Partiti senza
soluzione. Nostalgia di uomo forte.
«C’è nostalgia di un nuovo Mussolini» è la notizia
inquietante che spiccava ieri tra le notizie dell’agenzia AdnKronos. E se c’è
questa nostalgia, «la colpa è di Gentiloni e Boldrini» dice, interpellato, Matteo
Salvini. Lasciamo stare l’accusa a Gentiloni e Boldrini, che sa tanto di
propaganda elettorale, e guardiamo al resto: c’è nostalgia di Mussolini.
Domandiamoci perché, e in che senso. C’è nostalgia
e voglia e attesa di un uomo forte, che faccia subito quel che il governo rimanda
continuamente. Noi dobbiamo votare, e prima o poi voteremo. Più probabile “poi”
che “prima”. Perché non abbiamo una legge elettorale che metta d’accordo tutti,
e ci troviamo in questa condizione: o votiamo presto con una legge imperfetta o
rimandiamo le votazioni in attesa della legge.
Siamo una democrazia paralizzata. La gente non
capisce come mai, a settant’anni dalla nascita della repubblica, non abbiamo
ancora una legge condivisa, che ci permetta di votare. La gente ha ragione. E
non capisce perché questa legge non si faccia in fretta. Anche qui ha ragione.
Il fatto è che le forze politiche esaminano le
diverse formule di leggi calcolando a priori chi vincerebbe secondo l’una o
secondo l’altra. Ogni schieramento politico è pronto a votare la legge che
farebbe vincere lui. La legge prima o poi si farà, perché è indispensabile, ma
il fatto è che in questo momento abbiamo nel nostro Paese due e forse tre
schieramenti che si equivalgono, individuarne uno prevalente è difficile, e per
questa difficoltà la legge slitta. La gente aspetta invano. La vanità dell’attesa
la esaspera. Vorrebbe la legge subito. E chi potrebbe accontentarla?
Un nuovo Mussolini. Ma ci sono altri interventi
che la gente vorrebbe con priorità anche maggiore. Lavoro agli italiani prima che
agli stranieri, assistenza ai terremotati immediata, e immediata soluzione del
problema delle banche insolventi. Il problema delle banche insolventi suscita
nella gente due reazioni avverse, una economica (ci han rubato i nostri soldi)
e una giuridica (non vogliono punire nessuno, si proteggono tra loro).
La gente si fa un’idea dei governanti e dei
giudicanti come inattivi perché deboli o incapaci o corrotti. Anche questo
contribuisce a creare la voglia di un nuovo Mussolini. La gente pensa (non a
torto) che il groviglio di problemi che impastoia la nostra politica sia come
il nodo di Gordio: c’è un nodo da sciogliere, non si troverà mai il capo o la
coda del nodo per scioglierlo, l’unica soluzione è tagliarlo con un colpo di
spada.
Ci vuole l’uomo forte, che abbia la spada e sappia
usarla. Non abbiamo idee chiare sull’uscita dall’euro, leggiamo che restare
nell’euro è una rovina ma che uscire dall’euro sarebbe una catastrofe. Non comprendiamo
perché, per entrare nell’euro, ci han fatto pagare perfino una tassa in più,
come se l’euro fosse la medicina per i nostri mali, e perché adesso sia la
fonte della nostra miseria. O la classe politica che ci ha portato nell’euro
non sapeva quel che faceva, o la classe politica che adesso non ci porta fuori
non è in grado di fare niente. Ci vorrebbe un uomo forte. Che battesse moneta da un conio italiano.
Non riusciamo a capire se l’immigrazione sia un dovere
morale o un disastro sociale, economico, civile, perché disgrega la nostra
società, impoverisce i comuni ospitanti, scardina la nostra civiltà,
introducendo civiltà incompatibili. L’immigrazione è una guerra e noi siamo
vinti senza combatterla: ci vorrebbe un uomo forte, che la combattesse e la
vincesse. Ma l’uomo forte non vince le guerre, le perde. Lo sappiamo per
esperienza.
A chi chiede un uomo forte, la risposta migliore
è: “Un altro?”. La voglia di un uomo forte è una delega ad altri di un potere
nostro: non sapendo cosa fare, vorremmo passare la decisione ad altri. È una
democrazia insicura. Non di un uomo forte abbiamo bisogno, ma di un popolo
maturo.
Unione Sarda
l
vuoto politico L'assessore regionale? Fantasma
« I piani alti non danno mai tutte le
risposte. È una storia che sento
dell'epoca di mio nonno. Eccoci qui,
la storia continua». Daniele, 33
anni, imprenditore agricolo di
Osilo, l'ha detto al TG di Videolina
mentre marciava verso il Palazzo con
tanti altri giovani accanto. Una
sintesi, la sua, di un mondo che
vuole guardare avanti anche con
ottimismo, ma che sbatte contro i
piani alti. Con i politici e i
burocrati, corresponsabili - da
generazioni - di un mondo che fa un
passo avanti e due indietro.
Il prezzo del latte di pecora era il
nervo più scoperto anche con
l'euro lontanissimo dagli incubi dei
pastori. Quanti blocchi stradali
per un litro pagato mille lire!
Oggi, a conti fatti, va persino
peggio. Eppure abbiamo versato fiumi
di latte e di parole, negli
ultimi trent'anni, invocando la diversificazione.
Tradotto: produciamo
meno Pecorino romano (la grandi
forme che vanno in America e subiscono
gli umori del dollaro e del mercato)
e più formaggi “piccoli”. Decenni
di chiacchiere. Inutili, visto che
ancora non si parla d'altro.
Daniele da Osilo il suo latte lo
trasforma in azienda, ai grandi
caseifici non dà nulla. Per molti è
una strada in salita.
A Cagliari, presi per mano, c'erano
tre generazioni di pastori e di
agricoltori, il nostro mondo. Nei
piani alti non sono stati capaci
nemmeno di fargli trovare il “loro”
assessore. Caro Daniele, la storia
continua. Tieni duro.
Emanuele Dessì
Il
partito verso il congresso
Segreteria
Pd, prove d'unità ma tanti nomi
Prove di intesa in casa Pd alla
ricerca di un candidato unitario.
Dall'area popolare-riformista che fa
riferimento a Cabras e Fadda
difficilmente arriverà l'indicazione
di un nome, proprio per
sottolineare la volontà di mantenere
fede agli impegni per trovare un
candidato che piaccia a tutti.
Eppure, tra i numerosi papabili si fa
anche il nome della deputata, Romina
Mura, che non dispiacerebbe alla
minoranza che comunque potrebbe
decidere di proporre figure interne.
Nei giorni scorsi è circolato il
nome del senatore Luigi Cucca che
però avrebbe scelto di declinare
l'invito.
Aumentano le quotazioni di
Davide Burchi, dirigente ogliastrino
del partito anche lui vicino
all'area dell'ex minoranza dem. Una
girandola che potrebbe avere anche
in Yuri Marcialis uno dei candidati,
scelto attraverso il dialogo
della sinistra Pd e della corrente
della Traversata. Lunedì prossimo
le candidature dovranno essere
ufficializzate e in questi giorni si
continua a discutere per riuscire a
capire chi otterrà l'indice di
gradimento maggiore. Infatti,
l'ipotesi di una candidatura di
Francesco Sanna, maturata nell'area
soriana, deve ottenere il lascia
passare da parte delle altre
correnti dem che, al momento non sembra
facciano salti di gioia.
Questa mattina ci dovrebbe essere un
incontro
tra soriani, ex minoranza e
popolari-riformisti, proprio per
verificare i margini di manovra per
evitare l'ennesima prova di forza
all'interno del partito. Tutto
avviene con un orecchio puntato su Roma
dove la crisi dem potrebbe
sparigliare le carte anche in Sardegna. (m.s.)
Cocco,
Lai e Pizzuto: l'assessora vada a casa. Uras e Agus: no al
valzer
delle poltrone Rimpasto,
è
guerra tra ex Sel Tre consiglieri sfiduciano Firino
Volano stracci dentro quello che
fino a poco tempo fa si chiamava Sel.
Tre dei quattro consiglieri
regionali - Daniele Cocco, Eugenio Lai e
Luca Pizzuto - hanno sfiduciato la
“loro” assessora (alla pubblica
istruzione e cultura), chiedendo al
presidente Pigliaru di mandarla a
casa, mentre a difenderla sono
intervenuti il senatore Luciano Uras e
il quarto consigliere, Francesco
Agus.
Sciolto il partito a livello
nazionale e confluiti in Sinistra
italiana alcuni suoi esponenti (non
Uras né il sindaco di Cagliari
Massimo Zedda), nell'Assemblea sarda
non ci sono state ancora
ricollocazioni ufficiali e da ieri
(in vista anche del rimpasto
dell'esecutivo che dovrebbe andare
avanti non appena il governatore
tornerà al comando) la spaccatura è
definitiva.
LA NOTA «Molte delle scelte fatte e
non fatte, dal piano straordinario
degli scavi archeologici mai
decollato, sino alla mancata approvazione
del piano di dimensionamento
scolastico, urgente e non più
prorogabile, portano alla definitiva
rottura del rapporto
fiduciario-politico con l'assessore
Claudia Firino, a cui va il nostro
affetto ma non più il nostro
sostegno politico», scrivono Daniele
Cocco, Eugenio Lai e Luca Pizzuto.
«Pertanto chiediamo al presidente
di prendere immediati provvedimenti
e di agire urgentemente per
effettuare una ridefinizione della
squadra di governo che possa essere
all'altezza delle aspettative dei
cittadini sardi».
IL SENATORE Ecco su Facebook il
senatore Uras: «L'assessora Firino è
una tra le giovani donne più
coraggiose impegnate in politica. È stata
diffusa strumentalmente l'idea che
sia possibile la sua sostituzione.
Sarebbe cosa molto sbagliata». E
aggiunge: «Tutti noi dell'area
democratica, progressista, sardista
e indipendentista avremo bisogno
di riflettere sul tempo che viviamo,
sull'esigenza di rafforzare la
piattaforma programmatica per la
Sardegna, di intensificare il
confronto con lo Stato, di
coinvolgere tutte le istituzioni sociali e
politiche dell'autonomia. Nel
frattempo non preoccupiamoci di
sostituire chi con impegno lavora.
Piuttosto diamo una risposta forte
designando gli assessori vacanti,
dell'Agricoltura e degli Affari
Generali».
IN DIFESA Il consigliere Agus
ricorda che «il partito che insieme a
tanti compagni e compagne sarde
abbiamo contribuito a fondare, è stato
sciolto contro la nostra volontà»,
dunque, «le posizioni espresse
dagli ex iscritti sono da ritenersi
a titolo personale». Tutto ciò
premesso, «leggo non senza stupore
il comunicato dei colleghi.
Opinioni che non possono non
sorprendermi per l'affastellamento di
temi che meriterebbero una più
puntuale riflessione e che per la loro
importanza non andrebbero coinvolti
in discorsi che sembrano invece
più legati alle scelte di
organizzazione interna dell'assessorato
perpetrate giusto ieri (martedì, in
riferimento al cambio del capo di
gabinetto, ndr.) dall'assessore
Firino, a cui va il mio sostegno».
Continua Agus: «Rinnovo la mia
totale contrarietà all'idea che la fase
di verifica possa limitarsi a una
mera sostituzione di poltrone, alla
conta tra partiti, gruppi e correnti
e alla soddisfazione di ambizioni
personali, pur legittime. Lo sguardo
va rivolto all'esterno del
palazzo: non è di un giro di valzer
che ha bisogno la Sardegna ma di
un nuovo slancio per concludere la
legislatura».
LA COLLOCAZIONE E poi di nuovo Uras:
«Chiariscano Cocco, Lai e
Pizzuto, se appartengono al progetto
di Sinistra italiana,
incompatibile con alleanze di
centrosinistra. Noi stiamo lavorando per
rilanciare l'unità delle forze
democratiche e popolari». La risposta
dei tre non si è fatta attendere:
«Noi siamo nel centrosinistra. Siamo
e saremo disponibili a lavorare per
ricomporre l'unità della nostra
comunità politica in modo paritario
e equitario, ribadendo il rispetto
per tutti i compagni che insieme a
noi sono stati in Sel. Non cadremo
nella logica fratricida
dell'insulto: per noi la polemica si ferma
qui». Cr. Co.
D'Alema
a Cagliari ripete: rischio scissione se si vota subito, prima
il
congresso «Caro Renzi, non siamo stupidi Cambia o il Pd va a sbattere»
Chiedetegli di Renzi, tanto per
provare. Parlategli del decisionismo
che l'ex Rottamatore ha portato in
un centrosinistra a volte
inconcludente. «Guardi, io apprezzo
la determinazione di Renzi»,
risponde Massimo D'Alema sgranando
gli occhi, come se non fosse troppo
convinto: «Però è quella che ha
portato il Pd a sbattere contro un
muro. E questo lo apprezzo meno».
A Cagliari per il meeting di
Assadakah sulle politiche mediterranee,
dove si confronta su temi a lui ben
noti con interlocutori locali
(Antonello Cabras e Raimondo
Schiavone) e internazionali, D'Alema non
si sottrae alle domande sulla
situazione italiana. Anzi: ci tiene a
spiegare bene il nuovo movimento
Consenso, appena battezzato. «Non ho
nessuna voglia di fondare un mio
partito», giura: «È un movimento di
cittadini, molti fuori dai partiti,
che vogliono rinnovare un
centrosinistra asfittico, incapace
di convincere i giovani, i
lavoratori, il mondo della scuola».
Ma si può rifare il centrosinistra
senza il Pd, o senza la parte che
ha sostenuto le riforme renziane?
«Senza il Pd? Mai detto. Ho dedicato
40 minuti del mio intervento,
l'altro giorno, a dire che vorrei un
congresso del Pd. Non ho avuto
risposte, tranne insulti e una
risposta burocratica: il congresso è
previsto a ottobre».
Beh, è la verità.
«Sì, ma perché si pensava che le
Politiche fossero nel 2018. C'era una
logica. Se però si vuole anticipare
il voto bisogna anticipare anche
il congresso. Perché ci devono
rispondere in quel modo? Non siamo
stupidi, non siamo bambini».
Perché è contrario al voto
anticipato?
«Con questa legge elettorale,
consegnerebbe il Paese alla più assoluta
ingovernabilità».
Napolitano dice: in un Paese civile
si voterebbe a scadenza naturale.
«Già, mi fa molto piacere. Frase
drastica: se l'avessi detta io, sarei
stato coperto di insulti. Tuttavia
mi sento di sottoscriverla».
Prima di votare, serve una nuova
legge elettorale?
«Sì: senza le assurdità
dell'Italicum bocciate dalla Corte
costituzionale, e con una
ragionevole correzione maggioritaria. Certo
non basta armonizzare il
proporzionale tra Camera e Senato».
E sulle modalità di scelta dei
parlamentari?
«È doveroso cancellare i capilista
bloccati. Con questa frammentazione
politica, si calcola che sarebbero
435 i deputati nominati. E
vorrebbero estendere la regola al
Senato: una vergogna».
Se non verrete ascoltati, sarà
scissione?
«Io ho posto problemi concreti e li
ho posti al Pd. Poi dico: se non
verranno risposte, se non ci sarà
nessuna discussione politica, se
tutto si ridurrà a un ultimatum per
arrivare al voto quanto prima,
questo avrà un effetto scardinante.
A quel punto ognuno si sentirà
libero».
Liste alternative, quindi.
«Forse. Ma questo è stato presentato
come la voglia di fare il partito
di D'Alema. Una falsificazione
propagandistica. Capisco che dal
Nazareno si mandino veline, ma i
giornali non sono obbligati a
riportarle, è un Paese libero...
Anche Bersani in un'intervista ha
detto, giustamente, che non serve il
partito di Tizio o di Caio: ma è
stata titolata “no al partitino di
D'Alema”. Una provocazione. È
chiaro che un'eventuale alternativa
a Renzi non sarei io».
Lei critica Renzi, ma non pensa che
al centrosinistra servisse un
leader energico?
«Gli riconosco di aver suscitato
tante speranze. Molte però sono state
tradite e il Pd ha subìto varie
sconfitte di cui il gruppo dirigente
deve rispondere. Abbiamo perso Roma
e Torino, e la metà dei Comuni che
governavamo. Abbiamo perduto il
referendum con 20 punti di distacco, e
ha votato No l'82% dei giovani. Ci
sarà materia per discutere, o no?»
Non salva niente di Renzi? Per dire:
il governo Prodi discusse
vanamente di Pacs e Dico, con Renzi
è passata la legge sulle unioni civili.
«Ho apprezzato la legge sulle unioni
civili e l'ho detto. E apprezzo
la determinazione di Renzi, ma è
quella con cui siamo andati a sbattere».
Però il Paese aveva bisogno di
riforme incisive.
«Certo. Ma la grande riforma
costituzionale è stata bocciata dagli
italiani. La grande riforma
elettorale è stata bocciata dalla
Consulta. La grande riforma della
pubblica amministrazione l'ha
bloccata il Consiglio di Stato. La
grande riforma della scuola ci ha
fatto perdere i voti di molti
insegnanti e studenti. Gli ultimi dati
sull'occupazione ci dimostrano che
anche il Jobs act non funziona
tanto bene. Quindi: determinazione,
sì, ma forse c'è qualcosa da
cambiare. Mi pare invece che si
insista sulla stessa linea, senza un
minimo di riflessione».
Giuseppe Meloni
La Nuova
L’ex
premier a un convegno a Cagliari: «Non penso a un nuovo partito,
ma
voglio il congresso del Pd» D’Alema riunisce i Ds, da Cabras a Zedda
di Stefano Ambu wCAGLIARI Pci,
Ulivo, Ds, Pd, Sel. Sembra una canzone
di Rino Gaetano. Invece sono le
sigle di vecchia e nuova sinistra che
Massimo D'Alema riesce a mettere
d'accordo quando parla di politica.
Estera. Congresso adesso, congresso
dopo, voto adesso o voto dopo,
tutti insieme o liberi tutti:
questioni che rimangono sullo sfondo
quando l'ex Primo ministro parla di
delegazione politica che va a
cercare di lavorare per la pace a
Baghdad o, con nomi, cognomi e
grandi competenze, di scenari
siriani o costituzioni libanesi.
L'occasione è stata ieri sera a
Cagliari il V Meeting Internazionale
delle Politiche del Mediterraneo. Il
titolo dell'evento: "I nuovi
scenari geopolitici nel
Mediterraneo.
Le politiche dell'UE e
dell'Italia in Medio e Vicino
Oriente". A fare gli onori di casa il
presidente della Federazione
Assadakah Italia - Centro Italo Arabo e
del Mediterraneo Onlus, Raimondo
Schiavone. Argomenti: la guerra in
Siria, la lotta al terrorismo, il
ruolo del Libano nel contesto
regionale, le prospettive di
crescita della Tunisia, i rapporti con la
sponda sud del Mediterraneo e i
flussi migratori. Sala gremita. Per
ascoltare il D'Alema versione
"fuori casa" c'erano pezzi da novanta
della storia della sinistra in
Sardegna: da Antonello Cabras,
presidente della Fondazione
Sardegna, nel tavolo dei relatori al
sindaco di Cagliari Massimo Zedda,
nelle "giovanili" degli antenati
del Pd quando D'Alema se la vedeva
con Berlusconi. Poi Piersandro
Scano e tanti altri. Nelle ultime
file anche qualcuno che con il
pianeta "rosso" non
c'entra nulla. Più azzurro che rosso, ma
innamorato della politica. E quindi
anche di D'Alema. Si è parlato. E
non si poteva proprio farne a meno anche
di politica italiana. Ma,
come si dice, "a margine".
Un po' di Sardegna. «Il voto sardo –
ha
detto D'Alema prima del via al
convegno riferendosi al referendum – è
significativo anche perché manifesta
un profondo malessere. C'è uno
studio dell'istituto Cattaneo che
nella fascia di reddito medio bassa
vince il no. I poveri, gli
emarginati, la gente arrabbiata vota contro
il governo. E la Sardegna è una
regione che vive una situazione
sociale e occupazionale di grande
difficoltà. Nel voto del referendum
si riflette anche questo». Poi, per
forza di cose, l'Italia. «Non
voglio formare nuovi partiti – ha
precisato –. Io ho chiesto il
congresso del Pd. Se non ci sarà una
discussione democratica
all'interno del Pd inevitabilmente
ognuno si sentirà libero di fare
altre cose. Mai riferito a
fondazione di partiti ho parlato di un
movimento per la rinascita del
centrosinistra un po' nei termini che
oggi Bersani ha sviluppato in modo
convincente.
Mi piacerebbe
discutere democraticamente nel mio
partito. Ma questo purtroppo non ci
viene consentito». Situazione un po'
così: «Io ho chiesto il
congresso. Non ho ricevuto nessuna
riposta nel merito, ma solo
insulti. Li ho segnati, per
memoria...». Il presente e l'immediato
futuro? «Del tutto d'accordo con il
presidente Giorgio Napolitano.
Credo che sarebbe utile a tutti che
il Parlamento avesse modo di
lavorare a una legge elettorale
tendendo conto di quello che ancora
non sappiamo, cioè delle motivazioni
della sentenza della Corte
costituzionale».
Solo
Agus non firma la richiesta di dimissioni dell’esponente della
sinistra
in giunta Al centro della rottura la scelta di Uras di imporre il cambio del
capo
di gabinetto. I tre consiglieri di Sel: «Via l’assessore Firino»
CAGLIARI I compagni di Sel non sono
più uno zoccolo duro e compatto.
Senza avere ancora in tasca un’altra
tessera, Sinistra, ecologia e
libertà è svanita nel nulla a fine
anno, il fu partito di Vendola si è
sfilacciato e oggi da quelle parti
può accadere qualunque cosa. Come
questa: dopo il cambio pare brutale
del capo di gabinetto
dell’assessore alla cultura, Claudia
Firino è la quota Sel in giunta,
tre consiglieri regionali su quattro
sono sbottati. Fino al punto da
sfiduciare in pubblico chi li
rappresenta nel governo della Regione:
«Firino non ha più la nostra
fiducia», è stata la loro sentenza. Con
un effetto immediato e dirompente
sulla squadra azzoppata del
presidente Francesco Pigliaru.
Da dicembre le deleghe
all’agricoltura
e al personale sono vacanti, e ora
rischia di perdere in corsa un
terzo assessore. Sarebbe un altro
violento scossone, destinato per
forza ad accelerare quel rimpasto
ormai prossimo. Fra sette giorni? È
possibile. L’antefatto. Serve un
passo indietro per spiegare meglio
cos’ha scatenato lo scontro fra il
gruppo dei “cittadini”, Luciano
Uras, senatore della Repubblica e
Francesco Agus, consigliere
regionale, contro i “rurali”:
Daniele Cocco, Eugenio Lai e Luca
Pizzuto, anche loro consiglieri
regionali. Il senatore avrebbe deciso
e imposto la staffetta nell’ufficio
del capo di gabinetto
dell’assessorato. Nel dettaglio: il
cagliaritano Sandro Serreli al
posto del nuorese Giuseppe Dessena.
Apriti cielo: quel cambio –
secondo Pizzuto e più – sarebbe
stato un colpo di mano, o meglio una
provocazione. L’attacco. La risposta
dei “rurali” è stata immediata e
dura, con la rottura – testuale –
del «rapporto politico e fiduciario
con l’assessore Firino, alla quale
va il nostro affetto ma non più il
nostro sostegno».
Con in chiusura «l’invito al
presidente della
Regione di prendere immediati
provvedimenti e agire per ridefinire la
squadra di governo». In una sola
frase: Claudia Firino dev’essere
sollevata dall’incarico, perché non
rappresenta più «tutta Sel», ma
«solo una parte», quella dei
“cittadini”. Un affondo così forte che,
in serata, il governatore (appena
dimesso dall’ospedale) convocherà a
casa sua Pizzuto, che è anche
coordinatore regionale dell’ex partito,
e Lai. Per dir loro cosa? Con molta
probabilità questo: di
soprassedere per una settimana,
perché a breve ci sarà il rimpasto e
molto cambierà. Pare che i “rurali”
abbiano accettato l’invito. No
alla sfiducia. Ma il senatore Uras
non è rimasto certo a guardare.
Anzi, com’è nel suo carattere ha
contrattaccato. «La sfiducia – scrive
– sarebbe molto sbagliata. Non
preoccupiamoci di sostituire chi c’è e
chi con impegno lavora.
Soprattutto Claudia Firino, che è
una delle
giovani donne più coraggiose
impegnate in politica». Con una
traduzione forse ancora più
semplice: la reazione dei “rurali” è stata
esagerata. Però anche inevitabile in
un ex partito alla ricerca di un
futuro: entrerà nel Pd, oppure
fonderà un nuovo soggetto politico? È
un mistero. Che è restato tale anche
dopo l’intervento del consigliere
regionale Francesco Agus, il secondo
dopo Uras a prendere le distanze
dalla sfiducia via lettera. «Il
governo regionale – scrive – ha
bisogno di una svolta complessiva,
ma attraverso un ragionamento».
Perché «se – continua – la verifica,
per diversi motivi, è stata
interrotta nel mese di settembre,
deve riprendere subito il dialogo
interno alla coalizione, senza però
limitarsi alla sola sostituzione
di poltrone, alla conta tra partiti,
gruppi e correnti e alla
soddisfazione delle ambizioni
personali, pur legittime». È evidente:
non basterà un semplice rimpasto per
rimettere in carreggiata la
giunta. Pigliaru dovrà fare molto
altro, anche per riportare un po’ di
pace dentro Sel e perché no nel Pd.
(ua)
L’assessore
all’attacco: «Il no del Mibac contraddice quanto sostenuto
dal
governo. Ora rischia di saltare tutto» Eurallumina, Erriu contro il ministero
di Tamara Peddis wPORTOVESME
Occupazione permanente degli operai
Eurallumina di Portovesme dentro e
fuori il palazzo regionale di viale
Trento a Cagliari. Il presidio andrà
avanti fino all' 8 febbraio, data
in cui è stata aggiornata la
conferenza di servizi per il riavvio
della fabbrica. Nell'ultima fase
della lunga riunione di due giorni
fa, i rappresentanti del ministero
dei Beni e le attività culturali
hanno espresso parere negativo su un
aspetto paesaggistico.
Sull'interpretazione del Ppr, Regione
e Stato durante la conferenza
erano in contrapposizione. Sul tema
specifico ieri è intervenuto
l'assessore regionale
all'Urbanistica, Cristiano Erriu, che dopo
un'analisi dei resoconti della
riunione ha criticato la presa di
posizione del Mibac: «In attesa
dell'esito della conferenza
sull'ampliamento della vasca di
deposito dei fanghi di lavorazione
dell'Eurallumina, rimane la forte
preoccupazione per la posizione
espressa dal ministero che potrebbe
metterla in discussione o
addirittura vanificarla». L'assessore
sottolinea che la Regione,
attraverso gli uffici della tutela
del paesaggio e nelle sue funzioni
in materia paesaggistica, ha dato
parere positivo così come le altre
amministrazioni presenti.
E poi ha spiegato: «Nonostante la
Regione,
il Mise e il comune di Portoscuso,
abbiano escluso la presenza nel
sito di reperti nel Piano
paesaggistico regionale, il ministero per i
beni culturali si ostina a voler
applicare un regime di salvaguardia a
tutela di beni che non esistono solo
perché tale assenza non è stata
ancora recepita formalmente dal
Puc». Un aspetto che ha suscitato
l'indignazione anche dei consiglieri
regionali di Forza Italia. «Lo
Stato centrale cerca il pelo
nell'uovo, da un lato dichiara strategica
l'industria, dall'altro interpreta
il Ppr a suo uso e consumo», hanno
dichiarato gli azzurri Ignazio
Locci, Pietro Pittalis, Oscar Cherchi e
Stefano Tunis in delegazione al
presidio dei lavoratori per
manifestare la loro solidarietà. Gli
operai stanchi e pieni di rabbia
non intendono arrendersi. Dalla
notte del 31 gennaio occupano la sala
riunioni del palazzo regionale di
viale Trento e da ieri hanno
allestito anche un presidio esterno
permanente.
«Non molliamo, e
continueremo a vigilare fino alla
fine», hanno spiegato con la voce
affievolita dalla stanchezza i
lavoratori che lottano da anni per la
ripresa produttiva della fabbrica e
speravano di porre fine al lungo
iter burocratico con la conferenza
di servizi decisiva e vincolate per
dare avvio del progetto di
investimento dell'azienda presentato alla
regione nel 2014 per ottenere le
necessarie autorizzazioni.
L'assessore all'Urbanistica
Cristiano Erriu ha messo in forte
discussione l'atteggiamento del
ministero dei Beni culturali e
sollecita delle risposte per il
territorio.
«In questo modo i
rappresentanti del governo italiano,
con atteggiamento schizofrenico,
contraddicono le parole e i
comportamenti di apertura, in direzione
del consolidamento del polo
dell'alluminio del Sulcis, alla cui difesa
da molti mesi sono impegnati
direttamente il ministero dello Sviluppo
economico e la stessa presidenza del
Consiglio dei ministri, oggetto
per altro di accordi e intese
proposti e sottoscritti dallo stesso
governo nazionale. Ciascuno –
conclude Erriu – deve essere ora
chiamato alla responsabilità delle
proprie scelte amministrative di
fronte a territori che attendono
risposte in modo univoco, chiaro e
coerente
Unione Sarda
La
burocrazia frena Eurallumina Presidio a oltranza degli operai. L'assessore
Erriu: lo Stato disconosce decisioni precedenti
È
scontro Regione-Ministero sull'autorizzazione paesaggistica
A un metro dal traguardo, l'arrivo
si è spostato in avanti. La
decisione finale su Eurallumina
slitta alla prossima settimana e tra
gli operai esplode la protesta:
occupazione permanente della sala
riunioni del palazzo della Regione
di viale Trento, decisa nel cuore
della notte dopo la notizia dello
slittamento della conferenza dei
servizi che deve dare il via libera
al riavvio della fabbrica, e
presidio h24 nella grande tenda
montata ieri mattina nel prato verde
all'esterno del palazzo. Dentro la
sede della Regione, invece, esplode
lo scontro istituzionale.
GUERRA DI PALAZZO Il via libera al
progetto di rilancio non è
inciampato in un ostacolo
ambientale, come si potrebbe immaginare
visto che c'è in gioco la
costruzione di una centrale a carbone. A
sollevare obiezioni, dopo due
giornate molto intense di conferenza di
servizi, è il ministero dei Beni
culturali, per questioni
paesaggistiche, su una materia in
cui la Regione aveva dato il via
libera. Dura l'analisi
dell'assessore degli Enti locali Cristiano
Erriu: «È emersa una
contrapposizione tra i due rami
dell'amministrazione», dice Erriu,
«regionale da una parte, statale
dall'altra. La prima, attraverso gli
uffici per la Tutela, ha dato il
via libera, mentre la seconda si è
assunta la responsabilità di
interpretare unilateralmente le
disposizioni del Piano paesaggistico
regionale, disconoscendo peraltro
precedenti proprie decisioni ».
Insomma, un vero conflitto tra
Regione e Ministero. «Ciascuno»,
aggiunge l'assessore, «deve essere
ora chiamato alla responsabilità
delle proprie scelte amministrative
di fronte a territori che
attendono risposte in modo univoco,
chiaro e coerente».
IL PRESIDIO Ieri mattina, dopo
un'assemblea con tutti i lavoratori a
Cagliari, sul prato viene montata
una tenda. Il presidio sarà doppio:
uno dentro il palazzo, l'altro
all'esterno.
«Dopo tutto questo tempo
noi ci crediamo ancora», dicono gli
operai in tuta verde, «non può
essere che ci siano altri rinvii e
slittamenti. Vogliamo la
decisione». I lavoratori non hanno
alcuna intenzione di abbassare la
guardia: si respirano tensione,
stanchezza ma ancora tanta
determinazione. «Dopo due anni di
procedimento, con 24 enti ad avere
voce in capitolo, è possibile che si
arrivi a questo punto e spunti un
nuovo ostacolo?», commenta Giacomo
Guadagnini, dirigente regionale del
Pd, «siamo ostaggio di una
burocrazia eccessiva che sta mettendo
seriamente a rischio un investimento
prezioso per il nostro
territorio. La politica, a iniziare
dalla mia parte, deve sollevarsi e
riappropriarsi del suo ruolo».
LE REAZIONI Anche l'opposizione in
Consiglio regionale punta il dito
contro la burocrazia. «Oggi
scopriamo che il ministero per i Beni
culturali si sta soffermando a
cercare granelli di polvere in un
agglomerato industriale», dice
Ignazio Locci, consigliere di Forza
Italia. «Senza tentennamenti e
ipocrisie bisogna intervenire per
semplificare le procedure. I
cittadini non credono più nella politica
e hanno l'incubo della burocrazia».
Dalla parte opposta dei banchi del
Consiglio, Luca Pizzuto ribadisce il
sostegno agli operai. «Attendiamo
nuovi sviluppi», dice Pizzuto, «e
anche oggi esprimiamo vicinanza al
presidio permanente dei lavoratori.
Non li lasceremo soli neanche
questa volta». Rispetto al progetto
di rilancio dell'Eurallumina, in
particolare sulla nuova centrale a
carbone, Sardegna Pulita,
associazione ambientalista, si è
sempre dimostrata scettica,
presentando osservazioni nell'ambito
del Via. «Siamo solidali con chi
deve decidere», si legge in una nota
di Angelo Cremone, «da un lato ci
sono gli operai che protestano, a
ragione, per il loro posto di
lavoro. Dall'altra c'è una
maggioranza silenziosa che , seppur non
manifestando la propria opinione, ha
diritto di poter vivere e
respirare aria pulita».
Il Comune di Portoscuso, con il
sindaco
Giorgio Alimonda, sottolinea di aver
confermato con i fatti la volontà
del riavvio dell'Eurallumina.
«Abbiamo concretizzato tutti i
provvedimenti per garantire norme e
prescrizioni», dice il sindaco,
«con la classificazione degli usi
civici che gravavano sul bacino, le
autorizzazioni alle modifiche
dell'impianto Tari, le misure per
abbattere la polverosità». A
Cagliari, intanto, l'occupazione continua
ad oltranza.
Antonella Pani
CARBONIA.
In Consiglio la maggioranza lascia l'aula mentre parla il vicesindaco
La
Giunta perde un altro pezzo Si dimette l'assessore Cireddu
La Giunta pentastellata di Paola
Massidda perde un altro pezzo. Era
già accaduto lo scorso autunno con
Arianna Vinci (Politiche sociali),
il bis ieri con Riccardo Cireddu
(Lavori pubblici e Urbanistica):
l'amministratore ha lasciato
l'incarico facendo intravedere
motivazioni che, stavolta, non sono
strettamente personali come quelle
che erano state fornite dalla sua ex
collega.
LO STRAPPO «Sono entrato come
tecnico, esco da tecnico», ha voluto
laconicamente commentare ieri sera
Riccardo Cireddu, in attesa di
analizzare molto più a fondo le
cause del suo abbandono che, invece,
stando alla nota diffusa dal sindaco
in tarda serata, sono proprio
riconducibili a un dissenso. Uno
strappo che secondo l'opposizione
rappresenta una crisi del Movimento
cinque stelle. La forza grillina
ha vinto le elezioni nel
ballottaggio contro il sindaco uscente del Pd
Giuseppe Casti. Per Carbonia, da
oltre 70 anni guidata da coalizioni
di sinistra o al limite di
centrosinistra, è stato un momento storico.
La Giunta del M5S, però, a fine
estate aveva già dovuto fare i conti
con la prima defezione: per
questioni personali Arianna Vinci aveva
lasciato il posto a Loredana La Barbera.
Due mesi dopo secondo
campanello d'allarme: il consigliere
Mauro Uccheddu aveva lasciato
l'incarico di presidente della
commissione Lavori Pubblici, adducendo
cause personali ma senza mai
smentire che potessero essersi
manifestati dissapori. Normale dialettica
come nelle migliori
famiglie, ma il consigliere non
partecipa a molte sedute
dell'assemblea civica.
I DUBBI Il nuovo caso dell'ormai ex
assessore Cireddu potrebbe essere
legato all'esito dell'assemblea
civica di martedì, quando la
maggioranza ha abbandonato l'aula
mentre l'assessore Gian Luca Lai
(Cireddu era assente) illustrava il
piano particolareggiato di Campo
Frassolis (un investimento privato
ricettivo e commerciale).
L'opposizione, davanti ai banchi
rimasti completamente vuoti senza
alcuna spiegazione, ha parlato di
delegittimazione dell'assessore e
dell'intera Giunta e, ieri, la
maggioranza ha accusato di
«speculazioni politiche chi
malignamente pensa alla sfiducia».
Poi, la notizia delle dimissioni di
Cireddu: «Nella lettera di dimissioni -
scrive il sindaco - leggo con
dispiacere un presunto allontanamento
dal progetto iniziale che ci anima,
ma non condivido perché
abnegazione, competenza e
consapevolezza delle difficoltà sarebbero
dovute essere alla base della
decisione di tutti: continuiamo il
lavoro forti della fiducia ricevuta
lo scorso giugno e che
quotidianamente incassiamo dai
cittadini».
Andrea Scano
La Nuova
Oggi
il vertice a Roma tra Regione, Anci e governo per ottenere le risorse
Zedda:
«Un paradosso, lo Stato preleva più soldi di quanti ce ne trasferisce»
Province,
incontro decisivo 100 milioni o sarà il crack
di Luca Rojch wCAGLIARI L’ultima
sfida per le immortali è riuscire a
garantirsi un tesoretto per la
sopravvivenza. Le Province, cancellate
e risorte, da oggi potrebbero avere
anche un minimo di dotazione
finanziaria. Per questa mattina è
fissato l’incontro a Roma tra il
governo le Regioni e l’Anci per
discutere della distribuzione delle
risorse alle Province fatte
sopravvivere con la vittoria del no al
referendum. Nel primo documento
Sardegna e Sicilia erano state
escluse. Ma dopo la rivolta della
giunta regionale, su tutti
l’assessore agli Enti locali
Cristiano Erriu, e dei vertici dell’Anci,
con in testa il presidente nazionale
Antonio Decaro, l’approvazione
era stata sospesa.
Oggi ci si riprova e si capirà se
anche l’isola
sarà ricompresa tra le Regioni che
avranno risorse per le Province.
Erriu guiderà la delegazione sarda,
pronta alla rivolta. Allarme
rosso. Il motivo si è capito in
tutta la sua drammaticità nelle
audizioni in commissione Finanza del
consiglio regionale. Uno dopo
l’altro hanno sfilato i presidenti
delle Province. E uno dopo l’altro
hanno raccontato una storia
fotocopia. Nelle casse non c’è più un
euro. Un po’ come la macchina
rimasta senza benzina. Anche perché
all’orizzonte si prevede un 2017 da
orrore. Con nuovi prelievi per gli
enti locali sardi da parte dello
Stato. Il totale è già fissato a 107
milioni di euro. L’Sos. Il primo a
spiegare gli effetti paradossali
del pasticcio delle Province è il
sindaco della città metropolitana di
Cagliari Massimo Zedda. «La città
metropolitana trasferisce allo Stato
più di ciò che gli viene trasferito
dallo Stato in termini di risorse
– spiega –.
Di fatto finanziamo lo Stato, I
trasferimenti che arrivano
da Roma valgono appena il 16 per
cento del bilancio della città
metropolitana. Dobbiamo gestire
funzioni e competenze delicate, alcune
straordinarie, come l’accoglienza
dei migranti. Sosteniamo a nostre
spese l’assistenza a circa mille
minori non accompagnati». Alla canna
del gas. Ma la sua è quasi una
situazione privilegiata. Le altre
Province vivono in uno stato di
asfissia finanziaria. «Non abbiamo le
risorse per le manutenzione delle
strade – spiega il commissario della
Provincia di Sassari, Guido Sechi –,
né per gli edifici scolastici.
Per comprendere il quadro
finanziario della nostra amministrazione è
sufficiente considerare che se anche
tagliassimo tutte le spese il
nostro bilancio chiuderebbe lo
stesso in passivo». Identiche le
dichiarazioni degli amministratori
della provincia del Sud e di quella
di Nuoro, Giorgio Sanna e Costantino
Tidu. Gli amministratori delle
province hanno anche messo nero su
bianco il fabbisogno economico per
scongiurare il dissesto finanziario:
servono più o meno 100 milioni di
euro. I bilanci del 2016 sono stati
chiusi solo grazie a peripezie
contabili. A confermare il rischio
dissesto finanziario per il 2017 è
lo stesso assessore Erriu.
L’esponente della giunta non ha
nascosto le
difficoltà degli enti intermedi:
«forse solo la città metropolitana di
Cagliari non sarà in dissesto nel
2017». Erriu ha ricordato i diversi
tagli milionari dei trasferimenti
statali: «oltre 102 milioni di euro
in totale per il 2017». L’assessore
ha confermato la volontà di
ricorre alla Corte costituzionale
contro l’esclusione delle Province
sarde nella ripartizione delle
risorse del fondo per gli enti
territoriali.
-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca
Nessun commento:
Posta un commento