Lui è Giorgio
Costantino, il parroco della Chiesa della Madonna del Divino Soccorso, quella
che è stata la chiesa della mia infanzia e della mia adolescenza. Una settimana fa Don
Giorgio è stato pestato a sangue. L'hanno aggredito in dieci, calci e pugni
alla testa, con la violenza cieca di chi vuole uccidere. Fortunatamente Don Giorgio è uscito dal coma, le indagini sono ancora in corso.
Lo hanno lasciato a
terra pensando che fosse già morto, e non riesco nemmeno a immaginare come
sarebbe andata a finire se non si fossero sbagliati. Fa ancora più male sapere
che le mani violente possano essere
state quelle di dieci giovani ragazzi del quartiere Gebbione di Reggio Calabria.
Giovani che attraversano le strade che
sono state anche le mie, strade dove è facile perdersi, tra povertà e
'ndrangheta. Questo è certamente il momento della preghiera per Don Giorgio,
poi però dovrà esserci quello della verità perché abbiamo il diritto di capire
come siamo arrivati fin qui.
Nel frattempo dovremmo iniziare a
chiederci se abbiamo mai provato a guardare in faccia quei giovani, a mostrare
un'alternativa alla loro rabbia. Io credo di no, non abbastanza. Di sicuro
l'aggressione al parroco di Reggio Calabria ci dice che dovremmo farlo meglio.
E' l'appello che mi sento di fare in
questo momento alla comunità cattolica, alle associazioni laiche, ai cittadini
e alle istituzioni, non ci dobbiamo rassegnare alla violenza anche quando tutto
intorno sembra dirci il contrario.
Di Celeste
Costantino
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