L’Unione
Sarda.
Il
problema sembra legato alle dimensioni ridotte delle gru: servono
mezzi più
alti e più lunghi Porto Canale, la crisi si sente. Traffico in calo:
preoccupati sindacati, dipendenti e Authority
Il calo del traffico nel Porto
Canale ha raggiunto livelli di guardia e ai lavoratori della Cict viene chiesto
di saltare turni di lavoro per «l'assenza di attività». Il numero di navi e
container in arrivo è crollato, il mercato è cambiato e la situazione preoccupa
lavoratori, sindacati e vertici del porto.
«Sono moderatamente preoccupato
perché ci sono sempre andamenti ciclici, siamo stati con le banchine deserte e
poi quasi a pieno carico. Stiamo monitorando la situazione perché è
fondamentale che il porto industriale continui a essere un bacino appetibile
per i traffici mondiali», commenta Massimo Deiana, presidente dell'Autorità di
sistema portuale del mare di Sardegna. Il problema principale del Porto canale
sono le dimensioni delle gru: le principali compagnie si affidano a grandi navi
che hanno bisogno di gru più alte e più lunghe.
LE GRANDI GRU «L'aspetto
infrastrutturale è molto importante: per il transhipment si usano maxi-navi
porta container e qui stiamo aspettando che la Cict porti a termine la
procedura per l'acquisto di nuove gru con 50 milioni previsti nel piano di
localizzazione prossimo alla proroga», spiega Salvatore Mattana, presidente del
Cacip che sta per realizzare la nuova strada Conti Vecchi che permetterà di collegare
l'area industriale di Macchiareddu alle banchine in pochi minuti.
«È il classico serpente che si morde
la coda - commenta Massimiliana Tocco, segretaria generale della Filt-Cgil - la
Cict non compra le nuove gru perché non c'è abbastanza traffico ma senza
infrastrutture adeguate sarà difficile che qualche
grande compagnia voglia puntare sul nostro porto».
LA GESTIONE Il mercato è cambiato in
modo rapido: in poco più di un anno si è trasformata la geografia delle società
internazionali che lo gestiscono. «Solo un anno e mezzo fa
il traffico era in mano a una dozzina di grosse compagnie, compresa la Hapag
Lloyd che operava qui - spiega l'ex assessore regionale ai Trasporti Massimo
Deiana – poi molte sono fallite o sono state incorporate e ora tutto il
traffico mondiale è gestito da tre grandi alleanze, dove è entrata anche la Hapag
Lloyd e se prima la strategia la facevano loro ora i porti da scalare si
decidono a livello diverso».
IL GOVERNO Dai sindacati arriva un
invito a non subire queste dinamiche. «Abbiamo chiesto all'Autorità portuale di
impegnarsi col Governo perché per intercettare il traffico delle navi serve un
grande impegno a livello ministeriale, coinvolgendo gli Esteri, l'Economia e i Trasporti», commenta William
Zonca, segretario generale Uil-Trasporti, «la preoccupazione è molto forte, i
momenti di calo prima incidevano sugli altri portuali mentre ora coinvolge direttamente
i dipendenti della Cict, la controllata della Contship».
I sindacati, che domani
incontreranno l'azienda, chiedono uno sforzo alla politica locale. «La crisi del
Porto canale metterebbe in ginocchio quasi un migliaio di famiglie - aggiunge
Massimiliana Tocco della Cgil - chiediamo che si muovano anche Regione, Città metropolitana e Comune».
IL PRESIDENTE Il numero uno dei
porti isolani assicura l'impegno dell'Authority ed è convinto che la società
concessionaria abbia tutto l'interesse a fare gli investimenti.
«Una delle mie prime mosse è stato parlare col terminalista, perché loro sono i
primi ad avere interesse che tutto vada per il meglio. L'Autorità può rendere
il Porto più appetibile possibile tenendo al meglio le banchine, i fondali e i
piazzali e abbiamo abbattuto le tasse di ancoraggio per dare un segnale agli
armatori - conclude Deiana - ma servono interventi di modernizzazione e
infrastrutturazione del porto a carico del concessionario con 50 milioni di
euro per le gru». Marcello Zasso
La
Nuova
Abdulaziz
Bin Ahmed Al Malki: Meridiana sarà una compagnia internazionale
Il Mater
sarà un centro di riferimento mondiale. Ma serve meno burocrazia
«Pronti a
investire ancora in Sardegna»
di Luca Rojch
ROMAIl primo azionista dell'economia
sarda arriva dall'altra parte del
mondo. Il Qatar pezzo dopo pezzo è
diventato sempre più una colonna
del sistema Sardegna. Dall'acquisto
della Costa Smeralda nel 2012, al
salvataggio del San Raffaele alle
porte di Olbia, ora ribattezzato
Mater Olbia. Fino all'acquisizione
di Meridiana, perfezionata qualche
mese fa. Lo Stato grande come la
Basilicata, ma con il più alto
reddito pro capite al mondo, ha una
quantità sterminata di denaro da
investire. E la Sardegna sembra
essere uno dei suoi obiettivi
strategici. Il fondo sovrano del
Qatar, Qia, fattura 170 miliardi di
euro all'anno. E l'emirato che
possiede il più vasto giacimento di gas
naturale al mondo ha deciso di
diversificare sempre più il suo
business. Ma sugli assetti del Qatar
e sui suoi possibili investimenti
pesano diverse incognite.
Dall'incertezza dei rapporti con gli Stati
vicini, alle questioni di casa
nostra.
Il grande azionista straniero
guarda con interesse alle scelte
politiche. Promette, e spende, per
offrire un futuro da leader dei
cieli a Meridiana. E spiega come
trasformerà il Mater in un centro di
eccellenza medica internazionale.
Abdulaziz Bin Ahmed Al Malki,
l'ambasciatore del Qatar a Roma,
presenta le nuove iniziative
imprenditoriali del Qatar in Sardegna.
Parla non solo dei rapporti dello
stato Mediorientale con l'Italia e
la Sardegna, ma anche dei delicati
assetti internazionali. Le tensioni
con i Paesi vicini si abbattono come
un effetto domino sulla Sardegna
e su tutti gli stati in cui il Qatar
ha interessi. La sfida è dei 4
paesi arabi: Arabia Saudita,
Emirati, Egitto e Bahrein, che hanno
bloccato le frontiere, i voli aerei
e i rapporti economici. «Sono
trascorsi ormai mesi dal blocco
dichiarato dai "paesi dell'assedio"
come li chiamo io, un'azione messa a
punto a tavolino e lanciata col
pretesto di rispondere ad alcune
fake news che sono state infilate sui
siti Internet del Qatar.
Ma dopo 4 mesi il Qatar è ancora in
piedi,
più forte che mai, capace di
sviluppare le sue relazioni
internazionali, di essere presente
sulla scena internazionale e di
difendere i suoi interessi.
Lavoriamo con i nostri alleati per
ristabilire la realtà delle cose,
per questo l'emiro ci ha dato una
road map da seguire per la gestione
di questa crisi. Dall'inizio della
crisi noi siamo sempre stati
disposti a negoziare, dialogare con gli
altri paesi arabi, a patto che non
venga danneggiata la nostra
sovranità».Il blocco ha provocato
ripercussioni sulla vita del
Qatar?«Ci sono 20mila famiglie che
sono state coinvolte da questo
blocco, famiglie in cui uno dei
partner è un qatarino. La sicurezza
alimentare del paese è stata da
subito garantita, abbiamo importazioni
da altri paesi dell'area.
Ma con le frontiere chiuse, il
blocco dei
voli, il congelamento dei contatti
politici, del business, il danno ai
contatti familiari è stato
rilevante. Anche per questo lavoriamo
perché questo blocco sia levato, per
aiutare la condizione di queste
20 mila famiglie miste di arabi e
qatarini che sono danneggiate da
questa misura insana».Tutto è nato
da alcune dichiarazioni attribuite
all'emiro e pubblicate su siti
ufficiali del Qatar. Dichiarazioni di
apertura all'Iran e di critica ad
altri paesi arabi.«Abbiamo chiesto
aiuto all'Fbi americano per capire
chi è stato a compiere questo
hackeraggio, attendiamo i risultati
e la nostra polizia li passerà al
Procuratore generale.
Quella era una provocazione per far
partire un
piano che prevedeva il blocco,
l'assedio del mio paese. Stiamo
reagendo, innanzitutto spiegando al
mondo la realtà delle cose. Nel
mondo sta crescendo la
consapevolezza delle ragioni del Qatar, e molti
ci riconoscono il fatto che il paese
sta affrontando la crisi con
saggezza e maturità per le procedure
che sono state indicate
dall'emiro. È una crisi provocata ad
arte dai "paesi dell'assedio",
senza prove contro di noi, senza un
vero, reale motivo politico che
non sia comprimere la nostra libertà
di movimento politico. L'Italia
ha capito, ha salutato la mediazione
kuwaitiana, favorito un dialogo
diretto per risolvere la crisi,
senza intaccare la sovranità di
nessuno».Da poco è stato annunciato
un accordo importante fra Italia e
Qatar, avete acquisito il 49% della
compagnia aerea Meridiana.«A
livello di cooperazione bilaterale
con l'Italia devo dire che il
rapporto è in crescita costante.
A livello politico-diplomatico
abbiamo aperto un Consolato Generale
a Milano, qui a Roma abbiamo
aperto l'ufficio dell'Addetto
militare. Per Meridiana ci sono stati 3
anni di negoziato, e finalmente con
il grande apporto del ministro
Graziano Delrio siamo riusciti a
raggiungere un accordo che farà di
questa compagnia aerea un asset
strategico per il sistema del
trasporto aereo costruito da Qatar
Airways. Meridiana è un elemento
importante per l'economia della
Sardegna, ma ne faremo un vettore
italiano, europeo, in grado di
collaborare con la struttura messa in
piedi da Qatar Airways. Seguiamo
molto le condizioni della Sardegna;
ci avviamo ad aprire l'ospedale di
Olbia, il Mater Olbia, poi
seguiranno altri progetti, presto mi
vedrò con il sindaco e con il
governatore della Sardegna.
Noi puntiamo molto sulla
diversificazione
degli investimenti. Con il 49% di
Meridiana il nostro obiettivo è
quello di far crescere la compagnia
fino a farla diventare un vettore
europeo a tutto campo: coprirà
l'Europa, 150 destinazioni, lavoreremo
per migliorare il livello dei
servizi, appoggiandoci a una squadra di
piloti, di tecnici di altissimo
livello, che hanno una grande
motivazione, un grande attaccamento
a questa compagnia».Il Qatar è il
primo investitore straniero in
Sardegna, attraverso il fondo sovrano o
altre società possiede la Costa
Smeralda, controlla Meridiana e sta
per aprire un hub sanitario di
livello internazionale. Ora pensa a
nuovi investimenti?«Siamo molto
vicini alla Sardegna: crediamo che sia
una terra straordinaria con un
potenziale ancora molto alto. Parte
della sua bellezza e del suo valore
è proprio il suo essere "a misura
d'uomo", la sua bassa densità
abitativa, la sua bellezza
paesaggistica.
Perciò, nel pieno rispetto dei suoi
abitanti e del suo
governo, siamo entrati in punta di
piedi, senza imporci. E vorremo
continuare a farlo. Il nostro
ingresso in Meridiana ne è una prova
concreta».Il salvataggio di
Meridiana sembra coincidere con un
rilancio della società. È
così?«Certamente e proprio in questi giorni
si stanno definendo i prossimi passi
del piano industriale. Una cosa è
certa: Meridiana manterrà la sua
indipendenza pur avendo alle spalle
un socio che rappresenta
l'eccellenza del trasporto aereo. Il primo
passo sarà l'ammodernamento della
flotta: nei prossimi mesi
arriveranno nuovi aerei per il lungo
e medio raggio, come i Boeing 787
Dreamliner, gli Airbus 330, fino ai
Boeing 737 Max.
Resteranno i B737
mentre entro l'anno usciranno gli
ultimi MD80».Come vede il futuro di
Meridiana? «Sarà molto più
internazionale: si punterà sul medio e
lungo raggio con voli in Cina,
Africa, Cuba, Stati Uniti, anche con
voli charter. Meridiana continuerà a
essere una compagnia italiana,
con una vocazione internazionale.
Oggi i dipendenti di Meridiana hanno
di fronte una prospettiva di
crescita». Meridiana manterrà il suo
cuore in Sardegna?«Crede sia
possibile abbandonare una terra così
bella?»Si parla molto della legge
urbanistica. Gli ambientalisti
sostengono che la giunta regionale
l'abbia modellata dietro le spinte
del Qatar che chiede di poter
rinnovare i propri hotel in Costa
Smeralda e di poterli ampliare.
È così?«Quando investiamo conosciamo
bene il nostro ruolo: non ci
inseriamo nelle decisioni politiche ma
osserviamo le scelte e, se invitati,
entriamo nel dibattito.
Rispettiamo i ruoli e sappiamo che
chi governa la Sardegna ha una
visione e una strategia. Sappiamo
che ogni luogo ha le proprie leggi
che prescindono dagli investitori.
Sarebbe un errore entrare in campo
e voler cambiare le regole del
gioco».Secondo lei si deve mantenere il
vincolo di inedificabilità nella
fascia dei 300 metri dal mare?
«Questo non è né il mio campo di
azione, né di competenza. Credo che
la qualità sia sempre più importante
della quantità ma non mi addentro
in campi che non mi appartengono».
Cosa serve alla Costa Smeralda per
mantenere la sua rilevanza
internazionale in campo turistico?«La
bellezza della terra e del mare sono
già un ottimo punto di partenza:
il rispetto con il quale si è
costruito in questa fascia di terra
"creata" dall'Aga Khan è
la terza gamba del tavolo. La quarta è data
dal servizio al turismo
internazionale di alto livello: la
diversificazione dell'offerta,
l'allungamento della stagione,
trasporti efficienti e di qualità e
su questo il mio Paese è al
lavoro».Quando il Mater Olbia aprirà
le porte e quale apporto potrà
portare alla sanità?
«Mi ricollego alla domanda
precedente. Avere una
sanità efficiente è importante anche
per il turismo: sia per i turisti
che già sono in Sardegna e che si
possono sentire rassicurati da una
buona sanità, soprattutto
nell'ottica di un allungamento di stagione e
di richiamo di fasce di età più
elevate, sia per il turismo sanitario
che viaggia, spesso spendendo molto
denaro, per trovare particolari
terapie. Il Mater Olbia offrirà
molto a questo turismo. Al contrario,
fino a oggi, molti sardi hanno
dovuto abbandonare la propria casa per
farsi curare in altre Regioni con
costi economici e psicologici
enormi. Non accadrà più. La scelta
principale effettuata nel definire
gli obiettivi del Mater è stata
indirizzata a offrire l'eccellenza e
il diritto di essere curati vicino
alla propria famiglia. L'elemento
importante è la struttura a rete del
Mater Olbia.
Collegato, grazie
alla nostra rete di relazioni
scientifiche, con i più qualificati
centri di ricerca internazionali,
sarà in grado di offrire un supporto
quotidiano ai presidi sanitari
locali. Darà vita a un sistema
sinergico senza pari. Sui tempi, le
rispondo con assoluta chiarezza:
da parte nostra si sta lavorando a
ritmo serrato rispettando le
tappe».In questi anni il Qatar ha
dialogato a lungo con il governo
Italiano e con la giunta Regionale,
quali sono i principali ostacoli
che un investitore straniero
incontra in Italia?«Abbiamo uno
straordinario rapporto sia con il
governo centrale che con la Regione
Sardegna. Il nostro dialogo è
costruttivo e di mutuo supporto. Se
dobbiamo parlare degli ostacoli temo
di non essere originale: i tempi
sono spesso un problema. Le
decisioni strategiche sono veloci, ma
l'iter per realizzarle spesso è
troppo lungo. E spesso inutilmente».
Ambasciatore, vi hanno accusato di
avere sostenuto Hamas,
di avere appoggiato l'Isis in Libia,
elementi di Al Qaeda in Siria.«I
paesi dell'assedio continuano ad
accusarci di appoggiare il terrorismo
senza alcuna prova per minare la
nostra sovranità, per assicurarsi in
modo ipocrita la simpatia
dell'occidente. Per fortuna queste accuse
non hanno avuto ascolto perché le
società occidentali proprio come noi
non accettano di lanciare accuse di
terrorismo per una semplice
divergenza politica tra le parti. Il
Qatar combatte il terrorismo
senza tregua, ospita la base
americana da cui si combatte l'Isis e le
altre formazioni terroristiche. Il
mio Paese, lavora per sanare le
radici di questo fenomeno con il
rafforzamento dell'istruzione, il
consolidamento dei valori quali la
tolleranza ed il dialogo, con la
creazione dei posti di lavoro per i
giovani, non solo in Qatar ma in
tutto il mondo».
Il presidente Trump inizialmente
sembrava aver dato
spazio alle ragioni dei sauditi.«Ma
poi l'amministrazione nel suo
complesso ha dimostrato di sapere
vedere le cose nella loro realtà. Il
segretario alla Difesa Jim Mattis ha
incontrato a Washington il nostro
ministro, con il quale ha firmato un
accordo per la fornitura di 36
caccia f-15 a Doha. La più grande
base americana nel Golfo è in Qatar,
è una base essenziale per la lotta
all'Isis, e la collaborazione con
militari Usa schierati nel nostro
paese è esemplare.
È chiaro, i paesi
dell'assedio hanno presentato con
forza le loro posizioni
all'amministrazione Usa, ci sono
state posizioni iniziali, ma ora
tutto è molto più chiaro». Un
effetto di sicuro c'è stato: siete stati
costretti ad avvicinarvi ancora di
più all'Iran, per le vostre
forniture alimentari ma forse anche
politicamente.«Noi rispettiamo
l'Iran come partner della regione.
Ma le dichiarazioni di schieramento
totale sull'Iran sono state anche in
questo caso montate ad arte dalla
campagna di false notizie e
dichiarazioni orchestrate contro di noi.
Se poi vogliamo parlare di interscambio
economico, non è con noi che
l'Iran ha il suo interscambio
economico più forte fra i paesi arabi
del Golfo».
Il Pd
sassarese riparte con Carbini al timone
L'elezione
dell'ex vicesindaco a segretario cittadino sancisce la pace
Un
migliaio al voto in un clima dimesso e ancora ricco di diffidenze
di Giovanni Bua
SASSARI
Ha parlato di «concreta difficoltà
della vita del partito a tutti i
livelli, soprattutto locale»,
«progressivo sgretolamento del tessuto
sociale con pericolose derive di
disubbidienza», di «un'agenda di
appuntamenti pesantissimi politici e
non solo», di «una rinnovata
interpretazione della sfida che il
nostro territorio può lanciare», di
«una stagione dell'ascolto da
rilanciare», per poi elencare i grandi
temi su cui è stata deliberata una
road map congiuntamente dalle
direzioni provinciale e cittadina e
successivamente dal Consiglio
Comunale di cui «la nuova segreteria
si impegnerà a garantire
l'applicazione». Così il primo
discorso pubblico di Gianni Carbini,
dopo il durissimo strappo che lo
aveva portato a dimettersi dalla
carica di vicesindaco parlando di
«fallimento dell'azione
amministrativa», con l'apertura di
una crisi lunga e complessa, che
sembra aver vissuto la sua formale
chiusura.
Da lunedì Carbini è
infatti il segretario cittadino del
Pd, eletto dopo un congresso
andato in scena nel pomeriggio
all'hotel Grazia Deledda a cui hanno
partecipato tutti i big del partito,
e votato un miigliaio di
iscritti. Elezione figlia di una Pax
Augustea che in vista del tour de
force che porterà alle prossime
Politiche il partito ha dichiarato a
livello nazionale e regionale. Come
dimostra l'apertura a Mario Bruno
ad Alghero. E la chiusura dello
strappo tra alcune delle principali
correnti del Pd cittadino e il
sindaco Sanna a Sassari.Una pace
armata, come sempre. Con i veri nodi
che verranno al pettine nella
"fase due" della
segreteria Carbini, quando sul tavolo arriverà il
vero tema cittadino: la riconferma o
meno di Nicola Sanna per un
secondo mandato. Spingersi così
avanti però, in un quadro così fluido
e confuso come quello che si sta
vivendo in questi mesi, sarebbe ai
limiti del suicida.
E così i big del partito si sono
incontrati,
contati, e hanno deciso di
convergere sul nome unitario di Carbini per
la segreteria (con qualche disallinneamento
di un certo peso, come
quello dell'assessore al Bilancio
Simone Campus). Celebrandone
l'elezione in un clima tra il
dimesso e il diffidente, figlio delle
scorie di una crisi tutt'altro che
smaltite. In serata sono stati poi
nominati i delegati per l'assemblea
provinciale, in programma il 6
novembre, che porterà alla
riconferma alla segreteria di Gianpiero
Cordedda. Da lui è arrivato il più
caldo invito all'unità, non
foss'altro che per permettere al Pd
di aprire con la dovuta forza il
complesso tavolo con ciò che resta
della coalizione di centrosinistra.
Le
segreterie Dem della Romangia si tingono di rosa
SORSO
Le segreterie del Pd della Romangia
si tingono di rosa. Sabato scorso
i tesserati dei circoli di Sorso e
Sennori hanno celebrato i rispetti
congressi nominando due donne per
acclamazione. Il Pd sorsense ha
archiviato l'esperienza della
segreteria di Paolo Delrio per tentare
il salto di qualità con un'altra
Delrio, Maria Giovanna, medico
stimato e cugina dell'ex segretario.
Un nome portato al tavolo delle
trattative da Antonio Spano, che ha
raccolto la condivisione del
partito e pagato un pedaggio - ha
perso posti in segreteria - all'area
del vicecapogruppo in consiglio
comunale, Michele Roggio. Nel suo
discorso Maria Giovanna Delrio ha
detto di voler prestare particolare
attenzione al sociale, ai bambini,
ai disoccupati e agli anziani:
«Teniamo salde le posizioni e ci
apriamo al dialogo con gli altri
stando dalla parte di chi ha
bisogno».L'obiettivo della nuova
segretaria è compattare il partito
per creare un'alternativa al
governo del centrodestra in città.
Il vicecapogruppo in consiglio
comunale, Michele Roggio, ha
sottolineato: «Dobbiamo smettere di
essere un partito che agisce in
funzione del singolo». Il capogruppo,
Mino Roggio, ha ringraziato la
segreteria uscente e dato il benvenuto
alla nuova: «Il gruppo consiliare è
a disposizione per far crescere il
partito». La segreteria è così
composta: Paolo Delrio, Michele Meloni,
Silvia Creuso, Massimo Lizzeri,
Giuseppe Serra, Gigi Biosa, Manuela
Murineddu, Tania Santoni, Antonio
Piana e Mario Satta.Alla guida del
circolo di Sennori, invece, approda
Maria Vittoria Cattari. Il
congresso si è svolto sabato scorso
(la segreteria non è stata ancora
nominata) con una fetta del partito
assente.
Alla nuova segretaria
spetta ora il compito di tenere
insieme il rapporto tra le due aree
del partito, gli ex Ds e gli ex
Margherita, che spesso in passato si
sono scontrate aspramente. Un
compito delicato considerando anche che
il Pd a Sennori fa parte della coalizione
di governo del paese.
«Ringrazio il segretario uscente,
Salvatore Conti, per gli otto anni
che ha passato alla guida del
partito - ha detto Maria Vittorio
Cattari -. Mi propongo di guidarlo
nel modo più unitario possibile,
creando occasioni di dialogo e
confronto, nel partito e con tutta la
popolazione». (s.s.)
I
senatori Cinquestelle si bendano gli occhi e occupano i banchi del governo
Insorge
anche la sinistra. E la De Petris va a sedersi sulla poltrona di Grasso
Fiducie
al Senato e caos Mdp, maggioranza addio
di Michele Galvan
VENEZIAIl premier Paolo Gentiloni
apre al confronto con le Regioni
del Nord sull'autonomia, ma invita
Luca Zaia ad evitare gli strappi -
«l'Italia non si discute» - e vuol
capire bene «quali funzioni»
vogliono Lombardia e Veneto, e «a
quali condizioni». In ogni caso,
ammonisce, il Paese «non ha bisogno
di ulteriori lacerazioni sociali,
ma di ricucire le lacerazioni
provocate dalla crisi». Gentiloni parla
durante la visita agli impianti Eni
di Porto Marghera, nel Veneto che
due giorni fa ha ribadito con il
referendum di voler «meno Stato» nel
proprio territorio. «Guardo con
interesse, rispetto e disponibilità -
ha detto il premier - alla
discussione aperta dei referendum sul tema
dell'autonomia. Sono disposto a fare
dei passi in avanti. Ovviamente,
nei limiti fissati dalle nostre
leggi e dalla Costituzione». Il primo
contatto fra le parti, quindi, c'è
stato.
E la risposta dei
governatori è giunta subito: «leggo
in positivo le parole del
presidente Gentiloni - ha detto Zaia
- Non mancheremo di fare la
nostra proposta nell'alveo della
Costituzione, che parla non solo di
competenze e di federalismo fiscale,
ma anche delle modalità della
trattativa». Sulla stessa linea
Roberto Maroni, che oggi ha chiesto
ufficialmente al sottosegretario
agli affari regionali Gianclaudio
Bressa di avviare il negoziato,
sulla base dell'art. 116, insieme con
l'Emilia Romagna, che ha già
approvato la propria proposta il 5
ottobre. I tempi promessi da Bressa
sono rapidissimi: «nell'incontro
di oggi con il presidente Bonaccini
- ha detto il sottosegretario - ho
sottolineato la possibilità di
accogliere tale proposta a condizione
di avviare incontri finalizzati
all'unione dei tavoli non oltre la
fine della prossima settimana».di
Giovanni Innamora
Il
governo
pone la
fiducia sul Rosatellum 2.0 anche in Senato. La decisione
certifica
l'uscita di Mdp dalla maggioranza.
i capigruppo dei
bersaniani sono saliti al Quirinale
per informare Mattarella della
decisione, che arriva dopo settimane
di tensioni e continui distinguo
con il governo Gentiloni.L'addio di
Mdp alla maggioranza non è una
buona notizia per il premier in
vista della discussione della legge di
Bilancio: al Senato i numeri
diventano ancora più risicati. Il governo
ha rotto gli indugi sulla fiducia
dopo che i Cinquestelle e i senatori
di Sinistra italiana avevano
respinto l'appello a rinunciare al voto
segreto su una quarantina di
emendamenti da loro presentati. Immediate
le proteste dello schieramento che
si oppone al Rosatellum. Anche il
presidente del Senato Pietro Grasso
ha ricevuto la sua dose di
critiche, con tanto di «occupazione»
del suo scranno da parte della
capogruppo di Sinistra Italiana
Loredana De Petris. Il governo aveva
fatto conoscere la sua posizione sin
dal primo mattino: «Se rinunciano
a chiedere i voti segreti ci
penseremo seriamente se mettere o meno la
fiducia» aveva detto il
sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento
Luciano Pizzetti. Ma M5s e Si non
hanno fatto retromarcia. Anzi hanno
chiesto lo scrutinio segreto anche sulle
pregiudiziali di
costituzionalità, negato però dal
presidente Grasso in base al
Regolamento.
Una novità, per M5s, che in passato
aveva criticato il
voto segreto. Dopo la bocciatura
delle pregiudiziali, la ministra Anna
Finocchiaro ha immediatamente posto
la fiducia su cinque dei sei
articoli della legge (escluso solo
il 5, che contiene solo la clausola
di invarianza finanziaria). Una
mossa che ha suscitato l'ira di M5s,
Si e Mdp. I primi hanno occupato i
banchi del governo (e si sono messi
una benda sugli occhi in segno di
protesta), e Loredana De Petris si è
seduta sullo scranno di Grasso
appena questi si è alzato per andare
alla Capigruppo. La conferenza dei
capigruppo ha stabilito che le
cinque chiame nominali per i cinque
voti di fiducia si svolgeranno
oggi a partire dalle 14, mentre le
dichiarazioni di voto e il voto
finale ci saranno domani mattina.
Oggi, nella discussione sulla
fiducia, potrebbe intervenire
Giorgio Napolitano, che nei giorni
passati ha espresso riserve sia
sulla legge sia sul ricorso alla
fiducia. Ma la fiducia apre poi una
nuova ferita nel Pd: quattro
senatori (Vannino Chiti, Walter
Tocci, Luigi Manconi e Claudio
Micheloni) hanno preannunciato che
non parteciperanno al voto, in
dissenso, mentre Massimo Mucchetti
si riserva la decisione. Gli altri
gruppi che sostengono il Rosatellum
2.0 (Fi, Ap, Lega, Autonomie,
Ala-Sc, Drezione Italia) hanno
confermato l'appoggio. Fi , ha detto
Paolo Romani, «voterà sì
convintamente» anche se non voterà la
fiducia. Male invece la
manifestazione dei professori del Comitato per
il No all'Italicum: solo poche
decine di persone davanti al Senato.
Agenzia
sarda delle entrate lo Stato non ritira il ricorso
CAGLIARI
L'invito del presidente Pigliaru è
caduto nel vuoto. Palazzo Chigi non
ha ritirato il ricorso sull'articolo
3 della legge sull'Agenzia sarda
delle entrate. Poteva farlo, avrebbe
dimostrato un po' di «sana
disponibilità al dialogo» - era il
segnale lanciato qualche giorno fa
- e invece il governo è andato
avanti a testa bassa. Tanto da
insistere con i suoi avvocati,
nell'aula della Corte costituzionale,
che la Regione non può pretendere
neanche in futuro d'incassare
direttamente imposte e tasse dai
sardi. L'articolo 3 prevede proprio
questo: tutto il gettito fiscale
deve finire prima nelle casse
dell'Agenzia sarda, l'Ase, che poi
allo Stato girerà solo una quota su
dieci dell'imposta sui consumi,
l'Iva, nove spettano alla Sardegna, e
tre su dieci di quella sui redditi
delle persone fisiche, l'Irpef,
mentre le altre sette sono una parte
consistente delle entrate
regionali. Oggi il percorso è
inverso: i sardi pagano, lo Stato
incassa e poi gira le
compartecipazioni alla Sardegna. Fra due mesi si
saprà a chi la Consulta darà
ragione: allo Stato o alla Regione, che
si è opposta al ricorso.
Ma quell'affronto del governo, non
ha fatto
il passo indietro sperato, per
scatenare la protesta del Partito dei
sardi, che da sempre considera
intoccabile dall'inizio alla fine
l'Agenzia sarda delle entrate. Nella
giornata dell'udienza a Roma, il
Pds è sceso in campo con tutti i
suoi effettivi, per difendere «il
diritto dei sardi
all'autodeterminazione anche nei rapporti fiscali e
finanziari con Roma». Prima in
Consiglio regionale, guidato dal
capogruppo Gianfranco Congiu e nel
bel mezzo del dibattito sulla
riforma degli ospedali, ha issato un
cartellone in cui c'era scritto a
caratteri cubitali: «I soldi dei
sardi alla Sardegna»,
Cartellone-lenzuolo subito strappato
via dai commessi dalle mani dei
consiglieri Augusto Cherchi, Roberto
Desini e Piermario Manca. Con in
coda il commento duro di Congiu:
«L'arroganza del governo nei
confronti dei sardi è
inaccettabile».
Poco dopo una ventina di
iscritti hanno inscenato un flash
mob sulle scalinate del Consiglio,
con una catena umana tenuta assieme
dai volantini multicolori su cui
campeggiava lo slogan: «Boga sa
manu», togli la mano, dalla tasche dei
sardi. Infine il Pds ha rincarato la
dose con una riunione
straordinaria del consiglio
nazionale del partito, coordinata dal
presidente Paolo Maninchedda e dal
segretario Franciscu Sedda. È stato
proprio il segretario a rilanciare
la sfida: «La richiesta di Pigliaru
è rimasta inascoltata - sono state
le sue parole - e ancora una volta
lo Stato ha confermato di volerci
trattare come una colonia che non
può disporre neanche dei soldi che
produce». È stato sempre Sedda a
«invitare i sardi alla rivolta, a
finirla con questo gioco del
silenzio che continuiamo ad avere
ogni volta che il governo si
accanisce sui nostri diritti». È da
giugno, ha ricordato il capogruppo
Congiu, che «sollecitiamo tutti i
partiti della coalizione di
centrosinistra a prendere posizione,
ma fino a poche settimane fa
anche il presidente Pigliaru era
sordo alle nostre richieste. Poi
siamo andati alla carica con forza
(è l'ormai storico comunicato con
cui il governatore era accusato di
essere troppo debole col governo) e
la Regione ha chiesto ufficialmente
a Palazzo Chigi di rinunciare
all'udienza. Però non è cambiato
nulla».
Anzi, secondo Sedda «da oggi
in poi i rapporti con lo Stato sono
peggiorati e ci auguriamo che
tutti i sardi si facciano sentire
con decisione, perché ed è giusto
ricordarlo a suo tempo sono state
ben 31mila le firme a sostegno
dell'Agenzia e la stessa Agenzia era
e resta un tema centrale del
programma con cui il centrosinistra
ha vinto le Regionali nel 2014».
Sono questi i motivi che per il Pds
devono spingere la Sardegna a
ribellarsi a chi vuole vorrebbe
frenare lo spirito indipendentista.
«Da adesso in poi - ha concluso
Sedda - al governo italiano non
possiamo concedere più nulla e se
fra due mesi la Corte dovesse dare
torto alla Sardegna, alzeremo ancora
l'asticella della protesta».
Maggioranza
compatta: in forse solo il Campo progressista. Areus, la
nomina
slitta a venerdì
Rete
ospedaliera, oggi il via libera dell'aula
CAGLIARILa riorganizzazione degli
ospedali è cosa fatta. La scelta del
direttore generale dell'Agenzia
emergenze-urgenze non ancora. Con
ordine: il Consiglio regionale s'è
preso ancora un giorno di tempo per
votare la riforma. La giunta, che
pure aveva annunciato in aula la
scelta per ieri, ha deciso di
posticipare la nomina a venerdì. In
corsa per il posto di manager,
stando alle ultime indiscrezioni,
restano ancora nell'ordine Giorgio
Lenzotti e Piero Delogu.L'aula. Non
perché ci fosse ancora qualche
spigolo da smussare, è solo per gli
impegni politici del Partito dei
sardi che è stato deciso il rinvio
del voto a oggi. Tutto comunque è
già deciso, con gli ospedali
incasellati da una settimana nella
nuova griglia.
Resta solo da capire
se la maggioranza di centrosinistra
voterà compatta il testo, o come
pare possano astenersi i due
consiglieri di Campo progressista, Anna
Maria Busia e Francesco Agus,
critici fino all'ultimo. Ma anche se
dovessero mancare quei due voti, la
riforma non dovrebbe avere
problemi nel superare l'ultimo scoglio.
Soprattutto dopo che i cinque
consiglieri del Partito dei sardi
hanno annunciato ufficialmente il
loro sì: «Rispetto alla bozza
iniziale presentata dalla giunta, sono
stati accolti numerosi nostri
emendamenti e siamo riusciti così a
riequilibrare il rapporto fra
ospedali delle città e quelli delle
periferie», ha detto Augusto
Cherchi. È sicuro anche il voto
favorevole dei tre consiglieri di
Mdp, che dalla maggioranza si sono
sfilati solo quando c'era da dare il
via libera all'ingresso del
futuro Mater Olbia nella rete
ospedaliera.
Blocco unico. Nel Pd non
dovrebbero esserci defezioni: i 19
consiglieri, compreso il
governatore Francesco Pigliaru,
voteranno di sicuro compatti a favore
della riforma. L'unico che poteva
essere in forse era Franco Sabatini,
eletto in Ogliastra, ma ormai anche
il caso Lanusei è stato superato,
con il riconoscimento del primo
livello a gran parte dei reparti
dell'ospedale Nostra Signora della
Mercede. Di fatto è rientrata anche
la lunga protesta di Pierfranco
Zanchetta, Upc, che sin dall'inizio
sollecitava la riapertura del punto
nascita di La Maddalena e l'ha
ottenuta dopo l'emendamento in cui è
previsto il rafforzamento
dell'intero percorso nascita
dell'ospedale Merlo.Gli ultimi attacchi.
L'opposizione, che più volte ma senza
successo ha cercato di far
vacillare la maggioranza, avrà oggi
solo la possibilità di attaccare
la giunta nelle ultime dichiarazioni
di voto, ma non certo i numeri
per fermare la riforma. Un primo
assaggio è arrivato da Emilio Usula
dei Rossomori, ex della maggioranza,
che ha rilanciato il caso San
Francesco di Nuoro: «Non è vero - ha
detto - che gli è stato assegnato
il secondo livello. Non è vero
neanche che ci saranno nuovi reparti. È
rimasto tutto com'era prima con
appena qualche etichetta posticcia in
più». Poi dai banchi del
centrodestra a caricare ancora è stato
Edoardo Tocco, Forza Italia,
relatore di minoranza: «Il verdetto
finale su questa legge - ha detto -
è scritto da tempo. Sarà un
fallimento, perché manca ancora
tutto: dall'emergenza-urgenza alla
sanità territoriale, con gli
ospedali forse riorganizzati ma appesi al
nulla».
Ingegnere,
42 anni, succede a Mario Deiana. Domenica l'elezione del
responsabile
provinciale. Tortolì, Carla Manca segretaria cittadina Pd
di Lamberto CuguddawTORTOLÌIn tutta
l'area ogliastrina si sono
conclusi i congressi dei circoli per
l'elezione dei nuovi segretari e
dei delegati per il congresso
provinciale. A Tortolì-Arbatax, centro
più popoloso (ma ha solo 61
iscritti) a poco meno di due anni dalle
dimissioni di Mario Deiana, è stata
eletta alla segreteria Carla
Manca, ingegnere, 42 anni. La neo
segretaria del circolo della
cittadina costiera è anche
coordinatrice della commissione
congressuale Ogliastra. A
Baunei-Santa Maria Navarrese, circolo che
conta il maggior numero di iscritti
fra quelli ogliastrini, con 245
aderenti, segretario è stato eletto
Giorgio Rubiu, colonnello
dell'Esercito. A Lanusei (che conta
poco più di 30 tesserati) è stato
eletto segretario di circolo Bruno
Manias. A Loceri (15 iscritti) è
stato riconfermato segretario Marco
Pistis. a Villagrande-Villanova
Strisaili (47 iscritti) è stato
eletto Roberto Scudu. Ad Arzana (17
iscritti), Francesco Melis. A
Urzulei (20 iscritti) è stato
riconfermato come segretario
Emiliano Piroddi. A Barisardo (57
iscritti) altra segretaria, con
l'elezione di Anna Casu. Anche a
Lotzorai-Girasole (50 iscritti) la
scelta è stata al femminile, con
l'elezione di Orietta Murru.
A Perdasdefogu (soli 6 iscritti)è
stato
riconfermato segretario Bruno
Chillotti. A Tertenia è stato eletto
Luigi Diana. A Jerzu (che ha una
ciqnuantina di iscritti), Piero
Carta. E infine, a Elini-Ilbono (15
iscritti), è stato eletto
segretario Rocco Cerina.
L'appuntamento è ora per domenica 29, quando
verrà eletto ufficialmente
segretario provinciale Ogliastra del
partito democratico l'ex sindaco di
Loceri, medico cardiologo
nell'ospedale di Lanusei, il 54enne
Carlo Balloi. La sua, che è la
candidatura unitaria del partito, è
stata l'unica depositata entro i
termini che erano stati stabiliti.
Per Balloi sarà importante riuscire
a recuperare i tanti delusi che
negli ultimi tempi, vista anche la
politica nazionale, hanno
abbandonato la forza politica che è chiamato
a guidare in Ogliastra.
«La stagione congressuale del
partito - ha più
volte evidenziato la coordinatrice
della commissione congressuale
Ogliastra, Carla Manca - serve a
costruire la struttura organizzativa
con il metodo della elezione
democratica dei suoi rappresentanti. E
soprattutto ad aggiornare una
proposta politica in risposta coerente
alle problematiche della vita
sociale e civile, rendendo protagonista
la politica a livello territoriale,
parliamo di 15 circoli del
territorio territoriali e del
rinnovo degli organismi provinciali».
Unione
Sarda
Strappo
sul traguardo, stop alla rete ospedaliera
Blitz del
Pds che fa saltare la seduta in Consiglio: forse oggi il voto
Soffocare la gioia a pochi metri dal
traguardo non deve essere stata
una bella sensazione. Ma Giunta e
maggioranza lo hanno dovuto fare
quando il Partito dei sardi ha
lasciato l'aula, interrompendo i lavori
del Consiglio regionale, a un passo
dall'approvazione della rete
ospedaliera. La battaglia con il
governo sull'Agenzia sarda delle
entrate è una questione cruciale,
tanto che i consiglieri del Pds
espongono in aula uno striscione con
scritto “i soldi dei sardi alla
Sardegna”. A dare le motivazioni di
questa scelta è il segretario,
Franciscu Sedda: «Il silenzio
attorno a questa vertenza meritava un
segnale forte». Il Consiglio
regionale ci riprova stamattina per dare
il via libera definitivo alla
riforma.
SALTANO I PIANI L'accordo tra i
capigruppo, per chiudere ieri la
pratica, era arrivato la scorsa
settimana. Nessuno poteva immaginare
che la data fosse così vincolante
per il Pds tanto da far saltare il
banco. I primi segnali di rottura ci
sono stati durante una riunione
dei capigruppo all'ora di pranzo. La
richiesta del Partito dei sardi
dev'essere stata un boccone amaro in
maggioranza ma a governare le
scelte sono stati i numeri. I cinque
consiglieri indipendentisti
sarebbero potuti essere determinanti
per la maggioranza, che non ha
voluto rischiare cadute clamorose a
fine corsa. L'annuncio ufficiale è
stato dato in aula dal capogruppo,
Gianfranco Congiu: «Il governo non
ha ritirato il ricorso come era
stato chiesto dalla Regione - dice -
tale atteggiamento va respinto in
maniera dura». Il segnale è arrivato
dritto e deciso a una maggioranza
che «non si deve dimenticare quanto
per noi sia importante questa
legge».
L'unico tentativo lo ha fatto il
presidente Pigliaru, con la richiesta
formale di non impugnare
l'articolo 3 della riforma, anche se
Congiu ha definito questa mossa
«il minimo sindacale». Il Partito
dei sardi ha convocato gli stati
generali in tarda serata, per
decidere quali saranno le prossime mosse
sulla vertenza e nei rapporti con le
forze politiche. «Volevamo
lasciare un segno in questa
giornata», dice il capogruppo, «adesso ci
aspettiamo una risposta».
LE TENSIONI In maggioranza si cerca
di gettare acqua sul fuoco. Lo fa
per primo l'assessore alla Sanità,
Luigi Arru: «Rispetto pienamente le
prerogative del Consiglio regionale.
Dunque nessun problema purché si
arrivi al traguardo. Ormai manca
davvero poco». Pietro Cocco,
capogruppo del Pd, si mantiene
pressappoco sulla stessa linea, anche
se è normale avere il rammarico di
non aver chiuso la riforma.
«Comprendo perfettamente le ragioni
politiche del Partito dei sardi»,
sottolinea Cocco, «si sarebbe potuto
evitare di farlo prima di
approvare la riforma, anche se la
data del 24 per il Pds è
fondamentale». Chi invece intravede
nella scelta del Partito dei sardi
una conferma della crisi nel
centrosinsitra è il capogruppo di Forza
Italia, Pietro Pittalis. «La mossa
del Partito dei sardi è la prova
che il centrosinistra è soltanto un
cartello elettorale senza collante
e in cui i nodi stanno pian piano
venendo al pettine».
LA RETE Stamattina alle 10.30
riprenderanno i lavori dell'aula per
concludere definitivamente la
riforma. Ieri pomeriggio la parte di
dibattito è stata un botta e
risposta tra detrattori e difensori della
rete ospedaliera. Il vicepresidente
della commissione Sanità, Edoardo
Tocco, parla di riforma «fatta in
fretta che presenta numerose
carenze. Sarebbe stato meglio un
maggiore confronto, invece di perdere
un anno e mezzo senza accogliere le
richieste dei territori».
L'esponente del Rossomori, Emilio
Usula, attacca: «La riforma farà
discutere per la sua
contraddittorietà, per la confusione e per le
menzogne spudorate».
Il vice capogruppo del Pd, Roberto
Deriu, si
sofferma sul futuro della sanità in
Sardegna, convinto che «il
processo non si conclude con questo
atto, ma saranno territori e
aziende sanitarie a definire gli
equilibri del futuro. Non è giusto
essere pessimisti come fanno
alcuni». Se non ci saranno ulteriori
scossoni, la riforma oggi andrà in
porto, anche con il voto del
Partito dei sardi. La nuova
geografia della cure prevede un sistema di
rete tra poli ad alta
specializzazione e strutture dei territori.
Matteo Sau
Franciscu
Sedda: «È un punto decisivo, il centrosinistra sia unito
contro il
governo». La vera frattura è sull'Agenzia sarda delle entrate
La Corte costituzionale si
pronuncerà tra più di un mese, ma sul caso
dell'Agenzia sarda delle entrate il
Partito dei sardi alza già il
tiro. Sul piatto c'è il ricorso
presentato dal Governo in merito alla
legge regionale che istituisce
l'Ase, in particolare sulla possibilità
di accertamento e riscossione dei
tributi devoluti, compartecipati e
regionali derivati, da parte della
Regione.
Nei giorni scorsi, anche su
sollecito del Pds, il presidente Pigliaru
aveva chiesto al Governo di ritirare
il ricorso. Ma da Roma non è
arrivato alcun segnale, tanto che
ieri l'avvocatura dello Stato e i
legali della Regione si sono
ritrovati nel Palazzo della Consulta per
presentare le rispettive tesi. E
sempre ieri il partito presieduto da
Paolo Maninchedda ha deciso di
alzare l'asticella, prima esponendo uno
striscione nell'Aula del Consiglio
regionale (dove si discuteva di
rete ospedaliera), poi con un flash
mob fuori dal palazzo dove sono
stati distribuiti alcuni volantini
con lo slogan “Boga sa manu”
all'indirizzo dello Stato, infine in
occasione della direzione
nazionale del partito che si è
tenuta in serata.
«Sollecitiamo una forte presa di
posizione da parte di tutto il
centrosinistra e di tutti i sardi in
difesa di un punto decisivo per
il futuro della Sardegna e
dell'autodeterminazione che i sardi
vogliono perseguire», ha detto il
segretario Franciscu Sedda, «non
capiamo a chi convenga questo
silenzio e forse qualcuno ha paura che
c'è una forza che cresce e lo fa a
carte scoperte: noi giochiamo al
rialzo. Fino ad oggi lo abbiamo
fatto in stile garbato, forse occorre
iniziare a premere
sull'acceleratore».
«Da giugno stiamo richiamando
attenzione su questo tema», ha spiegato
il capogruppo in Consiglio
regionale, Gianfranco Congiu, «il Governo
ha dato prova di un atteggiamento
dispotico, soprattutto all'indomani
del referendum per aprire trattativa
su temi già scanditi dalla Carta
costituzionale. Ci aspettiamo che
già da domani riprenda il confronto
sull'Agenzia sarda delle entrate».
(ro. mu.)
Fois
(Riformatori): l'inserimento nella Costituzione potrebbe
portarci
2 miliardi all'anno
«Rifare
lo Statuto? Troppo tardi Ora l'unica speranza è l'insularità»
Quelli che volevano l'Assemblea
costituente per cambiare lo Statuto
sardo hanno smesso di crederci:
«Rifare lo Statuto era utile vent'anni
fa, ormai non serve più», dice
Pietrino Fois, coordinatore dei
Riformatori, dopo che alcuni partiti
(anche alla luce dei referendum
sull'autonomia lombardo-veneta)
hanno riproposto la revisione
statutaria. «Noi fummo i primi ad
accorgerci che lo Statuto
postbellico, dopo 50 anni, aveva
necessità di un aggiornamento. Ma
oggi la partita si gioca in Europa».
L'Unione europea esisteva anche 20
anni fa.
«Ma ancora non incideva così tanto sui
destini dei singoli Paesi. Non
c'era l'euro, i governi non erano
strangolati come oggi dai parametri
del debito pubblico e dal rapporto
deficit/Pil».
Ma scusi, proprio i Riformatori che
rinunciano a riformare le
istituzioni autonomistiche...
«È inutile che ci dicano di fare
adesso ciò che allora ritenevano
impossibile. Ora l'unica battaglia
sensata è per il principio di
insularità nella Costituzione».
Quali vantaggi ne avremmo?
«Se la Costituzione riconosce la
necessità di riequilibrare gli
svantaggi geografici, si dovrà
calcolare il costo pro capite
dell'insularità. Si otterrà una
cifra annuale che, protetta dalla
Costituzione, nessuno ci toccherà
più».
Quale cifra, ragionevolmente?
«Secondo i nostri calcoli, da 1,5 a
2 miliardi all'anno. Ti cambia il
bilancio regionale, sarebbe il
nostro ponte sullo Stretto».
Per cambiare la Costituzione serve
un voto del Parlamento. Pensa che
ci verrebbe accordato un
riconoscimento così forte?
«So che servirà una battaglia dura.
Ma è questo che deve fare la
politica. Non è che lo Statuto ci
sia stato regalato: ci vollero anni
di lotta nella Costituente».
Si aspettava che così tanti partiti
firmassero la vostra richiesta di
referendum sull'insularità?
«Sinceramente no. Credo però che lo
facciano perché vedono un appiglio
concreto. E forse le vicende
recenti, dalla Catalogna ai referendum in
Lombardia e Veneto, ci hanno aiutato
a far passare il messaggio».
Secondo lei, i referendum del nord
ci devono preoccupare?
«No, anche se non trovo sensata la
richiesta di Zaia di uno Statuto
speciale veneto. E a quelle regioni
che vorrebbero trattenere più
soldi, perché danno allo Stato più
di quanto ricevono, ricorderei che
sono avvantaggiati dalla condizione
geografica. Avrebbero avuto la
stessa economia florida stando in
un'isola in mezzo al Mediterraneo?»
Le vicende catalane invece stanno
ispirando nuovi sentimenti
indipendentisti nell'Isola. Voi come
li valutate?
«Nel nostro vocabolario non esiste
la parola secessione. Siamo
fortemente legati all'Italia, negli
ultimi anni la Sardegna ha fatto
sforzi enormi legati
all'appartenenza all'Italia: dal patto di
stabilità al pareggio di bilancio, e
ora gli accantonamenti. Mi sembra
assurdo andarcene dopo aver fatto
tutti quegli sforzi».
Il Nobel per l'economia Thaler li
chiamerebbe costi irrecuperabili: se
andarcene ci facesse stare meglio
perché non farlo, a prescindere da
quanto abbiamo pagato in questi
anni?
«Intanto, non staremmo meglio. Le
nostre condizioni economiche oggi
non ci darebbero gettiti fiscali
sufficienti a sostenere i costi dei
servizi. E poi, restare con l'Italia
serve a riscuotere i crediti che
abbiamo maturato».
Non è una prospettiva
assistenzialistica?
«No, si tratta di rivendicare ciò
che è giusto. È vero che finora
abbiamo ottenuto poco: ma non è che,
se una gamba mi funziona male, mi
taglio anche l'altra».
Giuseppe Meloni
Carbonia
Il Pd
rinnova i dirigenti e fa largo agli under 35
Il Partito democratico ha scelto i
nuovi dirigenti locali. Al termine
dei congressi di Carbonia,
Cortoghiana e Bacu Abis sono stati eletti
infatti i nuovi segretari dei
circoli e il nuovo segretario
dell'Unione cittadina. Alla guida di
quest'ultima è stato designato
Fabio Desogus, ex assessore a Sport
e Spettacoli del Comune di
Carbonia. È invece Alberto Straullu,
ex consigliere Comunale dal 2006
al 2011, il neo segretario del
circolo di Carbonia.
Cinzia Firinu
dirigerà la segreteria del circolo
di Cortoghiana e Alessio Tidu
quella della frazione di Bacu Abis.
«Le elezioni - spiega Desogus -
sono avvenute al termine di
dibattiti accesi, frutto della volontà dei
partecipanti di rinnovare gli
organismi dirigenti locali». Con un'età
media dei segretari inferiore ai 35
anni, il Pd di Carbonia «dimostra
l'intenzione di ripartire da un
gruppo giovane - conclude Desogus - ma
con esperienza». A breve,
l'assemblea cittadina. ( a.s. )
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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