L'ex
premier: avanti Gentiloni se non c'è maggioranza. Poi ritratta
Berlusconi:
è crisi con Salvini. Elezioni, si va verso il 4 marzo
Nella strada verso le politiche del
2018, ipotizzate con sempre maggiore insistenza per il 4 marzo, Silvio Berlusconi
innesca un'altra miccia. «Nel caso in cui non ci fosse una maggioranza in grado
di governare dopo il voto la soluzione più corretta sarebbe quella di continuare
con Gentiloni per consentire un'altra campagna elettorale non brevissima, di almeno tre mesi,
che possa permettere ai partiti di far conoscere agli elettori i loro
programmi», sostiene l'ex Cav alla presentazione dell'ultimo libro di Bruno
Vespa. Più tardi si corregge sostenendo di essere stato frainteso ma
l'incidente mina ulteriormente i rapporti già tesi con la Lega.
L'IRA DEL CARROCCIO «Noi non
vogliamo tradire gli elettori basta saperlo prima» tuona Giancarlo Giorgetti braccio
destro di Salvini. Noi mai con Gentiloni». La tensione è altissima, le sfuriate
del leghista sono giudicate da Berlusconi «insopportabili» anche perché la
linea, sempre secondo l'ex Cav, deve essere quella di difendere la coalizione
senza esporla a inutili polemiche. «Il centrodestra sta raggiungendo delle
percentuali altissime, capaci di sfiorare se non di superare la soglia del 40
per cento», e i «panni sporchi si devono lavare in casa. In serata, poi,
Berlusconi puntualizza: «È quanto prevede la Costituzione, non è un'indicazione
politica, né tanto meno un auspicio».
LO SCONTRO SULLA LEGGE Ma non è
l'unico punto di crisi con Salvini. Poco prima del suo ingresso al tempio di
Adriano a Roma, il leader del Carroccio aveva scatenato la sua irruenza:
«Sospendiamo qualsiasi tavolo e incontro con Silvio Berlusconi finché non
avremo spiegazioni ufficiali sul voto contrario di Fi all'iter veloce per la
legge Molteni che cancella lo sconto di pena per i reati gravissimi». L'ex Cav
derubrica la questione a «sono solo capricci» e aggiunge: «Non dovete
sopravvalutare i capricci di Salvini, quando ci si siede al tavolo è ragionevole e sa cambiare
idea».
CRISI DI NERVI Il centrodestra è
comunque sull'orlo di una crisi di nervi e Giorgia Meloni tenta di riportare
alla normalità gli equilibri con un vero e proprio appello agli alleati: «Non
parlarsi non è la soluzione: propongo un incontro chiarificatore entro Natale».
Il vertice dovrebbe tenersi la prossima settimana. Dopo una battuta, così l'ha
definita, su Mussolini che «proprio un dittatore non era», l'ex premier parla
di rinnovamento: si parla della ricandidatura di metà di deputati e senatore
azzurri nel 2018 «ma c'è la convinzione che il partito deve rinnovarsi, molti
hanno detto di non volersi ricandidare».
AL VOTO IL 4 MARZO Intanto il capo
dello Stato si preparerebbe ad annunciare la fine della legislatura tra due
settimane, a cavallo tra Natale e Capodanno. L'ipotesi che prende sempre più
corpo è che Mattarella sciolga le Camere il 27 dicembre, proiettando il Paese verso
le urne, previste per il 4 marzo.
La
Nuova
Rosatellum,
i collegi non cambiano
Approvato
il testo definitivo della legge, non ci sono modifiche alla mappa
CAGLIARI
Così com'era, resterà. Il governo
non ha spostato neanche un Comune
nella mappa sarda del Rosatellum, la
legge con cui il 4 marzo saranno
eletti deputati e senatori. La
proposta di riequilibrare Nuoro e
Oristano nell'uninominale e
allargare i confini del collegio di
Cagliari città, erano le due
richieste del Parlamento, sono state
respinte dal governo Gentiloni.
Governo che, nella serata di martedì,
ha approvato il testo definitivo,
per inviarlo poi al Capo dello
Stato. Sabato il Rosatellum sarà
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale,
tabelle comprese.Nessun rimpasto. Le
due correzioni richieste
sarebbero state respinte per questo
motivo: in Sardegna il
trasferimento di uno o più Comuni da
un collegio all'altro, avrebbe
abbassato il numero degli elettori
sotto la soglia prevista, in tutta
Italia, per il Rosatellum e sarebbe
stato un precedente rischioso. Era
stata la commissione tecnica,
presieduta dal direttore dell'Istat, a
mettere il veto al rimpasto sardo
prima di consegnare la bozza al
governo Gentiloni. «In Sardegna i
collegi - si legge nella relazione
dell'Istat- devono essere ancora
quelli con cui nel 1993 è stato
eletto il Senato e l'ultimo
censimento non permette lo spostamento di
Comuni da una provincia all'altra».
Le commissioni affari generali
della Camera e del Senato ci hanno
provato a rimescolare le carte: la
proposta è stata respinta.Camera. I
deputati da eleggere sono 17: sei
in altrettanti collegi uninominali,
11 nei due proporzionali. Con
ordine. Il collegio uninominale
numero 1 ha come capofila Cagliari più
Burcei, Maracalagonis, Quartu
Monserrato, Quartucciu, Sinnai e
Villasimius. Nuoro, il numero 2,
comprende 101 Comuni, e i confini
vanno da una costa all'altra della
Sardegna, con all'interno anche una
decina di paesi dell'Oristanese,
Abbasanta e Ghilarza, i più grandi. I
punti cardinali, all'incirca, sono
questi in senso orario: a Sud da
Tertenia a Orroli, poi da Meana
Sardo fino a Santu Lussurgiu, e da
Ovest a Nord Bosa, Sindia, Bolotana,
Orotelli, Nuoro, a Est Dorgali,
Baunei, Tortolì, Barisardo e Jerzu. Carbonia
è la capitale del
collegio numero 3: 46 Comuni.
I confini sono quelli dell'ex
Provincia
del Sulcis Iglesiente, anche se a
Est si spinge fino a Selargius, alle
porte di Cagliari. Il collegio
numero 4 è Sassari: 26 Comuni, con i
confini tracciati da Villanova
Monteleone e Alghero, da Stintino a
Porto Torres, poi Sorso, Sennori,
Osilo, Chiaramonti, Siligo, Bessude
e Romana. Olbia guida il collegio
numero 5: 80 Comuni, con un
territorio che è la fotocopia della
Provincia Gallura, ma con un dente
a Ovest fino a Tergu, Padria e
Castelsardo. Infine, Oristano, il
numero 6, con ben 116 Comuni e che
taglierà in orizzontale la
Sardegna, da Ovest a Est, con
all'interno quasi tutta l'ex Provincia
del Medio Campidano. Sulla costa
occidentale il Comune più a nord è
Tresnuraghes, mentre su quella
orientale sono Villaputzu, Muravera e
Castiadas. Nel proporzionale, i
collegi saranno due: Sardegna 1, che
comprende quelli uninominali di
Cagliari, Carbonia e Oristano, 170
Comuni in tutto, con sei seggi a
disposizione, e Sardegna 2, formato
dai collegi uninominali di Nuoro,
Olbia e Sassari, 207 Comuni, e
cinque seggi a disposizione. Senato.
Sono tre i collegi uninominali,
con altrettanti seggi a
disposizione, e uno regionale col
proporzionale, cinque seggi.
Il numero 1 è composto da Cagliari e
Carbonia, con 54 Comuni, compresa è
ovvio l'area della Città
metropolitana di Cagliari. Oristano
e Nuoro formano invece il collegio
numero 2, con addirittura 217 Comuni
e, in sostanza, dentro c'è tutta
la Sardegna centrale. Infine, il
collegio numero 3, con l'accorpamento
fra Sassari e Olbia. Nel
proporzionale, il collegio sarà uno solo,
l'intera Sardegna, con i resti che
solo pr il Senato saranno calcolati
su base regionale. (ua)
Unione
Sarda
FINANZIARIA.
Via alla discussione in Aula, nuove misure anche per
università
e agricoltura. Più soldi per lavoro e povertà
Pressing
di maggioranza e sindacati: spuntano altri 250 milioni
Aumenta il “borsino” della
Finanziaria che potrà contare su 250
milioni di euro in più rispetto alla
cifra iniziale di 7,7 miliardi.
Fondi, frutto di emendamenti della
Giunta e della maggioranza che
permetteranno di finanziare con
127,9 milioni il pacchetto lavoro. Gli
altri interventi sono per
università, sociale con un aumento anche
della quota per il Reis, agricoltura
e 40 milioni di euro per il
disavanzo della sanità. Ieri mattina
è iniziato il dibattito in
Consiglio regionale: l'obiettivo è
riuscire ad approvare la manovra
prima di Natale.
LAVORO Riuscire a incrementare le risorse
per il lavoro era
un'emergenza. Il pressing dei
sindacati e delle forze politiche ne era
una dimostrazione: il pacchetto
supera i 100 milioni richiesti,
sfiorando i 130 milioni. «Abbiamo
voluto dare risposte a più categorie
possibile, confrontandoci con le
forze politiche e sindacali», spiega
l'assessore al Bilancio, Raffaele
Paci. Ma il piano non si limita solo
allo stanziamento perché l'utilizzo
di questi fondi sarà programmato e
gestito da una cabina di regia.
La Giunta avrà un mese di tempo
dall'approvazione della legge per
dettagliare gli interventi. Sempre
per il lavoro ci sono a disposizione
ulteriori 70 milioni da
programmare per il 2019 e 2020. «Non
vogliamo decidere ora la
destinazione delle risorse», spiega
il presidente della commissione
Bilancio, Franco Sabatini (Pd),
«decideremo dopo il confronto con le
parti sociali». Tra le varie voci di
spesa del pacchetto lavoro
figurano i soggetti a rischio
esclusione sociale (5 mln), incremento
occupazionale (12 mln), misure per
situazioni di crisi (4,3 mln),
politiche di stabilizzazione ed
esodo Lsu (5,1 mln) e cantieri
Forestas nei Comuni (1 mln).
SOCIALE Era arrivato da uno studio
dell'Anci il dato drammatico sulla
povertà in Sardegna con quasi 21mila
famiglie, costrette ad accedere
al Reis (Reddito di inclusione
sociale). Una città di persone in
difficoltà per le quali i Comuni
avevano stimato un fabbisogno di 66
milioni di euro. La Finanziaria 2.0
prevede un'aggiunta di 15 milioni
ai 30 già previsti, ai quali si
aggiungono altri 30 che arrivano dal
governo per un totale di 75 milioni
di euro. Le leggi di settore che
riguardano tra le varie cose i
Centri antiviolenza e i beni culturali,
avranno 5 milioni aggiuntivi sui 30
già in bilancio. Infine, 17
milioni in più, oltre ai 150 già
previsti, vanno all'università e 20
all'agricoltura per il settore non
ovicaprino.
IL METODO L'assessore Paci l'aveva
definita «una Finanziaria aperta» e
l'operazione di revisione ha
trasformato la manovra in un «momento di
confronto e di scelte per favorire
lo sviluppo e l'inclusione di tutti
i sardi», spiega il titolare del
Bilancio.
IL DIBATTITO Eppure in aula non sono
mancate le scintille, soprattutto
da parte dell'opposizione, critica
nei confronti della manovra. Ad
aprire le danze degli interventi è
il consigliere di Forza Italia,
Edoardo Tocco, che parla di «manovra
senza prospettiva». Si sofferma
sul pacchetto lavoro, invece, il
capogruppo azzurro, Pietro Pittalis:
«Giunta e maggioranza creano
illusione e aspettative, stanziando fondi
per il lavoro ma con un rinvio a
protocolli e accordi che non
creeranno un circolo virtuoso».
Qualche dubbio è stato sollevato
anche
in maggioranza con il capogruppo di
Art.1-Sdp, Daniele Cocco, che,
dopo aver apprezzato l'incremento di
risorse avverte: «Ci sono altre
questioni che non dobbiamo
tralasciare, sulla sanità i problemi
continuano a essere irrisolti e la
riforma ancora non ha dato i suoi
frutti». L'aula ha votato il
passaggio agli articoli e la seduta
riprenderà stamattina.
Matteo Sau
La
Nuova
Scanu:
«Bene Pigliaru e adesso le dismissioni»
Il
deputato Pd: «Con un governo in scadenza non si poteva ottenere di più»
E chiede
un nuovo accordo con lo Stato: «Tempi certi per l'addio alle basi»
di Alessandro Pirina
SASSARI
Bene Pigliaru, bene la Pinotti. Ma
la vera svolta sulle servitù
militari è rimandata alla prossima
legislatura. Gian Piero Scanu è il
simbolo della battaglia contro le
basi. Da anni la sua azione politica
è incentrata sulla liberazione della
Sardegna dal giogo della Difesa.
E la legge sulla trasparenza nei
poligoni che vuole tutelare la
sicurezza e la salute dei militari e
delle popolazioni residenti
vicino alle basi porterà il suo
nome. Per questo motivo il
parlamentare del Pd, presidente
della commissione d'inchiesta
sull'uranio impoverito, plaude
all'accordo tra la Regione e il
ministero che dopo 60 anni di
occupazione militare restituirà
all'isola due spiagge a Teulada e
Capo Frasca.
Entro il 2018. Ma è
solo un primo passo verso quello che
è da sempre l'obiettivo numero
uno della politica di Scanu: la
totale dismissione delle basi in
Sardegna. Uno stop definitivo ai
giochi di guerra che, però, potrà
essere messo nero su bianco solo
nella prossima legislatura.Scanu,
lunedì il presidente Pigliaru e la
ministra Pinotti firmeranno
l'intesa sulle servitù militari. C'è
chi parla di svolta storica, chi
di accordo al ribasso: qual è il suo
giudizio?«Io ritengo che la
giunta e il Consiglio abbiano fatto
una scelta appropriata. Hanno dato
applicazione al "principio di
realtà": stando così le cose non si
poteva fare di più e diversamente.
Questo protocollo è confezionato su
misura per un governo e un
Parlamento prossimo allo scioglimento. Un
accordo che si inserisce in una
porzione di legislatura nella quale la
ministra Roberta Pinotti ha voluto
assecondare le sollecitazioni
politiche che provenivano dalla
commissione sull'uranio, dal
Parlamento e dalla stessa Regione.
Possiamo dire che la nuova legge
sui poligoni è frutto di una
sinergia istituzionale all'interno della
quale anche la Regione ha svolto una
efficace moral suasion. Ma con la
nuova legislatura ci dovrà essere un
deciso cambio di passo».Anche
perché ci sarà una nuova legge che
disciplinerà la trasparenza nei
poligoni militari. «Appunto, la
Regione potrà operare all'interno di
un nuovo impianto normativo grazie
al quale cambierà l'attuale
scenario. D'ora in poi, infatti,
sarà garantita la trasparenza di
tutte le attività amministrative, la
tutela della salute dei militari
e delle popolazioni residenti in
prossimità dei poligoni, l'obbligo di
bonificare l'ambiente entro termini
certi grazie all'impiego di
risorse adeguate messe a
disposizione dal ministero della Difesa».
E in questo nuovo scenario
legislativo cosa dovrà fare la Regione?«Il
mio punto di vista resta lo stesso
della mia relazione in Senato nel
2012 e dell'ordine del giorno
presentato in Consiglio regionale nel
2014. Nel quadro dei rapporti tra
Stato e Regione io pongo come primo
obiettivo la graduale dismissione
dei poligoni militari e il loro
superamento dal punto di vista
economico, sociale e ambientale,
assicurando il mantenimento dei
livelli occupazionali
esistenti».Propone una nuova intesa
tra Regione e Difesa?«Più che un
protocollo con un singolo ministero
io ritengo sia necessario un
accordo tra il governo e la Regione
autonoma della Sardegna. Un'intesa
che deve contenere decisioni che
comportino precisi vincoli giuridici...».
Tipo?«Un accordo genericamente
politico non può bastare,
deve partire l'orologio delle
dismissioni. Nell'intesa bisognerà
iniziare a parlare di tempistica».
Dunque, tempi certi per le
dismissioni. E poi?«Il governo dovrà
farsi carico di attuare tutte le
bonifiche e dovrà riconoscere lo
straordinario servizio istituzionale
che la Sardegna ha svolto in questi
60 anni, destinando alla Regione
risorse compensative anche a titolo
risarcitorio».
C'è chi in caso di
addio alle basi teme per
l'occupazione.«La realizzazione delle
bonifiche potrà determinare numerosi
posti di lavoro e sarà bello
vedere finalmente persone che
lavorando restituiranno salute alla loro
terra anziché farla ammalare. Questo
accordo avrà un'ispirazione
etica, perché si fonderà sulla
primazia della salute delle persone,
della tutela dell'ambiente e della
sacralità del diritto al lavoro.
Questo accordo permetterà alla
Regione di attuare una strategia di
crescita e di sviluppo nel pieno
esercizio della propria specialità e
vocazione autonomistica».
Cucca:
momento storico. All'attacco Movimento 5 stelle, il Partito dei
sardi e
gli indipendentisti. Scatenato il fronte del no, esulta solo il Pd
CAGLIARI. Il Movimento Cinque stelle
e gli indipendentisti erano
contrari e lo sono ancora: «La
Sardegna è stata svenduta», hanno
scritto dopo che il Consiglio
regionale ha detto sì alla firma
dell'accordo fra lo Stato e la
Regione sulle servitù militari. Anche
il centrodestra, seppure martedì ha
votato uno dei due ordini del
giorno, ha più di un dubbio: «I
Comuni in cui ci sono le basi devono
essere risarciti con più soldi»,
hanno scritto i Riformatori. Solo per
Giuseppe Luigi Cucca, segretario del
Pd, «la firma di lunedì, a Roma,
sarà un momento storico per la
Sardegna dopo troppi anni di
silenzio».Cinque stelle.
«Siamo tornati indietro di dieci
anni»,
comincia così il commento del
senatore Roberto Cotti. «Le dismissioni
sbandierate dal governatore
Francesco Pigliaru e dal centrosinistra
sono briciole ed è evidente che c'è
un inganno». Poi spiegato: «Gran
parte dei beni militari che, nel
2007-2008, dovevano passare
dall'Esercito alla Regione, valevano
200 milioni, oggi sono spariti
nel nulla in questa nuova intesa».
Polo identitario. «Ogni passo verso
la liberazione delle terre occupate
va salutato con soddisfazione.
Scritto questo, l'accordo non è
certo storico. E, quand'anche si
concretizzasse, è anni luce lontano
da quel che serve: il presidente
Pigliaru è ancora in tempo per non
firmarlo». È questo il contenuto
dell'attacco del Polo
dell'Autodeterminazione in cui si riconoscono i
Rossomori, Sardos e gli
indipendentisti di Liberu, Irs, Sardigna
Natzione, Gentes, Comunidades e
Sardegna possibile.
«Siamo di fronte - è scritto - alla
restituzione-spot di poche spiagge e non c'è traccia
delle bonifiche: non si dice chi le
farà, né con quali soldi, né con
quale finalità».Partito dei sardi.
Il segretario Paolo Maninchedda ha
scritto dopo che i suoi martedì non
hanno partecipato al voto:
«L'accordo è un pessimo episodio di
subordinazione politica. Sono
previste solo concessioni già
previste in passato, e comunque sono
solo promesse». Per poi «salutare
invece con piacere la convergenza
dei partiti indipendentisti e
autonomisti sardi sul giudizio negativo:
esiste una Sardegna che sa
riconoscere i suoi interessi nazionali e
comincia a riconoscersi». Anche il
Psd'Az martedì ha votato
controPartito democratico. È di
tutt'altro tenore il commento del
segretario Giuseppe Luigi Cucca:
«Siamo alla vigilia di un fatto
storico, siamo vicini alla
riconquista del potere decisionale dei
sardi in territori finora
inaccessibili, con importanti garanzie a
tutela dell'ambiente e della
salute».
E ancora: «Mai nessun altro
governo aveva dimostrato una tale
apertura e alla ministra Roberta
Pinotti va riconosciuta una grande
capacità di dialogo e di mediazione
che, grazie alla costanza e alla
tenacia del presidente Pigliaru,
sostenuto dai parlamentari, consegna
all'Isola una porzione di
sovranità e apre un nuovo capitolo
nei rapporti Stato-Regione, sebbene
non siano state soddisfatte
interamente le richieste. Ma l'accordo che
sarà firmato lunedì verrà ricordato
come un passaggio fondamentale.
Ora occorre mettere al sicuro,
quello che è anche il punto di partenza
per ottenere altro in futuro». (ua)
Zedda, la
lady di ferro di FI: non chiamatemi quota rosa
verso le elezioni
di Luca Rojch
CAGLIARI
Non chiamatela lady Forza Italia.
Alessandra Zedda è l'unico
consigliere donna del centrodestra
in Regione. Non fa molto meglio il
centrosinistra, ne ha tre. Ma lei ha
lo spirito combattivo di uno
sportivo. In molti la indicano tra
gli astri nascenti del nuovo
centrodestra e la danno per
candidata un po' a tutto, da certissima
parlamentare a presidente della
Regione. Ma lei respinge qualsiasi
incoronazione.«No per carità -
spiega -. Io do la disponibilità al mio
partito, come ho sempre fatto, ma di
certo non mi candido io a
nulla».Qual è il ruolo di Forza
Italia oggi nell'isola?«Deve ritrovare
il suo ruolo leader. E sono sicura
lo farà anche grazie al lavoro che
abbiamo fatto in questi anni in
Consiglio. Per le politiche dobbiamo
ripartire dai nostri alleati
storici. Udc, Riformatori, sardisti e
indipendentisti. E a guidarci è la
spinta che ci ha dato Berlusconi.
Faccia il capitano o l'allenatore è
lui il valore aggiunto».Ma chi
vedrebbe come candidato
ideale?«Abbiamo un'idea precisa. Ci sono tante
persone valide che potrebbero essere
candidate.
Ma ci sono anche tanti
sindaci e sindache che ogni giorno
lavorano con competenza e
attenzione. Ma possiamo guardare
anche tra chi in passato ha rivestito
cariche prestigiose all'interno
delle istituzioni. Io per alcune cose
sono conservatrice. Credo nei valori
che vengono dall'identità
nazionale e da quella sarda. Credo
nella famiglia e nell'importanza
della scuola. Credo anche che si
debbano accogliere gli immigrati, ma
con delle regole e con un piani
precisi che abbiano valore europeo e
nazionale». Ma dove deve cercare
voti il partito secondo lei?«Di
sicuro tra i delusi. Tra chi non è
andato a votare. Sono loro il
nostro obiettivo. Quelli che si sono
allontanati dalla politica.
Dobbiamo conquistarli con un
programma chiaro. E Berlusconi ha idee
precise su cosa fare. Dobbiamo
spiegare ai nostri elettori perché
andiamo a Roma e cosa vogliamo
fare». Donne e centrodestra.«È vero
sono l'unico consigliere donna del
centrodestra, ma ora il Rosatellum
darà maggiore rappresentanza anche
alle donne.
Per le donne sarà uno
stimolo. Ma io sono dal 1994 che
vado alla ricerca di ogni voto che
prendo. Non mi sono mai sentita una
quota rosa discriminata in
politica. Da quando ho fatto il
presidente di circoscrizione ho sempre
lavorato in mezzo agli uomini. Ero
l'unica donna su 11 uomini. E sono
stata sempre eletta».È difficile
essere l'unica donna nel gruppo?«No.
Tutti mi dicono che sono la
secchiona del gruppo. Apprezzano il mio
pragmatismo. È nel mio spirito essere
sempre collaborativa e aiutare
gli altri. È una caratteristica che
ho portato sempre dentro da quando
facevo sport. Perché sono sportiva
io faccio squadra». Forza Italia
ora è una squadra?«Devo dire che
noto un approccio differente si vuole
dare valore alla meritocrazia. Si
ragiona su valori, idee e progetti.
Ho notato in questo periodo che
tutti quelli che rappresentano il
partito nelle istituzioni hanno
voglia di provare a lavorare insieme,
questa è una novità. Forse abbiamo
fatto tesoro anche degli insuccessi
elettorali».
La
Nuova
La
massoneria in aula magna? È bufera
la polemica
di Luigi Soriga
SASSARI
Fosse stata la solita conferenza, il
giornale l'avrebbe impaginata
così: spalletta, o taglio piccolo,
massimo 20 righe, titolo a una o
due colonne. «Sabato prossimo, alle
16, nell'aula magna
dell'Università si svolgerà il
convegno dal titolo "Armando Corona:
l'uomo, il politico, il Gran
Maestro. Dopo il saluto del Rettore
Massimo Carpinelli, interverrà il
presidente del Consiglio regionale
Gianfranco Ganau». Dopodiché qualche
riga per un distillato di
informazioni, e l'articolo era
confezionato. Ma nella locandina
dell'evento c'è una parola che salta
agli occhi: Massoneria
Universale. E il termine massoneria
innesca un rimando istantaneo a
lobby, comitati d'affari, complotto,
cospirazione, società segreta,
uomini col cappuccio, iniziazione,
poteri occulti.
Che c'azzecca l'Università, il
rettore, l'aula magna e il consiglio regionale con
tutto questo? I primi a chiederselo
sono stati i sindacati: «Abbiamo
sperato sino alla fine che fosse un
bizzarro esempio di fake news -
dicono Cgil, Cisl, Uil, Cisal,
Confsal - invece la notizia è
tristemente autentica e dobbiamo
concludere che i valori della
massoneria hanno fatto formale
ingresso nell'Ateneo». Dopodiché
arrivano le bordate anche del
"Comitato Lavoro, Democrazia,
Costituzione", del quale fanno
parte docenti universitari come
Antonietta Mazzette,
costituzionalisti come Omar Chessa, politici come
Giovanni Meloni e dell'Unione degli
Universitari: «Non si trova un
precedente di questo genere nella
secolare storia dell'Ateneo
turritano e appare difficile
trovarne uno anche in quella delle altre
università d'Italia».
Ed ecco come la spalletta di un
banale convegno
si spalma improvvisamente a sei colonne.
Sassari diventa un caso. Una
coltre di palpabile imbarazzo cala
nelle istituzioni. Il sindaco non
ha molta voglia di esprimersi. La
responsabile della segreteria del
Rettore, Anna Deriu, invece mette le
mani avanti: «La pratica è stata
gestita dal mio ufficio. Come spesso
accade abbiamo affittato lo
spazio dell'aula magna a chi era
disposto a pagarlo. L'evento che ci
avevano prospettato era questo: un
convegno sulla figura di Armando
Corona, politico, già presidente del
Consiglio regionale e dirigente
nazionale del Partito Repubblicano.
Nessun accenno alla massoneria».
Ma Corona fu gran Maestro del Grande
Oriente d'Italia, dal 1982 al
1990, e non potrà essere un
particolare marginale dal momento che il
promotore dell'incontro è proprio la
più grande e antica associazione
massonica nazionale. Anche il
rettore Carpinelli prende le distanze:
«Non c'è alcuno sdoganamento della
massoneria da parte
dell'Università. Non mi pare che
nella locandina compaia in alcun modo
il logo dell'Ateneo. Quanto ai miei
saluti, sono stati inseriti senza
che nessuno me li chiedesse, perché
consuetudine ed educazione vuole
che il padrone di casa dia il
benvenuto».
Domanda: se Casa Pound
volesse organizzare un convegno su
immigrazione e accoglienza in aula
magna, sareste altrettanto ospitali?
Risposta: «Siamo laici e aperti
al dialogo. Bisogna vedere come
avrebbero intenzione di affrontare il
tema». Domanda: farà i saluti al
convegno di sabato prossimo?
Risposta: «Non so se sarò in città e
che impegni avrò quel
giorno».Insomma, la sensazione è
questa: l'Armando Corona politico può
aleggiare fiero al centro dell'aula
magna. Il Corona massone è il
convitato di pietra. «Intervenire al
convegno non mi crea affatto
imbarazzo - dice Gianfranco Ganau -
come presidente del Consiglio
regionale vengo spesso invitato a
parlare di personaggi che hanno
lasciato il segno nella storia della
politica.
Sono intervenuto nella
conferenza su Paolo Dettori, lo farò
anche per Armando Corona. Che fu
presidente del Consiglio regionale
esattamente come lo sono io ora. Il
suo ruolo all'interno della
massoneria non sarà materia del mio
discorso».
-----------------
Federico
Marini
skype:
federico1970ca
Nessun commento:
Posta un commento