Parlare con chi non possiede più un corpo è
un’impresa difficile in un mondo abituato a usare le parole per diluire le
emozioni.
I vocaboli veicolano l’energia dei sentimenti
dentro suoni carichi di significato, ma l’abitudine a comunicare solo grazie al
linguaggio parlato ci spinge a dimenticare il valore intimo che lo sottende.
Succede a tutti di esprimere frasi prive di una
reale carica emotiva, suoni vuoti di energia, involucri senza contenuto.
Amiamo la poesia perché i poeti fanno vibrare le
parole di vissuti interiori, ricordandoci il valore di una comunicazione che
intreccia la mente con il cuore.
Quando i vocaboli sono privi di risonanza con
la vita intima, il dialogo diventa un atto sterile e artefatto.
Ne abbiamo un esempio evidente in tutte le espressioni formali:
“Come stai?”
“Bene grazie, e tu?”
“Buongiorno”
“Buonasera”
“Sentite condoglianze”
“Buon Compleanno”
“Tanti auguri”
“Cento di questi giorni”
“Congratulazioni”
Modi gentili che rispettano le consuetudini
ma che spesso sono privi di una reale energia emotiva.
Per comunicare con i defunti
bisogna abbandonare le parole e avventurarsi nel mondo delle sensazioni.
Dobbiamo prestare attenzione a ciò che succede
dentro di noi e fidarci di quelle percezioni che accompagnano i nostri
discorsi senza fare rumore.
Questo tipo di ascolto può rivelarsi molto
difficile per quanti sono soliti concentrarsi sui suoni piuttosto che sulle
emozioni.
Sono visioni, ricordi, impressioni, stati d’animo,
consapevolezze veloci e sfuggenti che appaiono (e scompaiono rapidamente) sotto
la soglia del mondo fisico in cui siamo abituati a focalizzare la nostra
attenzione.
Per incontrare chi fisicamente non c’è più, occorre
fidarsi di ciò che si sente dentro, senza pretendere una verifica formale.
Perché la vita interiore non può avere altre
conferme di quelle che riceve da se stessa.
Per comunicare con le persone che vivono nelle
dimensioni immateriali, è indispensabile assumersi la responsabilità di ciò che
ci succede intimamente e non ostinarsi a cercarne le prove concrete.
La concretezza, infatti, non appartiene alle
realtà interiori.
In quei luoghi ciò che è corporeo non funziona.
La realtà al di fuori del mondo fisico
utilizza codici diversi dalla materialità e per comprenderne il significato è
indispensabile seguire il proprio cuore.
Solo il cuore, infatti, può stabilire la
veridicità delle emozioni e fidarsi della loro autenticità, a dispetto di ogni
prova scientifica.
L’amore non è scientifico.
È reale.
E possiede una certezza così pregnante per
chi la vive, da non aver bisogno di dimostrazioni.
La soggettività è il linguaggio dell’amore e
l’unica convalida possibile quando si tratta di comunicare con chi è privo di
corporeità.
Cercarne le conferme all’esterno non ci aiuta.
È necessario concedersi il permesso di credere
senza pretendere altra prova che quella del proprio ascolto interiore.
Viviamo in un periodo in cui il conformismo
ci fa sentire sicuri e integrati spingendoci ad adottare i modi e le
convinzioni delle persone che abbiamo intorno.
Ma, per ritrovare chi abbiamo amato, anche dopo la
morte, è necessario abbandonare questo bisogno di omologazione e sopportare il
peso dell’autonomia.
Solo tu puoi sapere se ciò che senti è un
sogno, una visone, una comunicazione o una fantasia!
Così, mentre la logica scrolla la testa, dobbiamo
imparare a camminare a braccetto con l’incertezza, lasciando che il cuore
ci guidi a incontrare le creature cui siamo legati.
Oltre le coordinate dello spazio e del tempo.
Nelle profondità dell’Amore.
L’empatia non ha bisogno di essere provata
scientificamente, trova le sue verifiche nello scambio affettivo che abbiamo
con le altre forme di vita.
Quando attiviamo le potenzialità dell’emisfero
destro del cervello, ci muoviamo negli spazi dell’emotività e della sensazione
e grazie a queste facoltà (diverse dalla razionalità che caratterizza
l’emisfero sinistro) incontriamo gli altri su un piano intimo, intenso e
profondo.
Gli animali lo sanno e si lasciano guidare
dall’istinto.
Sentono interiormente cosa è giusto fare o non
fare, dove è meglio andare, di chi ci si può fidare… e lasciano che queste
percezioni dirigano la loro vita e le loro scelte.
Senza bisogno di usare le parole.
Gli esseri umani, invece, hanno costruito una
civiltà fatta di finzioni e imparano a nascondere la verità dietro alle
maschere necessarie per sentirsi parte della società.
In questo modo la nostra specie ha perso il
contatto con le potenzialità dell’emisfero destro e, per sapere se qualcosa è
vero, si sente costretta a dimostrarlo… in laboratorio.
Ma l’amore non si può comprovare.
Bisogna viverlo e sperimentarne in se stessi
l’autenticità.
I legami affettivi appartengono al mondo dei
sentimenti.
Per questo, dopo la morte di una persona cara, è
indispensabile permettersi di seguire il richiamo del cuore e lasciare
emergere la certezza di ritrovarsi ancora, a dispetto dei ragionamenti, del
dolore, della mancanza e della scienza.
Solo l’amore può contenere l’eternità.
E, quando il corpo non esiste più, ci guida a
incontrare chi abbiamo amato.
Oltre le barriere del linguaggio e della
concretezza.
Nel mondo intimo e scivoloso dell’affettività.
Dott.ssa Carla Sale Musio
http://carlasalemusio.blog.tiscali.it/2017/08/21/parlare-con-chi-non-ha-piu-un-corpo/
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