La
Nuova
Il mare
di Sarroch è inquinato? La procura indaga sulla Saras. Ieri sera perquisizione
del Corpo forestale in raffineria: riserbo sull'operazione.
Gli agenti del Corpo forestale si
sono presentati ieri sera ai tornelli della raffineria Saras-Sarlux di Sarroch.
Su mandato della Procura, indagano attorno al reato di inquinamento ambientale.
Il blitz verso le 19. La raccolta delle informazioni era andata avanti per
anni. Più intensa nel 2015 e 2016. Sono stati girati dei video in mare,
acquisiti documenti, commissionate delle analisi di laboratorio private. Tutto questo materiale, selezionato dai
pescatori dell'associazione di Sarroch “Salva il mare”, è stato allegato a un esposto-denuncia
e consegnato alla Procura della Repubblica di Cagliari il 27 aprile scorso.
IL FASCICOLO Oggi, a distanza di
quattro mesi, un'inchiesta giudiziaria punta ad accertare lo stato di salute
delle acque immortalate in quei filmati: il mare davanti alla raffineria Saras
di Sarroch. Il fascicolo penale è stato aperto dal sostituto procuratore Enrico
Lussu. Per ora, nessun nome risulta iscritto nel registro degli indagati. Gli
uomini del Nucleo investigativo del Corpo Forestale devono accertare se la
denuncia ha fondamento.
IL MATERIALE Sono decine i video
portati all'attenzione del pm dagli ambientalisti, il primo risale al 2013.
Alcuni sono stati girati dal mare. «Ci sono stati degli sversamenti
autorizzati, le macchie d'olio erano visibili e la puzza nauseabonda»,
lamentano gli autori della denuncia. È però d'obbligo precisare che alcuni tipi
di emissioni liquide sono consentite alla raffineria in particolari
circostanze, come le piogge abbondanti. Tra i filmati esaminati dal pm, ce n'è
uno girato con uno smartphone all'interno dell'area della raffineria, pare da
un lavoratore: due minuti circa di riprese in cui viene inquadrato uno
sversamento di acque scure. L'autore del filmato, ancora ignoto, lo avrebbe
pubblicato lo scorso maggio su Facebook e poi cancellato di propria iniziativa
dopo un'ora.
IL VIDEO Una panoramica mostra la
zona in cui vengono fatte le riprese, a poche decine di metri dalle torce della
raffineria, di fronte al mare, il pontile a destra. Al largo una petroliera. Ma
l'attenzione è rivolta a un tubo dal quale fuoriesce del liquido, alla pozzanghera
formatasi sul terreno, e al rigagnolo che da lì parte e prosegue la sua corsa
fino al mare. Si sentono anche commenti, due voci distinte. Qualcuno fa
riferimento ai pesci pescati nella zona. Fotogrammi che non sono passati
inosservati. Scaricati dalla rete e consegnati agli investigatori, oggi fanno
parte degli atti al vaglio della Procura. Compito degli inquirenti è adesso
però stabilirne l'autenticità e l'attendibilità. L'autore del filmato non è conosciuto,
non è chiaro in che periodo siano state fatte le riprese, ma soprattutto se
queste possano avere qualche valenza penale, dal momento che appunto, alcuni
tipi di sversamento a mare sono del tutto leciti.
«SOLO ALGHE» La replica della Saras
sul punto è chiara, ed è arrivata tempestivamente: «Il video in questione»,
sostiene l'ufficio stampa e relazioni esterne Saras, «mostra
acqua di mare mista ad alghe. Da qui, il colore scuro». Ancora: «Era stato
necessario spostare da una parte all'altra dello specchio acqueo antistante il
porticciolo delle imbarcazioni di servizio, per evitarne l'accumulo che avrebbe
bloccato i mezzi anti-inquinamento. In seguito alle potenti raffiche di scirocco della scorsa primavera»,
sostengono ancora alla Saras, «le alghe avevano occupato l'area destinata alla
movimentazione dei natanti, che per obbligo di legge devono essere sempre
pronti all'intervento. Proprio per liberare lo specchio di mare della piccola darsena,
era stata utilizzata una tubazione per convogliare le alghe da un lato all'altro della rada». In
ogni caso la fiducia è massima: «Restiamo a disposizione degli inquirenti per
qualsiasi chiarimento e confidiamo nell'operato della magistratura». Le
indagini sono in corso.
Veronica Nedrini
Lai: la
sottosegretaria non sa quello che dice
Urbanistica.
Il senatore Pd durissimo con il viceministro. Il
segretario
Cucca: esternazioni in solitaria
SASSARIMattonate al cuore della
giunta. Gli aspetti tecnici della
legge sulle manutenzioni impugnata
dal governo passano quasi in
secondo piano. La questione degli
usi civici suona come un cavillo,
una noiosa discussione. A pesare sul
cuore e sull'anima della giunta è
il tradimento di Stato. Le parole
del sottosegretario all'Ambiente
Ilaria Borletti Buitoni che vanno al
di là del semplice ko degli
articoli bocciati. Le riflessioni
del sottosegretario somigliano a un
bombardamento a tappeto sulla
filosofia urbanistica della giunta. Il
sottosegretario ha parlato di una
continuità tra la giunta
Cappellacci, quella del Piano casa,
e quella Pigliaru, che sul tavolo
ha la nuova legge urbanistica.
Il governatore ha scelto per ora di
non
parlare. Forse perché impegnato per
tutto il giorno in telefonate, di
fuoco, a Palazzo Chigi. Dagli uffici
della presidenza filtra una
fortissima irritazione. Già due
giorni fa l'assessore all'Urbanistica
Erriu aveva parlato di uno governo
poco leale con la giunta. Le parole
della Borletti hanno fatto da
detonatore. Che il Pd sardo non voglia
lasciare passare sotto silenzio
l'incursione del sottosegretario lo si
capisce dalle parole del senatore
Silvio Lai. «Ho letto le
affermazioni della sottosegretaria
al ministero dei beni culturali
Ilaria Borletti Buitoni. Condivido
le premesse, nonle conclusioni.
Credo che la legge approvata dal
consiglio regionale sulle
manutenzioni, impugnata dal governo,
non rappresenti l'esempio di
quello che l'esecutivo nazionale
deve bloccare e bocciare per
preservare il nostro paesaggio. È
evidente che le norme oggetto
dell'impugnativa del governo non
siano il viatico per deturpare il
nostro paesaggio e, men che meno,
per cementificare le nostre coste».
Lai poi diventa ancora più duro. «La
sottosegretaria parla di norme
che non ha letto e di cose che non
sa, e forse sarebbe opportuno che
si occupasse dell'organico del suo
ministero e della denuncia del
sovrintendente Martino sulla carenza
di risorse umane.
Ritornando alla
norma, è stato spiegato credo già
adeguatamente come gli interventi
consentiti riguardino strutture
stagionali amovibili e al servizio
delle attività della nautica e della
balneazione. Per quanto riguarda
la questione degli usi civici,
l'atteggiamento della Regione è stato e
sia di totale collaborazione. Quel
che mi dispiace è leggere, da parte
della sottosegretaria, un giudizio
che accomuna per quanto riguarda le
scelte urbanistiche in Sardegna, i
governi del centro destra e del
centro sinistra, come se non ci sia
stata una discontinuità politica e
differenze visibili sul tipo di
approccio nella tutela del paesaggio.
Inaccettabili i giudizi espressi
dalla sottosegretaria». Anche il
segretario del Pd Giuseppe Luigi
Cucca si schiera con la giunta.
«Considerazioni avventate e
superficiali da parte di un esponente
dell'esecutivo nazionale - dice
Cucca -. Le affermazioni della
sottosegretaria all'Ambiente, Ilaria
Borletti Buitoni, sono scorrette
nel merito e inopportune sul piano
politico. Voglio rassicurare la
sottosegretaria dell'attenzione da
parte del Pd e della maggioranza
verso il paesaggio della Sardegna. È
grave tracciare una linea di
continuità tra la Giunta Pigliaru e
la Giunta Cappellacci». (l.roj)
Unione
Sarda
Consiglio,
altolà al soprintendente «Sull'urbanistica decidiamo noi»
Sale di
livello lo scontro Regione-Beni culturali, dopo l'impugnazione
della
legge edilizia
Lo scontro tra Regione e ministero
dei Beni culturali continua. In
tutte le sue declinazioni. Il
consiglio regionale respinge al mittente
le considerazioni - o meglio:
critiche - del soprintendente di
Cagliari e Oristano Fausto Martino,
che ha lanciato un avvertimento
sulla nuova legge urbanistica: «La
strada seguita finora non è quella
giusta».
LA RISPOSTA Per Antonio Solinas,
vicepresidente della commissione
regionale Governo del territorio,
Martino «non può esprimere giudizi
così netti su una proposta della
Giunta. Lo trovo prematuro e
scorretto dal punto di vista
istituzionale, un rappresentante dello
Stato non può permettersi di fare
ciò». L'impugnazione della legge su
edilizia e urbanistica, varata due
mesi fa dal Consiglio, nasce
proprio da una segnalazione dei Beni
paesaggistici. Ecco perché i
rapporti tra le due istituzioni
(Regione e soprintendenza) ora non è
dei più distesi: «Per Martino vale
lo stesso discorso fatto in passato
sulle pressioni del Qatar: non sarà
lui a scrivere la legge
urbanistica ma il Consiglio, nella
sua autonomia. È un dirigente
statale e deve svolgere il suo
compito. Spetterà alla Corte
costituzionale e alla Presidenza del
Consiglio verificare la
regolarità delle norme», conclude
Solinas.
Non è la prima volta che il
governo impugna una legge in materia
di paesaggio. Il coordinatore di
Forza Italia Ugo Cappellacci ricorda
la sua battaglia per il Pps, su
cui poi Roma rivendicò (come nel
caso della “leggina” sull'edilizia)
la copianificazione: «Il percorso fu
ostacolato e ritardato dal
Ministero, che faceva melina perfino
su semplici verbali. Occorre
ribadire un principio:
sull'urbanistica e sul paesaggio nessuno più
dei sardi ha diritto di decidere. Ma
il presidente Pigliaru in questo
e in tutti gli altri campi ha
rinnegato l'autonomia e ha già perso la
battaglia».
IL SENATORE L'impugnazione della
legge è stata una doccia fredda per
Giunta e maggioranza. Anche il
senatore Silvio Lai (Pd) non si
aspettava una decisione simile da
parte di Palazzo Chigi: «Credo la
legge approvata dal consiglio
regionale della Sardegna sulle
manutenzioni non rappresenti
l'esempio di quello che l'esecutivo
nazionale deve bloccare e bocciare
per preservare il nostro paesaggio.
È evidente che le norme oggetto
dell'impugnativa del governo non siano
il viatico per deturpare il nostro
paesaggio e, men che meno, per
cementificare le nostre coste».
IL SOPRINTENDENTE Intanto il
soprintendente Martino torna
sull'argomento e sui rapporti tra il
piano paesaggistico e le varie
leggi in materia: «Non ritengo
necessario un nuovo Ppr, che è la
cassaforte del patrimonio sardo. Non
può e non deve essere scassinata
dalle deroghe, in nome di uno
“sviluppo” incerto e dai contorni
imprecisati. È proprio da quel Piano
paesaggistico che si deve
ripartire». (m.r.)
Il
deserto di via Roma - Nemmeno la “notte colorata” riempie la piazza
La solita
folla nel Corso e nel Largo, nessuno nella strada senza auto
Neanche la Notte colorata riesce ad
accendere via Roma. La
pedonalizzazione - per ora - si
conferma un flop, di giorno e di
notte. Anche con i negozi aperti
sino a mezzanotte. Nono appuntamento
con lo shopping notturno del
giovedì: è il turno dell'arancio. Tenue
ovunque. Ma davanti ai portici la
tonalità si trasforma in grigio
scuro, come i lastroni di granito.
Il successo vero è in piazza a
Yenne. Che non ha bisogno di eventi
per fare il pienone.
VIA GARIBALDI Sedici negozi chiusi
già da un quarto d'ora dopo le
ventuno. Segno evidente che qualcosa
non funziona. I coraggiosi che
hanno deciso di tenere sollevate le
serrande e fare lo straordinario
cercano - vanamente - d'ingannare il
tempo. I registratori di cassa
sono immobili, non è certo il giorno
dei grandi affari. Giusto nel
primo tratto c'e un po' di
movimento, ma decisamente sotto le
aspettative. «La notte colorata
peggiore in assoluto», commenta
rassegnato Ninni Schirò, titolare di
Camicissima. «Sino a questo
momento non è entrato nemmeno un
cliente», racconta. «Sa qual è il
problema? Questa amministrazione sta
chiudendo tutte le strade. Non
sono contrario alle pedonalizzazione
ma i cittadini devono avere la
possibilità di arrivare in centro.
Senza parcheggi non è possibile, e
non tutti sono ciclisti».
Francesco Del Zompo, edicolante di
piazza Costituzione, tira le somme:
«Mai vista così poca gente, un
fallimento. Nel vero senso del
termine».
VIA MANNO Va leggermente meglio in
via Manno. Dove i negozi restano
vuoti ma la strada un po' riesce ad
animarsi. «Nessun acquisto, siamo
usciti giusto per prendere un po' di
aria», spiega Carla Scano, armata
di ombrello e scortata dalla
famiglia. «Mi aspettavo più gente, sarà
pure la notte arancione, ma mi pare
decisamente sbiadito. Forse manca
un po' di animazione», commenta Luca
Fadda. Sette attività hanno
disertato l'appuntamento notturno,
nelle altre di colorato ci sono
solo le luci delle vetrine.
IL LARGO E VIA ROMA Nel Largo regna
la desolazione. Ma a riempire il
marciapiede ci pensano i teloni dei
venditori ambulanti piazzati dalla
statua di Carlo Felice sino a poco
prima della Rinascente. Qualche
minuto prima delle 22 va in scena un
addio al nubilato, un tocco di
vitalità nel silenzio di una città
decisamente spenta. Ma al peggio
non c'è mai fine, per accorgersene
basta spingersi sino a via Roma.
Anzi, nella “nuova” via Roma. Quella
pedonalizzata dall'11 agosto. Chi
sosteneva che servisse qualche
evento per farla esprimere al meglio,
ieri ha avuto la conferma che
sbagliava. I tavolini piazzati sulla
carreggiata blindata sono deserti.
Non c'è neanche una persona seduta
sotto le stelle.
I cagliaritani - pochi a dir la
verità - che hanno scelto di
partecipare alla Notte colorata,
restano sotto i portici. Nella
passeggiata di sempre. Al varco
davanti alla Rinascente c'è un furgone
della Polizia, per scongiurare
eventuali resse tra la folla che non
c'è. Lo scenario è triste: non ci
sono macchine e neppure pedoni.
IL LAVORO «Questa pedonalizzazione è
una grandissima stupidaggine.
Quando hanno chiuso la strada ho
perso anche il lavoro, facevo il
cameriere in via Cavour, ci hanno
fatto togliere i tavolini e mi hanno
licenziato», protesta Giuseppe
Cutaia. «Un flop, questa è la conferma.
Ora voglio vedere se il sindaco
continuerà a dire che questa
sperimentazione funziona»,
interviene Gianni Sassu.
A risollevare le sorti
dell'iniziativa non riuscita ci pensa il Corso.
Col solito pienone nei locali del
primo tratto. Ma dopo il cantiere
infinito davanti all'Ersu inizia il
deserto.
Sara Marci
IL
DIBATTITO. La rappresentante di Italia Nostra: «Bisognava
coinvolgere
i cittadini». Sì ai pedoni, no al metodo
Maria
Paola Morittu stronca la strategia del sindaco Zedda
«Sono favorevole alla
pedonalizzazione, boccio il metodo: si ragiona
per pezzettini senza un'idea
complessiva». Maria Paola Morittu,
rappresentante di Italia Nostra,
stronca la strategia seguita da
Massimo Zedda sulla trasformazione
della città.
Che idea si è fatta di via Roma
pedonale?
«L'idea di via Roma pedonale o no mi
sembra poco importante in sé,
quello che conta è che idea hanno
del traffico, delle zone pedonali,
della città in generale e di come si
deve vivere la città
nell'insieme. Trovo quasi ridicolo
stare a discutere di questo
pezzettino...».
Lo preferisce con le auto?
«È ovvio che preferisca vedere il
mare, magari anche qualche albero
per potermi ristorare, rispetto alle
auto. Per me poi è ancora più
ovvio perché vado a piedi quasi
dappertutto, ma la città deve essere
vista nel suo insieme, invece questi
esperimenti sembra che partano da
idee scollegate. Tutti dovrebbero
poter contribuire e parlarne invece
non ne sappiamo nulla».
Crede che la viabilità intorno a via
Roma potesse essere gestita meglio?
«Chi arriva da Castello come me, non
solo si ritrova chiusa l'uscita
della Porta dei Leoni, ma poi deve
fare il giro da viale La Plaia per
arrivare in via Roma. Rendere
pedonale un'area quando intorno aumenta
il tragitto delle auto e
l'inquinamento non mi sembra una scelta
ragionevole».
Nel Corso la strategia della
sperimentazione ha funzionato. Potrà
capitare lo stesso in via Roma?
«Ci si abitua a tutto. L'uomo si
abitua anche alle cose peggiori, non
mi riferisco alla pedonalizzazione
del Corso perché la apprezzo, ma in
generale che ci si abitui a qualcosa
non vuol dire che sia qualcosa di
positivo».
Non le piace nulla dell'esperimento
di via Roma?
«Manca uno studio degli effetti, che
non sono solo quelli legati alla
chiusura al traffico, indubbiamente
positivo, ma anche sugli altri
settori della città: sappiamo se
crea effetti negativi da altre
parti?».
Crede che la Giunta stia navigando a
vista?
«Non ho visto studi e non credo
esistano, con le associazioni
ambientaliste non è stato discusso
niente così come con i cittadini.
Sono tutte decisioni staccate una
dall'altra mentre in altre città
esiste l'urbistique che prevede la
partecipazione dei cittadini».
Il cambiamento genera sempre
malumori. L'anno scorso le polemiche
erano sul nuovo Poetto e ora, tutti
distratti da via Roma, quella
sembra già una situazione acquisita.
«Quest'anno non sono andata neanche
una volta, dal ripascimento in poi
ogni volta provo dolore: il mio
Poetto non esiste più. L'intervento
fatto non mi piace, ha reso il
Poetto simile al lungomare di Riccione,
però ho visto che funzionano gli
autobus e tanti li utilizzano. Ecco,
per ridurre il numero delle auto,
studierei un migliore sistema di
collegamento col centro storico».
Crescono le zone pedonali ma, prima
che ci si abitui a ridurre l'uso
delle auto, dove andranno a finire
quelle in circolazione?
«Il piano del traffico è ancora
quello di Floris che prevede parcheggi
in centro, attirare auto è il
contrario di quello che dovrebbe
accadere con le zone pedonali».
Il parcheggio di via Cammino Nuovo è
una patata bollente.
«Ho votato per Zedda la prima volta
anche perché in campagna
elettorale diceva che si trattava di
un intervento sbagliato, ma dopo
pochi mesi ha proseguito sulla
strada tracciata e lo sta portando
avanti. Nonostante le palesi
illegittimità».
Di che tipo?
«L'affidamento dei lavori si basa su
una delibera illegittima, c'è
scritto che non sono pervenute
osservazioni ma le mie le avevo spedite
nei termini giusti tramite la Pec.
Avrebbero potuto smontarle una per
una, ma non dire - e scrivere - che
non esistevano».
Via Manno, via Garibaldi, piazza
Garibaldi, piazza Gramsci, piazza San
Michele: sono tante le
trasformazioni in corso, le piace la nuova
Cagliari?
«Non c'è cultura della storia della
città. Qui è tutto dozzinale,
privo di qualsiasi ricerca seria:
stanno cancellando l'autentico
sostituendolo col falso antico, una
scelta mortificante. Anche
intonaci in cemento e colori
acrilici improponibili che non ci sono
mai stati. In piazza Garibaldi
quella sfilza di lampioni attaccati è
orrenda, manca la cura dell'arredo
urbano come si è visto in piazza
Gramsci».
Come dovrebbero agire?
«Cercando di conservare l'anima di
questa città, non è una città di
grandi monumenti ma di atmosfere e
non ha senso intervenire su ogni
piazza per renderla uguale all'altra».
Le vie dello shopping erano tra le
più devastate della città, non era
proprio un'atmosfera pittoresca...
«In via Manno e via Garibaldi avrei
però rispettato i selciati
originali. Si poteva fare e il
sindaco mi aveva assicurato che si
sarebbero potuti recuperare i
materiali: ci sono depositi a Monte
Urpinu e in via Po con i basoli, ma
poi non è stato messo nell'appalto
e ci ritroviamo con questo porfido
unito al granito, materiali molto
più scadenti dei lastroni di granito
della seconda metà
dell'Ottocento».
Marcello Zasso
LA
NUOVA
LAVORO -
Record occupati A livelli pre-crisi
ROMA Con i nuovi contratti del
pubblico impiego potrebbe scattare
l'obbligo per gli statali di
allertare l'ufficio con tre giorni di
anticipo, in caso di permessi da
prendere in base alle legge 104 che
tutela il lavoratore con disabilità
grave o il dipendente che assiste
un familiare. A proporre la novità,
dato che oggi non c'è una regola
sul preavviso, è l'Aran, l'Agenzia
che segue le trattative con i
sindacati sul pubblico impiego per
conto del Governo. La misura
rientra nel cosiddetto «pacchetto
sociale» che punta a un riordino
della materia sulle assenze per
malattia, in vista dei rinnovi
contrattuali. L'obiettivo, indicato
dalla direttiva Madia, sta nel
fare chiarezza e impedire gli abusi,
in modo da «contemperare il
legittimo diritto» dei dipendenti
con «le esigenze di funzionalità
degli uffici».
Tuttavia il preavviso può essere
accorciato nei casi
«di comprovata urgenza o necessità».
Bonus da riconoscere anche quando
si tratta solo di uno scostamento
rispetto a quanto comunicato dal
lavoratore, visto che sarebbe
«opportuno stabilire» una
«programmazione
mensile».L'intervento era nell'aria: la ministra
dell'Istruzione, Valeria Fedeli, di
recente ha parlato della necessità
di un monitoraggio sulla 104. Il
presidente dell'Inps, Tito Boeri, è
più volte intervenuto sulla
questione, riscontrando «differenze molto
forti nell'utilizzo» tra il settore
pubblico e privato, che «fanno
pensare a potenziali forme di
abuso».
Violazioni venute anche alla
ribalta nelle cronache, basti
pensare all'inchiesta della Procura di
Agrigento denominata «La carica
delle 104». L'Aran mette sul tavolo la
regola dei tre giorni anche per i
permessi relativi alla donazione del
sangue. E lo stesso vale per le
assenze dovute a visite
specialistiche, che con i nuovi
contratti sarebbe possibile
spacchettare anche in ore. Per la Fp
Cgil è giusto «colmare le
disparità tra pubblico e privato».
La Uil però mette le mani avanti:
no a «criminalizzazioni». Secondo la
Cisal occorre «chiarire la
ripartizione tra contratto e legge»,
mentre la Flp avverte: «non si
può chiudere un contratto senza
risorse e meno diritti». Luci, una
maggiore elasticità sulle terapie
salvavita, e ombre, «la riduzione
del trattamento economico per i
permessi, al pari di quanto avviene
per le assenze per malattia», fa
notare la Confsal Unsa.
Il tavolo
sugli statali in senso stretto fa da
apripista agli altri comparti e
si aggiornerà in base a una scaletta
che vede tra i primi punti le
sanzioni disciplinari, con l'ipotesi
di una fase cuscinetto, di
conciliazione, prima di finire in
tribunale (licenziamenti esclusi).di
Marcello CampowROMAIl numero degli
occupati a luglio supera i 23
milioni, una soglia record,
oltrepassata solo nel 2008, prima
dell'inizio della crisi. È il dato
diffuso dall'Istat, accolto con
grande soddisfazione dal premier
Gentiloni e dal Pd, Renzi in testa,
secondo cui emerge l'efficacia del
Jobs Act e il ritorno della
ripresa. Sempre a luglio scende il
tasso di inattività al 34,4% (-0,3
punti) toccando il minimo storico.
Ma nello stesso mese, cresce però
la disoccupazione giovanile al
35,5%, un incremento ovviamente messo
in risalto dalle opposizioni. «Dati
confortanti, speriamo», commenta
da Venezia il Presidente dalla
Repubblica, Sergio Mattarella. Critici
invece Forza Italia e M5s. «Grazie
al Jobs Act abbiamo più giovani
disoccupati», commenta la grillina
Laura Castelli. «Tutto merito dei
contratti a termine, che il
famigerato Jobs Act doveva eliminare»,
lamenta l'azzurro Renato Brunetta.
Matteo Renzi, a caldo su twitter,
rivendica invece «un milione di
posti di lavoro», attribuendo appunto
il merito di questo successo a una
delle riforme più rilevanti dei
suoi mille giorni a Palazzo Chigi.
«Gli italiani occupati - sottolinea
sempre su twitter il premier Paolo
Gentiloni - superano 23 milioni, un
record. Ancora molto da fare contro
disoccupazione ma effetti positivi
da jobs act e ripresa». Quest'ultimo
aspetto viene messo in evidenza
dal ministro dell'Economia, Pier
Carlo Padoan: «C'è la ripresa, lo
dicono tutti i dati, dal pil
all'occupazione, alla fiducia. Quindi si
sta consolidando un quadro di
ripresa che da ciclica deve diventare
strutturale e il Governo continua a
lavorare in questo senso». Tesi
confermata anche da Bruxelles: il
Commissario agli affari economici,
il francese Pierre Moscovici,
ammette che «l'economia italiana è
finalmente in ripresa e questo
faciliterà la riduzione del debito».
Duro invece il capogruppo Fi alla
Camera, Renato Brunetta, secondo cui
i dati fotografano «alla perfezione
il disastro della sinistra al
governo». «Renzi - attacca l'ex
ministro - torni sui libri di scuola:
l'Istat testimonia come il Jobs Act
sia un fallimento e le politiche
del lavoro del Governo
Renzi-Gentiloni un grande spreco di denaro
pubblico che rischia di minare anche
la prossima legge di bilancio».
Critico ma più cauto Mdp: «Ancora
una volta dati parziali - commenta
Federico Fornaro - hanno scatenato
commenti eccessivamente ottimistici
sulle prospettive dell'economia
italiana. Chiediamo a Gentiloni
discontinuità e un piano di
investimenti nella prossima legge di
bilancio». Nessun entusiasmo,
nemmeno dalla Cgil: «Non riusciamo a
capire come si possano definire
decisive per la crescita riforme come
quella del Jobs Act», commenta la
segretaria confederale della Cgil,
Tania Scacchetti.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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