Questa è una lettera che avevo indirizzato ad
Alessandro Di Battista in merito al suo intervento alla Camera sul caso
Regeni-NYT e, per conoscenza, ad alcuni parlamentari 5Stelle di mia conoscenza.
Non ho ricevuto risposta e questa lettera diventa pubblica, anche perché
contiene considerazioni che possono essere indirizzate a molte altre persone
Questa che è una critica all’intervento del deputato 5Stelle e un invito a
riconsiderare certe sue posizioni, non mette minimamente in questione la stima
e la solidarietà che ho nei confronti di tante ottime battaglie condotte da Di
Battista, alcune delle quali sono state anche da me condivise sul campo. Caro
Alessandro Di Battista, faccio il giornalista da oltre mezzo secolo, oggi
indipendente ma vengo da organi come la BBC, Paese Sera, Panorama
(pre-Berlusconi), L’Espresso, The Middle East, Giorni Vie Nuove, Astrolabio,
Rai-TG3.
Ho sostenuto molte attività del M5S e con il MoVimento e
suoi illustro sostenitori ho organizzato nella mia zona pubbliche iniziative
(con Morra, Ruocco, Imposimato, Lanutti, Scibona, Bertorotta...) Ho
intervistato deputati e senatori del MoVimento, compreso te, sono amico della
senatrice Ornella Bertorotta e ho partecipato a numerose vostre iniziative alla
Camera e al Senato. Miei documentari sono stati presentati al Senato. Ho
lavorato con militanti 5Stelle sul territorio per i miei documentari e articoli
No Tav, No Muos, No Triv, No Basi, terremotati. Spero che tutto questo mi dia
un po’ di credibilità. Conosco la tua esperienza in America Latina e nel Sud
del mondo e quindi presumo una tua conoscenza del modus operandi di certe
grandi potenze dagli insopprimibili appetiti coloniali in quelle parti del
mondo.
Perciò sono rimasto sinceramente esterrefatto per le tue
dichiarazioni alla Camera sulla questione Giulio Regeni e, in particolare, per
aver accreditato la manifesta bufala di un giornale come il New York Times
sulle presunte “prove inconfutabili”, di un suo articolo assolutamente privo di
prove inconfutabili, che sarebbero state fornite da un oscuro e anonimo
funzionario dell’amministrazione Obama. Prove di cui da allora non si è saputo
più nulla. Documenti di cui il governo italiano dice di non aver mai saputo
nulla (e mi sembra difficile negare qualcosa che potrebbe poi, apparendo,
ritorcersi in maniera disastrosa su chi aveva negato).
Considerare il NYT lo standard aureo dell’informazione è
perlomeno azzardato, visto il ruolo che questo quotidiano, espressione dell’estrema
destra israeliana, ha sempre sostenuto nell’avallare le ragioni, false, per
tutte le guerre d’aggressione Usa, comprese le famigerate armi di distruzione
di massa. La questione Regeni è complessa e vi si incrociano interessi
dichiarati e altri molto poco dichiarati. Merita un’analisi attenta come quella
che in parecchi, compreso il sottoscritto, vi hanno dedicato. Va inquadrato
nella contesa geopolitica sul controllo dell’Egitto e dei suoi rapporti con un
paese cruciale nel Mediterraneo come l’Italia, controllo che è diventato
oggetto di contesa tra potenze varie, soprattutto da quando l’Egitto, sotto la
spinta di una rivolta di massa (molto meno che di un golpe militare che l’ha
solo assecondata), si è liberato del regime oppressivo e integralista dei Fratelli
musulmani, da sempre fiduciari degli interessi coloniali occidentali nel mondo
arabo e matrice di buona parte del terrorismo che oggi vi imperversa.
Ciò che turba nell’accanita campagna per la verità per
Giulio Regeni è che tutti trascurano i precedenti professionali del giovane e
in particolare il suo lavoro per un gruppo di persone specializzate in
operazioni sporche: i dirigenti dell’impresa transnazionale di spionaggio
“Oxford Analytica” John Negroponte, organizzatore degli squadroni della morte
in Nicaragua e Iraq, Colin McColl, già capo dell’MI6, e David Young, processato
e incarcerato per il suo ruolo nello scandalo Watergate. E tutti fingono anche
di non vedere come, nelle sue trattative con il capo del sindacato ambulanti,
Regeni rifiutasse di sostenere le cure per la moglie dell’interlocutore
ammalata di cancro, ma fosse disposto a pagargli ingenti somme purchè
presentasse “progetti”.
Quali “progetti”, a nome di chi? Comportamento sufficiente
per alimentare sospetti, non solo nel suo interlocutore. E’ stato mai chiesto
all’Università di Cambridge, o a Oxford Analytica, per quali progetti a Regeni
fossero state messe a disposizione decine di migliaia di euro? L’interesse di
governi Nato, in particolare anglosassoni e francese, concorrenti con quello
italiano nella corsa alle risorse energetiche (incalcolabili, al largo
dell’Egitto) nel Mediterraneo e in Libia, e, quindi, una strategia per
emarginare un’Italia una volta fortemente egemone in quel settore (come accadde
con Enrico Mattei), si è resa evidente con l’intensificarsi dei rapporti di
questi governi con il pur tanto deprecato Al Sisi, nel momento spesso in cui,
con scoperta ipocrisia, i media più rappresentativi di queste potenze si
accanivano sul caso Regeni e condannavano l’Italia per aver ristabilito
rapporti diplomatici con l’Egitto.
Ne risulta evidente che l’interesse del NYT, portavoce dei
circoli neocon del complesso militar-industrial-finanziario Usa, a sollevare il
caso Regeni, ha molto poco a che fare con i diritti umani (sul cui abuso lo
stesso giornale tace ostinatamente quando si tratta di regimi alleati o
subalterni), o con la sorte del giovane ricercatore. Ha a che fare con la
negazione all’Italia di qualsiasi sovranità e autodeterminazione in politica
estera ed economica. L’esperienza storica, da Enrico Mattei ad Aldo Moro, ma
anche con Minniti oggi, dimostra che la coalizione israelo-euro-atlantica non
consente all’Italia una politica estera autonoma, che valorizzi i nostri
rapporti di mutuo beneficio con i paesi arabi. Il nostro, per l’alleanza
diseguale in cui siamo inseriti, era e dovrebbe rimanere un ruolo ancillare.
Quanto al Medioriente, l’attuale offensiva contro l’Egitto è
con ogni evidenza la persecuzione di una strategia che punta alla frantumazione
di Stati arabi forti, laici e indipendenti. Che ha già lasciato sulla sua
strada la Libia e persegue la sua opera con i tentativi di disgregazione, tra
aggressioni dirette, surrogati jihadisti e della Fratellanza Musulmana, di
Siria, Iraq, Sudan. Ne abbiamo ricavato esclusivamente conseguenze negative. Il
M5S ha dato ripetute dimostrazioni di autonomia e chiaroveggenza nelle sue
iniziative di politica estera. Penso alle posizioni sulle sanzioni alla Russia,
su Nato, i paesi dell’A.L.B.A, l’Iran, la guerra alla Siria. L’allineamento con
una campagna chiaramente strumentale contro l’Egitto, fondata su premesse del
tutto indimostrate e su altre mistificate e occultate, mi auguro possa essere,
alla luce di quanto sopra, sottoposto ad accurata verifica.
Per finire, permettimi di avvisarti sulla pericolosità di
ricorrere a stereotipi assai sospetti e invariabilmente strumentali, come
quello di affibbiare la qualifica di “dittatore” a destra e manca. A parte che
in alcuni casi la qualifica è del tutto arbitraria (Milosevic, Putin,
governanti eletti in modo molto meno fraudolento di quelli con cui si
condizionano gli elettori nella cosiddette democrazie) e, in altri, non tiene
conto di una realtà storica, culturale, politica, del tutto diversa dalla
nostra, non solo mostra un’inclinazione all’eurocentrismo sempre un po’
colonialista, ma contribuisce a spianare la strada alle aggressioni delle
potenze che si arrogano il diritto di impartire tali etichette. Si tratta di
questioni che, come constatiamo ogni giorno, coinvolgono la vita e provocano la
morte di milioni di persone, sulle quali non è consentita approssimazione o
ripetizione di stereotipi.
Non occorre essere grandi etnologhi, antropologi o storici
per capire che i modelli istituzionali usciti in Europa dalle rivoluzioni
borghesi difficilmente sono applicabili a contesti completamente diversi. I
paesi che si definiscono disinvoltamente e strumentalmente “dittature”, da
parte, tra l’altro, di chi è sottoposto alla più feroce dittatura finanziaria e
alle più proterve manipolazioni mediatiche, hanno alle spalle una storia
diversa. E sono usciti all’indipendenza e alla modernità solo da pochi decenni,
dopo secoli e millenni di tirannie imperiali. Erano dominati da autocrazie
distanti e sanguinarie, romana, ottomana, britannica, francese e altre.
Non gli era consentita la minima autodeterminazione
politica, se non una limitata gestione degli affari locali minori, specie sulle
controversie giudiziarie. Ogni forma di organizzazione politica era bandita. La
tribù poteva darsi al massimo un capo, nella persona più anziana o autorevole,
per le questioni locali e per l’interlocuzione con gli emissari dell’impero.
Nell’immaginario collettivo, all’inizio dell’era dell’indipendenza e della
nazione, il quadro era quello tribale del capo e dell’assemblea degli anziani.
Non poteva non perpetuarsi all’alba della nascita dello Stato, tanto più se
questo era da attribuirsi al merito di un padre della patria come è stato il
caso nella maggioranza dei paesi decolonizzati.
Credo che la legittimità di un governo, poi, si misuri anche
dal consenso e dal confronto con la situazione del passato. Quella determinata
da noi democratici europei. Noi italiani, poi, del resto come gli inglesi che
con Churchill hanno gasato i civili iracheni, o i francesi delle torture
algerine, dovremmo adottare un po’ di cautela nella condanne. Il maresciallo
Graziani ha sterminato un terzo del popolo libico, 600mila, Gheddafi ha dato a
tutti i libici acqua potabile e benessere, come riconosciuto dall’ONU che, nel
2011, aveva ancora classificato la Libia prima per “sviluppo umano” in Africa.
Aggiungo alcuni illuminanti dettagli, già ripetutamente
riferiti in miei articoli sul blog e su FB, oggi riassunti da chi si occupa del
caso da tempo e che non dovrebbero essere trascurati da chiunque voglia
occuparsi, in alternativa ai produttori di fake news nei massa media al
servizio del revanscismo neocoloniale, di politica estera con onestà e
competenza. Grazie dell’attenzione. Con stima per tanta parte che il M5S e tu
avete avuto nel prospettare agli italiani una sorte migliore.
Fulvio Grimaldi
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/
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