La
Nuova
Natalità
in calo, over 65 in aumento. Punti di forza: clima e amore per la lettura L'isola
di single e figli unici più vecchi e insoddisfatti, di Silvia Sanna
Scontenti, più lamentosi della
media. E più vecchi, con un indice di natalità tra i bassi d'Italia. Ma
curiosi, quasi avidi nel divorare libri e giornali quotidiani: un'abitudine per
oltre 56 sardi su 100. La fotografia che viene fuori dall'analisi dell'Istat è
quella di un'isola che mostra ancora il fiato corto. Nella quale se anche una
debole ripresa è iniziata, ancora non mostra segni evidenti. La Sardegna nelle
classifiche che riguardano lavoro e famiglia sta quasi sempre indietro, mentre
vola in alto in quelle che riguardano il clima e la qualità della vita: per chi
il bicchiere preferisce vederlo mezzo pieno, l'isola afflitta da molti problemi
ha anche più di una ragione per sorridere.
Le famiglie. È un'isola di single o
di figli unici. L'indice di natalità è il secondo più basso d'Italia (fa peggio
solo la Liguria): nascono 6,4 bambini ogni 1000 abitanti, più o meno 1,1 figli
per coppia. La media nazionale è più alta, 7,8 ogni 1000, ed è più alta anche
la media di famiglie con 1 o più figli. In Sardegna la tipologia di famiglia
più diffusa è quella senza figli (31,8%) seguita da quella con 1 (27.3%) o 2
figli (21.4%). Nell'isola è più presente il nucleo composto da madre e figli,
9.5 ogni 1000 a fronte di 8 su 1000 nel resto d'Italia.
La popolazione. Il saldo morti
nascite è sempre a favore del primo e la popolazione invecchia in maniera
costante e per ora inesorabile. La fascia 0-14 anni è quella meno rappresentata
perché mette insieme appena l'11,6% della popolazione, quasi due punti in meno
rispetto alla media nazionale (13.5%). La fascia più nutrita è quella 14-65
anni con il 65,7%, un punto e mezzo più del resto d'Italia. E gli anziani over
65 sono il 22.7% a fronte di una media del 22.3%. E nell'isola dei centenari
che custodisce nelle zone interne l'elisir di lunga vita studiato dagli esperti
di tutto il mondo, si scopre che le aspettative di vita alla nascita sono
perfettamente in linea con quelle medie nazionali: 80,2 anni per gli uomini (a
fronte di 80,6) e 85,4 anni per le donne (a fronte di 85,1).
Matrimoni e divorzi. Ci si sposa un
po' di meno ma il legame si rivela appena più solido. L'anno scorso in Sardegna
sono stati celebrati 4880 matrimoni, di cui 2590 religiosi e 2290 con rito
civile. Il quoziente di nuzialità, dice l'Istat, è 2,9 per mille. Nel resto
d'Italia è più alto - 3,2 - ma è superiore anche l'indice di divorzi/separazioni:
1,3 in Sardegna (con 2207 coppie scoppiate in un anno), 1,4 la media nazionale.
Qualità dei servizi. Male l'acqua,
malino l'energia elettrica. Nella sezione riservata al grado di soddisfazione
per la qualità dei servizi offerti, l'isola si distingue. Per l'acqua
innanzitutto, da due punti di vista. Il primo: quella che si perde per strada
durante la distribuzione nelle reti. Il dato non è aggiornatissimo, nel
frattempo la situazione è migliorata, ma un anno fa la percentuale di
dispersione era del 59,3%, 22 punti in più rispetto alla media nazionale.
Peggio della Sardegna fanno solo la Basilicata e il Molise. Il secondo dato è
ancora più clamoroso: il 63% dei sardi dichiara di non fidarsi a bere l'acqua
dal rubinetto. La media nazionale è 29,9%, l'isola domina nettamente la
classifica. Non fa pieno di consensi neppure il servizio elettrico: la
percentuale di sardi che si dichiarano soddisfatti del servizio è alta- 75,6% -
ma inferiore di 12 punti - 87,9 - alla media nazionale.
Lavoro e soldi. Disoccupazione e
precariato, questi i mali principali del mercato del lavoro isolano. Dove una
ripresa c'è stata ma ha riguardato prevalentemente i contratti a tempo
determinato: sono il 16,9% del totale a fronte del 12,5 di media. E l'indice di
soddisfazione è basso. Appena 2,1 sardi su 100 sono molto felici della propria professione,
mentre 37,4 lo sono abbastanza: rispettivamente 1 punto e 10 punti in meno
della media. Poco soddisfatti 28,9 (a fronte di 34,8) e del tutto scontenti
19,1 su 100, 6 in più che nel resto d'Italia.
L'isola al top. Anni luce avanti
rispetto alle regioni del centro sud e a piani alti della classifica nazionale,
più sud rispetto a regioni del nord come l'Emilia Romagna: i sardi leggono di
più: Ben 45,7 su 100 hanno letto un libro negli ultimi 12 mesi, 56,6 su 100 leggono
abitualmente un giornale quotidiano (la media nazionale è 43,9). Ma ci sono
anche altri dati sui quali l'isola eccelle. Per esempio il clima che la rende
una delle regioni più desiderate. Nel 2016, anno molto caldo, le temperature
minime più basse si sono avute a dicembre (5,2 gradi) quelle più alte a luglio
con 30 gradi di media, seguito da agosto e da giugno. Infine l'ambiente: poche lamentele per l'inquinamento
(16% rispetto a 38) e per il rumore (21 rispetto a 31).
Partiti a
caccia di candidate ma rispondono in poche - verso le elezioni
di
Umberto Aime
CAGLIARI
Cercansi candidate donne
disperatamente, perché il Rosatellum è sempre
più un rompicapo e molti partiti,
soprattutto i più piccoli, sono in
affanno. È colpa della legge con
cui, a marzo, sarà eletto il
Parlamento, e che impone - senza
possibilità di deroghe, pena
l'esclusione dalla competizione -
una ben precisa parità di genere nei
collegi uninominali e nelle liste
per il proporzionale. La clausola è
questa: i candidati maschi non
potranno essere più del 60 per cento
rispetto alle donne, o viceversa.Il
caso Sardegna. Qui da noi il conto
è presto fatto. I collegi
uninominali per la Camera sono sei e quindi
quattro dovranno avere come
aspirante deputato i candidati di un
genere e due dell'altro.
Nel concreto: quattro uomini e due
donne, o
viceversa. Mentre per Palazzo
Madama, dove i collegi uninominali sono
tre, il rapporto dovrà essere di due
a uno. Addirittura nel
proporzionale, sempre nell'isola, la
clausola è ancora più netta. Alla
Camera i collegi sono solo due -
Sardegna Centro-Nord (Sassari,
Gallura e Nuoro, con cinque seggi in
palio) e Sardegna Centro-Sud
(Oristano, Sulcis e Cagliari, sei
seggi) - e quindi per ciascun
partito, che in questo caso presenterà
il proprio simbolo, i due
capolista non potranno essere dello
stesso genere.
Per essere ancora
più chiari: se un partito sceglierà
un uomo in testa alla lista del
Centro-Nord, dovrà per forza
indicare una donna in quello del
Centro-Sud. Infine, c'è il collegio
unico regionale per il Senato, con
otto seggi a disposizione, e qui i
partiti dovranno rispettare
l'alternanza uomo-donna nella lista
e comunque un genere non potrà
superare il 60 per cento dei
candidati presentati in lista.Partiti in
affanno. Un po' meno lo sono quelli
grandi e strutturati, leggi Pd e
Forza Italia, ma di sicuro a cercare
con ansia donne disponibili a
candidarsi sono gli alleati delle
due grandi coalizioni,
centrosinistra e centrodestra.
Perché chi si presenterà alla Camera
nel proporzionale, con simbolo e
lista, nel collegio Centro-Nord dovrà
candidare almeno due donne su cinque
e altrettanto dovrà fare chi
concorrerà per i sei seggi previsti
nel collegio Centro-Sud. C'è però
un escamotage: il Rosatelleum
prevede che le liste nel proporzionale
possano essere composte da un minimo
di quattro candidati fino al
massimo dei seggi a disposizione nel
collegio. Il che vuol dire che
diversi partiti sarebbero
intenzionati a presentare liste molto più
leggere del previsto, cioè con soli
quattro candidati proprio per
superare la clausola della parità di
genere.
Per essere ancora più
immediati: con solo quattro
aspiranti deputati, il genere in minoranza
dovrà essere rappresentato da un
solo candidato o candidata, e non più
da due se liste fossero invece al
completo. Nel 2013. Detto che mi
bisognerebbe capire come mai sia
così difficile trovare delle
candidate ma qui il discorso si
allargherebbe all'effettiva parità di
genere nella società, che non c'è,
cinque anni fa un equilibrio bene e
male fu raggiunto. Sui 18 deputati
eletti, le donne furono cinque:
Emanuela Corda e Paola Pinna per i
grillini, con la seconda però poco
dopo passata fra i banchi di Scelta
civica e poi del Partito
democratico, e Giovanna Sanna,
Caterina Pes e Romina Mura per il Pd.
Fra i partiti, a garantire la
perfetta parità di genere solo il
Movimento di Beppe Grillo, con due
su quattro, poi tre su otto per il
Pd e invece zero su tre e zero su
uno rispettivamente per Forza Italia
e Scelta civica. Fu invece un
disastro al Senato, con una sola donna,
Manuela Serra per i Cinque stelle,
su otto eletti. Però con il
Movimento capace di piazzare
comunque un perfetto cinquanta per cento
nella parità fra i due generi.
Il
segretario Satta: «Siamo e restiamo nel centrosinistra. Io
candidato?
Si vedrà» L'Upc nella lista della Lorenzin
Dalla Dc alla Lorenzin, sempre
ancorato al centrosinistra.
Antonio Satta porta l'Upc nella
nuova Civica popolare che ha per
leader il ministro della Salute e
che alle politiche di marzo si
schiera con il Pd. Una delle poche
certezze di una coalizione che ha
visto Pisapia alzare bandiera bianca
e la Bonino divorziare prima
delle nozze. Un movimento politico
che ha scelto come simbolo la
margherita. «Io d'altronde sono
stato uno dei fondatori della prima
Margherita», racconta Antonio Satta,
ai tempi vicesegretario nazionale
dell'Udeur, che insieme ai Popolari,
ai Democratici di Parisi e alla
Lista Dini diedero vita nel 2001 a
quel progetto elettorale che poi si
sarebbe trasformato in un partito.
La nuova Civica popolare, dunque,
si propone come un movimento
politico capace di aggregare più forze
centriste che hanno scelto di
allearsi con il Pd. Ci sono i partiti di
Alfano, Casini, Dellai, De Mita e
l'Idv orfana di Di Pietro. E anche
l'Upc di Antonio Satta. «Io sono
sempre stato un uomo di
centrosinistra - afferma il sindaco
di Padru, deputato ai tempi della
Unione di Prodi -. Sia quando ero
nella Dc, dove ho sempre militato
nella corrente che guardava a
sinistra, che nella Seconda repubblica.
Lo ho dimostrato anche nel 2008
quando cadde il governo Prodi.
Due anni prima noi facemmo l'accordo
con il centrosinistra e quando ci fu
il tradimento (Mastella si dimise da
ministro e fece cadere
l'esecutivo, ndr.) io sono rimasto
al mio posto. Nel centrosinistra.
Ho scelto di poter andare a testa
alta davanti ai cittadini».
Abbandonati Mastella e l'Udeur,
Satta ha infatti creato l'Upc, che in
Sardegna sta ovunque, o quasi, con
il centrosinistra. Regione
compresa, dove nella giunta Pigliaru
esprime l'assessore
all'Industria, Maria Grazia Piras.
«Io tengo molto alla mia coerenza
politica. Ma quello che più di tutto
ci preme sono i problemi dei
cittadini». In primis la sanità.
Ed è in qualità di presidente del
distretto sanitario di Olbia che
Satta, uno dei padri dell'ormai
defunta provincia gallurese, ha
iniziato a tessere il suo rapporto con
la ministra Lorenzin, che un paio di
settimane fa è stata ospite del
congresso Upc ad Alghero. Ma prima,
l'estate scorsa, l'ha portata
anche a Padru, il suo paese che
amministra da più di 20 anni. Solo una
pausa tra il 2005 e il 2010, quando
nel frattempo fu eletto deputato
dell'Unione prodiana. «A fine
legislatura su 630 sono stato il 13esimo
più produttivo». Un'ottima
performance che lo potrebbe portare, alla
vigilia dei 77 anni, a tentare di
nuovo la strada per Roma. «Questo
non lo so, si vedrà - taglia corto
Satta -. Tutte le decisioni
verranno prese in maniera
collegiale». (al.pi.)
Unione
Sarda
La sfida
della sindaca di Giave: addio alle accise sulla benzina
In vigore
le norme comunali per chiedere i rimborsi al Fisco: funzioneranno?
La rivoluzione fiscale in Sardegna
potrebbe partire da un piccolo
paese del Sassarese: Giave. E da un
gesto come quello della sindaca
Maria Antonietta Uras, la stessa che
pochi mesi fa era riuscita a far
riaprire la stazione ferroviaria
chiusa da anni per l'esiguo numero di
passeggeri. Il 30 dicembre ha
spedito una Pec a Roma, alla società
Kuwait Petroleum Spa, e al gestore
Q8 del distributore di carburanti
sulla statale 131, che ha sede nel
suo territorio.
Si trattava di una
comunicazione per dire che dal 1°
gennaio «la popolazione residente e
le imprese giuridiche con sede
legale nel territorio comunale
usufruiscono dell'esenzione totale
dell'Iva e delle accise sulla
benzina, sul gasolio e sul petrolio,
oltre a tutti gli altri beni di
consumo trattati nel vostro punto
vendita». In pratica benzina e
gasolio a 70 centesimi, per i
residenti a Giave e per le imprese. Roba
da trasferirsi lì immediatamente.
LA BATTAGLIA La lettera ha fatto il
giro del web: molti hanno pensato
a una bufala, tanti l'hanno
commentata sui social. La Zona franca è
argomento sensibile, in Sardegna.
Ieri la sindaca è salita in auto e
ha fatto il pieno di gasolio,
pagandolo a prezzo pieno, naturalmente:
1.599 euro. Perché non sarà così
semplice ottenere gli sconti. «Tutti
i residenti avranno una scheda
carburante su cui segneranno l'importo
pagato», spiega la sindaca, «e
successivamente potranno chiedere il
rimborso o portarlo a compensazione
con altri tributi». Facile a
dirsi, più difficile da fare anche
se c'è da credere che la prima
cittadina andrà fino in fondo
perché, ha spiegato, «l'amministrazione
comunale con i suoi legali vigilerà.
Se si dovesse verificare la
mancata applicazione delle leggi,
adotterà i provvedimenti di
competenza per assicurare il
rispetto di quanto deliberato dalla
nostra amministrazione comunale».
I COMMERCIALISTI Nessuna reazione
per ora dalla controparte. L'Agenzia
delle entrate ha da sempre scelto la
via del silenzio. Tra i
commercialisti, accusati spesso dai
responsabili del Movimento
Sardegna Zona Franca di “poco
coraggio”, la questione è discussa. La
linea è della massima prudenza. «I
nostri clienti sono chiaramente
interessati», dicono, «e ci chiedono
se è possibile non pagare l'Iva.
Ma come facciamo a consigliare una
cosa del genere. Cosa succederebbe
di fronte ad un accertamento? Le
leggi sono tante, spesso
contraddittorie. Davanti a un'azione
dello Stato i rischi sarebbero
davvero tanti». Anche perché il
regime della tassazione dell'Iva, non
è mai stato cambiato.
LA PROVOCAZIONE Giave però ha deciso
di andare avanti. La sindaca Uras
ha aderito da tempo alle iniziative
del Movimento Sardegna Zona Franca
secondo il quale già con le leggi
vigenti (Trattato di Lisbona,
Regolamento doganale e una sentenza
della Corte di Giustizia europea
del 2017) è possibile sottoscrivere
una dichiarazione di intento e
passare a una fiscalità diversa. Tra
novembre e dicembre, con la sua
Giunta ha approvato due delibere con
lo schema di regolamento dei
diritti speciali, definendo i
confini della zona con la nuova
tassazione e le merci che saranno
soggette al taglio delle imposte.
Quindi lo ha comunicato
ufficialmente a tutti i soggetti interessati,
comprese l'Agenzia delle entrate, la
Regione, l'Agenzia delle dogane.
«La Sardegna è già Zona Franca dal
1948», sostiene la sindaca, «e a
luglio lo ha confermato anche la
Corte Costituzionale, con una
sentenza che è stata definita
“storica”».
IL MOVIMENTO Giave dunque è
diventato l'avamposto delle battaglie del
Movimento Sardegna Zona Franca. Che
ieri sera, attraverso la sua
presidente Maria Rosaria Randaccio,
ha approvato il gesto della
vulcanica Maria Antonietta Uras.
Chiara la sua posizione espressa in
un lungo post su Facebook. «La
sindaca di Giave, seguendo il mio
consiglio e i documenti forniti dal
Movimento, si è recata nell'unico
distributore di carburante presente
a Giave e ha riscontrato il prezzo
della benzina e derivati.
Non essendosi ancora potuto mettere
in linea
con la delibera, il titolare della
pompa di benzina ha compilato la
carta carburante che successivamente
servirà per la richiesta di
rimborso, almeno fino a quando verrà
pubblicato il prezzo senza Iva e
Accise». Poi l'invito a proseguire
nella lotta del Movimento. «Noi
tifiamo TUTTI per la sindaca più coraggiosa
della Sardegna che per
amore dei suoi concittadini sta
sfidando i poteri contrari alla
legge». Vedremo chi la spunterà.
Franco Ferrandu
La
Nuova
L'iniziativa
della prima cittadina, ma i carburanti restano a prezzo pieno
La
sindaca: Giave zona franca la benzina a 50 centesimi
di Luigi Soriga. La zona franca alle
latitudini di Giave si è
materializzata stupefacente e
colorata come certi arcobaleni. Fascia
tricolore d'ordinanza, la sindaca
Maria Antonietta Uras è piombata nel
rifornitore di carburante della Q8,
regione Campu Giavesu, ha
afferrato pompa e pistola, foto di
rito, e poi ha fatto il pieno di
diesel e di polemiche. Perché quel
blitz istituzional faidate doveva
ribadire due o tre concetti chiari:
il primo è che da oggi in avanti a
Giave vige la zona franca al
consumo; il secondo è che non si pagano
più l'Iva e l'accise sui carburanti;
e il terzo è forse un messaggio
subliminale rivolto al titolare del
distributore, qualora l'operazione
tax free non andasse in porto: forse
è ora di ritoccare quei 1599 per
il diesel e quel 1719 per la
benzina.
In verità, prima della visita, il
primo cittadino aveva scritto alla
Q8: sia alla stazione giavese e sia
e sia alla Kuwait Petrolium spa. Li
avvisava che a partire dal 1
gennaio 2018 sarebbe entrata in
vigore l'esenzione da iva e accise nel
territorio comunale, e invitava la
compagnia ad adeguarsi applicando
l'erogazione a tariffe scontate.
Diesel a 50 centesimi al litro
dunque, ma solo per i residenti.
Giuseppe Mura, titolare del
rifornitore, ha letto la
comunicazione e non ha ritoccato il prezzo di
mezzo centesimo. «Ci sono degli
accordi con la Q8 e i macchinari sono
tarati - spiega - io non ho la
facoltà di modificare il costo del
carburante dall'oggi al domani.
Magari potessi. E poi chi mi rimborsa?
Perciò mi dispiace per tutti i
clienti che si sono presentati convinti
dei ribassi, ma qui la benzina si
paga ancora a prezzo pieno».La
delusione è stata tanta in paese, e
allora Maria Antonietta Uras ha
deciso per un repentino sopralluogo:
«Da parte mia è doveroso
verificare di persona, a nome dei
miei amministrati, l'applicazione
delle leggi. Ecco perché mi trovo
qui - ha dichiarato con la pistola
(della benzina) in mano - e nel caso
in cui dovessi verificare il
mancato rispetto delle normative in
tema di abolizione di accise e
iva, prenderò i dovuti
provvedimenti».
Ma anche per il sindaco, il
prezzo non cambia di una virgola.
Così ecco la prima contromisura:
«Tutti i residenti avranno una
scheda sulla quale segnare l'importo
pagato - spiega la Uras - Cifra di
cui potranno chiedere il rimborso o
portare anche come compensazione di
altri tributi. Naturalmente ci si
riferisce esclusivamente alle
percentuali di iva e accise». Ed è per
questo che il sindaco stringe in
mano una scheda di carburante che
riporta i 20 euro erogati, la data,
la targa del veicolo, le
generalità del conducente, e il
timbro della stazione Q8. E ha tutta
intenzione di far valere i diritti
speciali contenuti nel regolamento
comunale fresco di approvazione,
anche davanti allo Stato. Invierà la
scheda carburante a Roma e batterà
cassa. Ora bisognerà capire cosa ne
pensa Equitalia di questa piccola
rivoluzione fiscale, oppure il
Ministero di un suo rappresentante
in tricolore impegnato in un self
service giurisprudenziale.
Per ora da parte di altri colleghi
sindaci
c'è molto scetticismo: «No aspè,
fatemi capire. C'è davvero qualcuno
convinto che in un paese vicino non
si pagheranno più IVA e accise
carburanti? Da quando un atto
deliberativo di una giunta comunale ha
competenze sulla politica economica
e fiscale dello Stato?», scrive
Massimo d'Agostino dal municipio di
Bonorva. Altri sindaci invece
guardano silenziosi alla finestra,
perché conoscono la cocciuta
determinazione di Maria Antonietta
Uras e la sua tempra dura quando
ingaggia una battaglia: Giave, primo
comune sardo con la zona franca,
magari si trasforma per davvero in
un ariete fiscale.
Unione
Sarda
Pigliaru:
serve un impegno comune
Il
governatore ricorda il Patto nato dal dossier sui gap dell'Isola
consegnato
a Renzi
«Ogni azione portata avanti per il
riconoscimento della condizione di
insularità, sia nei confronti
dell'Italia che dell'Europa, è benvenuta
e rafforza l'impegno che in questa
battaglia abbiamo messo fin dal
primo giorno». Così Francesco
Pigliaru, nel giorno in cui il Comitato
referendario per l'inserimento del
principio di insularità in
Costituzione ha presentato i numeri
del gap. Ma, puntualizza il
governatore, «il Patto per la
Sardegna nasce proprio dal nostro studio
sugli svantaggi dati dalla
condizione geografica di insularità anche
in termini di mancato sviluppo».
Il governatore si riferisce allo
studio che quantificava gli svantaggi
in 1,1 miliardi di euro all'anno,
cioè al «dossier che abbiamo
consegnato all'allora presidente del
Consiglio Matteo Renzi a Olbia
nel maggio 2015 e che, con la firma
del Patto, ha portato risorse
ingenti per la metanizzazione della
Sardegna, il miglioramento della
rete ferroviaria, il cofinanziamento
statale della continuità
territoriale: tutti ambiti nei quali
finora l'insularità non
compensata da interventi specifici
dello Stato italiano ha creato
gravi inefficienze e inaccettabili
ritardi».
Sullo stesso tema, aggiunge
Pigliaru, «lavoriamo ormai da anni con
Corsica e Baleari, uniti per la
prima volta per portare avanti azioni
concrete ed essere più forti ognuno
col proprio governo nazionale e
insieme con l'Europa». Alcune azioni
si sono già compiute, «dal lavoro
a Bruxelles con il Comitato delle
Regioni (va ricordato in particolare
il Parere sull'insularità presentato
dalla Corsica su cui abbiamo
lavorato insieme) sino al documento
a triplice firma consegnato nel
corso del G7 trasporti al ministro
Delrio».
Molto altro resta da fare
per raggiungere l'obiettivo che «per
noi - conclude il presidente - è
fondamentale sotto moltissimi punti di
vista, primo fra tutti il tema
dei trasporti, cui si lega
strettamente quello degli aiuti di Stato.
Lavorando insieme, uniti e
determinati su più fronti, non possiamo che
essere più forti». (ro. mu.)
La Cgil:
siamo per una burocrazia efficiente, rivedere il sistema nel contratto
Premi a
pioggia, sì a nuove regole «Ma la Giunta fissi obiettivi chiari»
Il 55% degli obiettivi degli uffici
regionali non è proiettato
all'esterno dell'amministrazione. E
ci sono «obiettivi che non
concorrono a definire il risultato».
Nelle 251 pagine del Rapporto di
gestione dello scorso anno ci sono
molti elementi che aiutano a capire
quali siano le ragioni delle
inefficienze che, nonostante gli
sforzi, resistono nel sistema
regionale. E consentono di
comprendere anche perché dirigenti e
personale, circa 6500 dipendenti in
tutto, ottengono quasi sempre il
massimo dei premi di risultato.
IL RAPPORTO SULLA GESTIONE Nel
rapporto stilato dall'apposito ufficio
istituito all'interno
dell'assessorato al Personale si legge che
«oltre il 26% del totale delle
strutture della RAS ha conseguito il
100% degli obiettivi definiti; circa
il 23% delle Direzioni/Partizioni
amministrative ha raggiunto un
risultato per una percentuale pari o
superiore al 90% degli obiettivi
pianificati; circa il 47% del totale
delle strutture ha conseguito oltre
il 75% del totale degli Ogo
(Obiettivi gestionali operativi)
definiti; solo il 3% delle strutture
ha conseguito una percentuale
inferiore al 75% del totale degli Ogo
definiti».
Tutto sembra prefigurare un'amministrazione
efficiente e giustificare
quei voti alti in pagella che hanno
garantito a dirigenti e personale,
salvo eccezioni, il massimo delle
retribuzioni di risultato.
Ma siamo certi che gli obiettivi
siano chiari e centrati? No, come si
legge nel rapporto. E siamo certi
che non ci siano scappatoie? No. E
infatti quando gli obiettivi non
sono stati raggiunti «è per cause
esogene e perciò non imputabili alle
strutture» o perché c'è una
«descrizione poco chiara degli
obiettivi da conseguire» o ancora «una
significativa percentuale di
obiettivi non risulta monitorabile».
LE BACCHETTATE DELLA CGIL È evidente
che sia da migliorare il ciclo
della governance a partire dagli
aspetti politico-strategici dai quali
discende tutto. Nino Cois,
segretario regionale della Federazione dei
lavoratori della funzione pubblica
della Cgil semplifica: «Servono
indirizzi molto più precisi da parte
dell'assessore».
Cois sostiene di
aver posto più volte il problema
alla Giunta e garantisce che quando,
nelle prossime settimane, i
sindacati si siederanno al tavolo con il
Coran (Comitato per la
rappresentanza negoziale) per discutere la
parte normativa del contratto dei
dirigenti e del personale, sul
sistema delle retribuzioni di
risultato ci sarà «massima attenzione».
Il leader della funzione pubblica
della Cgil difende i dipendenti («se
i loro dirigenti hanno ottimo perché
loro non dovrebbero averlo?») e
ricorda che si parla di cifre
irrisorie (da 100 a 150 euro al mese a
seconda della qualifica) ma
sottolinea: «Si parla tanto di valutazione
senza andare all'origine: gli
obiettivi mancano e spesso arrivano
tardi».
«Ora abbiamo messo in sicurezza la
parte economica del contratto, a
breve avvieremo la contrattazione
sulla nuova classificazione e sul
nuovo ordinamento professionale. Vogliamo
trovare gli strumenti giusti
per riconoscere e premiare i
lavoratori che hanno un'alta
professionalità», racconta. «Ci sono
lavoratori che svolgono funzioni
superiori alla loro categoria e
molte professionalità non ancora
riconosciute e serve oggettività
nelle valutazioni premiali. Ma»,
ribadisco, «servono indirizzi ben
precisi dall'assessore e risorse
economiche adeguate. Il mio
sindacato ha come obiettivo la tutela dei
lavoratori ma dentro macchine
amministrative che funzionino bene e
diano ai cittadini servizi
efficienti».
LA CISL CONCORDA Davide Paderi,
segretario regionale della Funzione
pubblica della Cisl, concorda: «È la
politica che deve dare obiettivi
chiari e avere il coraggio di
selezionare chi ha raggiunto i risultati
e chi no, con criteri i più
scientifici e oggettivi». I sindacati
fanno il loro lavoro e difendono,
sinché è possibile, i lavoratori.
«Il salario di rendimento o
risultato dei lavoratori pubblici è un
tema aperto, legato alla misurazione
del merito e alla modernizzazione
delle attività».
Fabio Manca
La
Nuova
Il
sindaco di Olbia chiede la riattivazione della Ct2
Su
Meridiana è perentorio: «La sede deve restare nell'isola»
Nizzi:
«Per i tre scali meglio la concorrenza che la regia unica»
di Luca Rojch
OLBIA
Dal sovraffolamento al deserto. La
capitale sarda del turismo ha un
record che da solo spiega tutte le
difficoltà del sistema Sardegna.
L'aeroporto di Olbia è il più
stagionale d'Europa. È quello in cui la
distanza percentuale tra i
passeggeri a febbraio, appena 40 mila, e
quelli ad agosto, 600mila, è
maggiore. In nessuno scalo europeo c'è
una simile distanza siderale. Olbia
soffre meno di Alghero per i voli
in continuità, ma in inverno i
collegamenti sono ancora pochi. E non
ha dubbi il sindaco Settimo Nizzi.
«Si devono creare nuovi
collegamenti tra gli aeroporti sardi
e quelli del resto d'Italia -
dice il sindaco -. In inverno non
esistono collegamenti strategici per
Bologna, Pisa, Torino e Verona. Solo
per dirne alcuni. Quando c'erano
viaggiavano con fattori di
riempimento sempre alti. Anche in inverno.
Se non ci sono i voli i turisti non
vengono in Sardegna. Si dovrebbe
lavorare su questo. La gente che
vuole viaggiare c'è. Ma è l'assenza
di collegamenti a scoraggiare le
persone o a intasare le rotte in
continuità territoriale».La
gestione. Anche sul gestore unico dei tre
scali Nizzi ha una posizione
differente. Non la boccia, ma mette
l'accento su un aspetto, la
possibilità che la politica orienti le
scelte strategiche dei tre scali e
alteri gli equilibri.
«È vero che
una gestione unitaria fa vendere
all'estero il prodotto Sardegna -
dice Nizzi -. Ma d'altra parte una
sana competizione tra aeroporti è
necessaria. In caso contrairio la
politica potrebbe orientare i
flussi. Chi ha più forza potrebbe
scegliere per tutti. Come abbiamo
visto Cagliari ha ammazzato Alghero.
E ora che a Ryanair hanno portato
via i soldi a soffrire sarà anche
Cagliari».La differenza. Nizzi fa un
parallelo con i vicini corsi e la
loro continuità. «Credo che qualcosa
non funzioni - continua il sindaco -.
In Corsica hanno 9 collegamenti
in continuità territoriale per
350mila abitanti. È evidente che la
Sardegna deve chiedere di più al
governo.
Noi abbiamo solo Roma e
Milano. La Sardegna è distante dal
resto della penisola. È giusto
avere maggiori garanzie sul diritto
alla mobilità delle persone e
delle merci».Meridiana. Ma Nizzi è
per prima cosa il sindaco di Olbia
e guarda con grande attenzione a una
delle industrie che ha più
occupati in città, Meridiana. Dalle
indiscrezioni sul piano
industriale di Meridiana emerge la
volontà di creare un hub per i voli
internazionali a Malpensa. Nulla di
ufficiale, ma i rumors bastano per
creare l'allarme nell'isola.
Anche perché qualche settimana fa
era
filtrata la volontà da parte dei
vertici del Qatar di cambiare il nome
della società da Meridiana in Air
Italy. «Non credo ci sarà la fuga -
dice Nizzi -. A Cagliari con il
governatore Francesco Pigliaru e
l'assessore ai Trasporti Carlo
Careddu abbiamo incontrato i vertici di
Meridiana. Ci hanno garantito la
loro determinazione a mantenere cuore
e cervello a Olbia. Con le moderne
tecnologie credo che non sia molto
complicato. In ogni caso siamo
pronti anche ad azioni forti se si
trasferissero in una regione ricca
le maestranze e un'azienda
essenziale per la nostra economia.
È chiaro che Akbar Al Baker, ceo di
Qatar Airways, abbia una visione
globalizzata della nostra compagnia,
ma è essenziale che Meridana
mantenga le sue radici nell'isola.
Vigileremo anche dopo che il
ministro Delrio, in scadenza, non
ricoprirà più l'incarico. A noi
interessa che l'hub nazionale dei voli
a corto e medio raggio resti e
Olbia».
Cappellacci:
il Consiglio di Stato dà ragione a noi. Meloni: non
accettiamo
lezioni. Aerei e navi, è scontro tra Fi e Pd
SASSARI. Il dibattito sui trasporti
è come benzina sulla campagna
elettorale. Tutti i candidati si
muovono appena qualcosa si muove dal
Palazzo. L'intervista dell'assessore
Carlo Careddu sulla Nuova ha
subito stimolato la vis polemica del
coordinatore di Forza Italia Ugo
Cappellacci e del consigliere regionale
Marco Tedde. All'attacco a
testa bassa. Subito la risposta del
segretario Pd Giuseppe Luigi Cucca
e del consigliere regionale Giuseppe
Meloni. Nel mezzo Attilio Dedoni,
Riformatori, che nel mazzo dei tre
aeroporti prova a metterci altre
due carte. «Gli aeroporti sono 5, ci
sono anche Fenosu e Arbatax».
Cappellacci attacca: «Il Consiglio
di Stato su ricorso della giunta di
centro-destra ha dato ragione alla
Sardegna e che impone allo Stato la
partecipazione dell'isola alle
decisioni sulla continuità marittima.
Sono inaccettabili anche le
affermazioni sulla Ct2. Nel 2014 Pigliaru
e il Governo Renzi hanno cancellato
la continuità tra la Sardegna e le
rotte minori. Il pasticcio ha
mandato i tilt anche i numeri della
Ct1». Immediata la reazione di Meloni.
«Stupiscono le amnesie di
Cappellacci quando dimentica che a
proposito della continuità
territoriale marittima è stata
proprio la giunta da lui guidata ad
aver inanellato uno dei pasticci
epocali per i trasporti isolani come
il varo di una flotta sarda con
tanto di sontuoso viaggio inaugurale a
spese della collettività. Questa
operazione è costata il fallimento
della compagnia di navigazione
Saremar a causa della sanzione
comminata dalla Commissione Europea.
Per restare in tema di mare,
l'attuale contratto di servizio tra
Governo e Cin-Tirrenia firmato
dall'esecutivo Monti non ha visto le
barricate del Pdl che all'epoca
sosteneva lo stesso governo.
E non dimentichiamo che lo schema di
convenzione con la Tirrenia è stato
approvato nel 2010 da un decreto
dell'allora ministro dei Trasporti
del governo Berlusconi».
All'attacco di Careddu anche Marco
Tedde. «Il nuovo assessore, come
Pigliaru e Deiana, si ostina a
parlare genericamente di regia
aeroportuale regionale senza
specificare in cosa consista e,
soprattutto, qual è a suo modo di
vedere la mission dei singoli
aeroporti. A meno che la giunta
Pigliaru non tenga sottotraccia il suo
disegno per nascondere ulteriori
marginalizzazione dell'aeroporto di
Alghero». «La Regione è
costantemente impegnata a garantire la
mobilità dei sardi e a rivedere
l'intero sistema dei trasporti e della
continuità, nel rispetto delle norme
europee e nazionali - replica il
segretario Pd Giuseppe Luigi Cucca
-. Non accettiamo lezioni da chi ha
proposto un modello del tutto
fallimentare perché andava a vantaggio
delle compagnie aeree e non dei
sardi, e che ha compiuto operazioni
fantasiose con la continuità
marittima, generando un danno enorme alle
casse regionali».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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