Unione Sarda
Autorità
portuale, nomina vicina Delrio: «Ho già scelto il presidente, a giorni il
decreto ufficiale» Il ministro garantisce l'impegno del governo per le strade
statali sarde, dalla 195 alla 554.
PULA «Sull'Autoritá portuale sarda
abbiamo terminato le verifiche ed io ho scelto, a giorni
ufficializzeremo la nomina del presidente». Il ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti Graziano Delrio sull'argomento non aggiunge altro. «Nessuna
anticipazione per rispetto istituzionale». Al Forte Village di Santa Margherita
di Pula, dove partecipa a Linkontro, appuntamento annuale in cui Nielsen
riunisce i big della grande distribuzione, parla però di Infrastrutture sarde e
informa di aver lavorato con l'Anas per «risolvere le criticità e stabilire le priorità
sulle strade dell'Isola. Sulla Sassari-Olbia e sulla 131 abbiamo risolto tutti
i problemi, restano quelli della 195 e della 554 ma ci stiamo lavorando assieme
alla Regione».
I NODI Del resto viaggiando sulla
statale 195 per arrivare alla sede del convegno ha toccato con mano il grande
disagio che si prova a percorrerla. «Abbiamo viaggiato lenti ed abbiamo trovato
la fila prima di Sarroch, immagino che cosa sarà a luglio», racconta Francesco Pigliaru
che ha percorso la due corsie in auto assieme al ministro. «Ha capito tutto, ha
confermato gli impegni presi dopo le ultime segnalazioni della Regione»,
aggiunge il presidente riferendosi alle polemiche tra l'assessore regionale ai
Lavori pubblici Paolo Maninchedda e l'Anas e agli esposti a tre procure
presentati dall'esponente dell'esecutivo regionale, uno dei quali sui ritardi
nei lavori nella Sulcitana.
LE ALTRE QUESTIONI Gli argomenti
sardi terminano qui perché Delrio oggi ha altre priorità che si chiamano Fca e
Alitalia, soprattutto. La decisione della commissione europea di avviare una
procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato adempimento,
da parte di Fiat-Chrysler, degli obblighi sulle omologazioni è una coltellata
alle spalle del Paese. Fca avrebbe truccato i dati sulle emissioni di alcuni
modelli di auto violando le normative e il Governo non avrebbe vigilato. «La
commissione non è stata corretta con noi perché a marzo abbiamo fatto una
camera di mediazione con la Germania che aveva dato buoni frutti», dice il
ministro. «Del resto sono decisioni che spettano alle autorità nazionali e se
devo entrare nel merito va chiarito che Volkswagen ha montato dispositivi
illegali sulle sue auto mentre quello di Fca è un dispositivo, peraltro
prodotto dalla tedesca Bosch, totalmente in regola».
ALITALIA Poi parla di Alitalia e si
dice fiducioso sul fatto che «troverà acquirenti e sopravviverà» e «garantirà
ancora la continuità territoriale sarda», della prossima manovra autunnale
(«sarà difficile ma non sarà depressiva e dovrà conciliare rigore ed
espansione», dice) e di legge elettorale: «Oggi tutti sembrano proporzionalisti
ma ricordo che col proporzionale i partiti hanno un enorme potere di veto e non
si riesce a governare, come è accaduto in Italia per troppi anni. E se non si
governa si apparecchia la tavola ai populisti e si distrugge la democrazia».
Poi Delrio, sfidando le polemiche
che certamente ne seguiranno, parla di Banca Etruria e di quella telefonata ai
vertici della Popolare dell'Emilia perché salvasse l'istituto di credito: «Non
ho niente da nascondere: quella telefonata la rifarei mille volte perché erano
a rischio mille posti di lavoro ed avevo il dovere di agire».
CARBONIA.
Mancato numero legale, il monito del capogruppo Manolo Cossu
«Se
qualche consigliere M5S ha problemi, levi il disturbo»
Il clima è quello da resa dei conti:
«Ci serve capire per poi
risolvere, ma se i problemi politici
o personali dovessero risultare
insanabili allora chiederemo a chi
li ha di farsi da parte». Manolo
Cossu, capogruppo del Movimento
Cinque Stelle, non usa giri di parole.
Neanche potrebbe dopo l'episodio di
due sere fa: per la prima volta da
quando al governo della città ci
sono i pentastellati, l'assemblea si
è ritrovata senza numero legale per
l'assenza di cinque consiglieri
M5S. Tre quelle ritenute
giustificate (Sabrina Soru, Marco Serafini e
Mauro Cadeddu) due no (Elio Loi e
Mauro Uccheddu) che si sono sommate
all'uscita dall'aula di quasi tutta
l'opposizione (tranne appunto
Daniela Garau). In esame anche un
punto basilare: rinegoziare i mutui
per dare più respiro al bilancio: la
Giunta cercherà di riparare in
extremis la settimana prossima. Ma
se da un lato il sindaco.
LE RIPERCUSSIONI Paola Massidda ha
fatto intendere che la vicenda «si
presta a ripercussioni, da
verificare la lealtà dei consiglieri che
hanno ricevuto il mandato
elettorale», dall'altro il capogruppo si
dice subito impegnato «a non far
passare l'episodio in cavalleria». E
aggiunge: «All'irresponsabilità
dell'opposizione che ha abbandonato
nonostante i tentativi di
persuaderla a restare in aula e il
comportamento corretto di Daniela
Garau ha dimostrato che si poteva
fare, si somma l'irresponsabilità
dei miei colleghi di cui chiedo
scusa».
IL REGOLAMENTO Aperto a ogni esito
lo scenario che terrà banco a
giorni: «Una norma nostra, non
vincolante legalmente, impone che chi
non è in grado di rispettare
l'impegno deve lasciare al primo dei non
eletti – sottolinea Cossu - in
questa fase ci serve capire ma una cosa
è certa: mai posto il segreto sulle
nostre questioni». Ma a parte
Uccheddu che conferma l'assenza «per
questioni di salute», impossibile
pure ieri contattare Elio Loi:
telefonate a vuoto.
LA MINORANZA Allora non è neppure un
segreto che l'opposizione ritenga
il sindaco «l'unica responsabile del
dissenso interno». «Dovrebbe
dimettersi – accusa l'ex sindaco Pd
Giuseppe Casti – in aula non si
poteva rimanere perché la
rinegoziare i mutui è un atto strettamente
politico e non tecnico e se alla
stessa maggioranza mancano i numeri
per un evidente dissenso interno
perché allora avremmo dovuto
garantirli noi dopo che, peraltro,
un mese fa la Giunta ci ha bocciato
82 emendamenti su 83?». Lo ribadiscono
per il Partito dei sardi pure
Fabio Usai e Ivonne Fraternale: «Il
sindaco non può governare un solo
giorno di più».
Andrea Scano
La Nuova
Nuovo blitz degli uomini del Corpo
Forestale nelle campagne di Monastir
L’area appartiene a Bollani, nei
prossimi giorni inizieranno le verifiche
Una cava sotto sequestro sepolto
camion di veleni
CAGLIARI Le rivelazioni di Simone
Nonnis, l’ex dipendente della
società Ineco di Armando Bollani,
cominciano a dare i loro frutti: nel
pomeriggio di ieri gli uomini del Corpo
Forestale hanno sequestrato
una cava nelle campagne di Monastir,
proprietà di Bollani, dove sono
stati sepolti migliaia di metri cubi
di rifiuti d’ogni genere, residui
di lavorazione della Fluorsid,
materiale ferroso, detriti e persino un
autocarro che apparteneva alla ditta
Ineco. Gli uomini del commissario
Fabrizio Madeddu hanno compiuto un
primo sopralluogo per trovare la
conferma di quanto ha detto Nonnis,
sentito l’altro ieri dal pm Marco
Cocco nel carcere di Uta.
L’ex dipendente dell’Ineco, che ha
lavorato
per vent’anni nella ditta prima di
dimettersi in contrasto con la
proprietà, è stato in grado di
indicare l’esatta posizione della cava
e quanto vi è stato portato nel
corso degli anni. Rifiuti speciali,
materiali pericolosi per la salute,
veleni che dovevano essere
smaltiti secondo le prescrizioni
della legge e che invece sono spariti
sotto una coltre di terra, al riparo
da occhi indiscreti ma
soprattutto con un risparmio ingente
per la Fluorsid e per la stessa
società di Bollani, partner
dell’industria produttrice di fluoro.
Notificato il provvedimento di
sequestro giudiziario e sigillati gli
ingressi, gli uomini della Forestale
saranno impegnati nei prossimi
giorni a sondare il terreno della
cava per accertare la presenza dei
rifiuti, interrati - come Nonnis ha
rivelato - dopo interventi di
scavo condotti con i bulldozer.
Se quanto confessato da Nonnis
troverà
piena conferma la cava dovrebbe
essere confiscata, vale a dire che
passerà definitivamente alla
proprietà pubblica. La stessa sorta
potrebbe toccare alla discarica di
Terrasini, quella dove veniva
stoccato il gesso prodotto
attraverso la lavorazione del fluoro e dei
suoi derivati. Qui e in altre aree
di Macchiareddu, alcune di
proprietà di conoscenti, sarebbero
stati interrati rifiuti pericolosi.
Si parla - ma ancora non c’è il
riscontro tecnico - di interi
container sotterrati insieme al loro
contenuto. Con questo
stratagemma, se le informazioni
ufficiose sono corrette, la Fluorsid
avrebbe risparmiato somme ingenti,
investendo soltanto sull’acquisto
dei contenitori. L’ex capo operaio
Nonnis - che nei prossimi giorni
parlerà ancora con il pm Cocco dopo
un interrogatorio-fiume durato
otto ore - si è dichiarato in grado
di indicare con precisione i siti
dove sono stati sotterrate le
sostanze e i materiali compromettenti:
lui stesso ha dovuto partecipare
alle operazioni, a dare le
disposizioni erano i vertici
aziendali.
L’impressione diffusa e
confermata anche dall’operazione di
sequestro condotta ieri dalla
Forestale è che l’inchiesta
giudiziaria avviata dalla Procura
cagliaritana sia soltanto alla fase
iniziale. I due anni presi in
esame dagli investigatori hanno
messo in luce situazioni gravissime,
ma il cammino del procedimento
penale proseguirà d’ora in poi a
ritroso, per ricostruire le attività
della Fluorsid nei decenni
precedenti. Il che lascia prevedere
nuovi coinvolgimenti e nuovi
filoni d’indagine destinati ad
allargare il campo dell’inchiesta
all’intera area di Macchiereddu e a chi
nell’area ha operato senza
accorgersi di nulla. (m.l.)
L’approdo
alla Camera slitta. Incerti i numeri al Senato
Mpd
conferma il no: «Ma anche Prodi e Pisapia ci ripensino»
Bersani:
«Pasticcio» Rosatellum in bilico
di
Giovanni Innamorati
ROMA Slitta di una settimana, dal 29
maggio al 5 giugno, l'approdo in
Aula della legge elettorale: la
decisione della Conferenza dei
capigruppo della Camera arriva al
termine di una giornata di altissima
tensione tra il Pd e gli altri
partiti, compresi gli alleati di
governo, a causa della prova di
forza sui tempi dell'iter parlamentare
della legge. Ma anche sul merito si
è aperto un nuovo motivo di
querelle tra i bersaniani e il Pd,
con l'ex segretario che chiede a
Prodi e Pisapia di ritirare il loro
assenso al Rosatellum, la proposta
del Pd. Dopo che mercoledì sera il
relatore Dem, Emanuele Fiano, aveva
depositato il nuovo testo base, il
Pd si è presentato in Commissione
Affari costituzionali deciso a
pretendere di farlo votare in poco più
di una settimana così da portarlo in
aula il 29 maggio.
Questa data
era stata sì concordata, ma prima
che l'improvviso cambio di opinione
del Pd avesse fatto saltare il
precedente testo base del presidente
Andrea Mazziotti, determinando
quindi lo slittamento di una settimana
di tutti i lavori. A mandare su
tutte le furie gli avversari della
proposta del Pd, il Rosatellum, ci
aveva pensato lo stesso Matteo
Renzi che mercoledì sera aveva
affermato che il Parlamento aveva
«perso tempo» e gli ingiungeva di
approvare la legge entro metà
giugno. In effetti se il testo
approdasse in Aula il 29 maggio, col
cambio del mese scatterebbe il
contingentamento dei tempi, secondo il
regolamento della Camera.
Alla fine il presidente della
Commissione
Mazziotti ha trasferito lo scontro,
che è politico e non procedurale,
al massimo livello, ed ha incontrato
la presidente Laura Boldrini che
ha convocato la Conferenza dei
Capigruppo. Qui è prevalsa la
mediazione proposta da Pino
Pisicchio, presidente del gruppo Misto:
una settimana in più in commissione,
con l'approdo in Aula il 5
giugno, e l'impegno dei gruppi di
non fare ostruzionismo e di
approvare la legge entro il mese. Ma
lo scontro si è svolto anche sul
piano del merito, con un affondo di
Pierluigi Bersani e degli altri
esponenti di Mdp sul testo: «Qui si
allude non certo alla coalizione
ma piuttosto a confuse accozzaglie a
fini elettorali», ha detto
Bersani, che ha invitato Prodi e
Pisapia a «riconsiderare le loro
aperture».
Il motivo della critica è presto
detto: il testo prevede sì
per metà collegi uninominali, che
favoriscono la nascita di
coalizioni, ma non stabilisce che ci
sia un simbolo unico per
l'eventuale coalizione, come era con
il Mattarellum. Il nome del
candidato di una eventuale
coalizione compare sulla scheda ripetuto
tante volte quanti sono i partiti
che sono con lui collegati nella
parte proporzionale. Insomma la
legge sembra alludere, o almeno
permettere, più la formazione di
cartelli puramente elettorali che non
di coalizioni con un programma. I
Dem hanno replicato sdegnati,
sostenendo che l'ex segretario «è
mosso solo dal rancore verso Renzi».
Parole respinte dall'interessato che
ha invitato i Dem a rispondere al
merito delle critiche.
Nel week-end Mdp terrà una kermesse
a Milano
alla quale interverrà Pisapia: che
molto probabilmente farà il punto
su questi temi. Se la spaccatura tra
Pd e Mdp è ormai consueta in
Parlamento, quella tra il partito di
Matteo Renzi e gli altri alleati
di governo fa alzare la tensione già
palpabile su una serie di altri
provvedimenti (processo penale,
tortura, cittadinanza, legittima
difesa), il tutto mentre la Camera
sta esaminando la delicata
manovrina, che non è una passeggiata
per nessun partito, ognuno dei
quali tira la corta coperta da una
parte. A far infuriare i partiti
più piccoli non è solo la soglia del
5% del testo base, superiore al
3% dell'Italicum, ma anche la
necessità di un numero di firme assai
elevato a sostegno della
presentazione delle candidature: una
ulteriore soglia di sbarramento
contro i «cespugli».
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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