Unione Sarda
Pd, attesa per il
verdetto sulla terza candidatura. La sinistra: gli altri sono renziani, noi
stiamo con Orlando.
Ci sperano, ma sempre di meno. Gli orfani di Yuri
Marcialis restano appesi al verdetto dei garanti nazionali del Pd, presieduti
da Gianni Dal Moro, che oggi dovrebbero pronunciarsi sulla richiesta di sostituzione
del terzo candidato alla segreteria regionale. Le aree della Sinistra
autonomista-federalista e della Traversata, rimaste prive di un riferimento
alle primarie dopo il ritiro di Marcialis, vorrebbero indicare un altro nome.
Ma la sensazione della vigilia è che possano prevalere le obiezioni regolamentari.
Eppure gli argomenti politici per la riapertura
dei termini ci sarebbero: anzitutto la straordinarietà della situazione, con
una dolorosa scissione interna. Poi il fatto che una risposta negativa taglierebbe
fuori dalle primarie un pezzo rilevante della sinistra interna: le aree che
sostenevano Marcialis escludono di potersi apparentare a uno degli altri due
candidati in pista, Giuseppe Luigi Cucca e Francesco Sanna.
Anche per via delle scelte sul segretario
nazionale (che sarà eletto il 30 aprile come quello regionale). Ieri una nota
ufficiale della Sinistra autonomista-federalista e della Traversata ha
confermato il sostegno, compatto, per Andrea Orlando: invece gli
altri due candidati «sono entrambi di orientamento renziano. Scelta che
rispettiamo, ma in Sardegna abbiamo bisogno di una netta discontinuità politica»,
dopo che al referendum di dicembre il No ha raggiunto nell'Isola il 73%.
Quanto alla riapertura delle candidature, le due
aree scrivono che «la partecipazione è un diritto da riconoscere per ragioni
politiche prima ancora che regolamentari: Diamo atto a chi nella commissione congressuale regionale si è pronunciato
positivamente; spiace che una parte ostacoli la partecipazione». La volontà è
essere presenti al congresso «sostenendo una piattaforma con un netto
profilo di sinistra. Non sono utili né gli unanimismi di facciata né le aggregazioni
con contenuti politici indistinti».
L'ultimo passaggio allude forse anche all'ipotesi
di un ritiro di Sanna e di una convergenza su Cucca: se ne parla da giorni, ma
è ancora tutto da vedere. «Quale che sia la risposta sulla partecipazione al
congresso - conclude la nota - continuerà la nostra attività politica». Il
primo impegno? «I referendum della Cgil in difesa dei diritti dei lavoratori».
La Nuova
L’appello
a poche ore dalla decisione sull’ipotesi di presentare un
candidato
dopo il ritiro di Marcialis
Primarie
Pd, la Sinistra: «Vogliamo esserci»
CAGLIARI Alle primarie regionali del
Pd, saranno il 30 aprile, la
Sinistra Dem vuole esserci comunque.
Le correnti Sinistra autonomista
e La Traversata lo confermano in un
documento dove una delle frasi
forti è questa: «Ribadiamo la nostra
volontà di partecipare al
congresso». Il documento l’hanno
diffuso a poche ore dalla decisione
di Roma: oggi si riunisce la
commissione di garanzia nazionale, che
dovrà decidere se riaprire o meno la
scadenza per presentare i
candidati-segretari. Rimasti senza
portabandiera dopo che il loro –
l’assessore comunale di Cagliari
Yuri Marcialis – è passato all’Mdp,
il movimento degli scissionisti del
Pd, i due gruppi scrivono: «La
partecipazione è un diritto da
riconoscere per ragioni politiche prima
ancora che regolamentari». Ma è
proprio il regolamento l’ostacolo che,
in questo momento, impedirebbe alla
Sinistra Dem di ripresentarsi alle
primarie.
Il caso abbastanza spinoso è nelle
mani dei commissari della
segreteria nazionale, ma gli esclusi
sottolineano che avrebbe potuto
decidere comunque la commissione
regionale per il congresso: «Dispiace
che invece una parte della stessa
commissione si sia opposta alla
nostra partecipazione, mentre, lo
ribadiamo, la questione politica si
sarebbe potuta risolvere subito, in
sede regionale, nell’interesse del
Pd sardo e in coerenza con un
partito che si definisce autonomo». A
parte le questioni regolamentari,
Sinistra Dem conferma di voler
sostenere e presentare «una
piattaforma e un candidato/a alla
segreteria regionale con un netto
profilo di sinistra», perché – è un
altro passaggio del documento – «non
solo utili nè gli unanimismi di
facciata e neanche aggregazioni
indistinte».
Tra l’altro: «Gli attuali
candidati alla segreteria regionale
del Pd (che va ricordato sono
Giuseppe Luigi Cucca e Francesco
Sanna) sono entrambi di orientamento
renziano, scelta rispettabile e che
noi rispettiamo – si legge – ma in
Sardegna abbiamo necessità di una
netta discontinuità politica, lo
richiede innanzitutto l’esito del
referendum costituzionale che
nell’isola ha registrato il 73 per
cento di No». Secondo la corrente
«oggi più che mai è necessario che,
in Italia e in Sardegna, il Pd
ascolti il popolo del centrosinistra
e gli elettori che si sono
espressi in modo fortemente critico
nelle ultime elezioni
amministrative e proprio nel
referendum costituzionale, per ragioni di
merito sulla linea politica
praticata finora portata avanti dalla
segreteria nazionale del partito».
Quale sia la risposta di oggi da
Roma, la Sinistra conferma «di voler
proseguire nell’attività
politica» fino ad annunciare: «Al
congresso nazionale sosterremo
Andrea Orlando, sebbene allo stesso
candidato possano essere rivolti
rilievi critici». Ma almeno Orlando
non è Renzi, è la conclusione
della corrente.
È
formato dai tre consiglieri vicini al movimento degli scissionisti Pd
Ex
Sel, nasce il gruppo degli Sdp
CAGLIARI Oggi una delle due anime
dell’ex Sel farà il suo esordio in
Consiglio regionale. È Sinistra per
la democrazia e il progresso in
cui si riconoscono i consiglieri
regionali Daniele Cocco, Eugenio Lai
e Luca Pizzuto, che sono rimasti in
giunta – hanno indicato
l’assessore alla cultura Giuseppe
Dessena – e di fatto hanno aderito
ad Articolo 1-Movimento Democratici
progressisti, fondato dai
fuoriusciti dal Pd. Alleanza
ribadita, nei giorni scorsi, con un
documento in cui tra l’altro c’era
scritto «vogliamo riportare al
centro del dibattito politico i
diritti dei lavoratori cancellati
dalle sconcertanti decisioni del
governo Renzi».
Va ricordato invece
che il quarto consigliere regionale
eletto nel 2014 dall’allora Sel,
Francesco Agus, tra l’altro presidente
della commissione riforme, ha
aderito al Campo progressista, il
movimento dell’ex sindaco di Milano
Giuseppe Pisapia e che ha tra i
fondatori anche i parlamentari sardi
Luciano Uras e Roberto Capelli. La
spaccatura fra le due fazioni è
nata prima e dopo la sostituzione
dell’assessore alla cultura Claudia
Firino (che ha aderito al Campo
progressista) proprio con Giuseppe
Dessena, in quota al nuovo gruppo
degli Sdp.
Unione Sarda
M5S,
le Regionali nel mirino Avviato il lavoro sul programma elettorale: trasporti,
lavoro e trasparenza i temi centrali
I
Cinquestelle guardano già al 2019: «Ma per il leader è presto»
Alle elezioni del 2014 non si
presentarono. «Non eravamo pronti, non
eravamo maturi abbastanza - confessa
oggi il sindaco di Assemini,
Mario Puddu - ma anni di
amministrazione ci hanno forgiato e adesso ci
sentiamo molto più forti».
A due anni dalle regionali del 2019
il Movimento Cinquestelle sardo
scalda i motori. Secondo l'ultimo
sondaggio elettorale condotto da
Bidimedia, il M5S nell'Isola si
attesta al 35%, è avanti di sei punti
rispetto al Pd (29%) e di quasi 23
rispetto a Forza Italia (data
all'11,5%). «Stando a questi numeri,
la Sardegna è una delle regioni
in cui il divario tra il movimento e
gli altri partiti è più
considerevole», aggiunge Puddu. Ma
questo, anche in considerazione
della recente impopolarità dei
sondaggi, «è solo un segnale».
I TEMI Gli uomini di Grillo in
Sardegna preferiscono ragionare sui
problemi, su ciò che non funziona:
occupazione, trasporti, sanità,
turismo. Il programma sarà costruito
attorno a questi punti, già sono
stati fatti degli incontri e altri
ce ne saranno.
L'ultimo ad Alghero, pochi giorni
fa, dal titolo “Insularità e diritto
alla mobilità”, era incentrato sulla
continuità territoriale. «Siamo
sardi, non dobbiamo mai stancarci di
parlare di mobilità, insularità,
trasporti - ha detto in
quell'occasione il deputato Nicola Bianchi -
sono tante le criticità che ho
sempre evidenziato in commissione
Trasporti: il governo deve
intervenire a soluzione del problema,
perché il cittadino e il suo
spostarsi per il territorio sono
garantiti dalla Costituzione».
Il resto, la scelta dei candidati e
delle liste, verrà da sé. Secondo
le modalità del Movimento: saranno
gli iscritti a decidere da chi
essere rappresentati, lo faranno con
il voto online. Forti anche del
recente risultato referendario. Non
si tratta di una vittoria del
movimento, precisano i portavoce, ma
la campagna attivata in Sardegna
per contrastare la vittoria del Sì
ha funzionato meglio che altrove.
«M5S era in prima linea - dice Puddu
- e la Sardegna è stata la
regione dove il no si è affermato in
modo più netto».
Adesso,
aggiunge, «manca poco, bisogna
prepararsi, la sfida è tosta
soprattutto perché si cerca di
uscire da anni di sabbie mobili».
I NOMI Quanto a futuri candidati,
nomi non se ne fanno. Non ancora. «È
ancora presto - osserva la deputata
Emanuela Corda - tutta la proposta
del movimento sarà costruita attorno
ai programmi, la scelta delle
persone verrà in seguito». Ma il
Movimento è sempre più radicato nel
territorio «con quattro sindaci,
consiglieri comunali ovunque, e
gruppi spontanei». Su un punto però
si sbilancia: «I candidati che
immagino, dovranno essere di
qualità, ma prima ancora dovranno essere
fedeli al progetto, in grado di
portare avanti il programma di
governo».
Nulla vieta agli attuali portavoce
di candidarsi. «Chiaramente non
dovranno occupare altre cariche,
questa è la regola del Movimento»,
sottolinea. Poi torna sui temi.
Continuità territoriale, prima di
tutto, ma anche «la fiscalità di
vantaggio, insularità, turismo». E
quelli più cari ai Cinquestelle:
«trasparenza, tagli agli sprechi,
meritocrazia».
«Ci stiamo riunendo per capire quali
sono le criticità più importanti
e studiare le soluzioni più efficaci
- conferma Andrea Vallascas - a
dicembre abbiamo discusso di sanità
e pochi giorni fa di trasporti».
La mancanza di rappresentanti in
Consiglio regionale si fa sentire:
«Possiamo intervenire solo fino a un
certo punto, soprattutto nelle
materie concorrenti dove Regione ha
competenza primaria». Da parte di
questa Giunta regionale, «non ho
visto nulla, è inesistente». L'unica
cosa che si è notata, conclude Mario
Puddu, è «l'eccessivo servilismo
verso un governo sordo con le
autonomie».
Roberto Murgia
Mozione
in Consiglio comunale contro la maggioranza
«Delunas?
Una questione morale»
Lucio Torru porta in Aula la
questione morale. Il consigliere più
votato alle scorse elezioni - da
quando ha lasciato il gruppo di Forza
Italia - si è schierato con
l'opposizione diventando uno dei più
critici nei confronti del sindaco
Stefano Delunas e della sua
maggioranza. «Il nostro Municipio è
diventato il palazzo
dell'ipocrisia con atteggiamenti di
persone che vogliono restare lì a
tutti i costi, in una maggioranza
che scricchiola giorno dopo giorno e
il tentativo costante di tappezzarla
di qua e di là», polemizza Torru
che stasera porterà in Consiglio
un'interpellanza sulla questione
morale e che chiede ai colleghi di
staccare la spina e rimettere le
decisioni nelle mani degli elettori.
«È sufficiente vedere gli
assessori che sono andati via: se
nessuno riesce ad andare avanti con
questo sindaco è evidente che il
problema c'è».
E attacca: «Ormai fanno politica
senza principi e senza coscienza,
come la ricchezza senza lavoro di
cui parlava Gandhi. Tonino Lobina
nella Città metropolitana è passato
con i sardisti al fianco di Zedda
e del Pd, qui che farà, firmerà la
mozione di sfiducia al sindaco? Poi
c'è Marco Ghiani, non segue le
indicazioni del partito che chiede di
staccare la spina ed è pronto a
cambiare casacca pur di non perdere il
seggio. Un problema che riguarda
anche altri consiglieri».
Marcello Zasso
ORISTANO.
Centrodestra: accordo chiuso tra FI, Riformatori e liste
civiche,
in forse Unidos Partito dei sardi a braccetto con Pd
L'obiettivo è restare al governo
della città. E così il
centrosinistra, rientrato nei ranghi
il Partito dei sardi, fa quadrato
e cerca di allargare la coalizione.
In attesa che il sindaco Tendas
chiarisca se intende ricandidarsi o
fare un passo indietro, ieri si è
riunito il tavolo politico della
coalizione. Oltre ai rappresentanti
del Pd Alberto Boasso e Maria Obinu
hanno partecipato Peppino
Marrasdell'Upc (NoiOr), il
consigliere regionale del Partito dei sardi
Augusto Cherchi , Ivano Cuccu di
Cittadini per l'Italia.
E la novità
più significativa è la posizione del
Partito che fa capo all'assessore
regionale Paolo Maninchedda : dopo
un periodo di autosospensione dal
tavolo del centrosinistra e dopo
aver flirtato col raggruppamento
civico (l'Udc di Giuliano Uras ,
Idee rinnovabili di Salvatore Ledda e
il progetto dell'ex assessore
regionale Gian Valerio Sanna ), ora il
Partito dei sardi va di nuovo a
braccetto col Pd e gli altri alleati
di centrosinistra. La coalizione
comunque non è chiusa, anzi da più
parti si è proposto di invitare al
tavolo anche Giuliano Uras e altre
liste civiche. Si è insistito molto
anche sulle primarie e
sull'eventuale candidato sindaco:
nessun diktat particolare e grandi
aperture, ma sembra evidente che
tutti stiano dando per scontata la
rinuncia del sindaco Tendas. A
giorni il quadro dovrebbe essere più
chiaro, anche perché il tempo
stringe.
Nel centrodestra accordo chiuso tra
Forza Italia, Riformatori,
Fratelli d'Italia, la lista dei
consiglieri comunali Mauro Solinas
eMassimiliano Sanna e quella dell'ex
consigliere regionale Gianni
Tatti . Potrebbero aggiungersi la
lista di Unidos, ma il dialogo è
aperto anche con Salvatore Ledda e
Giuliano Uras (all'opposizione in
Consiglio comunale). E intanto c'è
attesa anche nel pianeta vicino ai
5 Stelle: i vari meetup aspettano la
certificazione dallo staff di
Grillo per poter correre alle
amministrative col simbolo pentastellato.
Valeria Pinna
SASSARI.
Sanna va avanti appoggiato dalla Giunta: «Non mi dimetto»
L'addio
del fedelissimo: va via pure il vicesindaco
I mal di pancia duravano da tempo,
ma l'epilogo, il sindaco Nicola
Sanna, lo ha saputo dall'ufficio
protocollo. Il suo ex fedelissimo, il
vicesindaco e assessore
dell'Urbanistica, Gianni Carbini, si è dimesso
così, a sorpresa.
Parole durissime, quelle affidate
alla lettera di dimissioni ieri
mattina: «Il progetto politico
promosso dai sassaresi nel 2014 non ha
trovato attuazione - ha detto
Carbini - se qualche forma di
realizzazione c'è stata, è avvenuta
solo in minima parte, le cause di
questi ritardi sono frutto
dell'inadeguata attività
dell'amministrazione. Abbiamo
fallito nell'azione di governo, poco
incisiva e mal comunicata, creando
un solco sempre più profondo tra i
cittadini e le istituzioni».
AVANTI TUTTA Ieri pomeriggio il
sindaco ha quindi convocato una
riunione di Giunta straordinaria per
discutere i nuovi scenari. Il
dibattito si è chiuso con una
decisione: la situazione è critica ma si
va avanti. Inutile cercare di
raccogliere altre indiscrezioni, che non
siano questo serrare le fila a
ridosso dell'approvazione del bilancio.
La seduta che era prevista per oggi
si terrà regolarmente, poi da
mercoledì comincia il gioco duro,
quello attorno al bilancio. E lì
tutti dovranno giocare a carte
scoperte: il bilancio approderà in
Giunta, quindi in commissione , fino
al Consiglio.
A quel punto le
responsabilità saranno tutte di
quest'ultimo: la mancata approvazione
significa sfiducia, tutti a casa,
consiglieri compresi.
MALESSERI Ieri nessuno ha voluto
rilasciare dichiarazioni. Ma a porte
chiuse, in tanti hanno evidenziato
un problema politico che va
affrontato prima dentro il partito e
poi nella coalizione. Sanna è
risoluto: nessuna intenzione di
dimettersi, anzi ha detto di essere
pronto a sostituire Carbini. Un
passaggio per ora rinviato, in attesa
di calmare un po' le acque.
ISOLATO Il sindaco appare sempre più
isolato. Stritolato fin da subito
dalla cordata forte del suo partito,
che aveva mal digerito il suo
ballare da solo, non ha mai avuto
vita facile. Alle dimissioni
dell'assessore al Bilancio Alessio
Marras, per «motivi personali» sono
seguite ieri quelle del vicesindaco,
con toni che sanno di divorzio
definitivo anche sul piano dei
rapporti personali. I rapporti tra
Carbini e il sindaco Sanna si erano
da tempo deteriorati, ma la goccia
che ha fatto traboccare il vaso
potrebbe essere la nomina ad assessore
al Bilancio di Simone Campus.
Patrizia Canu
La Nuova
Pd,
Emiliano apre ai Cinquestelle
Le
alleanze dividono i candidati. Il governatore attacca Renzi: «Io
alternativa
al nulla lucente»
di Nicola Corda wROMA Il giorno dopo
il Lingotto per il Pd si apre la
partita delle alleanze. E, a
giudicare dagli scambi e le battute a
distanza consumatesi nel lungo fine
settimana politico, c’è da
scommettere che questo sarà
l’argomento più caldo su cui si consumerà
la battaglia congressuale fino al 30
aprile. Per Matteo Renzi il tema
è a rischio perché anche all’interno
della sua area, rinvigoritasi
dopo la tre giorni di Torino, le
posizioni non sono univoche. «Non
sappiamo se ci sarà un proporzionale
o un maggioritario» si è
giustificato l’ex segretario che ha
rimandato i dettagli della sua
mozione al congresso.
La sintesi non è facile e, infatti,
il suo
candidato alla vicesegreteria,
Maurizio Martina, ex Ds che guarda a
sinistra, prende tempo e rinvia ogni
decisione a «dopo che sarà
definito il programma». A sostegno
di Renzi c’è anche Dario
Franceschini che però gli tira la
giacca verso il centro e non fa
mistero di tenere più in
considerazione l’area moderata. In mezzo, il
presidente del partito e reggente
Matteo Orfini che ha spiegato che
«difficilmente un partito che si
chiama Nuovo centro destra potrà
ancora allearsi con un partito di
sinistra». Una sponda offerta al
nuovo movimento Campo progressista
lanciato sabato scorso a Roma da
Giuliano Pisapia. Per l’ex sindaco
di Milano il perimetro di un nuovo
centrosinistra si ferma prima di
Verdini e Alfano. «Sì al progetto
Pisapia ma porte chiuse agli
scissionisti», ha avvertito Debora
Serracchiani, sintetizzando la fatwa
verso Bersani e soci, aleggiata
durante la kermesse renziana.
L’obiettivo è di depotenziare la
formula
del “nuovo Ulivo” al quale nessuno
nel Pd mostra interesse. Ieri però
l’ex sindaco di Torino, Chiamparino,
ha evocato la necessità di
tornare a dialogare con «i compagni
usciti perché le alleanze servono
a vincere le elezioni recuperando
consensi dal non voto e da quello di
protesta». «Non è Bersani il nemico
ma Grillo e Salvini» dice anche il
capogruppo Rosato. Come si vede, in
area renziana le posizioni sui
futuri alleati sono molto variegate
e vanno da “mai più con Alfano” a
“mai più con Bersani”, passando per
molti se e tanti forse e chissà. A
fare da spartiacque c'è la legge
elettorale che per ora prevede solo
un premio di maggioranza per la
lista solo alla Camera con una soglia
del 40 per cento difficilmente
raggiungibile, almeno stando ai
sondaggi di questi giorni. L’unico a
sollecitare la modifica di un
premio alla coalizione è ancora
Franceschini, isolato nel partito
molto meno fuori dal Nazareno,
soprattutto dalle parti del
centrodestra. L’altro candidato alla
segreteria Orlando privilegia il
dialogo a sinistra e due esponenti
di peso come Nicola Zingaretti e
Gianni Cuperlo erano ospiti molto
graditi alla convention del teatro
Brancaccio di Giuliano Pisapia.
Stessa direzione anche per Orlando:
«Costruire un’alleanza di
centrosinistra largo, è il momento di ponti
e non paletti». Si muove ancora più
a largo raggio, Michele Emiliano
terzo candidato alla segreteria del
Nazareno che pare abbia
identificato in Renzi il principale
avversario. «Il renzismo è il
nulla lucente, la mia candidatura è
l’unica alternativa per chiudere
con quella parentesi» ha detto ieri
il presidente della Regione Puglia
polemizzando duramente con l’ex
premier. Sulle alleanze, Emiliano apre
al Movimento 5 Stelle che dice, «non
deve essere demonizzato» come
fanno alcuni del Pd che in
parlamento hanno sviluppato contro di loro
“un odio antropologico”. Anche in
Puglia «la mia è una coalizione
ulivista e verso i 5Stelle non ci
sono prevenzioni». E durante il
forum su Repubblica tv, Emiliano va
anche oltre: «Il Movimento
5Sstelle e i loro elettori, in
qualche modo mi assomigliano».
UNA RIPARTENZA MONCA SENZA PROGRAMMI
NÉ IDEE
“Tornare a casa per ripartire
insieme” è stato il titolo
dell’iniziativa svoltasi al Lingotto
per lanciare la campagna
elettorale di Matteo Renzi alla
segreteria del Partito democratico.
Dal Lingotto dieci anni fa partì
Walter Veltroni per diventare il
primo segretario del nuovo partito.
Durò pochissimo. La sua “vocazione
maggioritaria” non fu sufficiente a
fargli vincere le elezioni
politiche del 2008 e nel febbraio
2009 si dimise. Dunque, Renzi non è,
come si ostina a ripetere, l’unico a
lasciare la poltrona dopo la
sconfitta (per la cronaca politica,
dalla “poltrona” di capo del
governo si dimise addirittura
D’Alema nel maggio 2000). Non è chiaro
che cosa si sia prefisso Renzi con
il ritorno al Lingotto: farsi un
pedigree veltroniano? Avere il
sostegno di Chiamparino? Trovare nuove
idee? Agli osservatori e ai
commentatori, questa volta meno benevoli
del solito, il senso della prima
parte dello storytelling renziano è
sostanzialmente sfuggito.
Quanto al “ripartire insieme”, sul
fatto che
ripartire sia necessario non ci
piove, ma insieme a chi non è apparso
chiaro a nessuno. Se per fare “l’insieme”
è sufficiente il cosiddetto
ticket con il ministro Martina che
porterebbe in dote la componente
ex-Ds, allora è davvero poca cosa,
come confermano anche i sondaggi.
Certamente, con l’espressione
insieme, Renzi non ha in alcun modo
inteso tendere la mano agli
scissionisti che, anzi, sono stati
ripetutamente criticati e da
qualcuno dei sostenitori di Renzi
addirittura bollati come
“vigliacchi”. Né, infine, per giustificare
l’insieme, è sufficiente sostituire
il noi all’io nelle esternazioni
renziane. Del partito, che nella
corsa alla segretaria dovrebbe essere
l’oggetto del contendere, non tanto
come conquistarlo, ma come
ri-organizzarlo, non ha parlato
nessuno. È stata una mancanza
preoccupante in un’assemblea di
uomini e donne di partito che al
partito-ditta di Bersani e ai voti
da lui ottenuti nel febbraio 2013
sono debitori delle loro cariche,
del loro potere, delle loro carriere
in atto e future.
Qualche cenno è stato fatto alle
alleanze, tanto
vituperate fino a ieri. Anche se,
senza le alleanze con la spappolata
Scelta civica e il Nuovo Centro
Destra di Angelino Alfano (più qualche
aiutino di Denis Verdini, diventato
innominabile e per il quale il
neo-garantismo di Renzi non
sembrerebbe applicarsi), il Pd non avrebbe
nessuna maggioranza operativa al
Senato. L’unica cosa nuova è stata
l’offerta all’ex-sindaco di Milano,
Giuliano Pisapia, di un posto
nelle liste Pd. Un’offerta
assolutamente strumentale, quasi per
disinnescarne il tentativo di
organizzare il suo Campo progressista
che, se vincente, sarebbe una
significativa novità: spazio di sinistra
plurale simile a quella creata da
François Mitterrand 46 anni fa dalla
quale ottenne lo slancio e la forza
per vincere le elezioni
presidenziali francesi del 1981.
Pur con la sotterranea consapevolezza
che qualche alleanza bisognerà pur
trovarla per tornare, non a casa,
ma a governare il paese e che una
grande differenza la farà la
prossima indispensabile legge
elettorale, al Lingotto non si è
discusso né dell’una né dell’altra.
Lo storytelling non ha riguardato
niente di davvero politico, di
davvero concreto, di davvero produttivo
di conseguenze. Neppure i numerosi
ministri costretti a sfilare hanno
saputo entusiasmare i rappresentanti
del popolo del Partito
democratico con la rivendicazione di
qualche successo acquisito e con
la presentazione di qualche progetto
epocale. Il Pd di Renzi riparte,
ma la strada è la stessa, un po’ più
in salita. La parola, pardon, lo
storytelling passa agli altri
concorrenti, il ministro della Giustizia
Andrea Orlando e il governatore
della Puglia Michele Emiliano, i quali
dovrebbero raccontare come sapranno
ampliare lo spazio e migliorare
l’organizzazione e la democrazia
interna di un partito che si chiama
democratico.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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