martedì 25 aprile 2017

Marine Le Pen, jamais! Di Simone Oggioni


Alcune brevissime considerazioni sul voto francese.
La prima è che per una volta i sondaggi non avevano sbagliato di molto. Marine Le Pen ha un consenso vero. La candidata dell'estrema destra, che vorrebbe uscire dall'euro, chiudere le frontiere all'immigrazione e che nel corso della sua campagna elettorale ha persino messo in discussione il diritto degli ebrei francesi a indossare la kippah, ottiene il voto di più di un francese su cinque.

È un dato di fatto reale, che va indagato e preso sul serio. Al tradizionale voto neofascista si sono sommati disagi nuovi, un senso di sofferenza e incertezza che è il frutto avvelenato di anni di politiche classiste e di rigore finanziario. Una sinistra di governo che voglia fare i conti con la realtà, e non con i sogni, prima rimette i piedi dentro le piaghe del disagio di una società ferita e disgregata e prima la smetterà di sorprendersi rispetto all'avanzata imponente delle destre più pericolose, dagli Stati Uniti alla Francia.
La seconda considerazione è ancora più banale. In politica l'aritmetica non vale ma è del tutto verosimile che se i due candidati della sinistra (Mélenchon, il quale ha ottenuto un risultato straordinario, e Hamon) avessero trovato un accordo e si fossero uniti, ora la sinistra avrebbe un suo candidato al ballottaggio.
Non l'estrema sinistra, come gran parte dei giornali faziosamente indica, ma una sinistra coerente e radicale dal punto di vista dei principi e dei programmi e con una chiara vocazione al governo. Sul tema di fondo di questa competizione presidenziale – il rapporto con l'Europa – tanto Hamon quanto Mélenchon hanno nel corso della campagna elettorale precisato una posizione perfettamente condivisibile: la proposta di modificare radicalmente i trattati europei, di restituire l'euro ai popoli europei modificando in radice il ruolo della Bce. Dentro l'Unione Europea, quindi, ma non sotto il tacco dei potentati finanziari.
La terza attiene al socialismo europeo. Perché lo schiaffo preso da Hamon nelle urne è più di una campana d'allarme. Quando le sinistre moderate abbandonano strutturalmente le classi popolari e quando sono e ancora più vengono percepite come la mano che allarga la forbice delle diseguaglianze ed erode le certezze sociali, esse tracollano. Persino in presenza di un candidato coraggioso, che aveva vinto le primarie del Psf proprio su di una linea di discontinuità e di autocritica. A proposito di credibilità e di coerenza, necessità imprescindibili.
L'ultima considerazione riguarda il secondo turno, sul quale, come nel 2002, nessuno può permettersi di scherzare. Soprattutto i campioni della "sinistra degli altri", fenomeni nell'intestarsi le vittorie oltre confine o nel suggerire la linea sul divano di casa con il roaming internazionale. E un po' più scarsi, a quanto sembra, nel dirigere la sinistra italiana.

Pierre Laurent, segretario del Partito comunista francese, sostenitore di Mélenchon ma a capo di un partito autonomo e radicato in tutto il Paese, ha immediatamente fatto appello al voto per Macron contro Marine Le Pen, perché la sua elezione "sarebbe un pericolo troppo grande per il Paese e per la sicurezza del mondo". Si tornerà a combattere Macron dal giorno dopo la sua elezione. Per dire cose semplici e giuste non servono consultazioni on line o formule pasticciate. Basta una solida cultura politica.

L'idea del socialfascismo ha già prodotto lutti inenarrabili nella storia del Novecento europeo. La sua caricatura fuori tempo massimo sarebbe grottesca. Di fronte ai fascismi, il fronte democratico. Sempre.


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