La
Nuova Sardegna
Berlusconi
chiude a Renzi e si riavvicina a Salvini.
Il centrodestra riparte da un No.
Quello che Silvio Berlusconi, in un'intervista al Mattino, ha pronunciato di
fronte all'ipotesi di un'alleanza col Pd di Matteo Renzi. «Non c'è nessuna probabilità
di un Governo Berlusconi-Renzi - ha detto il leader di Forza Italia -. Non
ritengo possibile e neppure desiderabile una collaborazione con lui e con il
Pd. Né ora né tantomeno dopo le elezioni». Parole che hanno ridato una
prospettiva all'alleanza di centrodestra, che è uscita vittoriosa dalle
Comunali di giugno ma è ancora divisa su come affrontare le politiche.
È «una buona notizia», si è limitato
a commentare Matteo Salvini, il segretario della Lega, che stamani in un
albergo alla periferia di Piacenza ha riunito l'assemblea programmatica per
preparare la sua agenda di governo, lasciando la parola ai tecnici su temi come
il fisco, il lavoro, la semplificazione, la scuola e anche i rapporti economici
con la Cina. Salvini, completo scuro, camicia bianca e scarpe lucide, è parso distaccato
dalle tensioni con gli alleati, benché questi abbiano deciso di non partecipare
al suo incontro.
Per governare, ha detto nel suo
brevissimo intervento conclusivo dal palco, «mi sento pronto, ci sentiamo
pronti, ma siamo disponibili a confrontarci con tutti, quello che mi interessa
è la squadra». Il segretario della Lega euroscettica è sembrato anche più
pragmatico su temi come i rapporti con l'Unione europea: «Stare in Europa sì -
ha affermato - ma da pari a pari, non con il cappello in mano».
Nessun accenno diretto, quindi,
all'uscita dell'Italia dall'euro: Salvini ha parlato della «revisione totale della
nostra permanenza nell'Ue, riscrivendo i trattati a uno a uno», convinto che la
moneta unica alla fine collasserà da sola. Assente Forza Italia, assente anche
Fratelli d'Italia, assenti i tre governatori di Lombardia, Veneto e Liguria, a
Piacenza non è nato il centrodestra a guida leghista. Salvini ha
sdrammatizzato: «Verranno la prossima volta». Si è presentato solo Stefano
Parisi, il fondatore di Energie per l'Italia. A Piacenza, però, l'idea di un
centrodestra unito non è nemmeno andata in frantumi.
A suggerirlo sono i segnali di distensione
lanciati sia da Berlusconi sia da Salvini, che hanno detto di non ritenere
archiviata l'alleanza fra Forza Italia e la Lega. Quel che continua a mancare è
una strategia condivisa, un confronto faccia a faccia che permetta di
affrontare anche le questioni che ancora dividono. Il modello elettorale:
Berlusconi resta per il proporzionale, Salvini per il maggioritario. E il
candidato premier: «Chi governerà il Paese - ha detto il segretario della Lega –
dovrà essere l'allenatore di un'ottima squadra. Non mi interessano Maradona, Marchionne,
Draghi, Calenda o Donnarumma...».
di Alessandro Franzi
UNIONE
SARDA
Paolo
Maninchedda: da qui al 2019 mi attaccheranno, ma farò come Gandhi
«Non
ho paura dei maldicenti e della politica dossierante»
Il leader del Partito dei Sardi
Paolo Maninchedda ha affidato al suo
blog (www.sardegnaeliberta.it)
le riflessioni sull'indagine della
procura sulle assunzioni alla Asl
Oristano. Pubblichiamo alcuni passi.
«Oggi (ieri, ndr) l'Unione Sarda ce
la fa. A pagina 8 (cioè non nella
pagina della cronaca locale, ma
nella pagina regionale) dà notizia di
un'indagine in corso della procura
di Oristano che ha portato alla
perquisizione dell'ufficio di un
indagato. Il reato ipotizzato è il
voto di scambio, realizzato, secondo
il giornale e secondo gli
inquirenti, nella forma “posti di
lavoro” in cambio di voti. Tale
indagato è stato candidato nella
liste del Partito dei Sardi e il
giornalista immediatamente ricorda
che il Partito dei Sardi è guidato
da Paolo Maninchedda e vi milita
anche il sindaco di Macomer Antonio
Succu, primario del reparto in cui
lavora l'indagato.
A scanso di
equivoci, è verissimo che io guido
politicamente il Partito dei Sardi,
ma è ancora più certo che non mi
occupo né mi sono occupato di
concorsi. Questo giochino delle
indiscrezioni di stampa che
preannunciano o annunciano
iniziative della magistratura e che usano
la sintassi (cioè l'accostamento)
con tecniche di insinuazione un po'
primitive (di cui era maestro
Cossiga e i suoi degni allievi che hanno
avvelenato l'Italia di inutili
sospetti) l'ho già vissuto nel 2015.
Non reagii perché mi imbattei in un
magistrato molto scrupoloso che,
accertata la cantonata in cui erano
precipitati, corresse
immediatamente il tiro. Pur
adiratissimo, lasciai perdere, perché
credo ancora nella buona fede e
nella naturale bontà delle persone. Io
intuii di essere odiato
profondamente da alcuni settori degli apparati
dello Stato italiano, ma constatai
anche che esistevano magistrati
scrupolosi, consapevoli che il
privilegio che la legge dà loro di
usare in esclusiva la violenza è un
privilegio molto pericoloso e
delicato, da usarsi con grande
parsimonia....»
«...Quando ero Assessore ho subito
campagne di stampa menzognere ma
mai fino al punto dal consentirmi di
denunciare chicchessia. Gli
avvocati mi hanno spiegato che ormai
le querele finiscono in mano ai
giudici di pace, un'odissea! Qui
ormai tutti possono dire di un altro
‘ladro, ‘mafioso' ecc. ecc., e i
palazzi di giustizia fanno spallucce,
è libertà di opinione. Questo è il
clima dell'Italia, marcia. Comunque
sia, appena mi sono dimesso sono
andato dal mio avvocato e gli ho
chiesto consiglio sulla possibilità
che la mia azione di governo
potesse avere innescato indagini
giudiziarie. Ero e credo di essere
rimasto l'unico assessore che non ha
sottoscritto alcuna polizza
assicurativa. Il mio avvocato mi
suggerì di usare l'art. 335 del
Codice di Procedura penale, che consente
a ogni cittadino di chiedere
di sapere se è iscritto al registro
degli indagati.
L'ho fatto (credo
di essere stato l'unico assessore
nella storia autonomistica a farlo)
e l'ho fatto nelle tre procure dei
territori in cui avevo agito di
più: Cagliari, Nuoro e Oristano.
devo ancora farlo a Tempio e a
Sassari. Cliccate sui nomi delle
città e vedrete il certificato: non
risulto iscritto al registro degli
indagati. E dunque queste
certificazioni dimostrano che le
Procure non inseguono le maldicenze e
i teoremi politici costruiti ad
arte. Poi gli stessi avvocati mi hanno
spiegato che queste certificazioni
in Italia non servono a molto,
perché possono dirti che non sei
indagato ma lo sei. Ma un cristiano
normale che cosa deve fare se non
usare ciò che la legge gli permette
di usare? Io spero e credo ancora di
vivere in uno stato di diritto.
Se il certificato non serve a
niente, allora si entra in uno scenario
tanto terribile quanto immaginario,
nel quale però io vivo da almeno 8
anni e nel quale sembrava e sembra
reale, pur senza riscontri, la
sensazione che ho avuto sin dal
2009, quella di essere seguito,
ascoltato, spiato in ogni movimento,
svelato in ogni debolezza...».
«...Ecco, questo io non sopporto in
uno Stato di diritto: non sopporto
che si spii una persona in attesa
che commetta un reato. Non sopporto
lo Stato di polizia strisciante e
non ho paura a dirlo, anzi provo
pena per gli uomini politici che mi
dicono che ho ragione ma che
tremano come foglie dinanzi a ogni
sopracciglio aggrottato che
intravedono al palazzo di Giustizia.
Chiunque mi conosca sa che odio i
cellulari, che non sopporto che si
parli con me con i cellulari sul
tavolo. Odio tutto ciò che trasforma
in pubblico il privato, che
enfatizza e fraintende ogni parola.
Infatti il mio cellulare sta più
nel cassetto che nel taschino. Ho
profonda ammirazione per magistrati
come Falcone e Borsellino che
dimostrano che non bisogna mai parlare
di “Magistratura” ma di
“Magistrati”, come pure non bisogna mai
parlare di “Politici corrotti” ma di
alcuni politici corrotti. Le
generalizzazioni sono fasciste
nell'animo.
So che da qui al marzo
2019, ma soprattutto (se per caso
dopo il marzo 2019 le cose dovessero
evolversi verso un governo sardo a
forte caratterizzazione
indipendentista) dopo il marzo 2019
io sarò aggredito dalla politica
dossierante e dagli apparati dello
Stato italiano. Come intendo
difendermi? Come dice di fare
Gandhi: sacrificandomi ma tenendo duro.
Non ho paura. Lo dico a gran voce: non
ho paura dei maldicenti e degli
apparati dello Stato italiano che
volessero valorizzarli. Farò come
Gandhi e siccome so che nessuno
legge più Gandhi, oggi vi fornisco,
per metterle agli atti dei plurimi
fascicoli a me dedicati, delle
pagine di Gandhi che mi ispireranno
nei prossimi anni. Nel frattempo,
insegno libertà nella mia Facoltà».
Paolo Maninchedda
PORTO
TORRES. Immigrati
Capotreno
molestata? No, solo una lite
La notizia era arrivata con la forza
di un uragano: sulla tratta Porto
Torres-Sassari una capotreno era
stata aggredita e pure molestata
sessualmente da un gruppo di
immigrati, da lei trovati senza
biglietto. Sotto choc, era finita,
diceva una nota sindacale di
categoria, al Pronto soccorso. In un
attimo la notizia era diventata
virale, su giornali e social, con un
fiorire inarrestabile di commenti
sulla crescente pericolosità sociale
degli immigrati. Commenti a cui
si aggiungevano man mano quelli
politici. Ma Questura e Trenitalia
rivelano una dinamica molto diversa.
Gli immigrati, otto nigeriani,
non erano affatto sprovvisti di
biglietto; la discussione sarebbe nata
per un problema della capotreno col
palmare; l'impiegata di Trenitalia
non è stata molestata né
palpeggiata; del suo passaggio o ricovero
all'ospedale non c'è traccia. Infine
la donna non ha sporto alcuna
querela. La storia, quindi, potrebbe
essere diversa. Il segretario
regionale della Cgil Trasporti,
Arnaldo Boeddu, interviene. Il
problema è in generale quello della
sicurezza, a bordo dei treni -
metro tranvie e dei bus. Questo
fenomeno, purtroppo, non è nuovo ma,
soprattutto, la causa non sono
esclusivamente i migranti e/o gli
extracomunitari. Lo stato di totale
abbandono in cui versano alcuni
"pseudo" centro
intermodali, in alcuni casi lasciati totalmente al
buio, privi di telecamere e con una
insufficiente controllo da parte
degli operatori delle forze
dell'ordine che, a causa della cronica
carenza di organico che si
affievolisce di anno in anno, rende
praticamente impossibile un
appropriato controllo delle città e del
territorio. (p. c.)
La
Nuova Sardegna
Sequestrati
telefono e pc dell'unico indagato
l'inchiesta
sulla sanità di Enrico Carta
ORISTANODa Cabras, domicilio
dell'unico (per ora) indagato,
all'ospedale San Martino. Pochi
chilometri di distanza, ma molte ore
di lavoro. Gli inquirenti ne hanno
dovuto utilizzare addirittura
dodici prima di concludere il
sequestro di numerosi documenti che
diventano pilastro portante
dell'inchiesta sul sistema sanitario che
ha già gettato nei mesi precedenti
altre non ancora visibili
fondamenta. Prima ancora di andar
via dall'ospedale alle 21.30 di un
sabato non qualunque, gli agenti del
Nucleo di polizia tributaria
della Guardia di Finanza coordinati
dal maggiore Pasquale Pellecchia
avevano intanto preso con sé il
telefonino cellulare e il computer
dell'infermiere Salvatore Manai, la
sola persona formalmente iscritta
nel registro degli
indagati.Responsabile della sala operatoria del San
Martino, il 44enne di Silanus appare
come un anello e nemmeno molto
grosso di una catena che potrebbe
essere ben più lunga.
La direzione
che l'inchiesta sta prendendo sembra
chiara leggendo i reati
contestati - corruzione e falso - e
ciò a cui essi sono collegati. Per
il sostituto procuratore Armando
Mammone, lo stesso che ha portato
avanti l'inchiesta maremoto
ribattezzata "Sindacopoli", c'è del marcio
anche nel mondo della sanità
oristanese e giusto per stare in rima ci
si potrebbe trovare di fronte a una
sorta di "Concorsopoli". È proprio
nei concorsi e nel vorticoso giro
delle assunzioni interinali alla
Assl dalle forti connotazioni
geografico-territoriali - la provenienza
di un numero notevole di persone è
del del Marghine e della Planargia
- che la procura sta
frugando.Intanto, sul caso è intervenuto ieri sul
suo blog l'ex assessore regionale
Maninchedda, polemizzando con chi,
sulla stampa, ha fatto rilevare che
l'«indagato Manai - scrive
Maninchedda - è stato candidato alle
Comunali di Oristano per il
Partito dei Sardi (raccogliendo 22
voti, ndr). Immediatamente -
prosegue - viene ricordato che il
Partito dei Sardi è guidato da Paolo
Maninchedda e vi milita anche il
sindaco di Macomer, Succu, primario
del reparto in cui lavora
l'indagato. A scanso di equivoci, è
verissimo che io guido politicamente
il Partito dei Sardi, ma è ancora
più certo che non mi occupo nè mi
sono occupato di concorsi... Un po'
di consiglieri regionali e di
dirigenti di partito non potendo
confrontarsi sulla politica e sulla
cultura, lavorano
sull'indiscrezione,
sull'insinuazione e sulla creazione del clima
della presunzione di colpevolezza».
Tornando all'inchiesta, Salvatore
Manai, affiancato dall'avvocato
Gianfranco Contini, ha fornito tutte
le spiegazioni richieste dagli
agenti e ha messo a loro disposizione
ogni documento che si trovava nelle
due postazioni da lui utilizzate
al San Martino. Saranno di
importanza vitale per l'inchiesta?Di sicuro
Salvatore Manai è cascato dalle
nuvole nel momento in cui gli è stato
chiesto se fosse a conoscenza di un
sistema peraltro nemmeno troppo
originale attraverso il quale
venivano truccati i concorsi.Secondo la
procura, ad alcuni partecipanti
considerati «amici» il questionario
sarebbe stato consegnato in anticipo
in modo da avere la certezza di
ottenere un ottimo risultato.
E se questo non fosse bastato, ecco
che
anche le graduatorie degli esami
sarebbero state riviste a seconda
delle esigenze degli esaminatori.
Verrebbe da pensare che dietro
questo comportamento ci potesse
essere un giro di mazzette, invece
questo sembra escluso: non ci sono soldi
che finiscono nelle tasche di
chi avrebbe agevolato le
assunzioni.Le assunzioni sarebbero servite
piuttosto, secondo le ipotesi
dell'accusa, per creare delle facili
clientele elettorali sul territorio.
Una volta generato il consenso e
raggiunti i posti di comando, agli
ideatori del sistema (ancora
presunti e da scovare) sarebbe stato
facile indirizzare scelte e
gestire denari. Ovviamente pubblici
e puliti.Il mirino dei magistrati
appare quindi puntato in alto, ma
l'onda lunga dell'inchiesta rischia
davvero di portare via con sé anche
molti pesci piccoli.
Riforma
degli ospedali, il Pd non vuole polemiche
CAGLIARIIl Pd oggi ha un doppio
appuntamento sulla sanità e in
entrambi i casi riguarda la
riorganizzazione della rete ospedaliera
che mercoledì dovrebbe essere
approvata dalla commissione del
Consiglio regionale. Di prima
mattina il segretario Giuseppe Luigi
Cucca dovrebbe incontrare quasi
tutti i consiglieri regionali, per
decidere insieme una strategia
comune sul futuro dei diversi ospedali
e soprattutto capire fino a che
punto il partito di maggioranza
relativa è disposto a spingersi
nelle correzioni della bozza
presentata dall'assessore alla
sanità Luigi Arru.
Il secondo
appuntamento sarà invece nel
pomeriggio, a Oristano, con la direzione
regionale del partito preceduta da
una riunione della segreteria.
Anche in questo caso il confronto
dovrebbe essere solo sulla rete
ospedaliera, ma potrebbe allargarsi
al resto della sanità. Perché il
Pd sull'argomento non pare così
compatto come sostiene chi continua a
gettare acqua sul fuoco, per far
credere che la maggioranza non sia in
fibrillazione e invece lo è. Tra
l'altro domani è in programma un
vertice per decidere quali saranno
gli emendamenti condivisi del
centrosinistra alla Rete e le
tensioni potrebbero risaltare fuori
proprio alla vigilia della seduta
decisiva della commissione sanità.
Forza Italia esclude governi col Pd.
«Una buona notizia» per il leader
della Lega
Ma restano ancora le distanze sulla
legge elettorale e il candidato premier
Trenitalia
ridimensiona le gravi accuse mosse dalla Fit-Cisl contro
alcuni
nigeriani passeggeri del regionale 2698
«Insulti
ma nessuna violenza sessuale»
di Daniela Scano
SASSARI
L'aggressione c'è stata, ma verbale:
brutte parole e toni aggressivi.
Il palpeggiamento invece no, quello
non c'è stato. Nelle fasi convulse
della discussione, la capotreno
sarebbe stata «sfiorata su un braccio
o su una gamba» da uno degli uomini
che la insultava. Però nessuno
l'ha toccata nelle parti intime,
questo Trenitalia lo esclude. Se non
è una smentita, poco ci
manca.Trenitalia derubrica a un aggressivo
«diverbio» il presunto episodio di
molestie sessuali di gruppo nei
confronti di una donna indifesa
denunciato, sabato alle 16, dal
segretario regionale della Fit-Cisl
Valerio Zoccheddu e dalla
responsabile del Coordinamento donne
del sindacato, Claudia Camedda.
Racconto rimbalzato in tutti i siti
di informazione e che ha scatenato
un putiferio di reazioni politiche
indignate, ma anche uno tsunami
xenofobo e razzista. Il sindacato
sostiene che una capotreno sia stata
aggredita fisicamente e molestata
sessualmente da un gruppo «di
nigeriani trovati sprovvisti di
regolare titolo di viaggio» a bordo
del treno in partenza dalla stazione
marittima di Porto Torres. In
attesa che la diretta interessata
dia la sua versione dei fatti (a
ieri non aveva ancora presentato
alcuna denuncia), su quanto accaduto
a bordo del treno regionale 26981
interviene Trenitalia. E tira il
freno a mano. In una nota inviata
ieri all'agenzia Ansa, il gruppo
ferroviario sostiene di avere
«ricostruito quanto accaduto a bordo del
convoglio» e precisa di averlo fatto
«sentendo la stessa
protagonista».
«La capotreno - riferisce l'Ansa -
stava controllando i
biglietti quando ha raggiunto il
gruppo di stranieri, circa una decina
di persone, molti dei quali erano
senza ticket. Solo alcuni di loro si
sarebbero agitati, iniziando a
inveire contro la donna». «In queste
fasi concitate, la capotreno sarebbe
stata sfiorata su un braccio o su
una gamba - prosegue la nota -.
Nessun palpeggiamento, quindi. La
donna è poi andata in cabina dal
macchinista e ha avvertito, come
avviene sempre in queste occasioni,
la Polizia ferroviaria». «Al
momento - conclude Trenitalia - non
è stata presentata alcuna denuncia
e la capotreno non si è fatta
visitare in ospedale. La Polizia già
ieri aveva identificato tutti gli
stranieri coinvolti nella
vicenda».Quella dei giovani
sprovvisti di biglietto è però una
inesattezza. Alla stazione Marittima
di Porto Torres, infatti, non c'è
biglietteria e il biglietto si fa a
bordo. Mentre la capotreno stava
emettendo i ticket è esplosa la
discussione i cui toni hanno
comprensibilmente spaventato e
agitato la operatrice di Trenitalia.
Gli otto stranieri sono stati
identificati dalla Polfer per questo,
non perché non avevano pagato il
biglietto.Riepilogando: sullo
spiacevole episodio ci sono, al
momento, tre differenti versioni dei
fatti fornite da chi ha parlato con
la capotreno. La prima è quella
della Polfer, che sabato mattina è
stata allertata mentre il convoglio
era ancora in viaggio.
Gli agenti in servizio alla stazione
di Sassari
hanno ricevuto la segnalazione di
una aggressione verbale e hanno
proceduto a identificare gli
stranieri presunti responsabili. Nessun
fermo è stato fatto perché, alla
Polizia ferroviaria, la capotreno non
ha parlato di aggressioni fisiche o
sessuali. Del resto, se la
segnalazione partita dal treno in
arrivo da Porto Torres fosse stata
questa, a Sassari gli otto stranieri
avrebbero di certo trovato un
adeguato e numeroso "comitato
di accoglienza". «Non lo ha detto perché
ha avuto paura in quanto era stata
minacciata» spiegano il segretario
regionale della Fit-Cisl e il suo
delegato sassarese Riccardo
Chicconi. I due sono i depositari
della seconda versione dei fatti:
quella della spaventosa aggressione
fisica culminata con una odiosa
violenza sessuale. Sabato è stato
Chicconi (che è anche l'unico ad
avere parlato con la donna) a
raccogliere il racconto della capotreno,
ma non è stato lui ad accompagnarla
al pronto soccorso del Santissima
Annunziata. Qui la donna non si è
mai presentata in stato choc, come
riferito dal sindacato.
La capotreno avrebbe preferito
andare in
ospedale ad Alghero dove, dice la
Fit-Cisl, le sarebbe stato refertato
«grave stress emozionale e stato di
agitazione».Infine c'è la terza
versione, timbrata Trenitalia che
afferma di averla ricevuta dalla
diretta interessata: nessun
palpeggiamento, forse un involontario
sfioramento mentre era in corso «un
diverbio».Tre versioni diverse che
la polizia, alla luce dell'allarme
sociale suscitato dalla notizia
verificherà ascoltando anche gli
uomini chiamati in causa (tutti
identificati) e gli eventuali
testimoni. Inutile invece cercare le
risposte nei video della
videosorveglianza: a bordo del regionale
26981 non ci sono telecamere.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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