lunedì 21 agosto 2017

Parlare con chi non ha più un corpo. A cura della dott.ssa di Carla Sale Musio



Parlare con chi non possiede più un corpo è un’impresa difficile in un mondo abituato a usare le parole per diluire le emozioni.
I vocaboli veicolano l’energia dei sentimenti dentro suoni carichi di significato, ma l’abitudine a comunicare solo grazie al linguaggio parlato ci spinge a dimenticare il valore intimo che lo sottende.

Succede a tutti di esprimere frasi prive di una reale carica emotiva, suoni vuoti di energia, involucri senza contenuto.
Amiamo la poesia perché i poeti fanno vibrare le parole di vissuti interiori, ricordandoci il valore di una comunicazione che intreccia la mente con il cuore.
Quando i vocaboli sono privi di risonanza con la vita intima, il dialogo diventa un atto sterile e artefatto.
Ne abbiamo un esempio evidente in tutte le espressioni formali:
“Come stai?” 
“Bene grazie, e tu?”
“Buongiorno”
“Buonasera”
“Sentite condoglianze”
“Buon Compleanno”
“Tanti auguri”
“Cento di questi giorni”
“Congratulazioni”

Modi gentili che rispettano le consuetudini ma che spesso sono privi di una reale energia emotiva.
Per comunicare con i defunti bisogna abbandonare le parole e avventurarsi nel mondo delle sensazioni.
Dobbiamo prestare attenzione a ciò che succede dentro di noi e fidarci di quelle percezioni che accompagnano i nostri discorsi senza fare rumore.
Questo tipo di ascolto può rivelarsi molto difficile per quanti sono soliti concentrarsi sui suoni piuttosto che sulle emozioni.
Sono visioni, ricordi, impressioni, stati d’animo, consapevolezze veloci e sfuggenti che appaiono (e scompaiono rapidamente) sotto la soglia del mondo fisico in cui siamo abituati a focalizzare la nostra attenzione.
Per incontrare chi fisicamente non c’è più, occorre fidarsi di ciò che si sente dentro, senza pretendere una verifica formale.

Perché la vita interiore non può avere altre conferme di quelle che riceve da se stessa.
Per comunicare con le persone che vivono nelle dimensioni immateriali, è indispensabile assumersi la responsabilità di ciò che ci succede intimamente e non ostinarsi a cercarne le prove concrete.
La concretezza, infatti, non appartiene alle realtà interiori.
In quei luoghi ciò che è corporeo non funziona.
La realtà al di fuori del mondo fisico utilizza codici diversi dalla materialità e per comprenderne il significato è indispensabile seguire il proprio cuore.
Solo il cuore, infatti, può stabilire la veridicità delle emozioni e fidarsi della loro autenticità, a dispetto di ogni prova scientifica.
L’amore non è scientifico.
È reale.
E possiede una certezza così pregnante per chi la vive, da non aver bisogno di dimostrazioni.
La soggettività è il linguaggio dell’amore e l’unica convalida possibile quando si tratta di comunicare con chi è privo di corporeità.
Cercarne le conferme all’esterno non ci aiuta.
È necessario concedersi il permesso di credere senza pretendere altra prova che quella del proprio ascolto interiore.
Viviamo in un periodo in cui il conformismo ci fa sentire sicuri e integrati spingendoci ad adottare i modi e le convinzioni delle persone che abbiamo intorno.
Ma, per ritrovare chi abbiamo amato, anche dopo la morte, è necessario abbandonare questo bisogno di omologazione e sopportare il peso dell’autonomia.
Solo tu puoi sapere se ciò che senti è un sogno, una visone, una comunicazione o una fantasia!
Così, mentre la logica scrolla la testa, dobbiamo imparare a camminare a braccetto con l’incertezza, lasciando che il cuore ci guidi a incontrare le creature cui siamo legati.
Oltre le coordinate dello spazio e del tempo.
Nelle profondità dell’Amore.
L’empatia non ha bisogno di essere provata scientificamente, trova le sue verifiche nello scambio affettivo che abbiamo con le altre forme di vita.

Quando attiviamo le potenzialità dell’emisfero destro del cervello, ci muoviamo negli spazi dell’emotività e della sensazione e grazie a queste facoltà (diverse dalla razionalità che caratterizza l’emisfero sinistro) incontriamo gli altri su un piano intimo, intenso e profondo.
Gli animali lo sanno e si lasciano guidare dall’istinto.
Sentono interiormente cosa è giusto fare o non fare, dove è meglio andare, di chi ci si può fidare… e lasciano che queste percezioni dirigano la loro vita e le loro scelte.
Senza bisogno di usare le parole.
Gli esseri umani, invece, hanno costruito una civiltà fatta di finzioni e imparano a nascondere la verità dietro alle maschere necessarie per sentirsi parte della società.
In questo modo la nostra specie ha perso il contatto con le potenzialità dell’emisfero destro e, per sapere se qualcosa è vero, si sente costretta a dimostrarlo… in laboratorio.
Ma l’amore non si può comprovare.
Bisogna viverlo e sperimentarne in se stessi l’autenticità.
I legami affettivi appartengono al mondo dei sentimenti.
Per questo, dopo la morte di una persona cara, è indispensabile permettersi di seguire il richiamo del cuore e lasciare emergere la certezza di ritrovarsi ancora, a dispetto dei ragionamenti, del dolore, della mancanza e della scienza.
Solo l’amore può contenere l’eternità.
E, quando il corpo non esiste più, ci guida a incontrare chi abbiamo amato.
Oltre le barriere del linguaggio e della concretezza.
Nel mondo intimo e scivoloso dell’affettività.
Dott.ssa Carla Sale Musio

http://carlasalemusio.blog.tiscali.it/2017/08/21/parlare-con-chi-non-ha-piu-un-corpo/

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