venerdì 24 febbraio 2017

Rassegna Stampa 24 Febbraio 2017

L’Inps: i contratti a tempo indeterminato nel 2016 giù del 37,6%. Gentiloni: «Dati contraddittori, ma positivi». M5S: frutto del jobs act. Crolla il lavoro stabile Boom del precariato.

ROMA Dopo il boom registrato nel 2015, crollano in Italia i contratti a tempo indeterminato: nel 2016, infatti, l’Osservatorio Inps sul precariato rileva una contrazione del 37,6% rispetto all’anno precedente, quando i datori di lavoro potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali per tre anni. I dati, che il premier Paolo Gentiloni definisce «contraddittori, ma fondamentalmente positivi», disegnano un quadro che la Cgil definisce invece «allarmante» e «aggravato dalla continua crescita, seppur rallentata, dei voucher», mentre Luigi Di Mario, vice presidente della Camera del Movimento 5 Stelle, attacca: «Con il jobs act crollo delle assunzioni stabili. Ecco dove ci ha portato il governo guidato da un Pulcinella».

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti parla di «frenata prevedibile», ma i dati, sottolinea, «confermano che gli interventi di questi ultimi anni hanno determinato un miglioramento complessivo del mercato del lavoro»: sommando il saldo positivo del 2016 a quello del 2015, infatti, afferma, «si ha un incremento di poco più di un milione di contratti a tempo indeterminati, a conferma della crescita del lavoro stabile».

Una lettura ottimistica rispetto alle parole del compagno di partito Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera: «I dati confermano che stiamo tornando alle assunzioni precarie» afferma, parlando di «indebolimento della filosofia del jobs act». «Le tanto annunciate riforme del centrosinistra hanno partorito un topolino» accusa Simone Furlan, Forza Italia.

Nel corso del 2016 sono stati stipulati circa 1,72 milioni di contratti a tempo indeterminato (trasformazioni comprese) a fronte di 1,64 milioni di cessazioni, con un saldo positivo di 82mila contratti e una flessione del 91% rispetto allo stesso dato del 2015, quando il saldo era di 933mila contratti in più. Con le assunzioni a tempo indeterminato (-37%), crollano anche le trasformazioni a tempo indeterminato dei rapporti a termine.

Le assunzioni stabili sono state 1,264 milioni contro gli oltre 2 milioni del 2015, ma inferiori all’ 1,271 milioni del 2014 quando era in vigore la decontribuzione. Considerate tuttavia le trasformazioni, il 2016 supera il totale del 2014 con 1,7 milioni. Nel 2016 nel settore privato si sono registrati 340mila posti in più rispetto all’anno precedente, come saldo tra assunzioni e cessazioni. Ma il dato, sottolinea l’Inps, è dovuto alla crescita dei contratti a tempo determinato, +222mila, con un recupero sulla contrazione registrata nel 2015 (-253mila) «indotta dall’elevato numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato».

I contratti a termine sono aumentati dell’8% mentre per i contratti in apprendistato si conferma il trend di crescita (56.000 unità, +31,0%). Se il lavoro diventa dunque più precario, rallenta la corsa dei voucher, che si stabilizzano a gennaio rispetto allo stesso periodo del 2016: 8,9 milioni, con un +3,9%, una frenata indotta dai nuovi obblighi. Significativi i numeri relativi alla Cassa integrazione straordinaria, che cala del 46,3% ma con una impennata della Cig ordinaria, che cresce di +174,7%. Un dato legato però al blocco registrato a gennaio del 2015 per l’entrata in vigore delle nuove norme sugli ammortizzatori sociali. (m.r.t.)



La Nuova

Presidenza dell’anci
Il tribunale non decide e rimanda al Tar

CAGLIARI Neanche il giudice decide di decidere. La battaglia sulla
presidenza dell’Anci diventa una lotta infinita. Il giudice del
tribunale civile di Cagliari si è giudicato non competente sulla
decisione e ha affidato tutto al Tar. Di fatto ha accolto l’istanza
degli avvocati Mauro Barberio e Stefano Porcu, difensori dell'Anci,
che avevano sollevato dubbi sul conflitto di giurisdizione, ritenendo
la materia di competenza dei giudici amministrativi. Il giudice
Ignazio Tamponi, che ha rigettato i due ricorsi presentati da Giuseppe
Ciccolini, il sindaco Pd di Bitti che era in corsa per la presidenza
dell'associazione dei Comuni sardi, poi andata ad Emiliano Deiana,
sindaco di Bortigiadas, anche lui Pd. Sarà il Tar ora a decidere chi
ha ragione. Ciccolini, difeso dall'avvocato Francesco Stara, aveva
prima presentato ricorso contro la sua mancata elezione nell'assembla
di autunno: raccolse 152 voti, ma uno in meno rispetto al quorum
fissato a 153.

Poi aveva impugnato la recente elezione di Deiana,
avvenuta il 30 gennaio. Ma c’è un’altra incognita. Il Tar potrebbe non
potersi pronunciare perché sul primo ricorso sarebbero già scaduti i
termini di legge. «Le mie ragioni non sono state rigettate – dice
Ciccolini –. Semplicemente il giudice non si è dichiarato competente
per prendere la decisione. Valuteremo con la maggioranza dei sindaci
le azioni da intraprendere nei prossimi giorni. Siamo preoccupati per
i comuni perché serve una guida autorevole. Questa fase di incertezza
formale, con un presidente Anci delegittimato e minoritario, non aiuta
nessuno. In queste settimane per fortuna almeno la matematica non ha
subito trasformazioni. 108 rimane sempre inferiore a 152 e questo
principio prima o poi verrà affermato. Chi è stato eletto con
l'imbroglio verrà smascherato e i complici di questa vicenda surreale
dovranno chiedere scusa ai sindaci che oggi ne subiscono le
conseguenze». Più distensive le parole di Deiana. «Sono sempre stato
sereno: da parte mia c'è una mano tesa a Giuseppe Ciccolini – afferma
–. C'è la voglia di lavorare assieme per il bene dell'Anci e della
Sardegna gli impegni sono tanti e enormi».

Province, arrivano i soldi Dal governo 20 milioni
Chiusa la disputa con Palazzo Chigi dopo che la Sardegna era stata
tagliata fuori

Erriu: «Ora potremo garantire i servizi». Paci: «Siamo soltanto al primo round»
Più integrazione e cooperazione sono indispensabili per affrontare i
flussi migratori le conseguenze dei cambiamenti climatici. È stato
questo il contributo del governatore Francesco Pigliaru all’ordine del
giorno ma chiamato report approvato, a Malta, dall’assemblea Arlem,
l’organismo del Comitato europeo delle Regioni che si occupa di
politiche euromediterranee. Nel documento è stato preso ad esempio il
programma Med di cui la Sardegna è capofila. «Dopo quell’esperienza,
abbiamo capito che per crescere tutt’ insieme – scrive Pigliaru – è
necessario essere interpreti dei bisogni e delle aspirazioni
economiche, sociali e ambientali dei territori. E questo si ottiene
con la capacità di convogliare in progetti di qualità la società
civile e il settore privato. Solo così i territori potranno diventare
laboratori di sviluppo».CAGLIARI C’è voluto qualche giorno in più per
spiegare che «era solo un’ingiustizia», ma alla fine il governo ha
capito di aver fatto una fesseria. La Sardegna non sarà più tagliata
fuori dal fondo nazionale che risusciterà le Province. Quest’anno avrà
i 20 milioni sollecitati molti mesi fa, saranno 30 dal 2018 in poi, e
soprattutto a Roma è riuscita a far passare un principio. Questo: se
le Regioni a Statuto speciale contribuiscono a risanare il debito
pubblico nazionale, e lo fanno eccome, devono anche partecipare alla
distribuzione dei finanziamenti.

È finita così, con una vittoria, la
disputa che dall’inizio del mese aveva contrapposto la Regione allo
Stato per quello che, a Roma, chiamano il «fondone per gli Enti
locali», compresa la Città metropolitana di Cagliari. Fino a poche
settimane fa il governo aveva deciso, senza neanche un perché chiaro,
di escludere Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia dalle quote
destinate a coprire i costi delle Province. Province, va ricordato,
che sembravano destinate a scomparire e invece ci sono ancora dopo la
sconfitta di Renzi nel referendum costituzionale. Con un colpo di
mano, Palazzo Chigi aveva depennato le Speciali dal decreto con cui
assegnava, solo alle Regioni ordinarie, oltre 600 milioni di euro, per
far ripartire diversi servizi essenziali, ad esempio la manutenzione
delle scuole e delle strade. Stavolta però la sollevazione
istituzionale ha funzionato. Dopo non avere firmato il primo accordo
sulla proposta del governo, la Sardegna s’è messa a capo della
rivolta. Sostenuta dall’Anci nazionale e da altre Regioni, alla fine
ha portato a casa il risultato.

Doppia soddisfazione. Il bollettino
della vittoria è stato diffuso quasi in contemporanea da due assessori
– Cristiano Erriu (enti locali) e Raffaele Paci (bilancio) ma chissà
perché con comunicati diversi e non uno solo. A parte questo mistero,
Erriu ha detto: «Abbiamo messo rimedio a un’ingiustizia e, con
l’arrivo dei 20 milioni, sarà possibile garantirà la continuità
amministrativa e la qualità dei servizi per i cittadini». Con subito
dopo un altro annuncio: «Abbiamo gettato le basi per trasferire in
capo alla Sardegna la gestione del sistema della finanza locale». Il
che vuol dire: sarà la Regione a trasferire quanto dovuto alle
Province, ai Comuni e alla Città metropolitana dopo aver ricevuto, a
sua volta, i soldi dallo Stato. Ci sarà quindi un passaggio in meno e
tutto dovrebbe essere più semplice. Nel secondo comunicato, a
dichiararsi soddisfatto è stato l’assessore Paci, che giovedì scorso,
a Roma, aveva fatto pressing sul governo, in particolare sul
sottosegretario Gianclaudio Bressa, proprio «per aver riottenuto
quello che era ed è un sacrosanto diritto della Sardegna». Ma la sfida
finanziaria, come ricordato sempre da Paci, non è finita:
«Continueremo – ha ribadito – a dare battaglia prima di tutto sugli
accantonamenti (sono 684 milioni l’anno) che dovranno essere
sicuramente ridotti a partire dalla prossima Finanziaria nazionale,
quella del 2018, ma già da quest’anno vogliamo farci riconoscere il
diritto di tenere nelle casse regionali parte degli accantonamenti e
poi anche partecipare al riparto dei fondi destinati alle altre
Regioni e a quello per il rimborso dei farmaci innovativi». Secondo
l’assessore, la prima vittoria ottenuta a Roma, è quella appunto sulla
vertenza Province, «conferma che da parte del governo c’è un’apertura
importante e, nei prossimi giorni, insisteremo sul resto delle partite
sul tavolo». La stoccata.

Come sempre è arrivata da Forza Italia e
stavolta a firmare il comunicato è stato Ignazio Locci, vicepresidente
del Consiglio regionale. «L’ultima intesa governo-Regione sulle
Province non è altro che il solito accordo firmato al ribasso. I 20
milioni ottenuti non sono certo sufficienti, lo sa bene l’assessore
Erriu, mancano almeno altri 34 milioni. Ecco perché continueremo a
denunciare le malefatte di una giunta che firma accordi farsa in cui
alla Sardegna sono concesse sempre e solo le elemosine». (ua)


Unione Sarda

Pd, Orlando in campo
Il ministro sfida Renzi. Oggi intanto la minoranza battezza i gruppi
Ufficiale la candidatura alla segreteria del partito

ROMA «Mi candido perché la politica non deve diventare solo
prepotenza». Dopo Michele Emiliano anche Andrea Orlando rompe gli
indugi e lancia la sfida al segretario dimissionario. La corsa alla
leadership del Pd entra nel vivo, i renziani accelerano per anticipare
le primarie e si muove anche il fronte degli scissionisti: oggi
saranno presentati i nuovi gruppi parlamentari, una cinquantina di
deputati e senatori, compreso un folto gruppo di fuoriusciti da
Sinistra italiana (c'è pure il sardo Michele Piras).
IL TERZO UOMO Mentre Matteo Renzi prosegue il suo viaggio in
California c'è fermento al Nazareno. «Credo che il Pd debba cambiare
profondamente», dice Orlando ufficializzando la sua candidatura.
Programmi «ce ne sono pochi» e Renzi si comporta come se il Pd «non
fosse il suo partito», mentre Emiliano «pensa che tutti quelli che
sono contro Renzi voteranno per lui». Ma il governatore pugliese non
si fida del ministro della Giustizia: «Spero che, come me, lotti per
un cambiamento del partito. È bravo e competente, ha un solo difetto:
ha fatto parte del governo Renzi fino a oggi».

L'EX MINORANZA Oggi Roberto Speranza battezzerà i nuovi gruppi
parlamentari formati dai “ribelli” Dem e da parte di Sinistra
italiana. «Diciassette deputati e deputate andranno insieme a coloro
che sono andati via dal Pd. Daremo vita a un processo che avrà gambe
nel paese e nel Parlamento», annuncia Arturo Scotto, spiegando di
voler «fare un investimento politico» con Speranza e Pisapia per «un
percorso costituente e unire i progressisti italiani».
LE TAPPE Intanto nella commissione congresso proseguono i lavori per
decidere date e regole. I renziani puntano sul primo giorno utile, il
9 aprile. Gli sfidanti, però chiedono tempo. Secondo Emiliano, sarebbe
«impossibile una campagna elettorale degna di questo nome». Le
primarie «siano una bella pagina in cui il Pd si riconcilia con la sua
base in un dibattito approfondito e senza fretta».

La discussione in
commissione è stata aggiornata a stamattina.
LA PRIMA DONNA Ci potrebbe essere presto anche un quarto candidato.
Carlotta Salerno, segretario cittadino a Torino dei Moderati, un
partito fondato da Giacomo Portas e alleato del Pd, ha annunciato ieri
le sue intenzioni a “Un Giorno da Pecora”. «Portas me ne ha parlato -
ha spiegato - e poi mi ha chiesto: se proponessimo il tuo nome in
questo dibattito, anche per dare importanza ai nomi femminili, al
momento assenti tra i nomi dei candidati? E io ho risposto sì». (p.
st.)

Ricorsi Anci, Deiana quasi al sicuro
Il Tribunale a Ciccolini: «Se ne occupi il Tar». Resta da sciogliere
il nodo sui termini

Solo i giudici amministrativi potranno pronunciarsi sulla regolarità
della procedura seguita dall'Anci Sardegna nell'elezione del nuovo
presidente. Resta dunque al suo posto il sindaco di Botigiadas,
Emilano Deiana, eletto di recente alla guida dell'Associazione comuni
italiani.

Ieri il giudice del Tribunale di Cagliari, Ignazio Tamponi, ha
dichiarato il «difetto di giurisdizione» dei ricorsi presentati da
Giuseppe Ciccolini (Pd), sindaco di Bitti, assistito dall'avvocato
Francesco Stara. Il primo contestava la sua mancata proclamazione al
termine delle procedure di voto del 23 settembre scorso (bloccate per
la mancanza del quorum), il secondo invece impugnava l'elezione - poi
andata a buon fine il 30 gennaio successivo - del primo cittadino di
Bortigiadas (sempre Pd).

Il giudice ha dichiarato la competenza del Tar sul primo procedimento,
accogliendo l'istanza avanzata dagli avvocati dell'Anci, Mauro
Barberio e Stefano Porcu, e ha bocciato di conseguenza la richiesta
cautelare sul secondo perché legato al giudizio di merito dell'altro.
Ora la battaglia potrebbe spostarsi al Tribunale amministrativo, ma
con l'incognita dei termini di presentazione del ricorso che - almeno
nel caso del primo contenzioso - sembrerebbero ormai scaduti.
Parole distensive sono arrivate dopo la pronuncia del Tribunale dal
presidente dell'Anci. «Mano tesa a Guseppe Ciccolini», ha chiarito
Deiana, «gli impegni sono tanti e c'è la voglia di lavorare assieme».
Il primo cittadino di Bitti, dal canto suo, valuterà cosa fare con gli
altri sindaci, convinto che alla fine conteranno i numeri.

Nell'elezione d'autunno annullata aveva ottenuto 152 voti (uno in meno
del quorum), in quella successiva Deiana è stato eletto con 108. «Le
mie ragioni non sono state rigettate», ha commentato Ciccolini, «il
giudice non si è dichiarato competente per prendere la decisione». La
sfida dunque potrebbe continuare.
Francesco Pinna


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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