martedì 14 marzo 2017

Rassegna stampa 14 Marzo 2017

Unione Sarda

Pd, attesa per il verdetto sulla terza candidatura. La sinistra: gli altri sono renziani, noi stiamo con Orlando.

Ci sperano, ma sempre di meno. Gli orfani di Yuri Marcialis restano appesi al verdetto dei garanti nazionali del Pd, presieduti da Gianni Dal Moro, che oggi dovrebbero pronunciarsi sulla richiesta di sostituzione del terzo candidato alla segreteria regionale. Le aree della Sinistra autonomista-federalista e della Traversata, rimaste prive di un riferimento alle primarie dopo il ritiro di Marcialis, vorrebbero indicare un altro nome. Ma la sensazione della vigilia è che possano prevalere le obiezioni regolamentari.

Eppure gli argomenti politici per la riapertura dei termini ci sarebbero: anzitutto la straordinarietà della situazione, con una dolorosa scissione interna. Poi il fatto che una risposta negativa taglierebbe fuori dalle primarie un pezzo rilevante della sinistra interna: le aree che sostenevano Marcialis escludono di potersi apparentare a uno degli altri due candidati in pista, Giuseppe Luigi Cucca e Francesco Sanna.

Anche per via delle scelte sul segretario nazionale (che sarà eletto il 30 aprile come quello regionale). Ieri una nota ufficiale della Sinistra autonomista-federalista e della Traversata ha confermato il sostegno, compatto, per Andrea Orlando: invece gli altri due candidati «sono entrambi di orientamento renziano. Scelta che rispettiamo, ma in Sardegna abbiamo bisogno di una netta discontinuità politica», dopo che al referendum di dicembre il No ha raggiunto nell'Isola il 73%.

Quanto alla riapertura delle candidature, le due aree scrivono che «la partecipazione è un diritto da riconoscere per ragioni politiche prima ancora che regolamentari: Diamo atto a chi nella commissione congressuale regionale si è pronunciato positivamente; spiace che una parte ostacoli la partecipazione». La volontà è essere presenti al congresso «sostenendo una piattaforma con un netto profilo di sinistra. Non sono utili né gli unanimismi di facciata né le aggregazioni con contenuti politici indistinti».

L'ultimo passaggio allude forse anche all'ipotesi di un ritiro di Sanna e di una convergenza su Cucca: se ne parla da giorni, ma è ancora tutto da vedere. «Quale che sia la risposta sulla partecipazione al congresso - conclude la nota - continuerà la nostra attività politica». Il primo impegno? «I referendum della Cgil in difesa dei diritti dei lavoratori».

La Nuova

L’appello a poche ore dalla decisione sull’ipotesi di presentare un
candidato dopo il ritiro di Marcialis
Primarie Pd, la Sinistra: «Vogliamo esserci»

CAGLIARI Alle primarie regionali del Pd, saranno il 30 aprile, la
Sinistra Dem vuole esserci comunque. Le correnti Sinistra autonomista
e La Traversata lo confermano in un documento dove una delle frasi
forti è questa: «Ribadiamo la nostra volontà di partecipare al
congresso». Il documento l’hanno diffuso a poche ore dalla decisione
di Roma: oggi si riunisce la commissione di garanzia nazionale, che
dovrà decidere se riaprire o meno la scadenza per presentare i
candidati-segretari. Rimasti senza portabandiera dopo che il loro –
l’assessore comunale di Cagliari Yuri Marcialis – è passato all’Mdp,
il movimento degli scissionisti del Pd, i due gruppi scrivono: «La
partecipazione è un diritto da riconoscere per ragioni politiche prima
ancora che regolamentari». Ma è proprio il regolamento l’ostacolo che,
in questo momento, impedirebbe alla Sinistra Dem di ripresentarsi alle
primarie.

Il caso abbastanza spinoso è nelle mani dei commissari della
segreteria nazionale, ma gli esclusi sottolineano che avrebbe potuto
decidere comunque la commissione regionale per il congresso: «Dispiace
che invece una parte della stessa commissione si sia opposta alla
nostra partecipazione, mentre, lo ribadiamo, la questione politica si
sarebbe potuta risolvere subito, in sede regionale, nell’interesse del
Pd sardo e in coerenza con un partito che si definisce autonomo». A
parte le questioni regolamentari, Sinistra Dem conferma di voler
sostenere e presentare «una piattaforma e un candidato/a alla
segreteria regionale con un netto profilo di sinistra», perché – è un
altro passaggio del documento – «non solo utili nè gli unanimismi di
facciata e neanche aggregazioni indistinte».

Tra l’altro: «Gli attuali
candidati alla segreteria regionale del Pd (che va ricordato sono
Giuseppe Luigi Cucca e Francesco Sanna) sono entrambi di orientamento
renziano, scelta rispettabile e che noi rispettiamo – si legge – ma in
Sardegna abbiamo necessità di una netta discontinuità politica, lo
richiede innanzitutto l’esito del referendum costituzionale che
nell’isola ha registrato il 73 per cento di No». Secondo la corrente
«oggi più che mai è necessario che, in Italia e in Sardegna, il Pd
ascolti il popolo del centrosinistra e gli elettori che si sono
espressi in modo fortemente critico nelle ultime elezioni
amministrative e proprio nel referendum costituzionale, per ragioni di
merito sulla linea politica praticata finora portata avanti dalla
segreteria nazionale del partito». Quale sia la risposta di oggi da
Roma, la Sinistra conferma «di voler proseguire nell’attività
politica» fino ad annunciare: «Al congresso nazionale sosterremo
Andrea Orlando, sebbene allo stesso candidato possano essere rivolti
rilievi critici». Ma almeno Orlando non è Renzi, è la conclusione
della corrente.

È formato dai tre consiglieri vicini al movimento degli scissionisti Pd
Ex Sel, nasce il gruppo degli Sdp

CAGLIARI Oggi una delle due anime dell’ex Sel farà il suo esordio in
Consiglio regionale. È Sinistra per la democrazia e il progresso in
cui si riconoscono i consiglieri regionali Daniele Cocco, Eugenio Lai
e Luca Pizzuto, che sono rimasti in giunta – hanno indicato
l’assessore alla cultura Giuseppe Dessena – e di fatto hanno aderito
ad Articolo 1-Movimento Democratici progressisti, fondato dai
fuoriusciti dal Pd. Alleanza ribadita, nei giorni scorsi, con un
documento in cui tra l’altro c’era scritto «vogliamo riportare al
centro del dibattito politico i diritti dei lavoratori cancellati
dalle sconcertanti decisioni del governo Renzi».

Va ricordato invece
che il quarto consigliere regionale eletto nel 2014 dall’allora Sel,
Francesco Agus, tra l’altro presidente della commissione riforme, ha
aderito al Campo progressista, il movimento dell’ex sindaco di Milano
Giuseppe Pisapia e che ha tra i fondatori anche i parlamentari sardi
Luciano Uras e Roberto Capelli. La spaccatura fra le due fazioni è
nata prima e dopo la sostituzione dell’assessore alla cultura Claudia
Firino (che ha aderito al Campo progressista) proprio con Giuseppe
Dessena, in quota al nuovo gruppo degli Sdp.

Unione Sarda

M5S, le Regionali nel mirino Avviato il lavoro sul programma elettorale: trasporti, lavoro e  trasparenza i temi centrali
I Cinquestelle guardano già al 2019: «Ma per il leader è presto»

Alle elezioni del 2014 non si presentarono. «Non eravamo pronti, non
eravamo maturi abbastanza - confessa oggi il sindaco di Assemini,
Mario Puddu - ma anni di amministrazione ci hanno forgiato e adesso ci
sentiamo molto più forti».

A due anni dalle regionali del 2019 il Movimento Cinquestelle sardo
scalda i motori. Secondo l'ultimo sondaggio elettorale condotto da
Bidimedia, il M5S nell'Isola si attesta al 35%, è avanti di sei punti
rispetto al Pd (29%) e di quasi 23 rispetto a Forza Italia (data
all'11,5%). «Stando a questi numeri, la Sardegna è una delle regioni
in cui il divario tra il movimento e gli altri partiti è più
considerevole», aggiunge Puddu. Ma questo, anche in considerazione
della recente impopolarità dei sondaggi, «è solo un segnale».

I TEMI Gli uomini di Grillo in Sardegna preferiscono ragionare sui
problemi, su ciò che non funziona: occupazione, trasporti, sanità,
turismo. Il programma sarà costruito attorno a questi punti, già sono
stati fatti degli incontri e altri ce ne saranno.
L'ultimo ad Alghero, pochi giorni fa, dal titolo “Insularità e diritto
alla mobilità”, era incentrato sulla continuità territoriale. «Siamo
sardi, non dobbiamo mai stancarci di parlare di mobilità, insularità,
trasporti - ha detto in quell'occasione il deputato Nicola Bianchi -
sono tante le criticità che ho sempre evidenziato in commissione
Trasporti: il governo deve intervenire a soluzione del problema,
perché il cittadino e il suo spostarsi per il territorio sono
garantiti dalla Costituzione».

Il resto, la scelta dei candidati e delle liste, verrà da sé. Secondo
le modalità del Movimento: saranno gli iscritti a decidere da chi
essere rappresentati, lo faranno con il voto online. Forti anche del
recente risultato referendario. Non si tratta di una vittoria del
movimento, precisano i portavoce, ma la campagna attivata in Sardegna
per contrastare la vittoria del Sì ha funzionato meglio che altrove.
«M5S era in prima linea - dice Puddu - e la Sardegna è stata la
regione dove il no si è affermato in modo più netto».

Adesso,
aggiunge, «manca poco, bisogna prepararsi, la sfida è tosta
soprattutto perché si cerca di uscire da anni di sabbie mobili».
I NOMI Quanto a futuri candidati, nomi non se ne fanno. Non ancora. «È
ancora presto - osserva la deputata Emanuela Corda - tutta la proposta
del movimento sarà costruita attorno ai programmi, la scelta delle
persone verrà in seguito». Ma il Movimento è sempre più radicato nel
territorio «con quattro sindaci, consiglieri comunali ovunque, e
gruppi spontanei». Su un punto però si sbilancia: «I candidati che
immagino, dovranno essere di qualità, ma prima ancora dovranno essere
fedeli al progetto, in grado di portare avanti il programma di
governo».

Nulla vieta agli attuali portavoce di candidarsi. «Chiaramente non
dovranno occupare altre cariche, questa è la regola del Movimento»,
sottolinea. Poi torna sui temi. Continuità territoriale, prima di
tutto, ma anche «la fiscalità di vantaggio, insularità, turismo». E
quelli più cari ai Cinquestelle: «trasparenza, tagli agli sprechi,
meritocrazia».

«Ci stiamo riunendo per capire quali sono le criticità più importanti
e studiare le soluzioni più efficaci - conferma Andrea Vallascas - a
dicembre abbiamo discusso di sanità e pochi giorni fa di trasporti».
La mancanza di rappresentanti in Consiglio regionale si fa sentire:
«Possiamo intervenire solo fino a un certo punto, soprattutto nelle
materie concorrenti dove Regione ha competenza primaria». Da parte di
questa Giunta regionale, «non ho visto nulla, è inesistente». L'unica
cosa che si è notata, conclude Mario Puddu, è «l'eccessivo servilismo
verso un governo sordo con le autonomie».
Roberto Murgia

Mozione in Consiglio comunale contro la maggioranza
«Delunas? Una questione morale»

Lucio Torru porta in Aula la questione morale. Il consigliere più
votato alle scorse elezioni - da quando ha lasciato il gruppo di Forza
Italia - si è schierato con l'opposizione diventando uno dei più
critici nei confronti del sindaco Stefano Delunas e della sua
maggioranza. «Il nostro Municipio è diventato il palazzo
dell'ipocrisia con atteggiamenti di persone che vogliono restare lì a
tutti i costi, in una maggioranza che scricchiola giorno dopo giorno e
il tentativo costante di tappezzarla di qua e di là», polemizza Torru
che stasera porterà in Consiglio un'interpellanza sulla questione
morale e che chiede ai colleghi di staccare la spina e rimettere le
decisioni nelle mani degli elettori. «È sufficiente vedere gli
assessori che sono andati via: se nessuno riesce ad andare avanti con
questo sindaco è evidente che il problema c'è».

E attacca: «Ormai fanno politica senza principi e senza coscienza,
come la ricchezza senza lavoro di cui parlava Gandhi. Tonino Lobina
nella Città metropolitana è passato con i sardisti al fianco di Zedda
e del Pd, qui che farà, firmerà la mozione di sfiducia al sindaco? Poi
c'è Marco Ghiani, non segue le indicazioni del partito che chiede di
staccare la spina ed è pronto a cambiare casacca pur di non perdere il
seggio. Un problema che riguarda anche altri consiglieri».
Marcello Zasso

ORISTANO. Centrodestra: accordo chiuso tra FI, Riformatori e liste
civiche, in forse Unidos Partito dei sardi a braccetto con Pd

L'obiettivo è restare al governo della città. E così il
centrosinistra, rientrato nei ranghi il Partito dei sardi, fa quadrato
e cerca di allargare la coalizione. In attesa che il sindaco Tendas
chiarisca se intende ricandidarsi o fare un passo indietro, ieri si è
riunito il tavolo politico della coalizione. Oltre ai rappresentanti
del Pd Alberto Boasso e Maria Obinu hanno partecipato Peppino
Marrasdell'Upc (NoiOr), il consigliere regionale del Partito dei sardi
Augusto Cherchi , Ivano Cuccu di Cittadini per l'Italia.

E la novità
più significativa è la posizione del Partito che fa capo all'assessore
regionale Paolo Maninchedda : dopo un periodo di autosospensione dal
tavolo del centrosinistra e dopo aver flirtato col raggruppamento
civico (l'Udc di Giuliano Uras , Idee rinnovabili di Salvatore Ledda e
il progetto dell'ex assessore regionale Gian Valerio Sanna ), ora il
Partito dei sardi va di nuovo a braccetto col Pd e gli altri alleati
di centrosinistra. La coalizione comunque non è chiusa, anzi da più
parti si è proposto di invitare al tavolo anche Giuliano Uras e altre
liste civiche. Si è insistito molto anche sulle primarie e
sull'eventuale candidato sindaco: nessun diktat particolare e grandi
aperture, ma sembra evidente che tutti stiano dando per scontata la
rinuncia del sindaco Tendas. A giorni il quadro dovrebbe essere più
chiaro, anche perché il tempo stringe.

Nel centrodestra accordo chiuso tra Forza Italia, Riformatori,
Fratelli d'Italia, la lista dei consiglieri comunali Mauro Solinas
eMassimiliano Sanna e quella dell'ex consigliere regionale Gianni
Tatti . Potrebbero aggiungersi la lista di Unidos, ma il dialogo è
aperto anche con Salvatore Ledda e Giuliano Uras (all'opposizione in
Consiglio comunale). E intanto c'è attesa anche nel pianeta vicino ai
5 Stelle: i vari meetup aspettano la certificazione dallo staff di
Grillo per poter correre alle amministrative col simbolo pentastellato.
Valeria Pinna

SASSARI. Sanna va avanti appoggiato dalla Giunta: «Non mi dimetto»
L'addio del fedelissimo: va via pure il vicesindaco

I mal di pancia duravano da tempo, ma l'epilogo, il sindaco Nicola
Sanna, lo ha saputo dall'ufficio protocollo. Il suo ex fedelissimo, il
vicesindaco e assessore dell'Urbanistica, Gianni Carbini, si è dimesso
così, a sorpresa.

Parole durissime, quelle affidate alla lettera di dimissioni ieri
mattina: «Il progetto politico promosso dai sassaresi nel 2014 non ha
trovato attuazione - ha detto Carbini - se qualche forma di
realizzazione c'è stata, è avvenuta solo in minima parte, le cause di
questi ritardi sono frutto dell'inadeguata attività
dell'amministrazione. Abbiamo fallito nell'azione di governo, poco
incisiva e mal comunicata, creando un solco sempre più profondo tra i
cittadini e le istituzioni».

AVANTI TUTTA Ieri pomeriggio il sindaco ha quindi convocato una
riunione di Giunta straordinaria per discutere i nuovi scenari. Il
dibattito si è chiuso con una decisione: la situazione è critica ma si
va avanti. Inutile cercare di raccogliere altre indiscrezioni, che non
siano questo serrare le fila a ridosso dell'approvazione del bilancio.
La seduta che era prevista per oggi si terrà regolarmente, poi da
mercoledì comincia il gioco duro, quello attorno al bilancio. E lì
tutti dovranno giocare a carte scoperte: il bilancio approderà in
Giunta, quindi in commissione , fino al Consiglio.

A quel punto le
responsabilità saranno tutte di quest'ultimo: la mancata approvazione
significa sfiducia, tutti a casa, consiglieri compresi.
MALESSERI Ieri nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni. Ma a porte
chiuse, in tanti hanno evidenziato un problema politico che va
affrontato prima dentro il partito e poi nella coalizione. Sanna è
risoluto: nessuna intenzione di dimettersi, anzi ha detto di essere
pronto a sostituire Carbini. Un passaggio per ora rinviato, in attesa
di calmare un po' le acque.

ISOLATO Il sindaco appare sempre più isolato. Stritolato fin da subito
dalla cordata forte del suo partito, che aveva mal digerito il suo
ballare da solo, non ha mai avuto vita facile. Alle dimissioni
dell'assessore al Bilancio Alessio Marras, per «motivi personali» sono
seguite ieri quelle del vicesindaco, con toni che sanno di divorzio
definitivo anche sul piano dei rapporti personali. I rapporti tra
Carbini e il sindaco Sanna si erano da tempo deteriorati, ma la goccia
che ha fatto traboccare il vaso potrebbe essere la nomina ad assessore
al Bilancio di Simone Campus.
Patrizia Canu

La Nuova

Pd, Emiliano apre ai Cinquestelle
Le alleanze dividono i candidati. Il governatore attacca Renzi: «Io
alternativa al nulla lucente»

di Nicola Corda wROMA Il giorno dopo il Lingotto per il Pd si apre la
partita delle alleanze. E, a giudicare dagli scambi e le battute a
distanza consumatesi nel lungo fine settimana politico, c’è da
scommettere che questo sarà l’argomento più caldo su cui si consumerà
la battaglia congressuale fino al 30 aprile. Per Matteo Renzi il tema
è a rischio perché anche all’interno della sua area, rinvigoritasi
dopo la tre giorni di Torino, le posizioni non sono univoche. «Non
sappiamo se ci sarà un proporzionale o un maggioritario» si è
giustificato l’ex segretario che ha rimandato i dettagli della sua
mozione al congresso.

La sintesi non è facile e, infatti, il suo
candidato alla vicesegreteria, Maurizio Martina, ex Ds che guarda a
sinistra, prende tempo e rinvia ogni decisione a «dopo che sarà
definito il programma». A sostegno di Renzi c’è anche Dario
Franceschini che però gli tira la giacca verso il centro e non fa
mistero di tenere più in considerazione l’area moderata. In mezzo, il
presidente del partito e reggente Matteo Orfini che ha spiegato che
«difficilmente un partito che si chiama Nuovo centro destra potrà
ancora allearsi con un partito di sinistra». Una sponda offerta al
nuovo movimento Campo progressista lanciato sabato scorso a Roma da
Giuliano Pisapia. Per l’ex sindaco di Milano il perimetro di un nuovo
centrosinistra si ferma prima di Verdini e Alfano. «Sì al progetto
Pisapia ma porte chiuse agli scissionisti», ha avvertito Debora
Serracchiani, sintetizzando la fatwa verso Bersani e soci, aleggiata
durante la kermesse renziana.

L’obiettivo è di depotenziare la formula
del “nuovo Ulivo” al quale nessuno nel Pd mostra interesse. Ieri però
l’ex sindaco di Torino, Chiamparino, ha evocato la necessità di
tornare a dialogare con «i compagni usciti perché le alleanze servono
a vincere le elezioni recuperando consensi dal non voto e da quello di
protesta». «Non è Bersani il nemico ma Grillo e Salvini» dice anche il
capogruppo Rosato. Come si vede, in area renziana le posizioni sui
futuri alleati sono molto variegate e vanno da “mai più con Alfano” a
“mai più con Bersani”, passando per molti se e tanti forse e chissà. A
fare da spartiacque c'è la legge elettorale che per ora prevede solo
un premio di maggioranza per la lista solo alla Camera con una soglia
del 40 per cento difficilmente raggiungibile, almeno stando ai
sondaggi di questi giorni. L’unico a sollecitare la modifica di un
premio alla coalizione è ancora Franceschini, isolato nel partito
molto meno fuori dal Nazareno, soprattutto dalle parti del
centrodestra. L’altro candidato alla segreteria Orlando privilegia il
dialogo a sinistra e due esponenti di peso come Nicola Zingaretti e
Gianni Cuperlo erano ospiti molto graditi alla convention del teatro
Brancaccio di Giuliano Pisapia.

Stessa direzione anche per Orlando:
«Costruire un’alleanza di centrosinistra largo, è il momento di ponti
e non paletti». Si muove ancora più a largo raggio, Michele Emiliano
terzo candidato alla segreteria del Nazareno che pare abbia
identificato in Renzi il principale avversario. «Il renzismo è il
nulla lucente, la mia candidatura è l’unica alternativa per chiudere
con quella parentesi» ha detto ieri il presidente della Regione Puglia
polemizzando duramente con l’ex premier. Sulle alleanze, Emiliano apre
al Movimento 5 Stelle che dice, «non deve essere demonizzato» come
fanno alcuni del Pd che in parlamento hanno sviluppato contro di loro
“un odio antropologico”. Anche in Puglia «la mia è una coalizione
ulivista e verso i 5Stelle non ci sono prevenzioni». E durante il
forum su Repubblica tv, Emiliano va anche oltre: «Il Movimento
5Sstelle e i loro elettori, in qualche modo mi assomigliano».

UNA RIPARTENZA MONCA SENZA PROGRAMMI NÉ IDEE
“Tornare a casa per ripartire insieme” è stato il titolo
dell’iniziativa svoltasi al Lingotto per lanciare la campagna
elettorale di Matteo Renzi alla segreteria del Partito democratico.
Dal Lingotto dieci anni fa partì Walter Veltroni per diventare il
primo segretario del nuovo partito. Durò pochissimo. La sua “vocazione
maggioritaria” non fu sufficiente a fargli vincere le elezioni
politiche del 2008 e nel febbraio 2009 si dimise. Dunque, Renzi non è,
come si ostina a ripetere, l’unico a lasciare la poltrona dopo la
sconfitta (per la cronaca politica, dalla “poltrona” di capo del
governo si dimise addirittura D’Alema nel maggio 2000). Non è chiaro
che cosa si sia prefisso Renzi con il ritorno al Lingotto: farsi un
pedigree veltroniano? Avere il sostegno di Chiamparino? Trovare nuove
idee? Agli osservatori e ai commentatori, questa volta meno benevoli
del solito, il senso della prima parte dello storytelling renziano è
sostanzialmente sfuggito.

Quanto al “ripartire insieme”, sul fatto che
ripartire sia necessario non ci piove, ma insieme a chi non è apparso
chiaro a nessuno. Se per fare “l’insieme” è sufficiente il cosiddetto
ticket con il ministro Martina che porterebbe in dote la componente
ex-Ds, allora è davvero poca cosa, come confermano anche i sondaggi.
Certamente, con l’espressione insieme, Renzi non ha in alcun modo
inteso tendere la mano agli scissionisti che, anzi, sono stati
ripetutamente criticati e da qualcuno dei sostenitori di Renzi
addirittura bollati come “vigliacchi”. Né, infine, per giustificare
l’insieme, è sufficiente sostituire il noi all’io nelle esternazioni
renziane. Del partito, che nella corsa alla segretaria dovrebbe essere
l’oggetto del contendere, non tanto come conquistarlo, ma come
ri-organizzarlo, non ha parlato nessuno. È stata una mancanza
preoccupante in un’assemblea di uomini e donne di partito che al
partito-ditta di Bersani e ai voti da lui ottenuti nel febbraio 2013
sono debitori delle loro cariche, del loro potere, delle loro carriere
in atto e future.

Qualche cenno è stato fatto alle alleanze, tanto
vituperate fino a ieri. Anche se, senza le alleanze con la spappolata
Scelta civica e il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano (più qualche
aiutino di Denis Verdini, diventato innominabile e per il quale il
neo-garantismo di Renzi non sembrerebbe applicarsi), il Pd non avrebbe
nessuna maggioranza operativa al Senato. L’unica cosa nuova è stata
l’offerta all’ex-sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, di un posto
nelle liste Pd. Un’offerta assolutamente strumentale, quasi per
disinnescarne il tentativo di organizzare il suo Campo progressista
che, se vincente, sarebbe una significativa novità: spazio di sinistra
plurale simile a quella creata da François Mitterrand 46 anni fa dalla
quale ottenne lo slancio e la forza per vincere le elezioni
presidenziali francesi del 1981.

Pur con la sotterranea consapevolezza
che qualche alleanza bisognerà pur trovarla per tornare, non a casa,
ma a governare il paese e che una grande differenza la farà la
prossima indispensabile legge elettorale, al Lingotto non si è
discusso né dell’una né dell’altra. Lo storytelling non ha riguardato
niente di davvero politico, di davvero concreto, di davvero produttivo
di conseguenze. Neppure i numerosi ministri costretti a sfilare hanno
saputo entusiasmare i rappresentanti del popolo del Partito
democratico con la rivendicazione di qualche successo acquisito e con
la presentazione di qualche progetto epocale. Il Pd di Renzi riparte,
ma la strada è la stessa, un po’ più in salita. La parola, pardon, lo
storytelling passa agli altri concorrenti, il ministro della Giustizia
Andrea Orlando e il governatore della Puglia Michele Emiliano, i quali
dovrebbero raccontare come sapranno ampliare lo spazio e migliorare
l’organizzazione e la democrazia interna di un partito che si chiama
democratico.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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