cronaca. Deiana viene eletto per
acclamazione da 118 sindaci
rimasti in aula fino al pomeriggio.
Ma prima del voto c’è stata una
lunga giornata di trattative. Ad
Abbasanta si presentano poco più di
190 primi cittadini, su 377. Non
troppi.
In sala ci sono anche i due
candidati: Ciccolini e Deiana.
Sull’assemblea dominava l’incognita se
votare o no. Alla fine si decide di
aprire il seggio ed eleggere il
presidente. Ciccolini non ci sta. Va
via, lo seguono un’ottantina di
sindaci. A votare restano in 118.
Tutti acclamano Deiana. Il
tribunale. Tutti penserebbero a un
lieto fine. Ma non è così. Al
contrario domina l’incertezza.
Perché questa in realtà è la seconda
votazione. Un presidente era già
stato eletto il 23 settembre. Eletto
e congelato. Giuseppe Ciccolini
aveva ottenuto 152 voti dei 304
sindaci presenti. Ma la sua elezione
era stata sospesa. Secondo la
presidenza per alcuni aspetti
formali insuperabili. Il sindaco di
Bitti ha sempre contestato questa
decisioni, certo che la volontà
dell’assemblea era netta.
Per questo in accordo con Deiana si
è
affidato a un collegio di arbitri.
Ma neanche loro sono riusciti a
prendere una decisione. Alla fine
Ciccolini ha presentato ricorso in
tribunale. Il pronunciamento è
fissato per 8 febbraio. Una settimana.
Il paradosso. Il rischio è che
l’Anci si trovi con due presidenti. Se
il tribunale dovesse dare ragione a
Ciccolini. Ma se non bastasse il
sindaco di Bitti ha annunciato che
impugnerà davanti al giudice anche
questa votazione. «Sono sereno –
dice – ma mi chiedo con quale
criterio si possa essere andati al
voto con una partecipazione così
scarsa. E ci si dimentica della
volontà già espressa da oltre 150
sindaci a settembre. In una elezione
valida. Questa è un’elezione
farsa. Una minoranza cerca di
invertire le decisioni di una
maggioranza. Assumerò tutte le
decisioni necessarie per tutelare me,
chi mi ha sostenuto, e l’Anci stessa
nei confronto di chi con
arroganza vuole a tutti i costi
impadronirsi della associazione dei
comuni». E ribadisce. «Se il
tribunale l’8 febbraio mi dà ragione lui
decade». La mano tesa.
Deiana non si chiude nel fortino. Al
contrario.
«Credo fosse necessario dare una
svolta dopo quattro mesi – dice –.
Ora attenderemo cosa dice il giudice
e poi valuteremo con tutti i
sindaci sardi cosa fare. Spero tanto
che Ciccolini e tanti altri
partecipino da protagonisti nella
vita dell’Anci. Io prendo con
responsabilità il peso di questa
carica». Sindaci vs Regione. Deiana
parla già da presidente e punta
dritto sulla contrapposizione tra
sindaci e Regione che in questi
giorni è diventata centrale. «Alcune
scelte della Regione non le
condivido – spiega –, ma io vedo margini
per correggere il tiro.
Queste decisioni danneggiano le
comunità.
Credo ci si debba sedere intorno a
un tavolo. Da oggi mi attiverò per
aprire i canali del dialogo. Ma io
non penso che ci siano le
condizioni per parlare di un partito
dei sindaci». Partiti e
frammenti. Controluce si riesce a
vedere dietro questo pasticcio
dell’elezione infinita, durata oltre
quattro mesi le battaglie interne
al Pd. La lotta tra correnti Dem ha
condizionato in modo evidente il
voto. Le simpatie di una buona fetta
del Partito democratico erano per
Ciccolini, che dalla sua era
riuscito ad avere anche l’appoggio di una
parte dei primi cittadini di
centrodestra. Ma sarebbe una lettura
errata vedere l’elezione di Deiana
come la vittoria della ribellione
alla lotta di correnti. Il sindaco
di Bortigiadas, per dna lontano
agli alambicchi delle correnti, non
ha chiesto un appoggio a una delle
anime del Pd. Ma nel voto di oggi ha
avuto un peso la lotta infinita
tra le diverse anime in litigio
perpetuo del Pd.
Il
segretario regionale Ignazio Ganga lancia l’allarme: addetti al
minimo
storico. Il rilancio già in questa Finanziaria
Cisl:
la Regione non dimentichi l’industria
CAGLIARI Otto azioni positive da
intraprendere subito e, assieme,
riportare nel dibattito regionale la
questione industriale «non
pienamente centrale, nonostante
alcuni sforzi compiuti, nelle
strategie di sviluppo della
Sardegna». La prima occasione per
promuovere la discussione è alla
porte: il confronto sulla legge
finanziaria 2017.
Usa toni decisi Ignazio Ganga,
segretario regionale
della Cisl, che chiede un nuovo
progetto industriale per l’isola dove
«il numero di addetti è sceso al
minimo storico del 10,2 per cento del
mercato del lavoro regionale, parte
dei quali coinvolti in Cig o
mobilità». «Una solida base
industriale in Sardegna è condizione
indispensabile per uno sviluppo di
lungo periodo e per la crescita
economica - dice Ganga -. Una nuova
strategia manufatturiera, da
tenere presente anche nel confronto
sulla legge finanziaria, è l’unica
alternativa al pesante rischio di
deindustrializzazione». Ganga dice
che la strada da percorrere comincia
innanzitutto con «la ripresa del
dialogo con il governo centrale e
una forte azione settoriale della
Regione, senza perdere tempo.
Serve una nuova determinazione per
non
dover assistere impotential declino
dell’apparato industriale sardo
che registra la scomparsa di interi
settori (vedi il tessile della
Sardegna centrale) mentre lascia in
attesa di risposte alcuni
importanti realtà produttive dei
poli industriali di Porto Torres,
Portovesme, Assemini, Ottana e
Arbatax». Scendendo nella concretezza
dei problemi, Ganga mette al primo
posto l’attuazione di un documento
fondamentale, il Patto per la
Sardegna, sottoscritto a Sassari il 29
luglio 2016 tra Regione e Governo,
«utile a portare a soluzione la
questione energetica,
infrastrutturale el’annoso problema
dell’insularità e della contnuità
territoriale per le merci tese a
pareggiare le condizioni competitive
rispetto alle altre regioni».
Poi: Eni e Fincantieri «devono
essere richiamati alle loro
responsabilità» ma Ganga chiede
anche che si promuova «una nuova fase
di scouting sul panorama industriale
privato nazionale ed estero per
irrobustire il tessuto produttivo
regionale». Il progetto di Industria
4.0 «è importante» e qui devono
convergere i progetti di innovazione.
Ganga continua la lista con le
vertenze storiche in drammatica attesa
di una risposta (da Alcoa a Vesuvius
a Ottana Polimeri) e punta
l’attenzione sulla chimica verde:
settore con un gran futuro
realizzato però soltanto al 30 per
cento con soli 200 milioni di euro
investiti su 700 programmati.
Su questo, occorre «un supplemento
di
analisi e valutazione da parte di
Regione e Governo». Porto Torres va
guardata con attenzione perché è neo
area di crisi con la centrale di
Fiumesanto non più destinataria
dell’investimento per il quinto
gruppo. La carrellata continua tra
Ogliastra, Ottana e il Sulcis, dove
Enel si disimpegna condizionando gli
investimenti alla ripartenza
delle industrie energivore. Il dibattito,
insomma, è urgente
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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