La
Nuova
Psd'Az, 3
richieste al Pd E tra i Dem è toto seggio verso le elezioni
Il Pd ha rinviato a data da
desinarsi la direzione regionale convocata una settimana fa. Potrebbe essere un
buon segnale, vorrebbe dire che non sono finite in malo modo le trattative con
i possibili alleati fuori dal perimetro del centrosinistra e bisogna spettare.
Ma il rinvio potrebbe essere anche un pessimo presagio. Questo: le tre correnti
interne, renziani, popolari riformisti, e soriani sono lontane dall'accordo -
leggi a chi dovranno essere assegnati i posti sicuri, non più di tre - sulle
candidature per le Politiche di marzo.
Diverse indiscrezioni sostengono che
c'è un po' dell'uno e dell'altro. Perché per esempio solo domani, a Oristano,
il Consiglio nazionale del Psd'Az svelerà con quale fronte vuole allearsi, dopo
aver ricevuto una proposta anche dal centrodestra. Poi il secondo possibile
motivo del rinvio: fra i Dem sono di nuovo in molti a sgomitare per entrare in Parlamento.
Non sono solo deputati e senatori uscenti, una decina in tutto, ma anche altri
si sarebbero messi in corsa. Come Marco Meloni, soriano e lettiano allo stesso
tempo, che nel 2013 era stato candidato dalla segreteria nazionale in un
collegio della Liguria e lì aveva vinto.
Ora per lui non ci sarebbe più posto
sulla terra ferma e lo starebbe cercando in quella natale. Sostenuto da Soru,
punterebbe al collegio uninominale di Cagliari per la Camera: non è blindato,
ma con una aggressiva campagna elettorale, potrebbe riuscire a conquistarlo. Però,
secondo altri, se dovesse aumentare il carico dei pretendenti, salterebbe di
nuovo l'equilibrio fra le correnti. Quello ottenuto a fatica dal segretario
Giuseppe Luigi Cucca, con una mappa in cui ogni componente aveva, bene o male,
un posto abbastanza al sole in questa stagione di possibili vacche magre. Si
vedrà come andrà a finire sia la trattativa con gli alleati, Psd'Az in testa
dopo la strappo ormai definitivo col Partito dei sardi, sia la dialettica
interna.
Sardisti. All'incontro dell'altro
giorno, a Roma, con la segreteria nazionale del Pd, Christian Solinas non s'è
presentato a mani vuote. Sono tre le pregiudiziali poste da chi guida il
Psd'Az. Nei primi cento giorni della nuova legislatura nazionale, è
«indispensabile l'impegno formale che il Parlamento discuta e approvi una legge
di riforma dello Statuto speciale, con anche la tutela linguistica e
socio-culturale del sardo sul modello valdostano e altoatesino». Poi «dovranno
passare alla Sardegna le competenze primarie su bellezze naturali e beni
culturali con la regionalizzazione delle Sovrintendenze».
Un altro passaggio della richiesta è
stato ancora più dettagliato: immediata trattativa su entrate e accantonamenti,
trasferimento delle competenze, ora in carico allo Stato, sulla continuità
marittima territoriale e l'immediato avvio della zona franca nelle aree
portuali già individuate da una legge nazionale che risale alla fine degli anni
novanta. Per chiudere, con un nuovo
Piano di rinascita, il «riconoscimento da parte di tutti gli alleati del valore
politico, storico e culturale del sardismo» e «la presenza, in tutta Italia,
del nostro simbolo nei collegi proporzionali, con la possibilità di riportare i
candidati del Psd'Az in Parlamento». È molto o poco?
Preso atto del pacchetto, la
segreteria nazionale del Pd ha annunciato una risposta prima del Consiglio
nazionale dei sardisti di domani. È quindi possibile per oggi un vertice
riservato fra Cucca e Solinas. Sarà decisivo.Indipendentisti. Il Progetto per
l'Autodeterminatzione ha annunciato per domani, a Cagliari, la presentazione
del simbolo con cui si presenterà alle Politiche. Il giorno dopo, a Bauladu, è
stata convocata l'assemblea generale di partiti e movimenti della coalizione per
decidere le candidature. Sempre sul fronte indipendentista non si sa ancora se
il Partito dei sardi, dopo aver chiuso la porta al Pd, presenterà o meno delle
liste. Se lo dovesse fare, potrebbe aver trovato un alleato: è Progress, con
cui, in questi giorni, ha cominciato a dialogare su un «progetto comune di
convergenza nazionale». (ua)
In una
lettera 80 intellettuali e artisti chiedono la ricandidatura del senatore
Appello
per confermare Manconi
SASSARIUna lettera appello firmata
da 80 tra intellettuali, politici,
attori, personaggi dello spettacolo,
difensori dei diritti civili. Un
documento che chiede la
ricandidatura del senatore Luigi Manconi alle
Politiche. Il parlamentare in questa
legislatura ha portato avanti
battaglie fondamentali, dal fine vita,
al testamento biologico, alle
unioni civili, al reato di tortura,
Sono tanti i temi trattati da
protagonista da Manconi. Per questo
80 personalità chiedono una sua
riconferma. «Tappe essenziali, nel
cammino dell'affermazione di quei
diritti che riguardano tutti,
persone e collettività - riporta il
documento -. In ciascuna delle
conquiste che la XVII legislatura ha
lasciato alle donne e agli uomini di
questo Paese ha avuto un ruolo
importante, spesso decisivo, Luigi
Manconi, sia come promotore di
iniziative parlamentari, sia come
presidente della Commissione per la
tutela dei diritti umani del
Senato».
A seguire una sfilza di nomi:
Roberto Saviano, Pierluigi Battista,
Ermanno Olmi, Agnese Moro, Gad
Lerner, Gustavo Zagrebelsky, Valerio
Onida, Massimo Cacciari,
Alessandro Bergonzoni, Michela
Murgia, Dacia Maraini, Ilaria Cucchi,
Elena Cattaneo, Don Luigi Ciotti,
Giuliano Pisapia, Paolo Fresu,
Fiorella Mannoia, Sandro Veronesi,
Eugenio Finardi, Vittorio Emiliani,
Milly e Massimo Moratti, Cecile
Kyenge, Gianni Amelio, Paolo Virzì,
Moni Ovadia, Gherardo Colombo,
Valerio Mastandrea, Goffredo Fofi,
Oliviero Toscani, Ascanio Celestini,
Lucia Uva, Patrizia Moretti
Aldrovandi, Bianca Pitzorno. Ma sono
solo una parte di un lungo elenco
che chiede la riconferma di Manconi.
«Per rendere la nostra democrazia
più ricca e più compiuta, molto
resta ancora da fare.
Il voto popolare del 4 marzo sarà
un'occasione decisiva per affrontare tutte le
questioni legate ai nodi
fondamentali del nostro vivere civile.
Riteniamo importante che Luigi
Manconi possa proseguire nella prossima
legislatura il suo lavoro
istituzionale, sempre condotto con spirito
pluralista, a tutela dei diritti
umani e delle minoranze e nel
rispetto del più rigoroso garantismo».
liberi e
uguali
I
consiglieri non si candidano Solo Lai sembra tentato
CAGLIARI
Liberi e Uguali è alle battute
finali per liste. All'inizio della
prossima settimana il garante
nazionale dirà quali saranno, in
Sardegna, i 21 candidai della coalizione,
ci sono dentro Mdp,
Possibile e Sinistra italiana,
guidata dal presidente del Senato
Pietro Grasso. Ci sarebbe stata già
una prima scrematura rispetto alla
rosa, con una trentina di nomi,
proposta dall'assemblea regionale. Ad
esempio avrebbero fatto un passo
indietro i consiglieri regionali
Daniele Cocco, Luca Pizzuto e Paolo
Zedda così come qualche giorno fa
l'assessore alla cultura Giuseppe
Dessena. A questo punto in campo
dovrebbe restare solo Eugenio Lai,
vicepresidente del Consiglio
regionale, che però dovrà ottenere
una deroga speciale.
Il regolamento
di Liberi e Uguali prevede
l'incompatibilità della candidatura per i
consiglieri regionali in carica.
Intanto il segretario regionale di
Sinistra italiana, Antonello
Licheri, fa sapere che il suo nome non è
fra le proposte di candidature per
le Politiche. «Sinistra italiana -
scrive - s'è sforzata invece di
coinvolgere nella prossima campagna
elettorale personalità di rilievo
della società sarda e infatti la
direzione regionale ha affidato a
Salvatore Multinu, il compito di
guidare il partito nella delegazione
dei candidati».
Unione
Sarda
Pd, la
carica degli uscenti e i nomi nuovi Lotta tra correnti per un
posto in
lista. Con nove collegi uninominali (sei alla Camera e tre al Senato) la
corsa
presenta molti ostacoli
Con nove collegi uninominali (sei
alla Camera e tre al Senato) di
blindato stavolta resta poco, e quel
poco - i due proporzionali alla
Camera e l'Unico al Senato - in
teoria andrebbe diviso in modo equo
fra tre correnti: Cabras-Fadda,
renziani, soriani. Il Pd parte
sfavorito per le politiche del 4
marzo, e tra i sardi uscenti - tre
senatori ( Giuseppe Luigi Cucca,
Ignazio Angioni, Silvio Lai ) e otto
deputati ( Emanuele Cani, Romina
Mura, Giovanna Sanna, Caterina Pes,
Giampiero Scanu, Francesco Sanna,
Siro Marrocue Marco Meloni ) -
qualcuno potrebbe non farcela. Anche
perché stavolta correranno per
vincere anche i consiglieri
regionali Gavino Manca - renziano,
vicinissimo al ministro dello Sport,
Luca Lotti - e Franco Sabatini ,
renziano di ferro pure lui.
Il primo ha ipotecato uno dei
collegi sicuri, il proporzionale Nord
Sardegna (al secondo posto si
potrebbe trovare l'uscente Giovanna
Sanna), Sabatini potrebbe ottenere
invece una candidatura
nell'uninominale di Nuoro-Oristano
per la Camera.
TRATTATIVE SERRATE Le trattative
proseguono serrate a Cagliari, ma
alla fine sarà Roma a decidere.
Anche per questo la direzione
regionale in programma domani a
Oristano è stata rinviata a dopo la
direzione nazionale di martedì 16.
Poi, fino alla presentazione delle
liste il 29, resteranno un'altra
decina di giorni per completare gli
incastri. Il secondo collegio
sicuro, il proporzionale Sud Sardegna,
dovrebbe essere a disposizione di
Romina Mura (area Cabras-Fadda).
Si tratta di un posto da capolista
ambito anche dai soriani: Francesco
Sanna , per esempio, o anche Marco
Meloni , il deputato eletto fuori
dall'Isola nella precedente tornata
e molto vicino all'ex premier
Enrico Letta , ma anche al
segretario provinciale del Pd, Giovanni
Lilliu . Il terzo collegio sicuro è
quello del proporzionale unico al
Senato dove dovrebbe approdare il
segretario regionale del partito,
Giuseppe Luigi Cucca (renziano). Al
secondo posto dietro il
segretario, non è escluso che Renato
Soru proponga il nome di una
donna, nella fattispecie la sindaca
di Pula Carla Medau .
IL SALTO DI GANAU Negli altri
collegi uninominali della Camera,
partendo dal nord, il presidente del
Consiglio regionaleGianfranco
Ganau potrebbe accettare di giocare
la sua partita a Sassari, per
Olbia si fanno i nomi dell'uscente
Giampiero Scanu , dell'assessore ai
Trasporti Carlo Careddu e del
consigliere regionale Giuseppe Meloni .
Oristano potrebbe essere il collegio
dell'uscente Caterina Pes ,
Carbonia di Emanuele Cani. E poi c'è
Cagliari. Qui - se nei tre sicuri
i nomi fatti non dovessero essere
confermati - potrebbe anche correre
la sindaca di Sadali Romina Mura, o
gli stessi Marco Meloni e
Francesco Sanna. O un nome non del
Pd, qualcuno considerato in grado
di prendere tanti voti. Per esempio
l'assessora della Giunta Zedda,
Francesca Ghirra , la più votata a
Cagliari alle precedenti elezioni
comunali. A conti fatti, l'alleanza
con i progressisti che fanno capo
al sindaco di Cagliari è l'unica
andata sinora in porto.
LA CONFERMA DI URAS E sono in corso,
infatti, trattative serrate che
dovrebbero convergere in una
candidatura da capolista nel collegio
uninominale Cagliari-Carbonia del
Senato per l'uscente Luciano Uras .
Un posto, il suo, ambito anche
dall'altro senatore uscente, ma del Pd,
Ignazio Angioni . Restano gli
uninominali al Senato di Sassari-Olbia e
Oristano-Nuoro. Nel primo dovrebbe
correre quasi sicuramente Silvio
Lai , il secondo resta un'incognita.
Potrebbe essere candidata
Caterina Pes , se decidesse di
correre per il Senato, oppure - sempre
per il fatto che i tre sicuri
dovrebbero essere distribuiti equamente
tra le correnti - potrebbe diventare
il collegio di Cucca, anche se è
difficile che il segretario
regionale non sia capolista nel collegio
unico del Senato.
Roberto Murgia
Candidati
M5S, deciderà la “rete”
La
mannaia della «doppia esperienza». L'uscente Bianchi: «Dispiace non
poter
continuare». Ancora silenzio sulle parlamentarie: 340 gli aspiranti onorevoli
Sono 340 le autocandidature sarde
per le parlamentarie del Movimento 5
stelle. È una delle poche certezze
insieme al fatto che tra questi ci
sono i parlamentari uscenti, tranne
Manuela Serra , fuori dai giochi
per scelta personale, e Nicola
Bianchi , che paga il rigido
regolamento dei due mandati. Non
presenta l'autocandidatura il sindaco
di Assemini e coordinatore della
campagna elettorale, Mario Puddu .
Per il resto, tra i pentastellati
c'è il mandato del silenzio, a causa
di un regolamento severo che può
compromettere la candidatura.
IN ATTESA Ancora incerta la data
delle parlamentarie: «Le
autocandidature sono al vaglio dello
staff di Luigi Di Maio che
valuterà se le persone sono in
possesso dei requisiti richiesti», dice
Puddu. Infatti, prima di ricevere
ufficialmente l'investitura, è
necessario superare due passaggi. Il
primo è la verifica dello staff
del candidato premier, il secondo le
votazioni in rete. Discorso
diverso per quanto riguarda la
scelta per i collegi uninominali, visto
che i grillini potrebbero decidere
di puntare su persone non
necessariamente iscritte al
Movimento 5 Stelle. Intanto ancora nessuna
novità sull'arrivo di Di Maio in
Sardegna per una visita che durerà
due giorni.
SECONDO GIRO Dopo l'esperienza alla
Camera, Emanuela Corda e Andrea
Vallascas ci riprovano, così come il
senatore uscente Roberto Cotti .
I tre parlamentari hanno presentato
l'autocandidatura che verrà
comunque valutata e proposta al
popolo della rete.
IL REGOLAMENTO Il deputato Nicola
Bianchi , non ha potuto presentare
la sua candidatura a causa di una
breve esperienza nel consiglio
comunale di Sennori che supera il
limite del doppio mandato. «È il
regolamento e va rispettato. Mi
dispiace è non poter proseguire le
battaglie di questi cinque anni, ma
so che chiunque verrà dopo saprà
fare bene». Il deputato prende atto
del regolamento, così come Puddu
che, però, si lascia andare a
qualche considerazione: «È giusto
frenare l'effetto carriera,
rispettiamo totalmente il regolamento, ma
forse dovremmo fare una riflessione
in più sul significato di doppio
mandato».
GLI OBBLIGHI Per ottenere il via
libera alla prova della rete gli
aspiranti devono possedere una serie
di requisiti. Non devono
ricorprire cariche in qualche
amministrazione, (a meno che la scadenza
del mandato non sia in primavera),
devono essere attivisti e avere la
fedina penale pulita. Su questo
aspetto, chiunque sia a conoscenza di
indagini o procedimenti penali a
proprio carico, dovrà fornire i
documenti relativi ai fatti
contestati e una breve relazione
illustrativa dei fatti.
BOCCHE CUCITE Nei giorni scorsi
qualche nome è trapelato da un post
del consigliere comunale di
Cagliari, Pino Calledda. Tra i vari
aspiranti alla Camera, c'è il
selargino Anthony Patta , 31 anni che ha
annunciato la sua decisione sul
Facebook come ha fatto anche Michele
Ciusa , annunciando con un post la
sua decisione. Qualche nome è stato
fatto anche per i senatori, c'è la
pedagogista, Antonella Congiu,
Carla Cruccu, il funzionario
dell'Inps, Davide Chitti , il libero
professionista nel settore
medico,Luciano Congiu. Poi, ancora, Teresa
Diana, Marcella Melis, Simone
Gianardi, Andrea Maria Pirro e Andrea
Ruggeri.Dopo la pubblicazione del
post, però, sono esplose le
polemiche per la fuga in avanti. E
così sugli aspiranti parlamentari è
calato di nuovo il silenzio.
Matteo Sau
Autodeterminatzione
Presentazione
del simbolo e assemblea
Il simbolo del Progetto
Autodeterminatzione - composto dai movimenti
Rossomori, Sardegna Possibile,
Sardigna Natzione, Irs, Liberu, Sardos,
Comunidades e Gentes -, adottato in
vista delle elezioni politiche del
4 marzo, sarà presentato domani a
Cagliari, nel corso di una
conferenza stampa (alle 10.30)
all'Hotel Regina Margherita. Domenica,
nella Biblioteca di Bauladu, dalle
10, si terrà invece una assemblea
aperta promossa dall'associazione
Sardos, con tutti gli altri soggetti
della coalizione.
Nel corso della riunione attivisti,
iscritti e simpatizzanti
dibatteranno su momento politico,
indirizzi programmatici e ipotesi di
candidature.
La
Nuova
Forse
accordo Pd-LeU nel Lazio, più difficile in Lombardia
Grasso e
Bersani tentano di superare i veti contro Gori
La
sinistra è divisa Alleanze a metà di Lorenzo Attianese
Mai più canone, tasse universitarie,
Jobs Act e così via, fino a
centinaia di leggi. La campagna
elettorale 2018 si è aperta a suon di
promesse sull'abolizione di imposte
e provvedimenti inseriti dai
precedenti governi. E gli annunci
dei partiti hanno scatenato il web.
Che risponde con ironia: in una
sorta di fai-da-te della cancellazione
di ciò che è più sgradito,
attraverso l'hashtag #abolisciqualcosa
ognuno sogna di eliminare le
abitudini, i comportamenti e gli obblighi
più sgraditi. E il M5S ha aperto un
sito ad hoc per raccogliere
proposte di leggi da abolire dopo
aver annunciato che taglierà 400
atti normativi.
Al momento sono arrivate 131
proposte. L'elenco di
leggi e tasse a cui si darà
battaglia, da cui emergono le distinte
proposte dei vari partiti (e alcuni
dietrofront), aumenta giorno dopo
giorno con l'avvicinarsi del voto.
Ecco i principali: Canone Rai: Il
Partito Democratico è per
l'abolizione del canone Rai nella prossima
legislatura. Un provvedimento -
sostiene il Pd - che è «da sempre» sul
tavolo delle proposte dei Dem. Tasse
universitarie: Liberi e Uguali ha
lanciato l'abolizione delle tasse
universitarie, una misura che
«costerebbe 1,6 miliardi». Vaccini e
imposte su sigarette
elettroniche: La Lega si è scagliata
contro l'obbligo dei vaccini.
«Cancelleremo le norme Lorenzin.
Vaccini sì, obbligo no. E via la
tassa assurda sulle sigarette
elettroniche», ha detto Matteo Salvini.
Legge Fornero: Silvio Berlusconi si
è detto d'accordo con la Lega
sull'eliminazione di alcune parti
della legge Fornero.
Aveva anche annunciato la cancellazione del
Jobs Act, salvo poi ricredersi. Le 400
leggi e i finanziamenti
all'editoria: Luigi Di Maio ha rilanciato con
una pioggia di abolizioni: ben 400
leggi da cassare e persino un sito
www.leggidaabolire.it. Tra
queste, lo spesometro e gli studi di
settore, oltre ai finanziamenti
all'editoria. Buona scuola: Tra le
proposte leghiste, c'è l'abolizione
della Buona Scuola, la riforma
approvata dal governo Renzi.
#aboliamoqualcosa, ironia dei social: Gli
argomenti sono stati serviti sul
piatto d'argento al banchetto
casereccio dei social. La maratona
parallela delle abolizioni partita
dietro l'hashtag #aboliamoqualcosa è
diventata trend topic su
Twitter.di Serenella Mattera
wROMA Ritrovarsi alleati, ma solo a
metà.
Insieme nel Lazio, nel nome di
Nicola Zingaretti. Divisi in Lombardia,
sul renziano Giorgio Gori. È lo
scenario che sembra profilarsi a
sinistra, in vista dell'election day
di marzo. Il Pd e gli «ex» di
LeU, divisi alle politiche, stanno
cercando una difficile intesa nelle
due Regioni al voto. Per un'alleanza
si sono spesi i «padri» Romano
Prodi e Walter Veltroni. «Faremo di
tutto», ha assicurato Pier Luigi
Bersani. E nella direzione
dell'unità, che potrebbe essere viatico
anche di un dialogo nazionale dopo
il voto, spinge il leader di Liberi
e uguali, Pietro Grasso. Oggi, dopo
due assemblee di LeU in Lazio e
Lombardia, sarà ufficializzata la
decisione.
E niente viene dato per
scontato. Ma se nel Lazio l'intesa è
a un passo, in Lombardia pesano
il veto di SI e degli esponenti
locali di Mdp. Nicola Fratoianni
ribadisce il «no» di Sinistra italiana
a Giorgio Gori in Lombardia, è
più possibilista su Zingaretti.
Pippo Civati è scettico su entrambi ed
è decisamente contrario a dire un sì
e un no. Ma nonostante l'appello
per l'alleanza della Cgil, le
resistenze più difficili da scalfire
sono quelle locali: «Non ci sono
margini per riaprire la discussione»,
taglia corto Onorio Rosati, che
potrebbe essere nominato candidato di
LeU alla presidenza. Fino all'ultimo
si cercherà un'intesa, tanto che
c'è chi ipotizza in Lombardia una
forma di desistenza. Ma se i segnali
in politica contano, la presenza di
Fratoianni tra i lombardi e la
possibile presenza di Grasso
all'assemblea laziale di LeU, sembrano
indicare un orientamento nel primo
caso verso un «no» al Pd, nel
secondo caso verso il «sì». Dal Pd
guardano a Grasso. «Siamo un
progetto politico plurale, è normale
che ci siano posizioni diverse.
Ascoltiamo le indicazioni del
territorio, poi decideremo», dice il
presidente.
E per un'intesa spingono sia Enrico
Rossi che Bersani («Ma
no - precisa quest'ultimo - a
un'ammucchiata o un accordo tra gruppi
dirigenti»). Il Dem Ettore Rosato
plaude: «Una sinistra divisa non fa
gli interessi dell'Italia, vogliamo
assicurare un governo al Paese e
alle Regioni». E a favore di
un'intesa su Zingaretti, per la sinistra,
ben depone la scelta di farsi
sostenere da una lista centrista, ma
senza la sigla Civica popolare di
Lorenzin. Ma i vertici Dem non danno
niente per scontato. Matteo Renzi,
che trascorre il 43esimo compleanno
in famiglia, non si sbilancia. Ma,
in chiave nazionale, punzecchia gli
avversari ricordando quanto aiuti
gli avversari il fatto che Massimo
D'Alema «se ne sia andato dal Pd e
abbia fondato il suo partito».
«Nelle nostre liste avremo non
Bersani, ma Cuperlo, Orlando, Fassino»,
elenca per contrapposizione.
E invita i Dem all'ottimismo: «Oggi
siamo
dati da alcuni al 23%, da altri al
26% a causa delle divisioni, ma il
clima per noi sta cambiando perché a
destra volano gli stracci ed
emerge l'incapacità dei Cinque
stelle». Il segretario è al lavoro su
un programma da cui emerga la
«serietà» della proposta Dem e su liste
in cui spicchi la forza della sua
classe dirigente. Ma ha scelto di
non mettere in scena una battaglia
fratricida nel collegio «rosso» di
Bologna: a Pier Luigi Bersani, la
coalizione Dem dovrebbe contrapporre
l'alleato Pier Ferdinando Casini.
La direzione del partito convocata
per il 16 indicherà le deroghe per
chi abbia superato i 15 anni di
mandato: potranno ricandidarsi i
ministri (ma dovrebbero scegliere di
non farlo Giuliano Poletti e Anna
Finocchiaro), i capigruppo (si parla
del collegio Roma 1 per il Senato
per Luigi Zanda) e chi abbia ruoli
istituzionali come il vicepresidente
della Camera Roberto Giachetti.
In Campania, Renzi festeggia il sì
alla candidatura del medico Paolo
Siani e potrebbe schierare Marco
Minniti. Mentre un collegio in Friuli
dovrebbe andare a Riccardo Illy,
assolto in appello dalla Corte dei
Conti per la vendita di un'ex
caserma.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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