Unione Sarda
Pisapia lancia
Campo progressista e Tabacci lo incorona: «È il nuovo Prodi» Pd, anche Orlando
sfida Renzi Bersani: «La scissione c'è già»
ROMA È il giorno dopo la direzione del Pd in cui
Renzi chiude «un ciclo» e annuncia un congresso secondo «le regole della volta precedente».
E prende quota la candidatura di Andrea Orlando a sfidante per la guida del
partito. In Transatlantico l'ala “orlandiana” dei Giovani Turchi ha l'umore
alto, in attesa di domenica quando alle 10 prenderà avvio l'assemblea del
partito dove Renzi dovrebbe annunciare le dimissioni da segretario e dare così
il via al congresso.
E anche se in tv Orlando chiede di «mettere al
bando la parola scissione» e sostiene che non è tempo di parlare di una sua
candidatura, la speranza tra i parlamentari a lui più vicini è che le diverse
anime della minoranza dem, col tempo, convergano su un unico candidato e che gli
altri sfidanti - da Enrico Rossi a Michele Emiliano fino a Roberto Speranza -
si ritirino.
BERSANI. L'idea di Orlando è unire il partito
intorno a un programma, di qui la proposta di una “conferenza programmatica”.
Perché, i suoi ne sono convinti, tra maggioranza e minoranza «sono più i punti
in comune che quelli divergenti». C'è ottimismo dopo che Bersani è tornato a
ribadire: «Da qui a giugno mettiamoci alle spalle la legge elettorale, le
amministrative, poi prepariamo bene il congresso, come ha detto Orlando, con il
tempo giusto di elaborazione».
Ma perché i sogni degli orlandiani si trasformino
in realtà, va scongiurata l'uscita della minoranza. Lo stesso Bersani precisa
che è prematuro parlare di candidature e invita sia Orlando sia Franceschini a
farsi avanti. Però l'ala bersaniana non ha deciso se partecipare all'assemblea
di domenica e secondo l'ex segretario «la scissione è già avvenuta» nel popolo
del Pd. Bersani, che lunedì ha preso la parola in direzione dopo tanto tempo,
va giù duro in Transatlantico. «Siamo il Pd o il Pdr, il Partito di Renzi? -
chiede - Ce lo abbiamo un canale per discutere? Ieri ho visto solo dita negli
occhi».
L'EX SINDACO Secondo un altro attore in campo,
l'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, «è anche possibile che la
minoranza Pd non arrivi nemmeno a fare il congresso». L'addio per alcuni
sembra a un passo, si aspetta solo l'ufficializzazione. Si divideranno i
destini di Nico Stumpo, Davide Zoggia e dello stesso Roberto Speranza? Da un
lato, Sinistra Italiana aspetta a braccia aperte.
Dall'altro c'è il Centro Progressista di Pisapia, che spiega di volere «una
comunità unita, molto ampia, molto di sinistra, molto di centrosinistra» e
aperta al civismo. E per questo non entra nelle questioni del Pd. Anche perché qualcuno comincia a immaginare che l'ex sindaco
“arancione” di Milano possa unire non tanto il partito democratico quanto
l'intero campo progressista: «È lui il nuovo Prodi», lo incorona Bruno Tabacci.
ANTILEADER E per un paradosso solo apparente ieri
Pisapia confessava: «Credo e ho sempre creduto che i leader non servissero e che
diventino, purtroppo, degli uomini soli al comando. Io credo e ho sempre
creduto nel noi e non nell'io. I leader sono i giovani che vogliono tornare a occuparsi di politica, saranno
quegli uomini e quelle donne che non sono andati a votare». Un antileader.
Ovvero il leader perfetto per chi è stanco del leaderismo
renziano. Soprattutto
quando avverte: «Non voglio più vedere il
centrosinistra che governa con il centrodestra o parte della destra. È
impensabile».
LE AREE Ma per ora di impensabile, o almeno di
molto difficile, c'è un Pd che ritrova la compattezza. Se Massimo D'Alema
è il simbolo dell'ala scissionista e Bersani può essere collocato in mezzo,
Gianni Cuperlo appare del tutto contrario all'ipotesi di dividersi. E quindi
più vicino alla posizione di Orlando. «Sono molto allarmato - dice il leader di
Sinistra Dem - Continuo a credere che una divisione sarebbe una sconfitta per
chi dovesse andare e per chi dovesse rimanere. È sempre spiacevole quando ad
ammutinarsi è l'equipaggio. Ma va del tutto contro la logica se ad ammutinarsi
è il comandante».
IL MINISTRO SILENZIOSO Resta in silenzio l'altro
grande attore della scena Pd, il ministro della Cultura Dario Franceschini.
Oggi, intanto, nel primo pomeriggio i Giovani Turchi si
riuniranno alla Camera per fare il punto, sia la parte vicina a Orlando sia
quella di Matteo Orfini. Tra gli orlandiani infatti circola la convinzione che
Orfini si candiderà a reggere il partito nell'intermezzo tra le dimissioni dell'attuale
segretario e l'elezione del nuovo.
Un'altra preoccupazione che assilla i democratici
è l'affluenza all'assemblea. Da statuto è fondamentale, perché sia valida, che
partecipino almeno in 500 su mille componenti. Si vedrà domenica: sabato
intanto al teatro Vittoria, sempre a Roma, alle 11 Rossi presenterà il
manifesto dell'associazione democraticisocialisti per il lancio ufficiale della
sua candidatura.
Paci
in missione a Roma
Il
centrodestra: con lo Stato nuova vertenza
I 684 milioni di euro di
accantonamenti per il 2017, l'accesso al
fondo per i farmaci innovativi,
l'adeguamento dei livelli minimi di
assistenza, il fondo statale per le
Province e le città metropolitane
(22 milioni) e il Fondo Regioni (70
milioni): ecco le rivendicazioni
che Raffaele Paci, assessore al
Bilancio, metterà domani sul tavolo
convocato a Roma alle 12.45 dal
sottosegretario agli Affari Regionali,
Gianclaudio Bressa. Il tavolo è il
risultato dello stop imposto
giovedì dalla Conferenza
Stato-Regioni al decreto di presidenza del
Consiglio che esclude l'Isola
dall'accesso ai fondi per le Province e
le Regioni. Lo stesso giorno Paci ha
chiesto a Bressa un incontro con
il governo, poi ottenuto.
Ieri i consiglieri regionali di
Fratelli d'Italia e Forza Italia,
Paolo Truzzu e Ignazio Locci, hanno
fatto notare che, in realtà, nelle
casse della Regione mancano altri
679 milioni di euro. «Si tratta di
accantonamenti per il fondo
sanitario nazionale - spiegano - che la
Regione avrebbe a disposizione se
non avesse ritirato il ricorso
presentato dalla Giunta Cappellacci
nell'ottobre 2012 sugli
accantonamenti della sanità». Ecco
perché «la Regione deve riaprire la
vertenza con lo Stato». Ma in modo
diverso: «Il presidente del
Consiglio Ganau deve convocare gli
Stati generali della Sardegna per
un dibattito aperto sui rapporti fra
Stato e Regione, per poi spostare
la battaglia a Roma». Su questo ha
qualche dubbio Ugo Cappellacci
(Fi): «Non vedo come possa guidare la
vertenza chi ha agito come
inviato speciale del Governo
centrale, alzando bandiera bianca e
portandoci alla disfatta». (ro. mu.)
Cgil,
Cisl e Uil chiedono un «confronto serio». Arru replica: «Sempre
disponibili»
«La sanità sarda rischia il crac»
I
sindacati annunciano: lavoratori in piazza a marzo
Un carrozzone che rischia di far
ripiombare l'Isola negli anni '50,
un'operazione di macelleria sociale
con il direttore generale Fulvio
Moirano che non potrà fare altro che
tagli, anche perché il suo
contratto è vincolato ai risultati.
Questo è l'Ats per i sindacati
della funzione pubblica di Cgil,
Cisl e Uil, pronti a scendere in
piazza ai primi di marzo con i
lavoratori del comparto per denunciare
«il pericolo crollo per la sanità
sarda».
I LEA IN PERICOLO «A rischio -
attacca il segretario di Fp Cgil, Nino
Cois - sono i livelli essenziali di
assistenza, in tanti presidi
registriamo inadeguatezza a livello
di logistica e organizzazione, e
non vorremmo che a pagare fossero
ancora una volta i lavoratori». Ecco
perché all'assessore alla Sanità,
Luigi Arru, «chiediamo che si avvii
un confronto serio, sinora abbiamo
assistito solo ad annunci, mentre
la riforma sulla rete ospedaliera è
ancora bloccata in Consiglio
regionale». Per la segretaria di Uil
Fpl, Fulvia Murru, «è sufficiente
fare un giro per i presidi per
rendersi conto che la sanità va avanti
grazie al personale». Secondo
l'agenzia Agenas, ricorda Murru, «la
Sardegna si trova agli ultimi posti
in Italia per efficienza, qualità
e sicurezza». Inoltre, «mentre le
liste d'attesa diventano sempre più
lunghe, gli sprechi non si contano».
Per esempio? «Una tac comprata a
Nuoro mai utilizzata, i magazzini
pieni di protesica in disuso che
sarebbe solo da sanificare, e invece
si fanno gli appalti per
acquistare nuovi strumenti».
L'ATTACCO Nonostante la situazione,
«Arru non ci convoca», evidenzia
il segretario di Cisl Fp, Davide
Paderi. «Gli abbiamo inviato ben 14
mail di posta certificata dal 30
luglio scorso. Chiediamo un tavolo
serio, se una Giunta ha paura di
confrontarsi con dati alla mano,
significa che scappa dalle sue
responsabilità». I tre sindacalisti
sottolineano, poi, «il paradosso di
un turn over bloccato dal 2009 e
una forbice fra stipendi dei manager
e dei lavoratori sempre più
ampia».
LA REPLICA Proprio dal turn over
parte la replica Luigi Arru. «Siamo
stati costretti a bloccarlo perché
la Sardegna è regione in piano di
rientro e come tale è prevista
l'introduzione di aliquote Irap, Irpef
e del ticket sui farmaci, misure che
noi non abbiamo introdotto». Ad
ogni modo, «a breve lo sbloccheremo,
cercando di incidere su altri
sprechi, doppioni e inefficienze».
Sulla mancata convocazione delle
sigle, «siamo invece assolutamente
disponibili al dialogo». E
rispedisce al mittente «le
affermazioni sulla macelleria sociale che
non fanno parte della cultura mia e
di questa Giunta». Quanto ai Lea,
«il sindacato dimentica che per 5
anni non sono stati monitorati,
abbiamo ripreso a farlo noi».
LA ASL UNICA Men che meno condivide
la valutazione sul ritorno al
passato effetto della Asl unica:
«L'Ats rappresenta un'occasione
storica di dare pari opportunità a
tutti i cittadini sardi visto che
perché partiamo da sistema, come
documenta Agenas, partiamo da un
sistema iper frammentato al di sotto
delle soglie minime di sicurezza
e qualità».
Roberto Murgia
QUARTU
COMUNE. Il consigliere chiarisce la posizione del gruppo “Quartu riparte”
Frau:
«Avanti con Delunas e rinnovato impegno»
«Abbiamo detto al sindaco di andare
avanti ma con rinnovato impegno e
nominando assessori capaci,
competenti e autorevoli». Il consigliere
comunale Enrico Frau del gruppo
“Quartu riparte” è responsabile
cittadino dell'Upc e chiarisce quali
sono state le richieste del suo
partito al sindaco Stefano Delunas
durante l'incontro dei giorni
scorsi. «Confermo che abbiamo detto
al sindaco di andare avanti ma con
un rinnovato impegno e con una
positiva volontà di aggressione e
quindi di decisa azione risolutiva
dei diversi problemi che
interessano la città», spiega il
preside del Primo Levi che nel
novembre del 2015 è subentrato in
Consiglio comunale a Roberto
Cannarella chiamato in Giunta.
Dopo un anno nella squadra di
governo Cannarella si è dimesso e un
mese fa anche Maurizio Congiu e Anna
Rita Fois hanno restituito le
deleghe al sindaco che ora è
impegnato a incontrare tutte le anime che
compongono la sua variegata
maggioranza per riuscire a completare la
sua Giunta ed evitare il ritorno
alle urne.
Enrico Frau elenca le principali
richieste fatte al sindaco, temi che
i cittadini si aspettano da questa
coalizione: «Azioni contro il
disagio giovanile, sostegno
all'occupazione, penso ai bandi sulle
estreme povertà, impegno rispetto
alle diverse esigenze del servizio
scolastico, sviluppo dell'area umida
anche con azioni legate al
turismo e al tempo libero, impulso
al commercio cittadino anche con
iniziative culturali, e su viabilità
e parcheggi».
L'esponente dell'Upc precisa che «il
senso dell'andare avanti si
declina nella necessità della
riorganizzazione della macchina
amministrativa, anche con il
completamento della Giunta. Significa
individuazione di assessori che per
capacità, competenza e
autorevolezza sappiano ridare
impulso alla gestione
politico-amministrativa».
Marcello Zasso
ORISTANO.
Incontri tra Dem, Udc, Idee Rinnovabili e PdS. Resta
l'incognita
Tendas Il Pd si unisce al grande centro
Elezioni,
nasce la coalizione contro le liste civiche e i grillini
Una babele politica. Tra fughe in
avanti, partiti disposti a
rinunciare al simbolo e abboccamenti
vari, per gli schieramenti
tradizionali il nemico da battere
sembra il movimento civico del
regista Filippo Martinez. Ma
preoccupano anche le liste grilline (che
ancora non hanno simbolo né
certificazione) e la possibile ventata di
novità, tanto che nelle ultime ore
sta prendendo corpo l'idea di una
alleanza di centro allargata a Pd e
al resto del centrosinistra. Tutto
è ancora in divenire, di certo i
prossimi giorni saranno decisivi per
definire lo scacchiere politico.
L'INCOGNITA TENDAS La prima
incognita nel centrosinistra è legata al
sindaco Guido Tendas. Il Pd, ma
anche gli alleati dell'Upc- NoiOr, non
sono intenzionati a riproporlo e
aspettano un suo passo indietro;
qualcuno addirittura attendeva la
rinuncia ufficiale lunedì durante
l'incontro con gli ex sindaci. Ma
non è arrivata, Tendas ha solo
ribadito di essere a disposizione e
che «la sede migliore per
discuterne è il partito. Bisogna
pensare al futuro della coalizione».
Venerdì ci sarà una riunione del
direttivo cittadino: se Tendas non si
farà da parte, potrebbe essere il
partito a suggerirglielo con
fermezza. Di certo la figura
dell'attuale primo cittadino rischia di
diventare ingombrante al tavolo
delle trattative. Il Pd al momento è
solo con NoiOr e c'è una grossa parte
del partito che spinge per
allargare gli orizzonti.
IL GRUPPO DI CENTRO E si guarda al
raggruppamento di centro e forze
civiche: qui in campo ci sono l'Udc
di Giuliano Uras, il gruppo “Idee
rinnovabili” di Salvatore Ledda, il
Partito dei sardi dell'assessore
regionale Paolo Maninchedda e il
gruppo dell'ex assessore regionale
Gian Valerio Sanna. Uno schieramento
trasversale con diverse liste, in
cui c'è chi come il Partito dei
sardi è anche disposto a rinunciare al
simbolo. E la rinuncia al simbolo
potrebbe essere una condizione da
sottoporre al Pd per chiudere
l'accordo. Anche perché per i centristi,
dopo la dura opposizione in
Consiglio comunale alla Giunta Tendas,
sarebbe difficile spiegare agli
elettori un'alleanza con i Democratici.
L'UDC «Mi fa piacere l'eventuale
interessamento del Pd - commenta
Giuliano Uras - ma io al momento non
ho avuto alcun contatto
ufficiale». Le trattative però vanno
avanti frenetiche, ci sono stati
vari contatti ma nessuno al momento
si sbilancia. Secondo
indiscrezioni, sarebbe già stato
firmato un documento tra i centristi.
«A giorni definiremo gli accordi,
per ora stiamo solo discutendo»,
assicura Uras. Valeria Pinna
La Nuova
Bersani
avverte «Il Pd è già diviso» politica»i nodi
ROMA Nel “Partito di Renzi” la
minoranza non ci sta. Pier Luigi
Bersani lo dice chiaro e tondo, e
non esclude di mancare domenica in
assemblea. La scissione sembra a un
passo, all’indomani dalla
direzione del Pd in cui Matteo Renzi
ha proposto da subito l’avvio del
congresso. Anzi, attacca Bersani,
«la scissione è già avvenuta tra la
nostra gente, dovremmo tentare di
recuperarli e invece Renzi mette
loro le dita negli occhi». Bersani e
i suoi invocano la discesa in
campo di mediatori, da Dario
Franceschini e Andrea Orlando, ai “padri”
del Pd Romano Prodi e Walter
Veltroni.
Obiettivo, indurre il
segretario a un ripensamento e
tenere il congresso in autunno «Siamo a
un bivio», avvertono. Ma Renzi non
vuole cedere: ogni volta, dicono i
suoi, la minoranza alza il tiro
cercando un pretesto per rompere. «La
scissione non c’è, non si può
giocare sulle parole. Dobbiamo restare
uniti - è l’appello di Graziano
Delrio - perché divisi siamo nulla».
Con le amministrative a giugno,
osservano i renziani, il congresso non
si può che tenere a fine aprile o al
massimo a inizio maggio: non si
può tenere la campagna congressuale
mentre è in corso la campagna
elettorale. Mentre di fare un passo
indietro e convocare il congresso
a ottobre, come gli chiede Bersani,
Renzi non ne vuol sapere. Anche
perché, elenca un fedelissimo, ha
già compiuto diversi tentativi di
mediazione.
Sulle elezioni, invece, sembra
chiusa la finestra di
giugno, ma i renziani non archiviano
l’idea di un voto a settembre o
ottobre. Ieri in direzione è finita
107 a 12, ricordano i dirigenti
Dem. A favore del congresso subito e
contro la scissione è partita
anche una raccolta di firme tra
sindaci e presidenti di Regione ex Ds
ora in linea con Renzi. Domenica
l’assemblea, dopo che il segretario
avrà annunciato le sue dimissioni,
convocherà una nuova direzione per
eleggere la commissione per il
congresso: in quella sede si
decideranno le date. Franceschini
sta cercando di mediare perché le
primarie per la scelta del
segretario, che chiudono il congresso, si
facciano a metà a maggio, con le
stesse regole del 2013, per evitare
che la sinistra possa attaccarsi a
formalità come alibi per la
scissione. Anche Orlando, che
avrebbe con sé 28 deputati e 17
senatori, sta cercando di mediare e
perciò in serata incontra Gianni
Cuperlo. Orlando potrebbe essere il
candidato anti-Renzi in grado di
unire la sinistra Dem. Lui per ora
non si sbilancia: «Non è all’ordine
del giorno». A Milano, intanto, è il
giorno l’ex sindaco Giuliano
Pisapia mette sul tavolo la sua
proposta di Campo progressista, a cui
guarda con interesse parte della
minoranza Dem, tra cui il governatore
pugliese Michele Emiliano. «Non deve
più succedere che, come è
accaduto negli ultimi tre anni, dice,
che «si possa pensare che parte
del centrosinistra governi con la
destra». «La sinistra ha perso la
bussola - ha rincarato la presidente
della Camera Laura Boldrini, e se
ci sono tanti delusi è perché
qualcuno li ha delusi. La sinistra ha
deluso facendo la destra».
Cgil
Cisl e Uil: a marzo in piazza, pronti allo sciopero. L’assessore:
accuse
ingiuste Sanità, sindacati all’attacco
CAGLIARI I sindacati della sanità lo
dicono tutto d’un fiato: «Con
l’Azienda unica siamo finiti punto e
a capo. È cambiato poco o nulla.
Anzi, i servizi sono peggiorati
soprattutto per colpa della Regione
che continua a non ascoltarci». Ai
primi di marzo Cgil, Cisl e Uil
scenderanno in piazza, con una
manifestazione davanti al palazzo della
giunta e sono pronti anche a scioperare
subito dopo. «Vogliamo e
dobbiamo dare un segnale forte»,
sono state le parole di Nino Cois,
segretario regionale della
Cgil-funzione pubblica. «Da gennaio
purtroppo le relazioni sindacali
sono peggiorate non tanto con il
manager dell’Azienda unica, quanto
con l’assessore alla sanità.
Abbiamo chiesto più volte di essere
ricevuti, ma lui ci risponde
sempre che le nostre mail non gli
sono arrivate: è una beffa». Ora
basta – ha aggiunto Cois – «così
com’è la riforma rischia di far
affondare più in fretta il sistema
sanitario e mettere con le spalle
al muro i cittadini».
L’assessore Luigi Arru non è rimasto
in
silenzio, ha risposto all’attacco:
«Siamo sempre pronti al dialogo, ma
sono questi tre sindacati a sfuggire
al confronto nonostante
rappresentino meno del 50 per cento
degli oltre ventimila dipendenti
Asl e poi non devono avere paura del
futuro Per uscire dal disavanzo,
è indispensabile la collaborazione
di tutti». La requisitoria. Cgil,
Cisl e Uil più che la paura temono
però che tutto sia deciso a
tavolino senza neanche un «pur
minimo intervento reale sugli sprechi»,
che loro invece elencano. «A Nuoro
c’è un tomografo bloccato da anni e
lì le liste d’attesa sono
interminabili. Dappertutto ci sono
carrozzine buttate nei capannoni ma
le Asl continuano a ordinarne di
nuove. Poi c’è anche la zona franca
delle consulenze e degli ingaggi
degli amici degli amici: è un
disastro».
Fino all’affondo di Fulvia
Murru della Uil-funzione pubblica:
«Siamo la regione in cui i manager
della sanità sono pagati di più,
mentre noi dipendenti abbiamo gli
stipendi più bassi d’Italia». Sono
le assurdità che – ha denunciato
Davide Paderi della Cisl – «pesano
da sempre come macigni sulla sanità
sarda». Messa in crisi – è stato un
altro passaggio – «da una politica
che vuole mettere le mani negli
ospedali e poi è capace persino di
fare peggio: non decide o decide
male». Il grido l’allarme lanciato è
stato forte: «Non manifesteremo per
proteggere chissà quali privilegi,
ma solo in difesa della qualità
dell’offerta». Di recente è stata
l’Agenzia nazionale che controlla
gli standard della sanità a
confermare che la Sardegna è ancora
in fondo a gran parte delle
classifiche su costi, efficienza e
sicurezza. La soluzione – hanno
sottolineato Cgil, Cis e Uil – non
può essere certo solo l’Azienda
unica, che ha in mano un pericoloso
bisturi, è quello con cui taglierà
alla cieca, ma mandata dalla Regione
allo sbaraglio senza neanche una
direttiva».
Perché «i risparmi vanno bene ma devono
essere discussi e
condivisi con chi, ogni giorno,
lavora a stretto contatto con i
cittadini». La replica. L’assessore
è stato secco: «Resto stupito – ha
detto – da un’infinità di accuse
generiche, come quella di
un’improponibile macelleria sociale.
Ad esempio i sindacati non sanno
che esiste un appalto unico per il
riutilizzo delle carrozzine, oppure
che la Corte dei conti ha
riconosciuto il taglio drastico delle
consulenze. Se poi loro conoscono
altro, si rivolgano alla
magistratura». La controreplica di
Cgil, Cisl e Uil è stata lo stesso
immediata: «L’Azienda unica rischia
di essere la pietra tombale del
diritto alla salute». (ua)
«La
giunta si è arresa subito Azzerati oltre 4,5 miliardi»
CAGLIARI Alla vigilia del confronto
(o scontro?) di domani con il
governo sui finanziamenti negati
alle Province ma all’ordine del
giorno ci sarà anche la battaglia
sugli esagerati e micidiali
accantonamenti statali, la giunta è
finita di nuovo sotto attacco.
Anche se stavolta ad aver puntato il
dito contro Pigliaru e più non
sono stati gli alleati, è successo
pochi giorni fa, ma due partiti
dell’opposizione: Forza Italia e
Fdi-An. La loro requisitoria può
essere riassunta così: «Se nel 2014
Pigliaru non avesse ritirato i
ricorsi contro il governo in cambio
di un accordo capestro sulle
entrate, dal 2012 in poi nelle casse
della nostra sanità ci sarebbero
stati almeno 679,5 milioni in più e
oggi le Asl non correrebbero il
rischio di non avere i soldi per
pagare gli stipendi». Secondo i
consiglieri regionali Paolo Truzzu
(Fdi) e Ignazio Locci (Fi), che
hanno citato come fonte i dati
ufficiali dell’assessorato al bilancio,
«in otto anni lo Stato ha scippato
alla Sardegna e continuerà a farlo
fino al 2019 oltre 4,5 miliardi.
È il conto-salasso fra i contributi
obbligatori alla spesa sanitaria
nazionale mentre «nessuno aiuta i
sardi a pagare la loro di sanità». E
ancora i tagli agli enti locali,
oltre tre miliardi con la Regione
costretta a metterci una pezza, e
infine i 600 milioni pretesi per
fronteggiare il debito pubblico
italiano. È una montagna di euro –
hanno detto – «eppure sarebbe
bastato non ritirare i ricorsi
presentati nel 2012 dal centrodestra e
non accontentarsi dei pochi soldi
ottenuti con la vertenza entrate,
150 milioni l’anno più gli
arretrati, per avere dal 2014 in poi una
Finanziaria regionale molto più
ricca». La Valle d’Aosta – hanno
ribadito – ha resistito in giudizio,
vinto e ottenuto indietro 400
milioni come partecipazione al fondo
per la sanità e nulla le potrà
essere più chiesto.
«Quela sentenza del 2015 è chiara: i
giudici della
Corte costituzionale hanno ribadito
che è illegittimo pretendere
sacrifici a chi si paga da solo il
costo di ospedali e farmaci e che
poi nulla ha indietro dal fondo», ha
detto Locci. Per Truzzu è il
momento che il Consiglio convochi
gli Stati generali per «dare forza a
una vertenza che la giunta del falso
sovranismo ha appena tirato fuori
e con troppa timidezza». L’ex
governatore Ugo Cappellacci (Fi), ha
rilanciato: «Mai crederò al
risveglio di chi finora s’è arreso
subito». (ua)
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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