Unione Sarda
Il sogno delle
zone franche. L'assessore Paci: «Presto il via nel Porto canale di Cagliari,
poi a Olbia». Sardegna esclusa dalle Aree economiche speciali.
Per la Sardegna le zone franche sono ancora un
sogno. Esclusa da un decreto del governo che istituirà le Zes (zone
economiche speciali) in alcune regioni del Sud, l'Isola attende da vent'anni le
aree esenti da dazi e tasse (almeno) nei porti. A Cagliari dovrebbe
essere tutto pronto per l'inaugurazione della “free zone”, manca però l'ultimo passo
del Comune, l'ok a una variante al piano regolatore. Sugli altri scali, siamo ancora in altissimo mare.
IL DECRETO Nel dl dedicato al Mezzogiorno che
dovrebbe essere esaminato oggi in Consiglio dei ministri, tra le varie misure
prevede le Zes - zone economiche speciali - in Campania,
Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e in alcune parti di Abruzzo e Molise.
L'Isola è esclusa. L'obiettivo - sul modello, tra le europee, di quelle
polacche - è attrarre investimenti con incentivi, agevolazioni fiscali, deroghe
normative.
LA REGIONE «Le Zes sono solo per le regioni in
“obiettivo convergenza”», sottolinea l'assessore regionale al Bilancio Raffaele
Paci, «e noi formalmente, nonostante i parametri del Pil pro capite siano sotto la soglia del 75%, siamo fuori.
Abbiamo già chiesto al Governo di avere altre compensazioni. Ora cercheremo di
avere un'interlocuzione con Bruxelles per capire se alcune zone possono essere
ricomprese tra le Zes».
Il consigliere regionale Pd Mario Tendas ha
presentato un'interrogazione urgente al presidente Pigliaru «per conoscere
quali azioni la Giunta intenda porre in essere nei confronti del Governo al fine
di inserire anche la Sardegna tra le Regioni ammissibili per le Zes». E ricorda
che «proprio per avere più peso nell'Ue e negli Stati, e per accrescere le
possibilità di creare una zona a fiscalità di vantaggio, come misura
compensativa dell'insularità, la Giunta sta lavorando alla costituzione di una
macroregione, con Corsica e Baleari, accomunata da problemi e svantaggi
economici e strutturali similari».
I PORTI Aggiunge Paci: «Contiamo comunque entro
l'anno di veder decollare finalmente la Cagliari free zone, e abbiamo chiesto l'istituzione
di una realtà analoga al porto di Olbia». Per la zona franca del porto canale
del capoluogo (il primo decreto per la sua attuazione risale al 1998) il piano
operativo è già stato approvato e le risorse ci sono (1.200.000 euro). Manca la
dismissione delle quote da parte dell'Authority (il primo bando è andato
deserto, il secondo
dovrebbe aggiudicarselo l'altro azionista, il
Cacip) e, soprattutto, manca l'ok del Comune alla variante al piano regolatore
per le ridefinizione delle aree.
Cristina Cossu
QUARTUCCIU
- «Nessun candidato per il Pd»
Dopo un lungo silenzio, a due giorni
dalle elezioni, il Pd prende
posizione a Quartucciu: «Il Partito
democratico non è rappresentato da
nessun candidato e non sostiene
nessuna delle tre liste in campo nelle
imminenti elezioni comunali», scrive
Carlo Schirru, segretario
cittadino del partito, «mancando le
condizioni per assicurare
continuità al progetto “Bentu nou”,
il Circolo Pd ha deciso di non
candidare nessuno».
RIFORMATORI.
Il “libro nero”
«Sanità
sarda, troppi peccati e falsi miti»
I quattro peccati della sanità sarda
sono l'indice del “libro nero”
presentato dai Riformatori. Il
primo, quello originale, è «credere che
in Sardegna si spenda troppo per la
sanità», dice Franco Meloni, del
Centro studi del partito, «noi
abbiamo sempre detto che la quota Cipe
è sottostimata». Ma quello che i
Riformatori criticano è tutto
l'impianto della riforma sanitaria
perché «ignora i territori, riduce
i posti letto senza presentare
alternative e lascia incompiute molte
questioni come l'Areus».
Contenuti di un documento,
presentato ieri dai consiglieri regionali,
che impegna il presidente Pigliaru a
«riferire immediatamente in Aula
sulla situazione della sanità sarda».
Per Michele Cossa la situazione
è «confusionaria, si procede senza
capire chi debba prendere le
decisioni». Il coordinatore
regionale, Pietrino Fois, critica le
decisioni «prese senza considerare
la caratteristiche dei territori».
Luigi Crisponi, per descrivere una
«sanità sempre più malata», porta
ad esempio il provvedimento del 2014
quando «fu approvata la legge
sull'endometriosi, ma la Giunta non
ha mai fatto le linee guida».
Dunque, serve un confronto in
Consiglio regionale dove, aggiunge il
capogruppo, Attilio Dedoni, «serve
discutere anche sull'attività della
commissione di inchiesta sui conti».
Dalle pagine del libro nero,
quindi, emerge che non è tanto una
questione di costi perché se è vero
che gli sprechi ci sono, «possono
essere aggrediti con il buon
funzionamento di un'unica struttura
che pensi ad appalti e acquisti»,
dice Meloni, «non serve risparmiare
sulla salute, ma spendere meglio».
(m. s.)
CARBONIA.
«Irrevocabili»
Dimissioni
bis per l'assessore Emanuela Rubiu
La Giunta M5S guidata da Paola
Massidda continua a perdere pezzi: sono
arrivate le dimissioni bis
dell'assessore Emanuela Rubiu, il quarto
amministratore a lasciare la carica.
Titolare delle deleghe a Cultura,
Turismo e Spettacoli, Rubiu aveva
già presentato le dimissioni tre
mesi fa, salvo ritirarle dopo una
settimana di riflessione e di
confronto con il primo cittadino.
Tutto scaturì allora per
incomprensioni non tanto con la
Giunta (Emanuela Rubiu aveva da subito
confermato fiducia nei confronti del
sindaco), ma con una parte degli
attivisti del Movimento cinque
stelle con i quali pareva essersi
appianato lo scontro. Stavolta,
invece, è precipitato tutto.
Ieri in serata la restituzione delle
deleghe che potrebbero aver colto
di sorpresa anche lo stesso entourage
pentastellato, sebbene da giorni
fossi in atto un confronto politico
interno.
La stessa Emanuela Rubiu,
raggiunta telefonicamente, ammette:
«Dimissioni irrevocabili:
evidentemente le mie proposte non
sono più prioritarie, la mia
opinione in Giunta non è più
richiesta». Parole che significano una
rottura politica. «Ha rassegnato le
dimissioni senza formalizzare le
motivazioni della sua decisione -
scrive in una breve nota il sindaco
Paola Massidda - sono sorpresa e
addolorata per questa sua decisione
improvvisa e non preannunciata.
Rassicuro i cittadini: provvederò
quanto prima a sostituirla con una
nuova nomina». Fra le prime
reazioni, anche sui social, quelle
dell'ex sindaco Pd Giuseppe Casti:
«Certificano l'incapacità di questa
amministrazione di governare la
città». (a. s.)
Passa
emendamento FI contro il parere della commissione. Il Pd accusa
il
M5S: «Avete tradito» Salta il patto: «Legge elettorale morta» E il tabellone
svela i franchi tiratori
Sms che invitano a riprendere con lo
smartphone voti che dovrebbero
essere segreti, urla e accuse di
tradimento, tabelloni che si
riempiono di pallini 'rossi' e verdi
quando nessuno dovrebbe conoscere
le preferenze dei parlamentari.
È il caos che va in scena nell'aula
della Camera e che affonda il
patto tra Pd, M5S, Fi e Lega. «La
legge elettorale è morta, e l'hanno
uccisa i 5 Stelle», sentenzia nella
tarda mattinata Emanuele Fiano,
deputato Pd e relatore di
maggioranza.
Da giorni si parla di possibili
franchi tiratori e i gruppi provano a
tutelarsi in modo da respingere le
accuse. Per il M5S è Rocco
Casalino, per la speciale occasione
in trasferta dal Senato, a
indicare la rotta. I deputati
pentastellati ricevono un sms che li
invita a «votare con un solo dito»
così da rendere palese il voto o,
«se possibile» filmare il momento
dell'ok. La notizia viene battuta
dalle agenzie e comincia ad agitare
gli animi dei deputati. «Mussolini
cancellò il voto segreto», attacca
il capogruppo Mdp Francesco
Laforgia. «Lasciamo stare la storia,
per parlare dell'oggi basta la
cronaca», si affretta a sminuire
Ignazio La Russa.
IL TABELLONE DELLA VERITÀ Alla fine
è un disguido tecnologico a
rendere inutili le riprese. Quando
si tratta di votare, a scrutinio
segreto, l'emendamento proposto da
Micaela Biancofiore per estendere
al Trentino Alto Adige (dove vige
ancora il Mattarellum) il cosiddetto
“Fianum” il tabellone fa uno
scherzetto di non poco conto: per 10
secondi abbondanti sono ben visibili
le preferenze. Tra i banchi i
pentastellati si lasciano andare a
fragorose risate di scherno. La
Biancofiore si dispera e impreca
temendo che l'incidente possa
compromettere il cammino della sua
proposta di modifica. Alla fine,
andrà in maniera opposta:
l'emendamento passa con 270 voti favorevoli
e 256 contrari nonostante il parere
contrario del relatore di
maggioranza Emanuele Fiano.
IL PATTO È MORTO Sono all'incirca le
11.25 e il patto a 4 è morto, e
con esso la legge elettorale. I
parlamentari M5S esultano. Roberto
Fico stringe i pugni, come dopo aver
segnato un goal, lui che da
subito non aveva gradito di essere
seduto al tavolo con il Pd. «È
finita», fa segno con le braccia
risalendo le scale dell'aula e
raccogliendo gli sguardi d'intesa
dell'ala oltranzista del movimento.
Nei banchi Pd, invece, la delusione
è evidente. E se Alessia Romani si
lancia nel classico «buffoni,
buffoni», Roberto Giachetti mima con le
mani una canna da pesca. «Avete
abboccato», sembra dire ai colleghi.
Il deputato dem che contro il
Porcellum fece anche uno sciopero della
fame, si dispera incredulo. Insieme
a lui anche Lorenzo Guerini,
Gianni Cuperlo e Ettore Rosato.
L'analisi è presto fatta. Mentre il
capogruppo Rosato prende la parola e
accusa il M5S («la loro parola
vale nulla»), Fiano rilancia su
Twitter lo scatto che immortala il
tabellone: «Il M5S ha votato a
favore, ecco la prova».
TIMORI DI VOTO ANTICIPATO In
Transatlantico si fanno i conti cercando
di capire chi e quanti sono i
franchi tiratori. Nel pomeriggio i
lavori riprendono e i toni si fanno
sempre più accesi: «Traditori»,
urla Rosato, che mette da parte per
un attimo i toni generalmente
pacati tipici di un mediatore. «Se
in quest'aula ci sono dei
traditori, dei vigliacchi e degli
irresponsabili appartengono al Pd»,
replica Toninelli. Alla fine la
legge elettorale torna in commissione.
«È finita», è la sintesi. In
Transatlantico i più scommettono sul voto
anticipato
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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