L’unione Sarda.
SULCIS-Impietosi
i dati Istat. L'imprenditore Deriu: dobbiamo puntare sul
turismo. Disoccupazione da record. Il 60 per cento dei giovani non riesce a
trovare lavoro
Quando si parla di disoccupazione
nel Sulcis il peggio sembra non finire mai. I dati pubblicati dalla Regione nel
rapporto sulla “Congiuntura economica, Mercato del Lavoro 2016”, elaborati in
base ai dati rilevati dall'Istat, restituiscono una fotografia ancora più drammatica dello scorso anno, per
quanto riguarda la provincia di Carbonia- Iglesias.
LA DISOCCUPAZIONE Il tasso di
disoccupazione ufficiale è passato dal 17,2 del 2015 al 20,6 del 2016.
Cresciuto di tre punti percentuali in appena un anno, a dimostrazione che la
crisi purtroppo è ancora molto acuta. I dati più preoccupanti, soprattutto per
le conseguenze demografiche che potrebbero avere, riguardano la disoccupazione giovanile:
tra i 15 e i 29 anni ben il 60 per cento dei residenti nel Sulcis Iglesiente
non lavora. L'ha rilevato l'Istat e lo certifica la Regione ma è un dato che si
intuisce già osservando le città e i paesi che si svuotano, una generazione
intera che emigra o è sempre più tentata di cercare lavoro altrove.
I FIGLI DELLA CRISI «Questi numeri
non ci stupiscono, ma ci rattristano ancora di più - dice Ivano Sais ,
portavoce dei Figli della Crisi - ormai è da anni che proviamo ad attirare
l'attenzione delle istituzioni sul vuoto che inghiotte noi giovani. Le
possibilità di lavoro sono sempre di meno e sinceramente è difficile sperare in
una ripresa. In passato, come Figli della Crisi, siamo stati anche ricevuti dal
Prefetto, ma purtroppo non è seguito nulla di concreto. Per chi è in serie
difficoltà economiche diventa un rebus anche pagarsi l'abbonamento del pullman
per raggiungere la scuola».
I DATI Numeri impietosi, ancora una
volta e ancora di più. Ma secondo qualcuno le cifre reali potrebbero anche essere
peggiori. «Riteniamo che la disoccupazione giovanile sia prossima al 70 per
cento - commenta Fabio Enne , segretario della Cisl - perché ai dati ufficiali dobbiamo
aggiungere chi è talmente scoraggiato che neanche si iscrive all'ufficio di
collocamento. La disoccupazione è in continuo aumento e, lo dico a malincuore,
non potrebbe essere diversamente: la crisi delle fabbriche, la crisi
dell'edilizia, nessuno degli investimenti promessi in infrastrutture, servizi,
turismo si è ancora concretizzato. Con un simile scenario la situazione resta
immobile, o addirittura peggiora».
L'IMPRENDITORE «Voglio rimanere
fiducioso - dice Ninetto Deriu, imprenditore di Iglesias - se si sceglie di
sbloccare il turismo e incoraggiare l'edilizia, l'economia può di sicuro migliorare
mettendo in moto un indotto notevole». I numeri
sulla congiuntura economica non stupiscono la Cgil . «Probabilmente il tasso di
disoccupazione è anche più alto - osserva il segretario Roberto Puddu - ma nei
prossimi mesi dovremmo raccogliere i frutti di diversi investimenti che si concretizzeranno
e questi potrebbero dare nuova linfa al territorio, provato da anni di crisi
continua».
Antonella Pani
La Nuova
Renzi
ha convinto gli elettori ma nel PD c'è il nodo elezioni
La
sinistra del partito ha il timore che seguendo la linea dell’ex
premier
si corra il rischio di arrivare per inerzia alle larghe intese
con
Silvio Berlusconi
di Luciano Marrocu
Dunque è certificato, il Pd può ora
dirsi il partito di Renzi. Lo
dimostrano le cifre con cui
l'attuale segretario ha vinto il primo
atto delle primarie: il 68 per cento
contrapposto al 25 del suo
principale rivale. Un esito così
netto conduce a due constatazioni.
Che una consistente maggioranza
degli iscritti si è dimostrata
convinta della sua attuale linea
politica (quanto agli insuccessi del
recente passato o non li considera
tali, o glieli ha perdonati). Che
soprattutto lo riconosce come un
leader tutt'altro che provvisorio,
vedendo in lui l'unico capace di
affrontare i problemi del paese, di
trarlo fuori dalla palude in cui si
dibatte da decenni, di fargli
insomma "cambiare verso".
Solo analisi sociologiche quali quelle che
conduce l'Istituto Cattaneo di
Bologna, ci consentiranno di capire le
radici profonde di questa vittoria.
Di capire cioè quanto di essa è
dovuta al personale carisma di
Renzi, alla sua capacità di mantenere
un rapporto diretto con gli iscritti
a un partito che per quanto si
stia progressivamente svuotando li
conta ancora a centinaia di
migliaia (infinitamente di più,
comunque, dei clic elettronici che
Grillo e Casaleggio possono mettere
in campo). E quanto, invece,
questi voti siano passati attraverso
il filtro dei capicorrente
nazionali e dei loro emissari
locali. In che misura, in altre parole,
il Pd si stia muovendo verso il
modello del partito personale stile
Movimento 5 Stelle o Forza Italia. I
sondaggisti, ai quali per altro
da un po' di tempo a questa parte
non ne va bene una, sono concordi
nel ritenere che il secondo atto del
rito delle primarie - quando cioè
verrano chiamati a votare anche i
votanti e simpatizzanti non iscritti
- non potrà rovesciare i risultato.
Prevedono, i nostri sondaggisti,
che andranno a votare tra 1,5 e 2
milioni di persone e che le
percentuali registrate in questa
prima fase verranno grosso modo
confermate: salvo nel caso di
Emiliano che, grazie al voto
meridionale, potrebbe andare oltre
il 10 per cento. C'è quindi, almeno
in questa prima fase, un vincitore:
Matteo Renzi. E c'è uno sconfitto:
Andrea Orlando. Bene ha fatto
quest'ultimo a non insistere più di
tanto sulle opacità e su alcune
irregolarità delle votazioni, sapendo
bene come sia fisiologico che in una
battaglia politica che è anche
una battaglia delle tessere ci siano
state ruvidezze da una parte e
dall'altra. Orlando ha puntato sulle
debolezze della linea di Renzi,
sul fatto che a suo giudizio ne
consegua l'isolamento a sinistra,
rischiando di arrivare per inerzia
alle larghe intese con Berlusconi.
In quel poco di discussione che si è
svolta nei circoli, i sostenitori
di Orlando hanno detto come Renzi,
uomo del maggioritario, stia
isolando il partito rendendolo
inadeguato ad affrontare le uniche
elezioni che contano, le politiche
del prossimo anno.
Queste ultime
infatti, senza all'orizzonte una
nuova legge elettorale, si
svolgeranno probabilmente con
l'attuale legge proporzionale.
Ragionamenti non privi di
fondamento, ignari però del fatto che il
tipo di leadership che Renzi sembra
in grado di esercitare sul Pd gli
consentirà di muoversi con grande
libertà nel panorama del dopo
elezioni. E se un Pd primo partito è
ovviamente l'opzione preferita, è
pronto anche un piano B in grado di
lasciare Renzi al comando del Pd,
nel caso che giunga alle spalle dei
5 Stelle. Insomma, la nuova fase
di cui qualcuno ha parlato
consisterebbe in questo che Renzi,
presentatosi alla platea nazionale
con il sonoro 40 per cento delle
elezioni europee del 2014, sarebbe
ora un Renzi per tutte le stagioni.
Non esclusa una nella quale si
dovesse trovare a ragionare in un
quadro politico confusamente
tripolare.
All'uomo non manca la
disinvoltura per reinventare la
forma della sua leadership e
trasformarsi in un perfetto
proporzionalista. Non gli mancano le
frequentazioni adatte. Per quanto
momentaneamente appassita,
l'amicizia con Verdini può sempre
rifiorire. Andare a trovare
Berlusconi ad Arcore, non
dimentichiamolo, fu la prima mossa di Renzi
sul piano nazionale. Sull'altro
versante, ammesso che di un altro
versante si tratti, è di pochi
giorni fa l'apertura verso i 5 Stelle
nella persona di Davide Casaleggio.
Quanto a "cambiare verso al paese"
se ne parlerà in futuro. Rimane viva
per ora l'antica promessa "di non
mettere le mani in tasca degli
italiani".
La Nuova
D’Alema,
avance a Pisapia: «Lavoriamo a un’alleanza»
a
sassari il leader mdp, di Vincenzo Garofalo
SASSARI Mdp strizza l’occhio al
Campo progressista di Pisapia e alla
Sinistra italiana di Fratoianni. Il
Movimento nato dalla diaspora del
Pd lancia le sue avances da Sassari
e lo fa con le parole dell’ex
presidente del Consiglio Massimo
D’Alema, sbarcato in Sardegna proprio
per presentare il nuovo politico
formato dall'unione tra gli ex Pd di
Bersani e Speranza e gli ex Sel di
Scotto: «Secondo i dati degli
ultimi sondaggi, fra le tre liste
Mdp, Sinistra italiana e Campo
progressista, solo una supera lo
sbarramento elettorale.
Complessivamente invece le tre forze
valgono più della metà del
Partito democratico», sostiene
D’Alema parlando davanti a una platea
di duecento persone, radunate nella
sala convegni della Camera di
commercio di Sassari per assistere
alla prima uscita ufficiale del
nuovo partito Articolo Uno Movimento
democratico progressista.
«Guardiamo con molto interesse al
lavoro programmatico che sta facendo
Pisapia e crediamo che a sinistra
del Pd ci sia uno spazio importante.
Se sarà occupato da forze litigiose,
quello spazio non avrà alcun
peso; se invece ci mettiamo insieme
potremmo avere un impatto
importante sulla vita politica del
Paese», spiega l’ex leader maximo
della sinistra italiana. «Abbiamo
sempre la speranza di ricreare un
grande partito del centrosinistra
italiano, e questo è un appello
rivolto anche al Pd, affinché non si
rassegni a essere il partito
personale di Matteo Renzi», continua
D’Alema.
«In questi anni Renzi ha
dimostrato di non saper lavorare con
chi non la pensa come lui. Nel
partito è mancato solo l’inno “Meno
male che Mateo c’è”. Per il resto
abbiamo assistito all’affermazione
di un modello già visto nella
politica italiana; non pensavamo che
potesse accadere in casa nostra,
ma è successo, e ora dobbiamo avere
la forza di ricominciare».
Ricominciare partendo da una parola:
coinvolgimento. «Noi vogliamo
coinvolgere le persone nel creare
una nuova forza, non un partitino,
ma un movimento aperto, non
autoreferenziale».
L’incontro di Sassari,
preceduto in mattinata da una tappa
a Selargius con il candidato
sindaco del centrosinistra Francesco
Lilliu, ha dato spazio alle
figure di spicco del nuovo partito
in Sardegna, come il deputato
Michele Piras: Mdp deve essere un
luogo aperto che offra uno spazio di
confronto a chi ha perso la casa del
centrosinistra. Il Paese non ha
bisogno di altri partiti, ma di
luoghi pubblici dove costruire una
proposta di governo». O come
consigliere regionale, ex Sel, Daniele
Cocco: «I mille giorni del governo
Renzi non ci sono piaciuti e non ci
piace questo finto centrosinistra,
che guida l'Italia comportandosi
come il centrodestra. Il gruppo
regionale aderisce ad Articolo Uno
perché è convinto che si possano
dare risposte ai tanti problemi
dell’Isola e del Paese».
La
federazione provinciale ha designato i suoi 7 rappresentanti. Il 30
aprile
la scelta del segretario Congressi Pd, eletti i delegati nazionali
SASSARI
Prosegue la marcia di avvicinamento
del Pd all’elezione del prossimo
segretario nazionale e regionale.
Mercoledì nella sala convegni
dell’hotel Grazia Deledda di
Sassari, si è svolta infatti la
convenzione provinciale del Partito
Democratico. La convenzione alla
quale hanno partecipato i 200
delegati eletti dai circoli del Pd della
provincia di Sassari rappresenta una
tappa intermedia del percorso
congressuale, che culminerà con le
primarie del 30 aprile, in cui
verranno eletti i segretari
regionali e il segretario nazionale nonché
i massimi organismi dirigenti del
Pd.
La convenzione si è aperta con
l’elezione della presidenza di cui
facevano parte oltre al garante
nazionale Massimo Pintus e al
segretario provinciale Giampiero
Cordedda, il presidente della
commissione per il congresso Franco
Borghetto, il sindaco di Sassari
Nicola Sanna e i rappresentanti delle
mozioni congressuali. Il presidente
della commissione congressuale ha
illustrato i dati dei congressi di
circolo alla quale hanno
partecipato alcune migliaia di
iscritti che hanno votato per i
candidati alla segreteria nazionale:
il dato finale ha visto la
prevalenza della mozione di Matteo
Renzi con una percentuale dell’
82,43 % al secondo posto la mozione
di Andrea Orlando con il 16,1 % e
infine Michele Emiliano che è stato
votato dal 1,47 %.
Dopo la
relazione introduttiva del
segretario provinciale e i saluti del
sindaco di Sassari si è aperto il
dibattito alla quale hanno preso
parte molti dei delegati presenti;
l’intervento conclusivo è stato
affidato al segretario cittadino
Fabio Pinna. Alla fine del dibattito
si è proceduto alla votazione dei 7
rappresentati del partito
democratico provinciale di Sassari
nell’assise nazionale; sono
risultati eletti: Nicola Sanna,
Massimo Pintus, Claudia Anedda,
Massimo Piras, Sergio Donati, Lisa
Benvenuto, Timoteo Baralla. Il
prossimo appuntamento del Pd è
fissato per il 30 aprile, giorno in cui
dalle ore 8 alle 20 non solo gli
iscritti ma anche simpatizzanti ed
elettorisaranno chiamati a votare
per il prossimo segretario nazionale
e regionale.
Per la segreteria regionale si
confronteranno i due
candidati Giuseppe Luigi Cucca e
Francesco Sanna. Nell’occasione
saranno eletti anche i 160
componenti dell’assemblea regionale. Per
Francesco Sanna a Sassari il gruppo
di candidati è guidato da Giovanna
Sanna, deputata e sindaca di
Florinas, seguita dal consigliere
regionale Salvatore Demontis. Nella
lista 1 di Giuseppe Luigi Cucca,
quella riferita all’ex minoranza
congressuale a Sassari guida il
gruppo il vicesindaco dimissionario,
Gianni Carbini. Nella seconda
lista di Cucca, quella dei
popolari-riformisti, il presidente del
Consiglio regionale Gianfranco Ganau
è il capolista a Sassari.
Unione Sarda
Sardaleasing
sceglie Spissu
Ieri
l'assemblea elettiva: «Ringrazio la Bper per aver indicato un
sardo
ai vertici» L'esponente del Pd sarà il nuovo presidente della società
È Giacomo Spissu è il nuovo
presidente di Sardaleasing. L'ex sindaco
di Sassari ed ex presidente del
Consiglio regionale (nell'era Soru) è
stato eletto ieri dall'assemblea dei
soci, che ha approvato il
bilancio 2016 e rinnovato i vertici.
Da un anno nel consiglio di
amministrazione, Spissu (oggi
portavoce dell'area Fadda-Cabras
all'interno del Pd sardo) prende il
posto di Franco Rabitti, eletto
nel 2014. Il nuovo vicepresidente è
invece Eugenio Garavini, che
subentra a Gabriele Satta.
IN SARDEGNA «Sono grato della
fiducia che mi è stata accordata da
Bper, azionista di maggioranza,
insieme al Banco di Sardegna e alla
Sfirs», dice il neo presidente: «In
questa elezione c'è un valore per
me importante, ovvero che a guidare
Sardaleasing sia un rappresentante
della Sardegna. Non era né dovuto,
né scontato». Nel nuovo consiglio
di amministrazione trovano spazio
due donne: si tratta di Patrizia
Giranu, già membro del cda uscente,
e di Francesca Argiolas, che
invece entra per la prima volta.
L'altra new entry è Pasquale Carboni.
Riconfermati, invece, Stefano
Esposito (consigliere delegato),
Giuseppe Sibilla, Paolo Porcu e
Francesco Loi.
Giacomo Spissu, 67 anni, sassarese,
arriva così alla guida della
società che offre soluzioni
finanziarie per gli investimenti
produttivi delle piccole e medie
imprese, forte di un bilancio
robusto: nel 2016, infatti,
Sardaleasing ha registrato 490 milioni di
euro di stipulato, che per la
società rappresentano il miglior
risultato dall'inizio della crisi
economica. La crescita dei volumi è
stata pari all'11,2%, mentre i
contratti sono aumentati del 7,8%».
L'utile di esercizio pari a 636.000
euro e un margine di
intermediazione di 45 milioni di
euro (+13% rispetto al 2015) sono
ulteriori elementi che testimoniano
la forza della società di leasing.
LEGAME COL TERRITORIO Con
riferimento alla clientela, Sardaleasing
mantiene nell'Isola una quota pari
al 35% del mercato, «che conferma
il forte legame identitario con il
territorio», si legge ancora in una
nota della società. «Sardaleasing è
in crescita», sottolinea Spissu:
«La società ottiene performance
buone, registra persino utili, e
questo indica buona salute. C'è uno
spazio crescente nel mercato
nazionale del leasing, ritengo che
ci siano margini di crescita anche
in Sardegna»
Tra le linee di credito domina il
leasing immobiliare, con il 52,7%.
«Confermando una predisposizione
all'innovazione», conclude la nota
della società, «nel corso del 2016
Sardaleasing è stata tra le prime
ad avviare la commercializzazione
del leasing abitativo per i
privati».
Mauro Madeddu
SELARGIUS.
L'ex premier appoggia il candidato sindaco
D'Alema
lancia Lilliu: «Vincerà»
La parata dei big a sostegno dei
candidati sindaci parte da Massimo
D'Alema. «Mi pare che abbiamo
davanti una destra divisa. Non è un bene
per loro, ma per noi sì. Francesco
Lilliu ha ottime probabilità di
vincere», osserva l'ex presidente
del Consiglio in Sardegna per un
doppio impegno: il battesimo del
nuovo partito (Articolo Uno-Movimento
democratico e progressista) e
l'appoggio a Lilliu.
Il tour isolano dell'ex premier è a
tappe forzate (con sosta a
Ghilarza e Sassari), e inizia da
Selargius.
Da via Primo Maggio
D'Alema invoca i valori «autentici»
del centrosinistra, non risparmia
stoccate a Renzi e Gentiloni («non
sono riusciti a far decollare il
Paese»), poi passa a Selargius, «un
centro fondamentale dell'area
metropolitana di Cagliari dove si
gioca una sfida da cui dipendono
anche equilibri complessivi»,
commenta. «Il motivo principale della
mia visita è sostenere Lilliu: una
candidatura di grande rilievo
politico, non parliamo di un
candidato qualsiasi ma del segretario
provinciale del Pd. È un
investimento molto forte. Il centrosinistra
quando ritrova se stesso può
vincere. Cagliari lo dimostra». Presenti
anche Eugenio Lai, vicepresidente
del Consiglio regionale, Yuri
Marcialis, assessore comunale a
Cagliari, e Andrea Melis, consigliere
di minoranza a Selargius. Tutti in
rappresentanza del nuovo partito.
Sara Marci
QUARTU-CONSIGLIO
COMUNALE. Rischio elezioni anticipate o l'arrivo del
Commissario
Bilancio, la giunta Delunas è appesa a un filo
«Senza bilancio, sono a rischio i
sostegni per i bisognosi e il
pagamento delle fatture: ogni giorno
di ritardo è un giorno perso».
Mentre la Giunta e gli uffici sono
alle prese con i conti del Comune,
arrivano attacchi dall'opposizione
per il ritardo nell'approvazione.
«Il nuovo assessore Fadda di Martino
aveva detto che il bilancio
sarebbe arrivato in tempo, ma la
scadenza del 31 marzo è passata e,
come sempre in questa consiliatura,
non è stata rispettata», attacca
Barbara Cadoni, consigliera Pd,
«ancora una volta il Comune è bloccato
perché senza il bilancio approvato
si mette in crisi tutta la macchina
amministrativa». Nessuna notizia del
bilancio partecipato: «Avevamo
approvato una mozione, ma non se n'è
più saputo niente: ancora una
volta i cittadini non potranno
contribuire a decidere come spendere i
loro soldi».
Ieri in commissione Bilancio sono
arrivati i primi atti, ma la strada
è ancora lunga. «Deve lavorarci la
commissione Bilancio ma i vari
settori devono intervenire anche
nelle commissioni di competenza, lo
schema dovrà passare in Giunta e ci
saranno i dieci giorni di deposito
- spiega la più giovane esponente
Dem - poi non sarà comunque facile
portarlo in Aula tra Pasqua e
festività: la città non può più
aspettare».
L'assessore al Bilancio è impegnato
a far quadrare i conti ma sindaco
e Giunta devono anche tenere conto
delle esigenze della maggioranza:
tutti chiedono qualcosa in più e
siccome gli equilibri sono delicati,
ogni mal di pancia può essere
letale. I numeri sono risicati e se
qualcuno della maggioranza dovesse
bocciare il bilancio, anche senza
votare contro ma disertando i lavori
in Aula, per Stefano Delunas
potrebbe essere il colpo di grazia.
Per l'ennesima volta il futuro del
suo mandato è appeso a un filo: se
il bilancio arriva in Aula ad
aprile e viene bocciato si va al
voto subito, se invece la Giunta
dovesse cadere in seguito, la
finestra per le elezioni sarebbe chiusa
e le redini passerebbero in mano al
commissario.
In attesa delle tensioni martedì
riprendono i lavori normali del
Consiglio con all'ordine del giorno
una mozione del capogruppo M5S
Guido Sbandi sullo Sprar, le tre
interrogazioni su questione morale e
Is Arenas che Lucio Torru vuole
trasformare in mozioni e
un'interpellanza della Dem Tecla
Brai su Monumenti aperti e i
regolamenti sull'uso degli
auditorium delle scuole e sulle sanzioni
per chi non demolisce gli abusi
edilizi.
Marcello Zasso
PD.
Il caos franchi tiratoriRenzi: «Adesso basta giochetti» Alfano: via Torrisi
ROMA
«Tanti giornali e tanti professori ce l'hanno con me? Contano
zero,
sono i voti che contano». Lo ha detto Matteo Renzi nelle
anticipazioni
di un'intervista a Panorama. «Il governo Gentiloni? Mi fido di lui:
l'importante è che alla fine il gatto prenda il topo».
Quindi l'ex premier ha parlato anche
del caso dei franchi tiratori
all'interno della maggioranza che
hanno impedito a Pagliari (Pd) di
essere eletto alla presidenza della
Commissione Affari costituzionali
a favore di Torrisi (Ap): «Basta con
i giochetti da prima repubblica».
Tutto questo mentre il ministro
Angelino Alfano (Ap) chiedeva
inutilmente a Torrisi di dimettersi.
«Non rappresenta il nostro
partito in commissione», ha
sottolineato Alfano prendendo così le
distanze da Torrisi.
Le reazioni non si sono fatte
attendere. Da Fabrizio Cicchitto (Ap)
(«A parte il fatto che la prima
repubblica era una cosa seria,
Alternativa Popolare non ha fatto
nessun giochino, come dice Renzi:
cifre alla mano essi sono avvenuti
all'interno del Pd») a Gian Marco
Centinaio (Lega Nord) («Anche oggi
dobbiamo stendere un velo pietoso
sulla figura che ha fatto la
politica. Immagino i disoccupati, i
pensionati con la minima, gli
imprenditori strozzati dallo stato,
assistere al teatrino
Alfano-Renzi-Torrisi») sino a Raffaele Fitto
(Direzione Italia) («Elezione
Torrisi, dov'è la tragedia? Il
presidente della Commissione del
Senato ha funzione di garanzia non è
il passacarte come vorrebbe Renzi»).
La Nuova
Alfano
garantisce lealtà e scarica Torrisi. La replica: «Neanche nel Pcus»
L’ex
premier: chi ha voluto il blitz in Commissione ora faccia una proposta
Renzi
rassicura Gentiloni «Niente giochi sulla crisi»
di
Cristina Ferrulli
ROMA Tra la lealtà ad Alfano e la
poltrona di presidente della Prima
commissione al Senato, Salvatore
Torrisi sceglie la carica. Si chiude
con l'espulsione del senatore da Ap
il caso dell'elezione del
sostituto di Anna Finocchiaro,
lasciando però, l'immagine di una
maggioranza sfilacciata e di un
gioco del cerino tra il Pd e Ap. Il
ministro degli Esteri nega di voler
tradire il patto di legislatura e
rinvia ai dem l'accusa di «cercare
pretesti» per far cadere
l'esecutivo. «Non facciamo giochini
da prima Repubblica, la parola
crisi di governo la lasciamo ad Ap e
a Mdp», rinvia al mittente Matteo
Renzi, che rivendica come suoi i
risultati del governo che «va difeso
e incoraggiato». Non ce la fa il
ministro degli Esteri a convincere il
suo senatore a lasciare l'incarico
per il quale con un blitz, ancora
non chiaro, è stato eletto ieri alla
guida della commissione Affari
Costituzionali. In mattinata Torrisi
chiede ad Alfano 24 ore per
rifletterci poi, poche ore dopo,
trae il dado.
«Una richiesta
inconcepibile, neanche il partito
comunista sovietico faceva queste
cose», sono le parole del senatore
dopo che Alfano aveva definito
«inconcepibile» la sua permanenza
alla presidenza. È dunque
inevitabile che il leader di Ap lo
espella dal vertice del partito.
D'altra parte il caso era già stato
considerato irrimediabile dal Pd.
«Sarà difficile rifare l'elezione in
Prima commissione», dice ai suoi
Renzi, che non è comunque disposto a
relegare l'episodio alle
ambizioni di un senatore. «La
vicenda della prima Commissione è grave
e avrà conseguenze», sostiene l'ex
premier, per il quale ieri è stato
servito al Pd un trabocchetto «da
prima Repubblica» non solo
dall'opposizione.
E la «vendetta» è che da ora il
primo partito di
maggioranza si metterà a braccia
conserte nella ricerca di un'intesa
sulla legge elettorale. «Il fronte
del no al referendum, al
Mattarellum, all'Italicum, quello
che ha votato Torrisi e ora è
maggioranza, adesso ci faccia
qualche proposta», rilancia la palla
l'ex leader del Partito democratico.
Uno scarico di responsabilità che
rende ancora più complicata la
possibilità di una riforma della legge
elettorale, ma che per ora mette al
riparo il governo. Renzi assicura
con i suoi di non avere alcuna
fretta di andare a votare: «dai decreti
sulla scuola ai dati Istat abbiamo
la conferma che avevamo ragione»
Per questo motivo invece di creare
problemi il Pd deve puntare ad
«incassare» i risultati del lavoro
di Gentiloni.
Il premier, dal canto
suo, dopo aver condiviso le ansie
della maggioranza, oggi ha preferito
lasciar raffreddare gli animi,
rinviando ai prossimi giorni l'incontro
con l'ala sinistra, i fuoriusciti di
Mdp. Gruppo che, proprio come Ap,
nega ruoli nel mini-ribaltone
avvenuto ieri: «Chi cerca il capro
espiatorio conti fino a 16. Il
problema è un altro: io consiglierei a
chi ha più responsabilità di non
dare ancora segni di arroganza perché
non funziona più», è l'avviso a
Renzi da parte dell’ex segretario Pier
Luigi Bersani.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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