L’Inps: i
contratti a tempo indeterminato nel 2016 giù del 37,6%. Gentiloni: «Dati
contraddittori, ma positivi». M5S: frutto del jobs act. Crolla il lavoro
stabile Boom del precariato.
ROMA Dopo il boom registrato nel 2015, crollano in
Italia i contratti a tempo indeterminato: nel 2016, infatti,
l’Osservatorio Inps sul precariato rileva una contrazione del 37,6% rispetto
all’anno precedente, quando i datori di lavoro potevano beneficiare dell’abbattimento
integrale dei contributi previdenziali per tre anni. I dati, che il premier
Paolo Gentiloni definisce «contraddittori, ma fondamentalmente positivi»,
disegnano un quadro che la Cgil definisce invece «allarmante» e «aggravato
dalla continua crescita, seppur rallentata, dei voucher», mentre Luigi Di
Mario, vice presidente della Camera del Movimento 5 Stelle, attacca: «Con il
jobs act crollo delle assunzioni stabili. Ecco dove ci ha portato il governo
guidato da un Pulcinella».
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti parla di
«frenata prevedibile», ma i dati, sottolinea, «confermano che gli interventi di
questi ultimi anni hanno determinato un miglioramento complessivo del mercato
del lavoro»: sommando il saldo positivo del 2016 a quello del 2015, infatti,
afferma, «si ha un incremento di poco più di un milione di contratti a tempo
indeterminati, a conferma della crescita del lavoro stabile».
Una lettura ottimistica rispetto alle parole del compagno
di partito Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera: «I
dati confermano che stiamo tornando alle assunzioni precarie» afferma, parlando
di «indebolimento della filosofia del jobs act». «Le tanto annunciate riforme
del centrosinistra hanno partorito un topolino» accusa Simone Furlan, Forza
Italia.
Nel corso del 2016 sono stati stipulati circa 1,72
milioni di contratti a tempo indeterminato (trasformazioni comprese) a fronte
di 1,64 milioni di cessazioni, con un saldo positivo di 82mila contratti e una
flessione del 91% rispetto allo stesso dato del 2015, quando il saldo era di
933mila contratti in più. Con le assunzioni a tempo indeterminato (-37%),
crollano anche le trasformazioni a tempo indeterminato dei rapporti a termine.
Le assunzioni stabili sono state 1,264 milioni
contro gli oltre 2 milioni del 2015, ma inferiori all’ 1,271 milioni del 2014
quando era in vigore la decontribuzione. Considerate tuttavia le
trasformazioni, il 2016 supera il totale del 2014 con 1,7 milioni. Nel 2016 nel
settore privato si sono registrati 340mila posti in più rispetto all’anno
precedente, come saldo tra assunzioni e cessazioni. Ma il dato, sottolinea
l’Inps, è dovuto alla crescita dei contratti a tempo determinato, +222mila, con
un recupero sulla contrazione registrata nel 2015 (-253mila) «indotta
dall’elevato numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato».
I contratti a termine sono aumentati dell’8%
mentre per i contratti in apprendistato si conferma il trend di crescita
(56.000 unità, +31,0%). Se il lavoro diventa dunque più precario, rallenta la
corsa dei voucher, che si stabilizzano a gennaio rispetto allo stesso periodo del 2016: 8,9 milioni, con un +3,9%, una frenata
indotta dai nuovi obblighi. Significativi i numeri relativi alla Cassa
integrazione straordinaria, che cala del 46,3% ma con una impennata della Cig ordinaria,
che cresce di +174,7%. Un dato legato però al blocco registrato a gennaio del
2015 per l’entrata in vigore delle nuove norme sugli ammortizzatori sociali.
(m.r.t.)
La Nuova
Presidenza
dell’anci
Il
tribunale non decide e rimanda al Tar
CAGLIARI Neanche il giudice decide
di decidere. La battaglia sulla
presidenza dell’Anci diventa una
lotta infinita. Il giudice del
tribunale civile di Cagliari si è
giudicato non competente sulla
decisione e ha affidato tutto al
Tar. Di fatto ha accolto l’istanza
degli avvocati Mauro Barberio e
Stefano Porcu, difensori dell'Anci,
che avevano sollevato dubbi sul
conflitto di giurisdizione, ritenendo
la materia di competenza dei giudici
amministrativi. Il giudice
Ignazio Tamponi, che ha rigettato i
due ricorsi presentati da Giuseppe
Ciccolini, il sindaco Pd di Bitti
che era in corsa per la presidenza
dell'associazione dei Comuni sardi,
poi andata ad Emiliano Deiana,
sindaco di Bortigiadas, anche lui
Pd. Sarà il Tar ora a decidere chi
ha ragione. Ciccolini, difeso
dall'avvocato Francesco Stara, aveva
prima presentato ricorso contro la
sua mancata elezione nell'assembla
di autunno: raccolse 152 voti, ma
uno in meno rispetto al quorum
fissato a 153.
Poi aveva impugnato la recente
elezione di Deiana,
avvenuta il 30 gennaio. Ma c’è
un’altra incognita. Il Tar potrebbe non
potersi pronunciare perché sul primo
ricorso sarebbero già scaduti i
termini di legge. «Le mie ragioni
non sono state rigettate – dice
Ciccolini –. Semplicemente il
giudice non si è dichiarato competente
per prendere la decisione.
Valuteremo con la maggioranza dei sindaci
le azioni da intraprendere nei
prossimi giorni. Siamo preoccupati per
i comuni perché serve una guida
autorevole. Questa fase di incertezza
formale, con un presidente Anci
delegittimato e minoritario, non aiuta
nessuno. In queste settimane per
fortuna almeno la matematica non ha
subito trasformazioni. 108 rimane
sempre inferiore a 152 e questo
principio prima o poi verrà
affermato. Chi è stato eletto con
l'imbroglio verrà smascherato e i
complici di questa vicenda surreale
dovranno chiedere scusa ai sindaci
che oggi ne subiscono le
conseguenze». Più distensive le
parole di Deiana. «Sono sempre stato
sereno: da parte mia c'è una mano
tesa a Giuseppe Ciccolini – afferma
–. C'è la voglia di lavorare assieme
per il bene dell'Anci e della
Sardegna gli impegni sono tanti e
enormi».
Province,
arrivano i soldi Dal governo 20 milioni
Chiusa
la disputa con Palazzo Chigi dopo che la Sardegna era stata
tagliata
fuori
Erriu: «Ora potremo garantire i
servizi». Paci: «Siamo soltanto al primo round»
Più integrazione e cooperazione sono
indispensabili per affrontare i
flussi migratori le conseguenze dei
cambiamenti climatici. È stato
questo il contributo del governatore
Francesco Pigliaru all’ordine del
giorno ma chiamato report approvato,
a Malta, dall’assemblea Arlem,
l’organismo del Comitato europeo
delle Regioni che si occupa di
politiche euromediterranee. Nel
documento è stato preso ad esempio il
programma Med di cui la Sardegna è
capofila. «Dopo quell’esperienza,
abbiamo capito che per crescere
tutt’ insieme – scrive Pigliaru – è
necessario essere interpreti dei
bisogni e delle aspirazioni
economiche, sociali e ambientali dei
territori. E questo si ottiene
con la capacità di convogliare in
progetti di qualità la società
civile e il settore privato. Solo
così i territori potranno diventare
laboratori di sviluppo».CAGLIARI C’è
voluto qualche giorno in più per
spiegare che «era solo
un’ingiustizia», ma alla fine il governo ha
capito di aver fatto una fesseria.
La Sardegna non sarà più tagliata
fuori dal fondo nazionale che
risusciterà le Province. Quest’anno avrà
i 20 milioni sollecitati molti mesi
fa, saranno 30 dal 2018 in poi, e
soprattutto a Roma è riuscita a far
passare un principio. Questo: se
le Regioni a Statuto speciale
contribuiscono a risanare il debito
pubblico nazionale, e lo fanno
eccome, devono anche partecipare alla
distribuzione dei finanziamenti.
È finita così, con una vittoria, la
disputa che dall’inizio del mese
aveva contrapposto la Regione allo
Stato per quello che, a Roma,
chiamano il «fondone per gli Enti
locali», compresa la Città
metropolitana di Cagliari. Fino a poche
settimane fa il governo aveva
deciso, senza neanche un perché chiaro,
di escludere Sardegna, Sicilia e
Friuli Venezia Giulia dalle quote
destinate a coprire i costi delle
Province. Province, va ricordato,
che sembravano destinate a
scomparire e invece ci sono ancora dopo la
sconfitta di Renzi nel referendum
costituzionale. Con un colpo di
mano, Palazzo Chigi aveva depennato
le Speciali dal decreto con cui
assegnava, solo alle Regioni
ordinarie, oltre 600 milioni di euro, per
far ripartire diversi servizi
essenziali, ad esempio la manutenzione
delle scuole e delle strade.
Stavolta però la sollevazione
istituzionale ha funzionato. Dopo
non avere firmato il primo accordo
sulla proposta del governo, la
Sardegna s’è messa a capo della
rivolta. Sostenuta dall’Anci
nazionale e da altre Regioni, alla fine
ha portato a casa il risultato.
Doppia soddisfazione. Il bollettino
della vittoria è stato diffuso quasi
in contemporanea da due assessori
– Cristiano Erriu (enti locali) e
Raffaele Paci (bilancio) ma chissà
perché con comunicati diversi e non
uno solo. A parte questo mistero,
Erriu ha detto: «Abbiamo messo
rimedio a un’ingiustizia e, con
l’arrivo dei 20 milioni, sarà
possibile garantirà la continuità
amministrativa e la qualità dei
servizi per i cittadini». Con subito
dopo un altro annuncio: «Abbiamo
gettato le basi per trasferire in
capo alla Sardegna la gestione del
sistema della finanza locale». Il
che vuol dire: sarà la Regione a
trasferire quanto dovuto alle
Province, ai Comuni e alla Città
metropolitana dopo aver ricevuto, a
sua volta, i soldi dallo Stato. Ci
sarà quindi un passaggio in meno e
tutto dovrebbe essere più semplice.
Nel secondo comunicato, a
dichiararsi soddisfatto è stato
l’assessore Paci, che giovedì scorso,
a Roma, aveva fatto pressing sul
governo, in particolare sul
sottosegretario Gianclaudio Bressa,
proprio «per aver riottenuto
quello che era ed è un sacrosanto
diritto della Sardegna». Ma la sfida
finanziaria, come ricordato sempre
da Paci, non è finita:
«Continueremo – ha ribadito – a dare
battaglia prima di tutto sugli
accantonamenti (sono 684 milioni
l’anno) che dovranno essere
sicuramente ridotti a partire dalla
prossima Finanziaria nazionale,
quella del 2018, ma già da
quest’anno vogliamo farci riconoscere il
diritto di tenere nelle casse
regionali parte degli accantonamenti e
poi anche partecipare al riparto dei
fondi destinati alle altre
Regioni e a quello per il rimborso
dei farmaci innovativi». Secondo
l’assessore, la prima vittoria
ottenuta a Roma, è quella appunto sulla
vertenza Province, «conferma che da
parte del governo c’è un’apertura
importante e, nei prossimi giorni,
insisteremo sul resto delle partite
sul tavolo». La stoccata.
Come sempre è arrivata da Forza
Italia e
stavolta a firmare il comunicato è
stato Ignazio Locci, vicepresidente
del Consiglio regionale. «L’ultima
intesa governo-Regione sulle
Province non è altro che il solito
accordo firmato al ribasso. I 20
milioni ottenuti non sono certo
sufficienti, lo sa bene l’assessore
Erriu, mancano almeno altri 34
milioni. Ecco perché continueremo a
denunciare le malefatte di una
giunta che firma accordi farsa in cui
alla Sardegna sono concesse sempre e
solo le elemosine». (ua)
Unione Sarda
Pd,
Orlando in campo
Il
ministro sfida Renzi. Oggi intanto la minoranza battezza i gruppi
Ufficiale
la candidatura alla segreteria del partito
ROMA «Mi candido perché la politica
non deve diventare solo
prepotenza». Dopo Michele Emiliano
anche Andrea Orlando rompe gli
indugi e lancia la sfida al
segretario dimissionario. La corsa alla
leadership del Pd entra nel vivo, i
renziani accelerano per anticipare
le primarie e si muove anche il
fronte degli scissionisti: oggi
saranno presentati i nuovi gruppi
parlamentari, una cinquantina di
deputati e senatori, compreso un
folto gruppo di fuoriusciti da
Sinistra italiana (c'è pure il sardo
Michele Piras).
IL TERZO UOMO Mentre Matteo Renzi
prosegue il suo viaggio in
California c'è fermento al Nazareno.
«Credo che il Pd debba cambiare
profondamente», dice Orlando
ufficializzando la sua candidatura.
Programmi «ce ne sono pochi» e Renzi
si comporta come se il Pd «non
fosse il suo partito», mentre
Emiliano «pensa che tutti quelli che
sono contro Renzi voteranno per
lui». Ma il governatore pugliese non
si fida del ministro della
Giustizia: «Spero che, come me, lotti per
un cambiamento del partito. È bravo
e competente, ha un solo difetto:
ha fatto parte del governo Renzi fino
a oggi».
L'EX MINORANZA Oggi Roberto Speranza
battezzerà i nuovi gruppi
parlamentari formati dai “ribelli”
Dem e da parte di Sinistra
italiana. «Diciassette deputati e
deputate andranno insieme a coloro
che sono andati via dal Pd. Daremo
vita a un processo che avrà gambe
nel paese e nel Parlamento»,
annuncia Arturo Scotto, spiegando di
voler «fare un investimento
politico» con Speranza e Pisapia per «un
percorso costituente e unire i
progressisti italiani».
LE TAPPE Intanto nella commissione
congresso proseguono i lavori per
decidere date e regole. I renziani
puntano sul primo giorno utile, il
9 aprile. Gli sfidanti, però
chiedono tempo. Secondo Emiliano, sarebbe
«impossibile una campagna elettorale
degna di questo nome». Le
primarie «siano una bella pagina in
cui il Pd si riconcilia con la sua
base in un dibattito approfondito e
senza fretta».
La discussione in
commissione è stata aggiornata a
stamattina.
LA PRIMA DONNA Ci potrebbe essere
presto anche un quarto candidato.
Carlotta Salerno, segretario
cittadino a Torino dei Moderati, un
partito fondato da Giacomo Portas e
alleato del Pd, ha annunciato ieri
le sue intenzioni a “Un Giorno da
Pecora”. «Portas me ne ha parlato -
ha spiegato - e poi mi ha chiesto: se
proponessimo il tuo nome in
questo dibattito, anche per dare
importanza ai nomi femminili, al
momento assenti tra i nomi dei
candidati? E io ho risposto sì». (p.
st.)
Ricorsi
Anci, Deiana quasi al sicuro
Il
Tribunale a Ciccolini: «Se ne occupi il Tar». Resta da sciogliere
il
nodo sui termini
Solo i giudici amministrativi
potranno pronunciarsi sulla regolarità
della procedura seguita dall'Anci
Sardegna nell'elezione del nuovo
presidente. Resta dunque al suo
posto il sindaco di Botigiadas,
Emilano Deiana, eletto di recente
alla guida dell'Associazione comuni
italiani.
Ieri il giudice del Tribunale di
Cagliari, Ignazio Tamponi, ha
dichiarato il «difetto di
giurisdizione» dei ricorsi presentati da
Giuseppe Ciccolini (Pd), sindaco di
Bitti, assistito dall'avvocato
Francesco Stara. Il primo contestava
la sua mancata proclamazione al
termine delle procedure di voto del
23 settembre scorso (bloccate per
la mancanza del quorum), il secondo
invece impugnava l'elezione - poi
andata a buon fine il 30 gennaio
successivo - del primo cittadino di
Bortigiadas (sempre Pd).
Il giudice ha dichiarato la
competenza del Tar sul primo procedimento,
accogliendo l'istanza avanzata dagli
avvocati dell'Anci, Mauro
Barberio e Stefano Porcu, e ha
bocciato di conseguenza la richiesta
cautelare sul secondo perché legato
al giudizio di merito dell'altro.
Ora la battaglia potrebbe spostarsi
al Tribunale amministrativo, ma
con l'incognita dei termini di
presentazione del ricorso che - almeno
nel caso del primo contenzioso -
sembrerebbero ormai scaduti.
Parole distensive sono arrivate dopo
la pronuncia del Tribunale dal
presidente dell'Anci. «Mano tesa a
Guseppe Ciccolini», ha chiarito
Deiana, «gli impegni sono tanti e
c'è la voglia di lavorare assieme».
Il primo cittadino di Bitti, dal
canto suo, valuterà cosa fare con gli
altri sindaci, convinto che alla
fine conteranno i numeri.
Nell'elezione d'autunno annullata
aveva ottenuto 152 voti (uno in meno
del quorum), in quella successiva
Deiana è stato eletto con 108. «Le
mie ragioni non sono state
rigettate», ha commentato Ciccolini, «il
giudice non si è dichiarato
competente per prendere la decisione». La
sfida dunque potrebbe continuare.
Francesco Pinna
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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