Senato,
le scommesse del nord: porti, turismo e spopolamento Circoscrizione ampia: da
Sassari alla Gallura, alla Baronia e all'alto Nuorese.
Per staccare il biglietto per il
Senato, i dieci candidati nel collegio uninominale di Sassari dovranno
conquistare il gradimento dell'elettorato di tutto il nord Sardegna. Perché se
è vero che il Rosatellum fa riferimento al capoluogo turritano, lo è altrettanto
il fatto che l'area di questo collegio è molto più vasta, va da Porto Torres
alla Maddalena, da Sassari a Olbia fino a Orosei. Tra temi e interessi
differenti, realtà varie e, in qualche caso, contrapposte, gli elettori
dovranno scegliere il loro rappresentante a Palazzo Madama.
IL TERRITORIO La gran parte
dell'area di questo collegio è occupata dalla Provincia di Sassari e in minima
parte da quella di Nuoro. Sono 106 in totale i Comuni che lo costituiscono, di
cui la maggior parte (92) rientrano nell'amministrazione sassarese, mentre solo
14 sono sotto il controllo del capoluogo barbaricino. Questo collegio è il secondo
dei tre per numero di abitanti, raggiungendo una quota di 518.138 residenti.
INGLOBATI C'è anche la Gallura: fino
a poco tempo fa era una Provincia, con una propria autonomia. Dopo
l'abolizione, nel territorio c'è stata molta insofferenza per il rientro sotto
la giurisdizione di Sassari, più volte rimarcata dai rappresentanti del territorio,
sia durante il dibattito in Consiglio regionale sulla riorganizzazione degli
enti locali, sia per la scelta della sede dell'Autorità portuale unica della
Sardegna. Non è un mistero che la Gallura vorrebbe una propria autonomia che la
zona omogenea di Olbia-Tempio non riesce a garantire.
I TEMI Avere due aree così diverse,
non semplifica la sintesi degli interessi comuni di questo territorio così
vasto. A Ovest c'è la zona urbana di Sassari, seconda città della Sardegna che,
dopo aver rinunciato allo status di Città metropolitana è riuscita a ottenere
la sede dell'Ats, azienda unica sanitaria. Attorno a Sassari c'è un agro molto
esteso e con scarsa densità di popolazione, che si spinge fino ad Alghero,
punto di riferimento turistico di questa costa. A est, invece, da Santa Teresa
Gallura fino a Orosei, il collegio comprende quella parte di Sardegna che
storicamente ha basato la propria economia soprattutto sul turismo di prima
fascia. Insieme agli elettori di queste zone, voteranno anche quelli di Bitti e
Lula, di Irgoli e Torpé: realtà diverse, con problematiche differenti dalle zone
costiere e che necessitano risposte diverse. Perché è innegabile che questi
paesi debbano convivere con problemi di spopolamento e abbandono dei presìdi
statali.
COME SI VOTA Sarà eletto al Senato
chi otterrà anche un solo voto in più dei diretti avversari. Si può votare
tracciando il segno direttamente sul nome del candidato, che sarà riportato
sopra il simbolo del partito o dei partiti che lo sostengono. In questo caso il
voto sarà assegnato sia al candidato dell'uninominale sia al partito di
riferimento. Nel caso di più liste, la preferenza verrà ripartita sulla base
del risultato complessivo. L'altra possibilità per esprimere il proprio voto,
anche al candidato dell'uninominale, è tracciando un segno sul simbolo della
lista o su una delle liste che sono collegate. Per la sfida all'uninominale non
è prevista la soglia di sbarramento e il seggio va a chi ottiene il maggior
numero di voti.
I CANDIDATI Sarà il presidente del
Consiglio regionale, Gianfranco Ganau , il candidato per il centrosinistra in
quota al Partito democratico. Prima di presiedere la massima assemblea sarda,
Ganau è stato sindaco di Sassari per due mandati sino all'elezione in Consiglio
regionale. Punta su un sassarese anche il centrodestra che sarà rappresentato
in questo collegio, dal giornalista Antonio Moro, candidato di Lega e Psd'Az. È
una scrittrice e poetessa di Posada la candidata del Movimento 5 Stelle,
rappresentato da Maria Vittoria Bogo. Liberi e Uguali, invece, ha deciso di candidare
Domenico Serra, ex sindaco di Mores per due mandati. Marina Piras , 62 anni,
dirigente pubblica è la candidata del Progetto Autodeterminatzione. Piras vive
a Sassari e svolte la funzione di segretario generale nei Comuni di Ozieri e
Bono.
Potere al popolo ha deciso di
puntare su Andrea Lai, 40 anni, dirigente di Rifondazione. Lai è un impiegato
amministrativo precario, nell'ambito dei servizi per l'impiego. Per quanto
riguarda il Popolo della famiglia, il candidato è Antonio Casini , mentre per il
Partito Valore umano in campo c'è Marie Papaspyropoulos . Il Partito comunista
schiera Bruno Fiori , mentre per Caspound nel collegio uninominale di Sassari,
in corsa c'è Luigi Umberto Todini.
Matteo Sau
Unione
Sarda
SASSARI
I
senatori eletti nel 2001 - Dettori e Mulas vinsero le battaglie a
Sassari e
Olbia
Alle elezioni del 2001, le ultime
alle quali si è votato con i collegi
uninominali, il contesto del nord
Sardegna era decisamente diverso.
Sassari e Olbia facevano parte di
due collegi distinti e non accorpati
come prevede, invece, il Rosatellum.
In entrambi i collegi, furono
eletti i due più votati per effetto
del ripescaggio dei migliori
risultati.
ULIVO VINCENTE Nel collegio di
Sassari, Bruno Dettori, candidato
dell'Ulivo, la coalizione di
centrosinistra, vinse la sfida alla conta
dei voti raggiungendo il 40,7% delle
preferenze. Una vittoria con un
distacco minimo rispetto
all'esponente del centrodestra, allora Casa
delle libertà, Pasqualino Lorenzo
Federici che, con 59.372 preferenze
raggiunse il 39,7% dei voti.
Entrambi riuscirono a staccare il
biglietto per Palazzo Madama
IL CENTRODESTRA Differente il
risultato nel collegio di Olbia che
consegnò la vittoria
dell'uninominale al candidato dellla Casa delle
libertà, Pino Mulas che raggiunse il
44,1% delle preferenze, grazie a
un bottino di 59.828 voti. Secondo
arrivò il candidato dell'Ulivo,
Nino Murineddu, che grazie a 56.584
voti, pari al 41,7% venne eletto
in sede regionale con il ripescaggio.
In entrambi i collegi si
presentarono diverse liste. A Olbia,
Sardigna Natzione e Psd'Az,
candidarono Gavino Sale, che
conquistò la terza posizione. Nel
collegio di Sassari, invece, al
terzo posto arrivò Franco Luigi Satta,
candidato con la Lista Amadu. (m.
s.)
«Scuola,
così non va bene» - I candidati alle Politiche bocciano
l'ultima
riforma
Mura
(Pd): commessi alcuni errori. Marcialis (Leu): servono investimenti
All'assemblea convocata dagli
insegnanti erano invitati in otto,
appartenenti ai vari schieramenti
politici. Alla fine si sono
presentati tutti. «Certo», dice una
professoressa seduta in prima
fila, «siamo in campagna
elettorale». Al grido di allarme lanciato
dalla scuola, che oggi scende in
piazza per lo sciopero generale
indetto dai sindacati di base, i
candidati alle Politiche del 4 marzo
rispondono compatti.
AULA MAGNA Clima teso, soprattutto
per alcuni, nell'aula magna
dell'Istituto De Sanctis, a
Cagliari: cosa prevedibile, visto che il
tema principale è rappresentato
dalle storture provocate dalla Buona
scuola. Ovvero: docenti trasferiti
fuori regione, e più in generale
«quel grande piano», dice Andrea De
Giorgi, Cobas, «che ha peggiorato
la scuola». «So che qui non
raccoglierò voti», afferma Romina Mura,
parlamentare uscente del Pd. «Io
quella riforma l'ho votata e so bene
che alcuni errori sono stati
commessi. Ma le riforme buone sono solo
quelle che restano nei cassetti.
Quindi se mi chiedete da cosa dovremo
ripartire, rispondo dalla Buona
scuola, sapendo che alcune cose sono
da correggere».
Con il suo complicato meccanismo, la
Buona scuola che
divideva le fasi di assunzione in A,
B, C, ha creato il famoso
pasticcio dei “docenti deportati”,
salvati un anno fa con le cattedre
di sostegno ma non quest'anno dopo
che la ministra Fedeli ha imposto
il divieto ai non specializzati per
poi ritrovarsi costretta ad
assegnare quelle cattedre a docenti
che non soltanto non erano
specializzati ma che neppure avevano
un'esperienza sul sostegno.
IL DIBATTITO «Un'assurdità che
dobbiamo risolvere, ricontrattando con
il ministero il numero dei posti
disponibili assegnati alla Sardegna
per i corsi di formazione», dice
Maria Lucia Andria, Forza Italia.
«Sulla scuola siamo stati incapaci
di aprire a livello governativo una
vertenza Sardegna», aggiunge Pierina
Chessa, di Potere al Popolo.
«Tutti i docenti sardi devono
restare in Sardegna», spiega Luciano
Uras, candidato con Centro Sinistra.
«Io la legge sulla Buona scuola
non l'ho votata», sottolinea. «Qualcuno
però l'ha voluta e votata»,
dice Gianni Marilotti, docente di
filosofia e candidato con i 5
Stelle. «È inutile che chi l'ha
fatto se la cavi dicendo che nel
programma di governo sono previsti
accorgimenti», spiega. «Quella
riforma è stata un fallimento e,
nonostante l'eroismo dei docenti, ha
peggiorato la qualità
dell'istruzione. Per questo motivo, noi la
cancelleremo in toto», aggiunge. «È
da tempo che i governi umiliano la
scuola pubblica. Se non si ridà
dignità al lavoro dei docenti, non
avremo mai qualità», afferma
Stefania Lilliu, Progetto
Autodeterminatzione.
L'AFFONDO «La Buona scuola è una
riforma gerarchica e autoritaria»,
sottolinea Yuri Marcialis, di Liberi
e Uguali, «occorrono investimenti
importanti mentre finora sono
aumentati quelli per le spese militari».
I professori presentano ai candidati
un documento con cui avanzano
alcune proposte. «Nel nostro
programma proponiamo di reintrodurre
l'educazione civica e grande
attenzione avremo per la scuola primaria,
perché è da lì che comincia la formazione»,
conclude Federico Ibba di
Civica Popolare.
Mauro Madeddu
L'appello:
votate
Gentiloni:
«Ora serve serenità»
ROMA Ci sarà Paolo Gentiloni dopo
Paolo Gentiloni? Il diretto
interessato, per la prima volta nel
salotto di Bruno Vespa da
presidente del Consiglio, si
schermisce, ma nemmeno troppo. «Fa
piacere naturalmente l'apprezzamento
di persone così importanti - dice
ricordando le parole di Romano Prodi
e quelle, arrivate ieri, di
Giorgio Napolitano - dopodiché
direi: da Gentiloni alle elezioni. Io
ho fatto un pezzo di strada, in
fondo il mio incarico era questo».
Adesso, la più volte auspicata
«conclusione ordinata della
legistlatura» è all'orizzonte, tra
10 giorni: «Che gli italiani votino
non lo considererei superfluo»,
dice.
Ecco allora che il premier rivendica
le cose fatte, i risultati
ottenuti anche grazie a quel «passo
dell'alpino» che lo ha
caratterizzato in oltre un anno di
governo e che secondo lui «in
politica serve di più». Però,
sottolinea quasi a volersi scrollare di
dosso un'immagine troppo quieta, «se
serve una corsa alla bersagliera
la facciamo.
Adesso la corsa che raccomando a
tutti è quella al voto.
Non pensiamo che i giochi siano
tutti fatti, il voto conta, eccome».
«Mi chiamano “er moviola”? - scherza
infine - non è una caratteristica
fisica, c'è un disegno politico
dietro. C'era bisogno di un messaggio
rassicurante, di stabilità. L'Italia
si stava riprendendo. La politica
ha bisogno di serenità e di umiltà».
La
Nuova
Renzi
«Fino ai diciotto anni 240 euro per figlio»
La
ricetta del segretario del Pd: attenzione ai giovani e al lavoro stabile
Per
l'isola resta al centro l'impegno sui trasporti e sulla crescita del turismo
di Luca Rojch
SASSARI
Partito di governo e di lotta. Per
la sopravvivenza. La strana
campagna elettorale del Pd è tutta
nel paradosso di trovarsi a
governare, Stato e Regione, ma di
dovere inseguire centrodestra e 5
Stelle. Almeno era così fino a
qualche settimana fa nei sondaggi. L'ex
premier Matteo Renzi guida la carica
del centrosinistra. Il Partito
democratico ha messo sul campo la
sua potente macchina elettorale e
lavora per ribaltare i sondaggi. Il
Pd ha puntato su una campagna più
orientata a raccontare quello che si
è fatto nei 5 anni di governo,
che a fare promesse mirabolanti.
I Dem sono entrati al governo nella
notte nera della crisi e si trovano
ora a cavalcare una ripresa
economica che potrebbe dare gambe ed
energia alla proposta del
centrosinistra. Dopo anni crescono
occupazione, pil e fatturati delle
imprese. Segnali che l'Italia è
uscita dal tunnel. Almeno ci prova. E
anche in Sardegna arrivano i segnali
della ripresa economica. Renzi,
che non è ancora venuto nell'isola
per la campagna elettorale, mostra
ottimismo e sulla Sardegna affronta
i temi chiave come i trasporti,
l'occupazione, il turismo e
l'industrializzazione. Punti fondamentali
da cui parte la proposta del Pd. Una
campagna elettorale tra promesse
ed estremismi, a cui voi cercate di
contrapporre le cose fatte. Non ha
paura che la gente possa non
comprendere questa vostra scelta?«Sono
convinto che gli italiani sapranno
scegliere sulla base dei fatti non
lasciandosi suggestionare da
promesse mirabolanti.
In questi anni di
governo del Partito Democratico
siamo riusciti a portare l'Italia
fuori dalla più grave crisi dai
tempi del dopoguerra. C'è ancora tanto
da fare ma non possiamo vanificare
gli sforzi fatti fino a oggi. Le
proposte della destra e del M5S sono
da paese dei balocchi: Berlusconi
punta su una Flat Tax che oltre a
non essere minimamente sostenibile
dal bilancio dello Stato è
profondamente ingiusta e favorirebbe
solamente i più ricchi. I grillini
promettono un reddito di
cittadinanza dal costo esorbitante e
che soprattutto, così come
impostato, non sarebbe altro che una
misura assistenziale senza alcuna
prospettiva per le persone. Bisogna
creare lavoro.
Per questo partendo
da 100 cose fatte noi proponiamo
agli italiani 100 impegni concreti.
Come sostegno alle famiglie con 240
euro per ogni figlio fino ai 18
anni, pari dignità a tutti i
lavoratori con il salario minimo legale,
l'estensione degli 80 euro anche
alle partite Iva e ai lavoratori
autonomi, riduzione fiscale del 12
per cento a chi assume a tempo
indeterminato perché il lavoro
stabile vale di più e quindi deve
costare di meno, e un aiuto concreto
a tutti gli under 30 per pagare
l'affitto quando escono di casa».
Sembra difficile che da questo voto
esca un partito capace di governare
da solo. Siete pronti a qualsiasi
tipo di accordo? E pensate a una
grosse koalition o secondo lei si
deve ritornare subito al voto?«Il
nostro obiettivo è di essere il
primo gruppo in Parlamento. Una
sfida giocata tutta con il Movimento 5
Stelle, che da anni accusa tutta la
classe politica al grido "onestà"
e ora hanno scoperto che anche tra
di loro ci sono dei truffatori e
meschini opportunisti. Poi sarà il
Presidente della Repubblica a
indicare chi avrà il compito di
formare il nuovo governo. Le grandi
coalizioni negli altri paesi europei
funzionano quando si uniscono
forze moderate. Berlusconi è alleato
con Meloni e Salvini, con chi è
contrario all'euro, propone i dazi
sulle esportazioni e ha come
riferimento la Le Pen. Il Partito
Democratico non può stare al governo
con gli estremisti».
Berlusconi ha promesso sei anni
senza tasse per
chi assume in Sardegna. Secondo lei
è possibile? E quale è la ricetta
del Pd per incrementare i posti di
lavoro in una delle regioni con il
più alto tasso di
disoccupazione?«Berlusconi in questi giorni propone
un sacco di cose che promette da
anni e non ha mai realizzato oppure
cose che il nostro Governo ha già
fatto, come i nuovi contratti per le
forze dell'ordine.
La ricetta del Pd è lavoro, lavoro,
lavoro. E dopo
aver incrementato il numero degli
occupati di un milione, ora il
nostro impegno è indirizzato a dare
incentivi a chi assume a tempo
indeterminato». Si parla di una
possibile leadership di Gentiloni alla
guida del governo. Cosa ne
pensa?«Gentiloni è una delle punte della
grande squadra che il Partito
Democratico ha messo in campo. Vedremo.
A me interessa che il prossimo
Presidente del consiglio sia del Pd e
sono molto preoccupato che a Palazzo
Chigi arrivino Salvini o Di
Maio».Il referendum del 4 dicembre
2016 è stato uno spartiacque.
Rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«Rimango convinto della bontà di
quel referendum e del sistema
istituzionale che avrebbe portato. Se
avessero vinto i sì oggi non mi
avrebbe fatto la domanda su cosa
succede dopo il 4 marzo. Dopo di che
gli italiani si sono espressi e
io ho talmente rispetto del loro
voto che non a caso mi sono candidato
al Senato». Come giudica la scelta
dei presidenti di Camera e Senato
scelti dal Pd che si candidano
contro il Pd?«Non ho scelto io la
divisione del centrosinistra e non
ho certo gioito quando è avvenuta.
Però ognuno si deve assumere le sue
responsabilità. Una cosa è certa:
ogni voto dato al partito di D'Alema
è un voto che favorisce il
centrodestra e gli estremisti».
Cosa si rimprovera nella gestione
del
Pd?«Sicuramente ho fatto errori ma
ci ho sempre messo anima e cuore.
Mi sono dimesso e due milioni di
elettori mi hanno chiesto di guidare
nuovamente il partito. Sono
orgoglioso di far parte della comunità del
Partito Democratico, che ha
dimostrato che non è possibile cambiare
tutto con la bacchetta magica ma che
bisogna agire passo dopo passo, e
che se ce la mettiamo tutta
l'Italia, che era ferma, riparte. La
nostra gente chiede serietà».
Ha compilato le liste in modo da non
avere nemici dopo?«Abbiamo messo in
campo la squadra migliore. I
ministri che hanno lavorato così
bene in questi anni, autorevoli
rappresentanti del partito sul
territorio e personalità della società
civile di cui sono molto orgoglioso,
come ad esempio Paolo Siani e
Lucia Annibali».È vero che
preferirebbe un incarico europeo a palazzo
Chigi?«No. È solamente un retroscena
fantasioso senza alcun
fondamento».
In Sardegna i sondaggi danno il Pd
perdente in tutti i
collegi uninominali, la spaventa o
non ci crede?«Abbiamo visto che i
sondaggisti possono sbagliare. Nel
2013 davano vincente Bersani e
invece poi... nel 2014 ci davano
alla pari con Grillo poi abbiamo
vinto noi. Per il referendum
sembrava tutto a posto, poi invece è
andata come è andata. In queste
settimane vediamo un entusiasmo
crescente e una straordinaria
partecipazione alle iniziative sul
territorio. E questo mi fa credere
ogni giorno di più che ce la
possiamo giocare fino all'ultimo».
La giunta Pigliaru ha fatto riforme
fondamentali per far crescere la
Sardegna, ma alcune sono impopolari,
non teme di pagare alle Politiche
una parte del malcontento?«Pigliaru
sta facendo un grande lavoro per la
crescita della sua terra. Come
sempre, quando si fanno riforme
profonde e si modifica lo status quo,
possono nascere resistenze.
L'alternativa però sarebbe quella di
lasciare tutto com'è e non cambiare
le cose per meglio. Sono convinto
che la serietà e la responsabilità
alla lunga pagano e portano frutti
concreti per la vita quotidiana dei
cittadini».Il grande tema
nell'isola sono i trasporti. Quelli
aerei sono condizionati dai
divieti Ue, quelli marittimi dai
costi enormi.
Come pensa di
intervenire? «Siamo gli unici che
hanno investito davvero per il
mezzogiorno e continueremo a farlo
anche con un rapporto chiaro ed
esplicito con l'Europa. Perché è
inaccettabile che l'Italia sia divisa
in due e proceda a due velocità
diverse. Senza un Sud forte noi
sappiamo che non esiste un'Italia
forte e competitiva anche in Europa.
E la Sardegna è un punto cruciale
per le sue qualità, per la sua
bellezza e per le sue straordinarie
potenzialità che noi vogliamo e
sapremo valorizzare. Bisogna
lavorare su incentivi mirati e condizioni
di cornice come già sta facendo
questo Governo, a partire dai piani di
infrastrutturazione che sono
contenuti nel patto con la Sardegna, per
esempio con investimenti nei
trasporti interni, a partire dal
rafforzamento di quello ferroviario.
E poi dobbiamo impegnarci a
migliorare gli accordi tra governo,
regione e l'Europa per garantire
quella continuità territoriale,
marittima e aerea delle persone e
delle merci fondamentale anche per
il sostegno allo sviluppo del
turismo nell'isola. Per la
continuità aerea, in particolare, il
Governo ha stanziato 30 milioni di
euro in più per tre anni, 90
milioni di euro per garantire una
migliore mobilità per i sardi e per
i turisti che vogliano venire
nell'isola».Calenda sostiene che è
impossibile pensare alla Sardegna
senza industria. È d'accordo? E in
che modo si può conciliare con il
turismo, che sembra essere la
migliore risorsa per la Sardegna.
«Non esiste alcun pezzo del nostro
paese che possa vivere su una
monocultura economica, tanto meno
un'isola delle dimensioni e dell'importanza
demografica come la
Sardegna. La vostra regione ha una
tradizione storica nell'industria e
ora sta recependo gli avanzamenti
tecnologici e normativi che in
questi anni abbiamo portato nella
nostra legislazione. La ricchezza
sarda è fatta da agricoltura,
industria, turismo, startup, bisogna
rafforzare questi tre capitoli
insieme a quello sull'innovazione
tecnologica. E la compatibilità
ambientale deve essere una
caratteristica essenziale».
Rossi:
«L'emergenza è il lavoro» Il governatore della Toscana a
Cagliari
per la campagna elettorale di LeU
CAGLIARI
Dal Pd gli scissionisti non sono
andati via per fare un dispetto a
Renzi. Chi ha messo su «Liberi e
Uguali» e fra loro c'è Enrico Rossi,
il presidente della Regione Toscana,
sullo strappo prima delle
elezioni è pronto a ribaltare lo
schema più banale. «È il Pd nel suo
insieme - dice - ad aver sbarrato la
strada alla sinistra, ad averla
messa alla porta. Renzi ha solo
accelerato la fase del distacco. Dalla
difesa dei diritti dei lavoratori,
il Partito democratico è passato al
sostegno palese dei poteri forti.
Per questo chi crede ancora nella
sinistra, non poteva più rimanere e
infatti non è rimasto dentro il
Pd». In campagna elettorale per «LeU»,
l'altro giorno è stato a
Cagliari e nel Medio Campidano,
Rossi ha parlato più volte di quanto
sia sempre più attuale il pensiero
di Marx, «la sua analisi sul mondo
del lavoro è ancora imbattibile
nonostante il passaggio dal Novecento
a un nuovo secolo», ma anche
ricordato in ogni occasione la dottrina
sociale della Chiesa.
Perché? Perché «rimane una delle
poche realtà
capaci di schierarsi dalla parte
degli ultimi e contro le
diseguaglianze». Per questo il
governatore della Toscana, non nasconde
il suo progetto neanche a lunga
scadenza: «Non faccio l'errore -
conferma - di aspettare con ansia
quello che accadrà il giorno delle
Politiche. Dopo il 4 marzo, la vera
sinistra dovrà essere capace di
ascoltare e ascoltarsi, per poi
fondare quello che oggi manca in
Italia: il Partito del lavoro».
Anche in Sardegna dove la
disoccupazione è l'emergenza delle
emergenze: «Con la pretesa di
rilanciare l'economia - sostiene
Rossi - sono stati cancellati troppi
diritti, spalancando le porte a un
precariato sempre più diffuso fra i
giovani e non solo. È come se lo
Stato, soprattutto nelle aree di
crisi e la Sardegna lo è, avesse
fatto all'improvviso un passo
indietro, lasciando allo scoperto
chi invece aveva ancora bisogno di
essere tutelato nelle aziende e,
allo stesso tempo, abbandonando al
suo destino un'intera generazione».
Secondo Rossi, «la potenza
politica del lavoro ha finito per
essere schiacciata, con più di una
complicità, dalla forza delle
multinazionali senza che nessuno si
preoccupasse più di fermare questa
nuova arroganza». Rossi ha anche
un'altra preoccupazione: «Bisogna
fermare chi vuole disgregare
l'Italia e allargare le differenze
fra chi è in testa alla piramide,
pochissimi, e quanti, moltissimi,
sono in fondo. Ma, allo stesso
tempo, il Paese non può permettersi
pericolosi salti nel buio».
L'unica barriera possibile, è la
convinzione di Rossi, che «nasca un
Partito del lavoro capace di
rilanciare i grandi valori della
sinistra. Se non lo dovessimo fare,
i nostri figli non ce lo
perdonerebbero». (u.a.)
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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