Unione
Sarda 04 giugno 2017
Zedda:
Regione? Penso alla città
«Faccio il sindaco, sono concentrato
solo su Cagliari». Massimo Zedda schiva voci e sussurri che
quotidianamente lo indicano candidato a un ministero o alla presidenza della
Regione: «Amo la città e mi impegno per migliorarla». Quarantun anni, sindaco da sei, è la
scialuppa di salvataggio su cui una fetta del centrosinistra vorrebbe
imbarcarsi alle prossime – e forse vicine - elezioni regionali: «Leggo che
sarei in corsa per tutto. Non patisco l'ansia da prestazione, affronto le cose
come vengono senza fretta di traslocare in altri uffici».
A quale
partito è iscritto?
«A quello che nascerà. Spero che gli
diano vita i giovani perché il futuro è loro».
Nel
frattempo prenderà la tessera del Pd.
«Ogni settimana danno per imminente
il mio ingresso nel Partito democratico. Evidentemente ci sono persone che
hanno la capacità di leggere nitidamente i miei pensieri, anche quelli che non
ho».
Nessuna
possibilità?
«Il Pd è un alleato solido, assieme
lavoriamo benissimo, gli elettori hanno premiato la nostra coalizione».
Il
presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras, ha detto che lei
ha vinto le elezioni anche con i voti della destra.
«A livello locale il voto è molto
più pratico, meno ideologico, spesso non collegato ai partiti. Si sceglie un
candidato con l'obiettivo di migliorare i servizi, è agevolato chi propone idee
e progetti condivisi».
Errori
nella gestione dei migranti?
«Si è sempre parlato di accoglienza
diffusa e invece è sotto gli occhi di tutti che le cose sono andate
diversamente, lo sbilanciamento tra Cagliari e tante altre zone della Sardegna
è evidente. La disparità di trattamento tra Comuni qualche problema l'ha
creato».
Quali?
«La città è sicura, ma la
sottovalutazione dell'insicurezza percepita dai cittadini è stato un errore che
potrebbe sfociare in atteggiamenti sbagliati».
Città
razzista?
«No, nella maniera più assoluta. In
questi anni ha dimostrato con i fatti cos'è la solidarietà».
La
sostituzione della prefetta Perrotta?
«I cambiamenti fanno bene. La nuova
prefetta Costantino mi ha dato l'impressione di essere una persona
capace, concreta».
L'Asl unica arranca.
«Purtroppo il tema della sanità è
stato declassato a trasferimento di un ufficio amministrativo dal
capoluogo al nord dell'Isola, mentre i cittadini sono interessati alla qualità
e all'accessibilità dei servizi. È un principio che vale a Cagliari come a
Sassari».
Rischia
il declassamento anche la sanità cagliaritana?
«Di sicuro sono indispensabili
interventi urgenti su Brotzu, Microcitemico e Oncologico. All'ospedale civile
terrei i presidi di assistenza diurna».
L'ospedale
Marino chiuderà?
«Prima che la Regione prenda una
decisione del genere vorrei capire perché cancellare un presidio medico in una
spiaggia frequentata da decine di migliaia di persone. Le migliori riforme sono
quelle che danno la percezione dei vantaggi ai cittadini, che a quel punto assecondano
le novità. Non mi sembra questo il caso».
Gli
ascensori di Castello?
«Si bloccano ogni settimana, non è
più tollerabile. Abbiamo assegnato l'appalto per sostituirli con impianti
nuovi, protetti dal vetro, che è quanto di meno impattante riesca a
immaginare».
Il
Sovrintendente ai Beni culturali non è d'accordo.
«Siamo qui per ascoltare i
suggerimenti, ma c'è l'esigenza di rendere accessibile Castello in tempi
rapidi: non si può rinviare in eterno. L'importante è non fare scelte
irreversibili, così si potrà sempre migliorare. È esattamente ciò che abbiamo
in mente col nostro progetto».
L'ex
rettore Mistretta sostiene che invece di costruire il campus universitario si
potrebbero utilizzare i tanti immobili vuoti.
«I posti letto nel campus non
sazieranno la fame di alloggi degli studenti, quindi alcuni spazi oggi
inutilizzati saranno utilissimi. Prima però bisogna capire quali e quanti
immobili pubblici ci sono sul territorio della città metropolitana: bisogna
creare una banca dati».
L'anfiteatro?
«Ospiterà spettacoli e attrezzature
rispettosi della storia e della delicatezza del sito. Il monumento non potrà
più essere offuscato da
alcunché».
Non si
occupa più dell'Ente lirico?
«Mi sembra corretto che, una volta
delegato il compito a persone che stimo, siano loro a fare le scelte».
Il
sovrintendente Orazi ha detto che da tempo vorrebbe incontrarla per illustrarle
i piani per il futuro.
«Sono rispettoso dei ruoli, mi
rapporto con la presidenza del Teatro, che immagino mi illustrerà anche i
progetti. Sarà il presidente Scano a decidere con chi presentarsi alla
riunione».
L'Autorità
portuale?
«La buona notizia è che avremo un
presidente dopo due anni di commissariamento. Finalmente si potranno portare
avanti piani a lunga scadenza».
Olbia
chiede di ospitare la sede.
«Ai cittadini interessa l'efficienza
dei porti, migliori collegamenti, minori costi di trasporto. A una parte della
politica invece preme solo la sede».
Scandalo
Fluorsid: cosa si aspetta?
«Non entro nel merito delle
indagini. Come sindaci abbiamo chiesto analisi ulteriori sull'acqua e nei
territori, poi la messa in sicurezza».
Il Comune
di Assemini si costituirà parte civile. E Cagliari?
«Ci si costituisce parte civile
quando c'è un processo. Per ora pensiamo a garantire la sicurezza delle nostre
comunità».
Le
bonifiche?
«Nel caso fossero accertate le
responsabilità dei privati, dovranno essere loro a sostenerne i costi».
Il futuro
dell'aeroporto?
«Il turismo, in un'isola, si fa con
aerei e navi, che non sono di competenza comunale. Anzi, tutti i grandi nodi
irrisolti prescindono dal Comune: porto e aeroporto,
servitù militari, ospedali, Buoncammino. Lo sviluppo futuro della città passa
attraverso altre istituzioni, alle quali chiediamo
uno slancio e un aiuto maggiore per Cagliari e i Comuni in generale. In
quest'ottica l'aeroporto ha un valore strategico. Adesso è vivo, ci sono tante
imprese sarde che lavorano all'interno del settore commerciale».
Nuovi
alberghi?
«Ce n'è un gran bisogno. Potrebbero
nascere con la riqualificazione delle grandi volumetrie non più
utilizzate».
Dove?
«A Calamosca e nella zona del
porto».
La città
è nelle mani dei militari?
«Dello Stato, direi. Calamosca si
può e si deve acquisire al patrimonio comunale».
Perché
premier e ministri vanno dal sindaco trascurando la Regione?
«Sono arrivati a Cagliari per
progetti legati alla città, a prescindere da me».
Il
destino del Poetto?
«È un grande albergo diffuso che
deve essere messo in comunicazione con Sant'Elia, Su Siccu, fino a via Roma».
Centro
blindato per il G7 nell'ex Manifattura: si poteva fare da qualche altra parte?
«È la scelta più appropriata per
questioni di sicurezza. È vicina agli alberghi dove alloggeranno le delegazioni
ed è a due passi dal molo Ichnusa, che ospiterà un'altra parte del meeting».
Unione Sarda
05 giugno 2017
Stop
ai capilista bloccati Sarà parlamentare chi vince le sfide locali
In commissione Affari costituzionali
fino alle 22 di ieri e oggi si
riprende, poi domani in aula a
Montecitorio: la legge elettorale ha
iniziato a correre, e sta ormai
prendendo una forma che potrebbe
assomigliare a quella che sarà la
versione finale. La maratona di ieri
nel parlamentino è servita ad
approvare importanti correzioni al
meccanismo di attribuzione dei
seggi: in particolare, è passato
l'emendamento che rende molto meno
sicura l'elezione per chi guida le
liste proporzionali.
IL MECCANISMO Il nodo è legato al
sistema complessivo, che - copiando,
ma solo in parte, quello tedesco -
prevede di base una suddivisione
proporzionale dei seggi, ma anche
alcuni collegi uninominali in cui
ogni partito schiera un solo candidato.
In seguito all'emendamento del
relatore Emanuele Fiano (Pd), i
collegi saranno alla Camera 225 e non
più 303. Accanto ai candidati nelle
competizioni uninominali, ogni
partito presenterà anche una lista
“bloccata” per la parte
proporzionale.
A decidere quanti seggi spettano a
ciascun partito sarà la percentuale
nel voto proporzionale. Ma come si
fa a stabilire chi sono i
parlamentari? Fino a ieri sera si
ipotizzava che il primo eletto in
ogni circoscrizione fosse il
capolista del listino bloccato; in caso
di più seggi per lo stesso partito,
si faceva poi ricorso ai vincitori
dei collegi uninominali; infine si
ritornava ai candidati del listino.
LA NOVITÀ Invece l'emendamento
approvato attorno alle 21 di ieri
stravolge quell'ordine di
preferenza. Non si parte più dal capolista
ma dai vincitori nei collegi.
Si passa a prelevare eletti dal
listino
proporzionale solo se un partito ha
più seggi di quanti sono i suoi
candidati che hanno vinto nei
collegi uninominali. Non solo: se non
bastano neppure i candidati nel
listino, si pesca dai migliori
perdenti dei collegi. Quindi, per
ridurre ulteriormente il numero dei
parlamentari “nominati” e favorire
invece quelli che si confrontano
direttamente col voto degli
elettori, alcuni partiti avrebbero
l'intenzione di presentare liste
proporzionali molto corte.
«Insomma, con questa regola il
capolista del proporzionale non ha più
la certezza dell'elezione», fa
notare Francesco Sanna, deputato sardo
Dem nella commissione Affari
costituzionali. «Inoltre il Pd sostiene
un ulteriore emendamento: se un
partito ottiene dei seggi senza aver
vinto in nessun collegio
uninominale, pescherà comunque dai migliori
perdenti in quei collegi anziché dal
listino».
C'è però chi non esulta per questo
stop ai capilista bloccati: secondo
Federico Fornaro, vicecapogruppo di
Articolo 1-Mdp al Senato, «si
diminuisce da 303 a 225 il numero di
deputati scelti dagli elettori
nei collegi e conseguentemente si
aumentano a 381 (78 in più) gli
eletti nelle liste bloccate
circoscrizionali: altro che superamento
dei capilista bloccati». Questo, va
però precisato, è reso necessario
dal fatto che non si può modificare
il numero dei parlamentari,
cristallizzato dalla Costituzione, a
differenza di quel che accade nel
sistema tedesco, che prevede un
numero variabile.
ALTRE MODIFICHE Tra gli emendamenti
approvati ieri, anche quelli che
prevedono l'equilibrio di genere nei
capilista delle circoscrizioni,
insieme al rapporto 60-40% nei
collegi uninominali (per cui nessuno
dei due generi può superare il 60%)
e all'alternanza nelle liste. È
passato anche l'emendamento di Forza
Italia sulla correttezza dello
spoglio, con particolare riferimento
all'uso improprio di penne e
matite, e ai casi di riconoscibilità
del voto e nullità.
Salvo grosse sorprese, la legge
arriverà domani all'aula di
Montecitorio: secondo il capogruppo
Pd Ettore Rosato sarà approvata
entro la settimana. Poi passerà al
Senato: «Spero che gli altri
partiti tengano anche lì», ha
auspicato ieri il vicepresidente della
Camera Luigi Di Maio (M5S), «Palazzo
Madama è un po' il posto dove si
arenano tutte le leggi».
Sardegna,
spunta il super collegio
Per candidarsi alle prossime
Politiche, in Sardegna, servirà anzitutto
un'auto in perfette condizioni.
Specie per chi correrà (in tutti i
sensi) nel collegio del Senato che
unirà le province di Nuoro e
Oristano, spingendosi anche più a
sud, fin quasi all'angolo in basso a
destra della cartina dell'Isola.
Sfortunato l'aspirante parlamentare
che dovrà battere a tappeto tutti i
217 Comuni (sui 377 sardi) riuniti
nella maxi circoscrizione
elettorale, una delle più vaste di tutta
Italia. Da Bosa a Castiadas, da
Arbus a Dorgali.
LE DIMENSIONI Il supercollegio su
cui non tramonta mai il sole è una
delle curiosità che derivano dalla
proposta di legge elettorale
parlamentare, in discussione alla
commissione Affari costituzionali
della Camera. Dopo la riduzione da
303 a 225 dei collegi uninominali
nazionali, ovviamente cresce la
dimensione delle circoscrizioni. E per
mettere insieme quel mezzo milione
di abitanti che rappresenta la
media dei collegi senatoriali, nella
fascia centrale dell'Isola
bisogna disegnare confini
sterminati.
Sono suddivisioni provvisorie, va
detto: la legge concluderà oggi il
suo passaggio in commissione per
approdare domani in aula, poi
toccherà al Senato. Potranno esserci
modifiche. Ma, al di là di
qualche confine spostato qua e là in
questo buffo risiko elettorale,
se non sarà stravolto il meccanismo
di attribuzione dei seggi,
nell'Isola ci saranno comunque
collegi mediamente molto vasti.
I CONFINI Lo schema attuale ne
prevede sei per la Camera e tre per il
Senato. Parlando dei primi, quello
di Cagliari sarà il più piccolo,
dato che comprende il capoluogo e la
terza città più popolosa
dell'Isola (Quartu): in tutto appena
8 Comuni, gli altri sono Burcei,
Maracalagonis, Monserrato,
Quartucciu, Sinnai e Villasimius. Il Sulcis
ne mette insieme 46 e in realtà
arriva fino alle porte di Cagliari,
visto che annovera Assemini, Sestu,
Elmas, Selargius. Il nord è diviso
tra il collegio di Sassari (26
Comuni) e quello di Olbia (80, compresa
la Baronia e poi giù fino a Orosei,
mentre sul litorale settentrionale
arriva fino a includere Castelsardo).
Restano i 101 Comuni del collegio
nuorese (che da un lato giunge al
mare di Bosa, e a sud contiene
l'Ogliastra), e i 116 di quello che
solo per comodità possiamo definire
oristanese: perché in realtà mette
insieme territori davvero distanti
tra loro, e mai accomunati
istituzionalmente.
Le circoscrizioni del Senato sono
ricavate abbinando a due a due
quelle della Camera. Quindi Cagliari
col Sulcis, in tutto 54 Comuni;
Sassari con Olbia, e sono altri 106;
e appunto i 217 frutto
dell'unione Nuoro-Oristano.
I COMMENTI «Per valutare le
questioni di confine aspetterei di vedere
come uscirà la legge dalla Camera e
poi dal Senato», avverte però
Luciano Uras , senatore di Campo
progressista: «Più che altro mi
preoccupa il meccanismo complessivo,
che renderà la Sardegna ancora
più marginale. Perché una legge
proporzionale valorizza le
appartenenze ai partiti, non certo
l'unità delle comunità
territoriali». Un altro motivo di
perplessità, per Uras, nei confronti
di una legge che «non garantirà
certo di sapere chi governa
all'indomani del voto».
«Ma il tema della rappresentanza
della realtà sarda può essere ripreso
nell'ambito di una revisione dello
Statuto speciale, non deve essere
attribuito a questa legge
elettorale», fa notare Francesco Sanna ,
deputato del Pd che oggi, insieme a
tutta la commissione Affari
costituzionali, riprenderà la
maratona sul testo interrotta alle 22 di
ieri. «Del resto, nel momento in cui
si decide come eleggere il
Parlamento bisogna porsi anche il
problema di come si forma un
governo. Soluzioni che favoriscono
le formazioni locali rischierebbero
di alimentare l'iperframmentazione,
e magari la corsa a travestirsi da
minoranza linguistica».
Un altro Dem, Siro Marrocu , ritiene
la legge che si sta profilando
«una buona sintesi: soprattutto
perché, favorendo chi vince nei
collegi, limita il fenomeno dei
parlamentari nominati dalle
segreterie. Con meno collegi sarà
più difficile essere candidati, ma
più facile essere eletti: starà ai
partiti trovare personalità
autorevoli da schierare nelle
competizioni uninominali». «Noi faremo
le parlamentarie», conferma a tale
proposito Andrea Vallascas ,
deputato M5S, «per cui saranno i
cittadini iscritti al nostro blog a
decidere le candidature. La
correzione che premia chi prevale nei
collegi va nella direzione delle
modifiche chieste da noi: a dire il
vero la nostra proposta iniziale era
un proporzionale puro, ma è
positivo che si arrivi a un accordo
tra le forze politiche
principali».
Giuseppe Meloni
La Nuova
Blindati
i collegi, via i capolista bloccatiMdp attacca: «Siete ladroni»
È
bagarre in commissione
«Ladroni di democrazia»: con questa
accusa Arcangelo Sannicandro di
Mdp ha attaccato i quattro partiti
che hanno sottoscritto l'accordo
sulla legge elettorale suscitando
una vivacissima reazione del
relatore Emanuele Fiano e di Roberto
Giachetti, entrambi del Pd.
Sannicandro ha protestato per il
«no» a un emendamento, proprio di
Mdp, che avrebbe introdotto le
preferenze nelle liste del
proporzionale. No anche a un'altra
richiesta di modifica per dare agli
elettori la possibilità di esprimere
un voto disgiunto tra collegio e
lista proporzionale.A quel punto,
Fiano ha alzato la voce
interrompendo il deputato di Mdp,
invano richiamato dal presidente
Andrea Mazziotti che alla fine ha
riportato la calma invitando ad
evitare offese. Sannicandro però ha
voluto l'ultima parola con una
sferzata ironica: «Allora li
chiamerò dispensatori di democrazia».di
Giovanni Innamorati
Capolista bloccati scompaiono dalla
legge
elettorale: è questo l'ulteriore
accordo tra Pd, M5s, Fi e Lega che
vedono ancora rafforzata la loro
intesa. La nuova decisione risponde
ad una delle richieste della
minoranza del Pd, degli orlandiani, dai
quali a questo punto non c'è da
temere alcun dissenso quando il testo
approderà in Aula domani. E
l'eliminazione dei capolista bloccati era
anche un emendamento del M5s. Tra i
5Stelle quindi l'ala governista si
vede rafforzata rispetto a quella
movimentista, contraria all'accordo
con Pd, Fi e Lega. Un patto che
copre l'80% dei consensi sia in
Parlamento che fuori, stando ai
sondaggi.
Il che - secondo più di un
osservatore - avvicinerebbe le
elezioni anticipate, sulle quali però
il presidente del Senato Pietro
Grasso sembra avere qualche dubbio
chiedendo un patto di legislatura
per varare alcuni dei provvedimenti
aperti. Di buon mattino Pd, M5s, Fi
e Lega si sono riuniti per
stringere i bulloni dell'intesa sul
testo del relatore Emanuele Fiano,
accordandosi sui punti non ancora
definiti, dopo l'ok di sabato
all'emendamento del Pd Alan Ferrari
che diminuisce il numero dei
collegi da 303 a 225. Una proposta
di modifica che è stata finalmente
votata dalla commissione Affari
Costituzionali, dove i piccoli partiti
hanno fatto ostruzionismo a tutto
campo. L'emendamento definisce i
collegi, utilizzando quelli del
Senato usati con il Mattarellum tra il
1994 e il 2001. Il fatto che i
collegi siano già definiti, se il
governo non li ridisegnerà prima (è
prevista una delega di ben 12
mesi), rende possibili elezioni in
autunno. La diminuzione dei collegi
risolve il problema dei cosiddetti
collegi soprannumerari, cioè quelle
situazioni per cui i candidati dei
partiti più grandi (Pd e M5s)
potrebbero non essere eletti in certe
Regioni pur risultando i più
votati. Ma i partiti, nella riunione
mattutina, si sono accordati su
altri punti rilevanti, oltre a
quello relativo all'eliminazione dei
capolista bloccati nei listini
proporzionali. In ogni circoscrizione
il capolista non sarà più il primo
ad essere proclamato eletto, ma
scatteranno prima i vincitori dei
collegi uninominali e poi i
candidati delle liste proporzionali.
Ciò soddisfa gli orlandiani del
Pd che infatti con Gianni Cuperlo,
Andrea Giorgis e Barbara
Pollastrini hanno espresso
apprezzamento. A questo punto, anche il
passaggio in Aula, con alcuni voti a
scrutinio segreto, appare in
discesa. Gli altri punti
dell'accordo, annunciati dal capogruppo Dem
Ettore Rosato, riguardano la quota
di genere sia tra i candidati nei
collegi che nelle liste
proporzionali; una diminuzione delle firme a
sostegno delle liste, come chiedono
i partiti piccoli; il meccanismo
per il quale se un partito supera il
5% ma non vince nessun collegio
in una circoscrizione, nella lista
viene eletto il suo miglior
perdente e poi i candidati. Infine,
via le pluricandidature: ci si
potrà candidare solo in un collegio
e in un listino, e non più in tre
listini.
Che i 4 partiti procedano senza
indugi lo dimostra la
richiesta di Danilo Toninelli del
M5s che, vista la lentezza delle
votazioni, ha proposto una non-stop
notturna per rispettare l'approdo
in Aula domani. Una maratona di cui
non ci sarà bisogno, ma che
sottolinea l'aspetto politico più
rilevante: per la prima volta dal
1994 le regole si scrivono insieme,
come sottolinea Rosato.
ROMALa virata verso il modello
tedesco e l'intesa con Forza Italia,
che a molti appare la premessa alle
larghe intese dopo il voto, sono
per Giuliano Pisapia i due
campanelli d'allarme per considerare
archiviata l'ipotesi di un'alleanza
con il Partito Democratico che
ridia vita a quel progetto di
centrosinistra a cui mira l'ex sindaco
di Milano. Ospite della trasmissione
«L'Intervista» di Skytg24 il
leader di Campo Progressista
considera «molto complicato» un patto di
governo con i Dem: «Gli accordi su
un progetto - osserva - si fanno
prima delle elezioni e non dopo».
Le strade con Matteo Renzi sembrano
destinate a non incontrarsi, ma
Pisapia fa capire di essere già al
lavoro per costruire un nuovo
soggetto politico che il primo luglio
sarà battezzato con una kermesse a
Roma in cui verrà ufficializzato
anche il nuovo nome. Le fondamenta
del progetto sono state poste a
marzo nell'appuntamento al teatro
Brancaccio in cui, ricorda Pisapia,
erano presenti non solo i tanti
«disillusi» dall'attuale offerta
politica ma anche realtà del civismo
locale. L'approdo a cui guarda
l'ex sindaco di Milano è una sorta
di «rivoluzione gentile che è
presente a in tante realtà del
Paese. E da quelle realtà - spiega - si
deve ripartire con un nuovo
centrosinistra che dia un segnale di
dignità e sobrietà nel fare
politica». L'invito è rivolto a tutti i
soggetti presenti nel vasto campo
della sinistra ma anche ai
cosiddetti «padri nobili» come Romano
Prodi, spesso citato da Pisapia
come un esempio.
L'ex sindaco fa sapere di aver invitato anche
il
Professore e ricorda come proprio
Prodi abbia «mandato un segnale di
apprezzamento al progetto». A
dividere Campo Progressista dal Pd è la
scelta di quest'ultimo di
privilegiare un'alleanza con Forza Italia
rispetto alle forze di sinistra,
secondo Pisapia: «Un patto tra Pd e
Fi sarebbe incompatibile con
l'elettorato dei due schieramenti: come
può il Pd che si è opposto alla
cancellazione del falso in bilancio
fare un'alleanza con chi lo ha
cancellato?».
La chiusura di Campo
Progressista al dialogo con i Dem
lascia disorientato il
vicesegretario del Pd Maurizio
Martina: «Non riesco a capire che
chiuda le porte a un dialogo con il
Partito Democratico, quando da
parte nostra invece c'è
disponibilità al confronto. A noi è chiaro che
gli avversari stanno da un'altra
parte». Più duri Bonaccini e Marcucci
che invece ricordano a Pisapia che
non si può costruire un
centrosinistra di governo senza il
Pd.In attesa di conoscere i
dettagli della proposta di Pisapia
anche altri esponenti della
sinistra, come Pippo Civati, mettono
alcuni paletti: «Si parta da un
Manifesto condiviso, non imposto».
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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