Unione
Sarda
Servitù,
sì ai controlli nei poligoni
E a giorni
l'accordo con la Difesa
Il Senato
approva il “registro dei proiettili”.
A dicembre l'intesa sulle
prime dismissioni
E all'improvviso il muro della
Difesa non è più così incrollabile. Nel giorno in cui il Senato approva una
norma che dispone controlli rigorosi e bonifiche tempestive nei poligoni, il
governatore Francesco Pigliaru conferma alla sua maggioranza che il primo
accordo col ministero della Difesa sulle servitù militari è ormai pronto. Non prevede
molte dismissioni, ma è il primo passo verso il «riequilibrio» rivendicato dalla Regione.
LE SPIAGGE I dettagli dell'intesa
non sono stati divulgati, Pigliaru ne parlerà a breve in Consiglio regionale
per ottenere il via libera alla firma. Ma qualcosa è trapelato dopo che ieri il
presidente ha informato i capigruppo del centrosinistra. Dovrebbe allungarsi di
due mesi il periodo di blocco delle esercitazioni, ed è previsto che i poligoni
ospitino attività di ricerca sulle alte tecnologie (dai droni in poi). Per il
resto, i militari dovrebbero liberare per ora solo piccole aree: alcune spiagge
vicine ai poligoni, ossia Porto Tramatzu a Teulada e S'ena e s'arca a Capo
Frasca, dove sarà anche consentito l'accesso da terra al porticciolo.
Passa alla Regione la caserma
Ederle, a Cagliari. Tra le novità anche il rilancio della scuola sottufficiali
della Maddalena e la valorizzazione della caserma di Pratosardo. «Possiamo
siglare un buon accordo, con alcuni rilasci dal forte valore simbolico», ha
detto Pigliaru: «Il segnale netto che aspettavamo dal 2014, quando rifiutai di
firmare un'altra intesa, chiedendo che si riconoscesse l'eccessivo gravame
delle servitù militari sulla Sardegna». Ma per il senatore M5S Roberto Cotti è
un «accordo al ribasso».
LA NOVITÀ Intanto nella commissione
Bilancio del Senato, nella notte tra martedì e mercoledì, ha avuto
successo la manovra a tenaglia di Silvio Lai (Pd) e Luciano Uras (Cp) per far approvare
un emendamento al bilancio che segna un'inedita apertura ai controlli “esterni”
nei poligoni militari. In ciascuno di questi (non solo sardi, ovviamente) si
terrà un «registro delle attività a fuoco», annotando il tipo di armi e munizioni
utilizzato e i luoghi di partenza e arrivo dei proiettili.
Il recupero di questi ultimi dovrà
iniziare entro 30 giorni (e finire entro 180) dalla fine delle esercitazioni.
Soprattutto, la Difesa si apre ai controlli esterni: il documento in cui ogni
poligono riassumerà tutte le attività, con gli elementi rilevanti sotto il profilo
ambientale, sarà trasmesso alle Regioni e alle Agenzie per l'ambiente. La
vigilanza sul rispetto delle norme in materia di rifiuti sarà affidata
all'Ispra.
«Una battaglia decennale prende
finalmente corpo e consentirà di aprire una nuova stagione di rapporti virtuosi
e di collaborazione tra autorità militari ed istituzioni civili», commentano
Lai e Uras. I due sottolineano che la norma è «figlia del lavoro della
commissione sull'uranio impoverito» guidata dal deputato del Pd Gian Piero
Scanu, che infatti - ringraziando i senatori sardi e la ministra della Difesa,
Roberta Pinotti - parla di «un risultato di straordinaria importanza: sarà
garantita la trasparenza di tutte le attività addestrative, la tutela della
salute dei militari e delle popolazioni residenti vicino ai poligoni, l'obbligo
di bonificare l'ambiente entro termini certi».
Giuseppe Meloni
La
Nuova
Attività,
proiettili e operazioni dovranno essere comunicati a un Osservatorio
Stop a
"poligono selvaggio" nuove regole per i militari
di Luca Rojch wSASSARILa Sardegna
non sarà più terra di conquista per
gli eserciti. Stop ai giochi di
guerra incontrollati dentro i
poligoni. Una legge mette fine
all'uso di aree pregiate di territorio
come discariche o aree di test per
armi sconosciute. Da oggi l'isola
delle servitù militari sarà meno
serva. La rivoluzione arriva con un
emendamento alla Finanziaria
presentato al Senato, che dà risorse e
vita alla legge presentata dal
deputato Gian Piero Scanu che guida la
Commissione parlamentare
sull'Uranio. Cambiano i rapporti di
forza.Stop alle nebbie. Fino a oggi
la Regione e i Comuni in cui
sorgevano i poligoni facevano da
spettatori. Da oggi avranno un ruolo
attivo di controllo su tutto quello
che accade. Le esercitazioni
militari nei poligoni dovranno
essere registrate e saranno conservate
per dieci anni. Questo per garantire
controlli preventivi e
successivi. Si dovranno indicare
l'arma o il sistema d'arma
utilizzato. Il tipo di munizioni.
La data dello sparo e luoghi di
partenza e di arrivo dei proiettili.
Parte il monitoraggio. I
comandanti dei poligoni dovranno
monitorare anche il rispetto di tutte
le norme ambientali nelle aree dei
poligoni e intorno. Un obbligo
fondamentale anche per le bonifiche
di queste zone di esercitazione. E
ogni sei mesi dovranno indicare
quali saranno le operazioni e dove
avverranno. Tutto per motivi di
salute e ambientali. Entro 30 giorni
dal termine del periodo delle
esercitazioni il direttore del poligono
deve recuperare i residuati. E dovrà
farlo entro sei mesi. I
comandanti dovranno anche fare una
relazione ogni sei mesi e inviarla
alla Regione, all'Arpa e al Comune
in cui sorge il poligono.
Osservatorio. Sarà creato un
osservatorio regionale a cui ogni mese i
comandanti dei poligoni dovranno
inviare le loro relazioni. Sulla
questione osservatori si innesta
anche il lavoro fatto dalla Regione.
Negli accordi che saranno
sottoscritti da Pigliaru con il ministero è
prevista proprio la creazione di un
osservatorio regionale ambientale.
Un osservatorio tutto suo lo avrà il
deposito di Guardia del Moro,
nell'isola di Santo Stefano.
Indennizzi. È stabilito anche che gli
indennizzi ai Comuni in cui ricade
la servitù dovranno essere pagati
ogni anno.Il padre della legge. Gian
Piero Scanu in questi anni ha
lavorato per portare a casa la
riforma che cambia i rapporti di forza
tra militari e popolazione.
«L'introduzione del registro dei colpi e
della relazione semestrale dà alle
comunità locali la possibilità di
sapere quali esercitazioni si
svolgono, quando, e quali munizioni
vengono sparate - spiega Scanu -.
Per la prima volta viene fissato un
termine per la rimozione dei
residui.
Diventa obbligatoria la bonifica
dei poligoni. Viene anche definito
un limite temporale per le
esercitazioni nei poligoni. Da ora
sarà garantita la trasparenza di
tutte le attività e la tutela della
salute dei militari e delle
popolazioni».L'aiuto dei senatori.
La legge è passata grazie a un
emendamento presentato dai senatori
sardi. Primo firmatario
dell'emendamento Silvio Lai, Pd,
sottoscritto anche da Luciano Uras,
Cp, e Giuseppe Luigi Cucca, Pd. La
soddisfazione di Pigliaru. Anche il
governatore non nasconde la propria
soddifaszione. «La norma sulla
tutela della salute e dell'ambiente
nei poligoni è un atto importante,
che garantisce un alto livello di
trasparenza sulle attività
addestrative. Con Gian Piero Scanu
da principio lavoriamo sulla stessa
linea e verso un obiettivo
condiviso. L'approvazione di queste norme
si sposa con le nostre richieste di
riequilibrio delle servitù
militari, portate al tavolo della
Conferenza nazionale già nel 2014 e
sulle quali trattiamo senza sosta
con il Governo».
La
Regione vicina all'intesa con i militari
Pigliaru:
accordo sulle esercitazioni Spiagge e caserme restituite ai sardi
CAGLIARI
Dal no della Cecchignola, caserma
romana in cui allora altre Regioni -
Puglia e Friuli ma non la Sardegna -
firmarono l'accordo col ministero
della Difesa, sono trascorsi tre
anni. Tre anni di trattative più o
meno segrete, perché quando c'è di
mezzo l'Esercito la segretezza è
tutto, ma alla fine anche la
Sardegna dovrebbe aver ottenuto quello
che voleva: delle servitù militari
più leggere e soprattutto meno
invasive. Con testardaggine, la
Regione che ha il maggior numero di
ettari recintati dai militari,
35mila, più altri 20mila chilometri
quadrati vietati quando l'Esercito
spara, sta per ottenere indietro un
bel po' di spiagge e
porti.Finalmente.
L'accordo tutto nuovo è pronto,
il governatore Francesco Pigliaru ha
in mano la bozza ed «è stata una
faticaccia ottenerla», fanno sapere
dalla presidenza, però «abbiamo
resistito fino strappare gran parte
di quanto avevamo chiesto». Ma
prima di firmare la bozza ci sono
ancora un bel po' d'incontri e
passaggi politici, alcuni fatti e
altri da fare. La bozza è stata
presentata ai sindaci dei dieci
Comuni più "militarizzati", Teulada
Arbus, Decimomannu, Villaputzu,
Sant'Anna Arresi, Perdasdefogu,
Villagrande Strisaili, Ulassai,
Villasor e La Maddalena. Poi ai
componenti civili del Comitato
misto, il Comipa, dove ogni anno
decidono il calendario delle
esercitazioni, e infine l'altro giorno,
in un vertice, alla maggioranza di
centrosinistra.
Manca solo il Consiglio regionale:
sarà fra qualche giorno, forse a metà di
dicembre. Se dall'Aula arriverà il
via libera, l'accordo sarà firmato
all'inizio del 2018.Restituzioni
definitive. La Sardegna ritornerà a
essere padrona della spiaggia di
porto Tramatzu, a ridosso del
poligono di Teulada, compreso lo
stabilimento balneare dei militari: è
da trent'anni che quel Comune ci
provava a smilitarizzarla. Poi di
quelle intorno a Capo Frasca, Arbus,
e sono: S'Ena e S'Arca, più uno
scoglio vicino e il porto finora
vietato ai pescatori, ed è anche
questa un'altra impresa. Basta
pensare che solo da pochi mesi quella
marineria è stata inserita
nell'elenco di chi dev'essere risarcito
dalla Difesa. E ancora la caserma
Ederle di Calamosca, a Cagliari,
vecchia sede del distretto in cui
tutti i diciottenni hanno sostenuto
la visita, quella dell'abile oppure
no, quando la leva era
obbligatoria. Fatta la somma, gli
ettari liberati dalle servitù non
dovrebbero essere molti, però sono
luoghi simbolici, e su cui fino a
pochi mesi i militari non volevano
discutere.
Sono stati costretti a
farlo, e d'ora in poi tutti i beni
che dismetteranno, dovranno per
forza passare alla
Regione.Restituzioni a tempo. Quando non ci saranno
le esercitazioni a fuoco, verranno
aperte le spiagge delle Sabbie
bianche, a Teulada, tutta l'estate e
durante le vacanze pasquali, di
Murtas, a Capo San Lorenzo, nel
comune di Villaputzu, e in più la zona
archeologica dentro Capo Frasca,
Arbus, dovrà essere preservata dalle
esercitazioni: sulla storia non sarà
più possibile sparare.La
Maddalena. Qui l'impegno è della
Marina: rilancerà la scuola per
sottufficiali, è ospitata nella
caserma Bastianini, che ritornerà a
essere strategica. Oggi ospita
appena un centinaio di allievi,
ritornerà a fasti del passato con
oltre mille e poi diventerà anche un
polo dell'eccellenza per sviluppare
l'economia del mare.
Riconversione. Oltre ai carriarmati,
ai corpi speciali d'assalto e
alle navi che cannoneggiano sulla
costa, c'è dell'altro: l'alta
tecnologia. Sempre più spesso buona
parte del Poligono di Perdasdefogu
e dell'aeroporto di Decimomannu
dovranno essere utilizzati per
migliorare la
"cyber-difesa", dove non servono certo le bombe ma i
mouse, testare i progetti destinati
a rinforzare la protezione civile
e il volo dei droni in prospettiva
aerospaziale.
I commenti. All'uscita
del vertice di maggioranza, il
presidente Pigliaru ha detto: «È stato
fatto un gran lavoro. Anche sugli indennizzi
ai Comuni, abbiamo
ottenuto la certezza che siano
congrui e pagati sempre entro l'anno».
Per poi aggiungere: «Ora sarà
decisivo il confronto col Consiglio
regionale. Se arriverà, come spero,
un parere positivo, siamo pronti a
firmare l'accordo». Di «ottimo
lavoro», ha parlato anche Pietro Cocco,
capogruppo del Pd: «Siamo a una
svolta - le sue parole - dopo tanti
anni d'attesa». Per Pierfranco
Zanchetta, capogruppo dell'Upc, «siamo
vicini al passo decisivo e la
Regione è riuscita a superare le
storiche resistenze dei militari.
Conviene firmare subito, pretendendo
il più possibile prima che il
governo Gentiloni vada a casa». (ua)
I
giudici: l'isola può avere la sua agenzia delle entrate
politica regionale
CAGLIARIL'Agenzia sarda delle
entrate è salva, legittima e
costituzionale. Anzi, il Consiglio
regionale ha fatto «molto bene a
istituirla, per controllare i
trasferimenti dello Stato... e se lo
avesse deciso prima, non ci sarebbe
stata neanche la Vertenza
entrate». Scritto e sottoscritto dai
giudici della Corte
costituzionale, che hanno respinto
il ricorso del governo contro la
legge approvata nel 2016. A
festeggiare la vittoria è tutto il
centrosinistra, con in testa
Pigliaru, ma soprattutto lo è il Partito
dei sardi, che dell'Agenzia aveva
fatto un suo cavallo di battaglia
fino a rischiare la crisi politica.
E il primo commento del Pds è
stato di questo tenore: «Avevamo
ragione noi, bisognava avere
coraggio».La sentenza. Come tutte le
decisioni della Corte che
riguardano il conflitto fra lo Stato
e la Regione, vanno lette con
molta attenzione. Non c'è niente da
interpretare, c'è invece molto da
capire. Prima di tutto: la Regione -
è scritto nella sentenza - con
l'Agenzia potrà controllare e
verificare se i trasferimenti dello
Stato - dall'Iva all'Irpef - sono
giusti soprattutto nella quantità.
«Sarà proprio l'Agenzia lo strumento
con cui lo Stato dovrà
interfacciarsi in un rapporto di
collaborazione», è scritto nella
sentenza. Poi c'è l'aspetto della
riscossione diretta delle tasse da
parte della stessa Agenzia e su cui
i giudici spiegano che «allo stato
attuale c'è un problema tecnico».
Molto tecnico, per la verità, e che
può essere riassunto così: le tasse
pagate dei sardi non potranno
passare direttamente nelle casse
dell'Ase (acronimo di Agenzia sarde
entrate) ma depositate comunque
nella Tesoreria unica dello Stato, è
presso la Banca d'Italia «altrimenti
uscirebbero dal circuito della
finanza nazionale e questo non è
possibile per la Costituzione». Per
questo aspetto tecnico, la legge
dovrà ritornare in Consiglio
regionale, per essere corretta. Lo
sarà con il cambio di alcune
coordinate bancarie, e permettere
così all'Agenzia di operare da
gennaio come braccio operativo della
Regione. Anche se prima - è
scritto in un altro passaggio della
sentenza - «dovrà essere stilata
un'intesa con lo Stato su quali
dovranno essere le procedure e
ottenere quindi il passaggio anche
di altre due competenze,
l'accertamento e la riscossione».
A questo punto il modello non
dovrebbe discostarsi molto da quello
con cui la Valle d'Aosta e le
Province autonome Trento e Bolzano
hanno regolato di recente i loro
rapporti finanziari con lo Stato.
L'accordo, in parole spicce,
dovrebbe essere questo: le tasse
pagate dai sardi e l'Iva incassata in
Sardegna finiranno nella Tesoreria
unica, ma saranno accreditatati
immediatamente sul conto corrente
non fruttifero (non matura
interessi) della Regione e non più
intestato all'Ase, come lasciava
intendere la legge. Quel passaggio
per ora dovrà continuare a esserci,
ma potrebbe cambiare in futuro con
l'auspicato accordo
sull'accertamento e la
riscossione.Passaggio significativo.
C'è un punto della sentenza che pesa
più di altri, questo: l'Agenzia sarda
delle entrate permetterà «alla
Regione di giovarsi della precisa e
preventiva conoscenza delle risorse
finanziarie che le spettano, in
base allo Statuto, e disponibili», e
quindi - proprio grazie alla
verifica e al controllo - non sarà
più in balia delle decisioni dello
Stato sull'ammontare dei trasferimenti.
La lettura è molto chiara se
l'Ase ci fosse stata tempo fa forse
non ci sarebbe stata neanche la
storica Vertenza entrate, chiusa
alla fine del 2015. Perché la
Regione, grazie al controllo, l'Ase,
avrebbe potuto «accertare in
anticipo» se lo Stato le trasferiva
il dovuto, o tratteneva (come
faceva) più di una quota per sé.
Ad averlo saputo prima. Aria di
festa. La vittoria sullo Stato -
anche se secondo alcuni solo parziale
per via della riscossione da
definire - è stata salutata con
entusiasmo dal Partito dei sardi.
«Ora più che mai la Sardegna deve
prendere coraggio, far funzionare
l'Ase, completare l'inversione dei
flussi senza più il passaggio a
Roma, accelerare il trasferimento
delle funzioni e guardare con
ambizione e creatività a una propria
politica fiscale», ha scritto il
segretario Franciscu Sedda. Il
capogruppo Gianfranco Congiu ha
aggiunto: «Poter esercitare finalmente
un controllo è un grande successo».
Soddisfatto il gruppo Mdp, «d'ora
in poi avremo un rapporto
finanziario paritario e non subalterno con
lo Stato» e, seppure con qualche
distinguo Anna Maria Busia di Cp: «Se
non ci fossimo infilati nel
labirinto della riscossione, la vittoria
sarebbe stata completa». Infine, il
presidente Pigliaru: «Eravamo
certi delle nostre ragioni, tanto da
aver chiesto con forza al governo
di ritirare il ricorso. Siamo
arrivati invece alla sentenza e ora, con
grande soddisfazione, abbiamo la
prova provata che avevamo ragione».
(ua)
L'Oristanese
rischia di non avere rappresentanti alla Camera e al Senato
La nuova
suddivisione prevede lo smembramento del territorio in due ambiti
Fuori dal
Parlamento coi nuovi collegi elettorali
di Enrico Carta
ORISTANO
È come un'erosione lenta, ma
inesorabile. Col tempo lavora e alla fine
non rimane più terreno al quale
aggrapparsi. Così Oristano e il
territorio rischiano, per la prima
volta da quando esiste la
Repubblica e la Sardegna ne fa
parte, di rimanere esclusa dal
Parlamento. Potrebbe cioè avere un
numero di rappresentanti pari a
zero. Il meccanismo della nuova
legge elettorale c'entra, ma non è il
solo vero responsabile di un vuoto
che spoglierà ulteriormente il
territorio, facendo venir meno il
punto di riferimento diretto con il
luogo massimo delle decisioni
democratiche.
Il tutto sta avvenendo nel
silenzio generale, perché in questi
mesi non una voce contraria si è
levata decisa contro la suddivisione
dei collegi che rischia
seriamente di tagliare fuori
Oristano. Certamente dal Senato, quasi
certamente dalla Camera dei
Deputati. Eppure a pochi o nessuno piace
questa situazione. Non piace a chi
ora è in Parlamento, non piace a
chi c'è stato, non piace a chi da
tempo occupa posti che contano nel
panorama della politica oristanese.
Così la deputata del Pd Caterina
Pes riporta indietro l'orologio:
«Non è un problema di questa
legislatura, ma ha un'origine
vecchia di almeno dieci anni e infatti
in questo momento delicato per il
nostro territorio mi trovo a dover
fare da sola la battaglia in
Parlamento.
Spero che in commissione si
possa rivedere la composizione dei
collegi, perché non mi sembra
giusto che Oristano scompaia al
Senato o venga frazionata alla
Camera».I palazzi romani li ha
frequentati, ad esempio, l'ex
presidente della Provincia ed ex
deputato di An, Massimiliano De
Seneen che così legge la situazione:
«È necessario un mea culpa. Da
tempo il territorio non è
rappresentato degnamente in Regione e in
Parlamento. Purtroppo l'aspetto
demografico incide e per questo è
anche difficile trovare una ricetta.
Mi chiedo come invertire la rotta
senza rappresentanza. È un circolo
vizioso».Sull'altro campo, quello
del centrosinistra, ha invece
trascorsi romani l'ex deputato Ds,
Raffaele Manca: «Un tempo il
Parlamento era aperto al territorio
attraverso il lavoro dei partiti
tradizionali che quel territorio
rappresentavano.
Ora abbiamo una classe politica molto elitaria
che
nega addirittura che il radicamento
territoriale sia un valore e così
si è arrivati alla rarefazione delle
rappresentanze. Eppure la
politica ha un valore tanto più alto
quanto più estesa è la
rappresentanza».Un altro
"grande vecchio" della politica oristanese
come l'ex presidente della
Provincia, Pasquale Onida parla di
situazione drammatica: «C'è una
quiescenza della comunità che non fa
pressione sulle forze politiche
affinché rivendichino i diritti del
territorio. Comunque la colpa
maggiore va attribuita alla classe
dirigente. Ai tempi nostri c'era
vigore e le scelte negative non
venivano accettate».
Ex assessore regionale ed ex
presidente della
Provincia lo è stato anche
Gianvalerio Sanna che è assai critico verso
chi c'è oggi: «Si può perdere di
peso politico anche avendo delle
rappresentanze in Parlamento. Siamo
di fronte a partiti che non hanno
più collegamento con l'elettorato,
ma sono solo apparati che
inevitabilmente perdono la naturale
propensione a difendere i
territori. L'ambizione singola in
casi del genere non è sufficiente,
ciò che serve è invece la rottura
delle separazioni che distinguono le
forze politiche. La risalita? C'è
bisogno di cultura e spessore e un
azzeramento potrebbe non essere il
male assoluto, ma un punto da cui
ripartire».Eppure c'è chi nutre
ancora speranza che non tutto sia
perduto. Il consigliere regionale
del Pd Antonio Solinas è tra questi:
«I collegi ci penalizzano, ma se il
nostro partito e l'intero
centrosinistra faranno un discorso
valido, avremo la possibilità di
recuperare i territori esclusi con
una rappresentanza nel listino e
quindi un'elezione.
Certo che 160mila residenti
meritavano un collegio
elettorale unico, ma Roma fa
orecchie da mercante». E tra i
possibilisti c'è un altro
consigliere regionale, è Attilio Dedoni dei
Riformatori Sardi: «Se al momento
del voto il territorio va compatto
su una figura che possa
rappresentarlo validamente, possiamo ovviare a
questo ostacolo dei collegi. Non
bisogna farsi trascinare da interessi
esterni alla nostra provincia,
bisogna tenere a bada i tagliatori di
teste e cancellare il convincimento
che bisogna bloccare chi ha voglia
di crescere e di farlo per il
territorio».
-----------------
Federico
Marini
skype:
federico1970ca