La
nuova Sardegna
Il polo
identitario lancia la sfida Muroni guarda alle regionali e
apre
all'ampliamento dell'alleanza
AutodetermiNatzione si lascia le
politiche alle spalle e pensa già alle prossime scadenze elettorali. Regionali
su tutte. Il primo atto della riunione post voto del 4 marzo tra i
rappresentanti dei partiti, dei movimenti e delle associazioni che formano il
progetto è la promozione di comitati di quartiere e cittadini, di paese e territoriali,
a partire dagli iscritti ai vari partiti e movimenti ma aperti a tutti gli
apporti e presenze.
«Autodeterminatzione si affida ai
più giovani, non solo all'anagrafe, ma anche relativamente all'esperienza
politica - afferma Anthony Muroni, confermato coordinatore del progetto -. Già
in tanti sono emersi nel corso della campagna elettorale, altri ancora
prenderanno in mano l'attività sui territori prima di poter in un futuro molto
prossimo essere protagonisti dell'attività in tutta l'Isola». Il primo atto di
Muroni è stato quello di nominare Maurizio Onnis, sindaco di Villanovaforru, come
responsabile per i rapporti con gli amministratori locali della Sardegna.
Prima di elaborare e discutere ogni
proposta, nella riunione si è fatta un'analisi del voto. «Per prima cosa
ringraziamo una per una e uno per uno le elettrici e gli elettori che ci hanno
dato fiducia. Così come ringraziamo i tanti che ci hanno preso in considerazione
e hanno rinviato il voto a noi a uno dei prossimi appuntamenti elettorali sardi
- commenta Muroni -. Siamo uniti nel definire buono il risultato ottenuto.
Oltre ai 20mila voti quel che resta è una grande rete sui territori, la
sperimentazione di un metodo di lavoro, l'emersione di candidati, candidate e
militanti di assoluto valore».
Nella riunione tutte le componenti
del progetto hanno manifestato l'intenzione di ripartire subito. «Ascolteremo e
proporremo su alcune direttrici fondamentali: lavoro, misure economiche per
sostegno ai giovani e alle imprese, assistenza, servizi,
acqua-sanità-istruzione pubbliche. Porteremo avanti la nostra attività
culturale e politica con iniziative diffuse e aperte a tutta la società sarda.
Lavoreremo per essere presenti alle imminenti elezioni amministrative e a
quelle regionali del febbraio 2019».
Proprio in vista delle regionali,
Progetto Autodeterminatzione (che è attualmente composto da Rossomori, Sardegna
Possibile, Sardos, Liberu, Sardigna Natzione, Irs, Gentes e Comunidades)
conferma il dialogo con tutte le forze democratiche e si apre a possibili
alleanze con i movimenti civici e le forze politiche alternative al vecchio bipolarismo
italiano e che si riconoscono nei principi del sardismo, dell'autonomismo e
dell'indipendentismo.
La
Nuova
Cucca: la
legge urbanistica deve essere approvata
Il
segretario del Pd: stop alle divisioni, sul provvedimento ci
giochiamo
il futuro. Lavoras ridarà speranza ai giovani.
Ma Soru:
sarà aperto solo qualche cantiere
CAGLIARI
Urbanistica e piano straordinario
Lavoras: sabato, nella direzione
regionale, il Pd ha parlato anche di
questo, oltre che della disfatta
elettorale. Sulla legge Erriu il
segretario Giuseppe Luigi Cucca, che
va ricordato non s'è dimesso, è
stato perentorio: «Smettiamola di
litigare e accusarci a vicenda»,
mentre «come partito abbiamo invece
il dovere di dare nuovo impulso alla
giunta e al Consiglio per
correggere alcune delle politiche
fatte, individuare nuovi strumenti
da mettere in campo immediatamente e
approvare la legge prima che
finisca la legislatura». È proprio
sull'urbanistica - ha detto il
segretario - che «si gioca la
credibilità della maggioranza di
centrosinistra e dello stesso Pd»,
per aggiungere: «Non possiamo
permetterci di giocare anche questa
partita facendo emergere divisioni
e contrasti all'esterno, ma dobbiamo
fare uno sforzo per elaborare
insieme una proposta che sia
condivisa e tenga conto del contributo di
tutti, senza rimanere ostaggio delle
nostre contrapposizioni».
Il disegno di legge presentato dalla
giunta va rivisto, ha sottolineato
Cucca, ma alla fine «il testo dovrà
essere inattaccabile sotto tutti i
profili, soprattutto sotto quello
ambientale e paesaggistico e dovrà
anche rispondere alle reali esigenze
del mercato». Il percorso da
seguire l'ha suggerito il
segretario: «Dovremmo provare a compiere lo
stesso percorso che abbiamo seguito
in occasione della riforma
sanitaria. Ci siamo confrontati in
direzione e abbiamo trovato un
punto di caduta comune che,
quantomeno, ha offerto un'immagine del Pd
come di una formazione coesa, con
posizioni condivise». Non certo
facili da raggiungere, perché, come
ha ricordato Antonio Solinas,
presidente della commissione
urbanistica, è «da un anno che chiedo al
governatore Pigliaru un vertice di
maggioranza sul disegno di legge,
ma finora non sono stato ascoltato
ed è forse anche per questo che
continuiamo a confrontarci in modo
confuso».
Poi il piano Lavoras. Per
il segretario «è un programma mai
realizzato da nessun'altra giunta,
per aggredire il dramma della
disoccupazione con un impegno di quasi
130 milioni, può essere la risposta
più efficace per restituire
concretamente la speranza a molti
giovani e anche l'elemento intorno
al quale ricostruire la fiducia verso
il Pd». Ma nel suo intervento
Renato Soru ha scosso la testa e
detto subito dopo: «Smettiamola di
fantasticare, Lavoras servirà solo
ad aprire qualche cantiere, non
certo a risolvere il problema della
disoccupazione. Dopo quei posti a
tempo, non c'è un futuro e quindi
c'è il rischio di ritornare punto e
a capo». (u.a.)
Unione
Sarda
Pd, primi
sì alla “svolta sarda” «Ma non sia solo una facciata»
Dentro il
partito e tra gli alleati raccoglie consensi la proposta
avanzata
da Lai
Presa sul serio, la proposta di
Silvio Lai ai dirigenti del Pd sardo
potrebbe avere una conseguenza
clamorosa: alle Regionali del 2019 non
comparirebbe il simbolo del Pd sulla
scheda elettorale. Sostituito da
quello di un diverso soggetto
politico, solo sardo, non concorrente
con i democratici ma federato. Con
un nome diverso.
Non sarebbe un ammutinamento contro
il vertice romano del Pd: è una
possibilità prevista, per le regioni
speciali, dallo statuto
nazionale. Lai, nella direzione
regionale di sabato a Oristano, ha
chiesto un referendum tra gli
iscritti su una simile svolta, l'ideale
- dice lui - per rilanciare il
centrosinistra sardo e riprendere il
dialogo con le forze identitarie.
NEL PARTITO Di un soggetto «federato
col partito nazionale ma
autonomo» la sinistra, sotto varie
nomi e sigle, parla da decenni.
Stavolta però il progetto
(illustrato da Lai per conto dell'area
riformista-popolare) appare più
avanzato. E le prime reazioni sono
buone: «Apprezzo molto che un
dirigente autorevole come Silvio Lai
abbia presentato una proposta
politica forte, anziché cercare colpe
per il risultato elettorale»,
riflette il consigliere regionale Piero
Comandini . «L'idea riprende il
preambolo del nostro statuto
regionale, credo che sia il modo
migliore per guardare al futuro». La
direzione regionale, aggiunge, è
stata «un passaggio molto utile per
il nostro rilancio: sarà deluso chi
sperava che scorresse il sangue».
«Sarebbe una svolta necessaria per
non rimanere schiacciati
dall'agenda politica nazionale»,
osserva un altro consigliere
regionale,Cesare Moriconi : «Non è
un semplice restyling del Pd, ma
una vera rifondazione di un progetto
di centrosinistra. Potrebbe
avere, in Sardegna, la stessa
funzione che ebbe l'Ulivo». I legami con
le correnti politiche nazionali,
secondo la sua previsione, «non
saranno di ostacolo». Arriva un sì
anche da Caterina Pes , ai suoi
ultimi giorni da deputata: «In
questa fase, ogni consultazione degli
iscritti è benvenuta. Per capire
com'è il partito che vogliamo,
bisogna ripartire da loro, dai
militanti, dai circoli». Purché però
non si pensi solo al contenitore:
«Cambiare la facciata non serve. Il
voto dice che ci siamo allontanati
da temi che devono essere
prioritari: la disuguaglianza, il
solidarismo, la questione sociale.
La riflessione sul partito non si
può esaurire con quella sui temi
dell'identità».
Su Facebook ha reso noto il suo
parere anche il presidente regionale
dell'Anci, Emiliano Deiana ,
esprimendo «compiacimento» per la ripresa
del dibattito sul Pd di Sardegna:
«Mi permetto di sottolineare come,
in perfetta solitudine, ne ho
parlato per anni», aggiunge il sindaco
di Bortigiadas, che ricorda i suoi
appelli per «recidere i cordoni
ombelicali che legavano molti
esponenti del Pd, sotto Veltroni,
Franceschini, Bersani e Renzi, alla
deriva correntizia nazionale. Va
bene il Partito Democratico di
Sardegna, ma per fare cosa?».
Industria, servitù militari,
monopolio Tirrenia, ambiente: anche
Deiana invita ad affiancare, al
ragionamento sulle formule, quello sui
contenuti.
GLI ALTRI Nell'intenzione di Lai,
tra gli interlocutori di un nuovo
soggetto regionale della sinistra ci
sono anche le forze sovraniste.
Il primo commento dal Partito dei
sardi è di grande interesse:
«Finalmente - scrive in una nota il
presidente Franciscu Sedda -
inizia a passare l'idea che in
Sardegna tutti i partiti, anche quelli
che non sono (ancora)
indipendentisti, devono essere sardi, difendere
gli interessi dei sardi, avere nel
dialogo con i cittadini sardi il
primo punto di riferimento. Vedremo
se il Pd saprà andare in fondo a
questa strada, diventare una cosa
nuova, mettendo così le condizioni
perché anche Forza Italia, 5Stelle e
gli altri smettano di essere
diramazioni di partiti italiani in
attesa di un governo amico a Roma».
Da sinistra, il quasi ex senatore
Luciano Uras rilancia Campo
progressista (che sabato terrà
un'iniziativa a Cagliari) e guarda con
favore alla proposta di Lai: «Sono
cose di cui si parla da tempo, però
bisogna costruirle in maniera
distaccata rispetto alle esigenze nate
dalla sconfitta elettorale.
Dev'essere una convinzione vera, non
un'operazione funzionale a coprire
il deficit registrato nel corso
della campagna elettorale». Più
distaccata, pur senza una bocciatura
totale, la posizione di Yuri
Marcialis (Liberi e uguali): «Bisogna
capire se c'è una vera volontà di
fare qualcosa o se è solo tattica in
una fase concitata», premette
l'assessore all'Istruzione del Comune di
Cagliari, uscito dal Pd l'anno
scorso. «Noi siamo favorevoli ai
partiti federati ed è ciò che stiamo
proponendo per il nostro,
pensando che l'obiettivo sia quello
di una sinistra unita. Se però la
strada è federarsi al Pd nazionale,
è una strada diversa dalla
nostra».
Giuseppe Meloni
ASSEMINI.
Comunali, nuove alleanze: ex grillini con Liberi e uguali
Il
centrodestra cerca il capolista, Pd spaccato e Licheri guida il M5S
Per il nome del candidato a sindaco
bisognerà attendere qualche giorno
ma non per l'ufficialità
dell'alleanza: Liberi e uguali e le
fuoriuscite dal M5s di Assemini
libera si presenteranno insieme alle
elezioni comunali, con una lista
civica.
IL PATTO Ad annunciarlo è il
consigliere di Leu, Enrico Salis: «Non
abbiamo ancora definito la
candidatura a sindaco, che personalmente
non escludo. In caso di coalizione,
sarà con il centrosinistra, non
tradiremo la nostra natura». Intanto
si lavora al programma: «Puntiamo
a un atteggiamento diverso nei
confronti dei cittadini, ripristinando
il dialogo e la partecipazione.
I grillini sono intervenuti su
igiene
urbana e lavori pubblici con
decisioni prese dall'alto che noi
correggeremo. Saremo attenti alla
scuola e a risolvere una volta per
tutte i problemi della mensa,
garantendo il tempo pieno agli
studenti». Quasi sicuramente faranno
parte della lista Irene Piras,
Rita Piano e Stefania Frau (Al):
«Siamo trasversali e senza
distinzioni di colore», dice Piras,
«come lista civica vogliamo
distinguerci dalle linee di partito
ma è tutto in itinere. Non abbiamo
attriti con nessuno, M5s compreso».
LE LISTE L'unica candidata a sindaco
ufficiale per ora rimane Sabrina
Licheri del M5s. Quello del
centrodestra «dovremmo annunciarlo questa
settimana», dice il segretario di
Forza Italia Francesco Desogus,
«dialoghiamo con numerose forze
politiche per arrivare a una
coalizione forte».
PD DIVISO Il Pd è spaccato: gran
parte del partito non si riconosce
nella linea del segretario Antonio
Caddeo. «Il circolo che lo appoggia
è allo sbando», dice il consigliere
Francesco Consalvo, «aveva
proposto una coalizione con il
centrodestra ed è stato sfiduciato.
Abbiamo intrapreso una nuova strada
e correremo con una lista o
coalizione di centrosinistra.
Venerdì faremo un incontro e
scioglieremo le riserve sulla
candidatura a sindaco».
Caddeo invece ha idee diverse:
«Vogliamo costruire una coalizione più
ampia possibile e non escludiamo di
presentarci con liste civiche.
Nessuno si è proposto come candidato
e non escludo le primarie. Siamo
in fase di dialogo e chiariremo le
posizioni in settimana. Un po'
tutti stanno convergendo verso
Antonio Scano».
CIVICI I voti del consigliere di
Proposta civica infatti fanno gola
anche al centrodestra: nel 2013
aveva ottenuto il 12 per cento.
«Dialoghiamo con le opposizioni in
base al nostro programma, già
definito - puntualizza Scano -.
Valuterò la mia candidatura e
lavoreremo per favorire la nascita
di nuove imprese, vogliamo
istituire il baratto amministrativo
e rivedere la pista ciclabile, un
flop della giunta Puddu».
Lorenzo Ena
La
Nuova
Tajani
«Insularità e trasporti: l'Europa sarà più vicina»
Il
presidente del Parlamento Ue: il ritardo vale 1,1 miliardi di euro
per la
Sardegna. La difficoltà dei collegamenti
è la
conseguenza di un gap non ancora riconosciuto
di Luca Rojch
SASSARI
La Sardegna è un po' meno periferia
dell'Europa. Antonio Tajani,
presidente del Parlamento europeo,
dimostra di conoscere a fondo le
emergenze dell'isola e affronta
alcuni dei nodi che in questi anni
hanno paralizzato la Sardegna.
L'isola sembra avere trovato un nuovo
alleato dentro il Palazzo. Dal gap
legato all'insularità all'emergenza
trasporti, fino alla battaglia per
difendere i confini dei mari.
Tajani si schiera con la Sardegna e
dà risposte concrete.
Presidente,
l'Europa non dà il giusto peso alla
condizione di insularità della
Sardegna, unica isola dell'Italia
lontana dalla penisola. Questo crea
diversi gap dal punto di vista
infrastrutturale e dei trasporti.
«L'obiettivo è superare le distanze
che ancora esistono fra la
Sardegna e l'Europa, in termini di opportunità,
di risorse economiche
e di competitività. Essere un'isola,
è evidente, determina un marcato
svantaggio sul piano dello sviluppo
e della crescita. Ma in questi
anni sono stati fatti importanti
passi in avanti per migliorare questa
situazione. Il Parlamento europeo
nel 2016 ha approvato a larga
maggioranza una risoluzione che
verteva proprio sul riconoscimento
della condizione di insularità, un
atto sul quale l'eurodeputato
Salvatore Cicu è stato determinante
nel mettere insieme la volontà di
più forze politiche a livello
europeo. Si deve proseguire su questa
strada, creare una coesione politica
attorno a un tema che deve
appartenere a tutti, e sul quale lo
Stato italiano deve fare la sua
parte attraverso una legge nazionale
che riconosca l'insularità della
Sardegna e delle maggiori isole.
Oggi questo ritardo pesa nelle tasche
dei sardi per circa 1,1 miliardi di
euro.
E gli effetti consistono in
maggiori oneri per il trasporto
delle merci, maggiori oneri per la
produzione, forti ripercussioni sul
piano energetico e dei
collegamenti. Il mio impegno come
Presidente del Parlamento europeo è
avvicinare la Sardegna all'Europa e
svincolarla dai pesanti gap
dell'insularità che ancora incidono
su un Pil inchiodato al 70esimo
posto nella lista regioni più povere
in Europa. Con una
deindustrializzazione all'11% è
necessario puntare su un sistema che
metta al centro il turismo e la
promozione del territorio». C'è un
nodo che allontana l'isola
dall'Europa, è quello dei trasporti aerei.
Qualsiasi forma di compensazione
della copertura di tratte vitali da
parte della Regione alle compagnie
aeree viene vista come aiuto di
Stato. Ma questo di fatto lede il
diritto alla mobilità dei sardi.«La
difficoltà dei collegamenti da e per
la Sardegna resta la conseguenza
più diretta di una condizione
insulare non ancora riconosciuta. A mio
avviso occorre, come il Parlamento
Europeo ha riconosciuto, una reale
applicazione dell'articolo 174 del
Trattato sul funzionamento dell'Ue,
che c'è, esiste, e se applicato
riconoscerebbe diritti importanti per
le isole.
Parlo di finanziamenti dedicati e di
un impegno più forte
rispetto al quadro strategico della
futura programmazione. Bisogna
garantire dei meccanismi di
compensazione e di perequazione, la
continuità territoriale è uno di
questi, che riducano gli oneri per
cittadini ed imprese. Sugli aiuti di
Stato si devono superare i
meccanismi stringenti che limitano
la mobilità da e per l'isola.
Dall'altra parte la stessa Regione
dovrebbe impegnarsi nell'ottica di
una programmazione turistica più
forte, per incentivare le compagnie
aeree a restare in Sardegna. Del
resto è quello che avviene in tutti i
contesti mediterranei avanzati».C'è
un altro tema che in questi giorni
ha conquistato le cronache e rischia
di incrinare i rapporti tra
Italia e Francia. Riguarda i confini
sul mare.
Pare che la Francia si
stia annettendo una parte dei mari
sardi con una procedura
amministrativa. La denuncia arriva
dall'europarlamentare di Forza
Italia Salvatore Cicu.«Bisogna
accertare tutti gli aspetti di questa
situazione, soprattutto perché le
normative legate alle acque
internazionali non ricadono nella
giurisdizione dei singoli stati, ma
sono sottoposte a direttive ed
accordi internazionali. In
quest'ottica, il valore giuridico
della decisione francese non può
avere efficacia nei confronti di un
altro Stato con ordinamento
giuridico differente.
Siamo di fronte a una violazione dei
diritti dei
singoli Stati e a un'appropriazione
indebita di territori non
disponibili all'uso singolo. Un
fatto del genere non può essere
accettato. Bisogna tutelare i
diritti dei sardi e le attività
produttive collegate a queste
acque».Spesso le risorse per il Piano di
sviluppo rurale, che arrivano
dall'Europa, restano ferme a Bruxelles
arrivano con grande difficoltà
nell'isola.«Il problema è a monte. Nei
fondi diretti spesso ci troviamo
davanti a una fragilità di competenze
nel saper progettare e nel poter
accedere ai finanziamenti. Si deve
investire su una cultura della
managerialità che oggi è debole.
La situazione non cambia poi se sono
gli enti locali a dovere spendere le
risorse. Questo determina
un'esclusione che si riflette sui processi
di innovazione, sulla produttività e
sulla modernizzazione tecnologica
delle infrastrutture rurali. In
Sardegna abbiamo una situazione di
forte difficoltà finanziaria, le
aziende non hanno accesso al credito
e restano escluse da ogni processo
di crescita. Con una produzione
tutta rivolta al mercato interno.
Bisogna saper intercettare i fondi
che l'Europa mette a disposizione,
entrare in un'ottica di
internazionalizzazione, e per farlo
occorrono competenze che oggi
ancora mancano sui territori».
L'Ue è spesso vista come un
organismo
burocratico pronto a sanzionare, ma
diffidente verso le richieste che
arrivano dall'isola. Spesso per gli
esponenti della Regione anche
parlare con le autorità europee
diventa impossibile.«Dobbiamo creare
un collegamento diretto fra l'Europa
e i cittadini. Il mio impegno
come Presidente del Parlamento
Europeo è entrare il più possibile a
contatto con i territori, con le
persone, con le associazioni di
categoria, con le piccole medie
imprese. Bisogna decentralizzare la
figura delle istituzioni europee e
trasmettere ai cittadini che
l'Europa è un potenziale di
opportunità che creano occupazione,
reddito e diritti. Il ruolo degli
stessi rappresentati al Parlamento
Europeo è determinate in questa
missione».Si parla molto di lei in
Italia, anche di un suo possibile
incarico come premier. Ma lei cosa
vuole davvero fare?«Sto bene dove
sto.
Il mio ruolo in Europa è ancora
più importante dopo quello che hanno
detto il presidente francese
Emmanuel Macron e la cancelliera
tedesca Angela Merkel sul voto
italiano. L'Europa si deve svegliare
su alcuni temi chiave per evitare
che dilaghi il populismo. I temi su
cui è stata poco presente sono
l'immigrazione e il lavoro. Se non
si interviene in tempo con l'arrivo
del caldo riprenderanno gli sbarchi
di migranti. Abbiamo investito 6
miliardi sulla Turchia e pochi
milioni per la Libia. Ma l'epicentro è
là, e credo che la Sardegna possa
essere investita da questo flusso».
I mercati e alcuni governi europei
sono preoccupati dal risultato
elettorale italiano, lo è anche
lei?«La preoccupazione già c'era. Un
premier forte potrebbe far sentire
la sua voce in Europa in
particolare sulle questioni
cruciali, come per esempio la questione
dei confini marittimi tra Italia e
Francia».
Qual è lo schema che si
dovrebbe seguire per uscire da
questo stallo post elettorale? «Non ho
una soluzione. Non sono il
segretario del mio partito. Posso dire che
un governo Movimento 5 stelle e Lega
è impossibile. I parlamentari
leghisti sono stati eletti anche con
i voti di Forza Italia e di Noi
con l'Italia. Secondo me si deve
puntare su un governo di
Centrodestra».
Si aspettava un maggiore numero di voti per
Forza
Italia?«Sì. Ma si devono leggere con
attenzione i fatti di cronaca di
questo periodo, come quello di
Macerata, che ha spostato molti voti.
Ora dobbiamo pensare ai prossimi
appuntamenti, le amministrative in
primavera e le Regionali del 2019,
che ci saranno anche in Sardegna».
Pensa che la parziale inagibilità
politica di Berlusconi abbia
penalizzato FI?«Non c'è dubbio.
Berlusconi candidato avrebbe aperto il
partito a un maggiore numero di
consensi».
Hanno vinto due forze
antieuropeiste.«La preoccupazione
non serve a nulla. Si devono
affrontare e risolvere i problemi.
La Riforma di Dublino è stata
applicata con molta lentezza dagli
Stati europei. Molti sono fermi
nella ratifica e nella approvazione
dei trattati. Davanti alla
inazione il risultato è
l'esaltazione di chi crea tensione
sull'immigrazione. Queste emergenze
vanno affrontate. Io l'ho fatto da
presidente. E in Europa sul tema
immigrazione il parlamento ha fatto
molto, mi aspetto altrettanto da
Commissione e Consiglio».
Boom dei
giovani in Parlamento
di Chiara Scalise
ROMAPiù giovani, con titoli di
studio più alti e una maggiore presenza
nel mondo delle professioni,
soprattutto per quanto riguarda il M5S:
all'inizio della prossima settimana,
dopo la proclamazione degli
eletti che non è ancora avvenuta,
varcheranno i portoni di Camera e
Senato i quasi mille nuovi
parlamentari. Scorrendo gli elenchi dei
nuovi eletti emerge una prima
fotografia della Legislatura che sta per
iniziare. Boom di giovani. Scende
l'età media e si avvicina intorno ai
40 anni alla Camera, dove i deputati
non possono averne meno di 25, e
supera di poco i 50 al Senato, dove
per entrare bisogna invece avere
spento 40 candeline.
Alberto Stefani candidato alla
Camera per la
Lega, 25 anni compiuti a novembre,
potrebbe essere l'eletto più
giovane. Donne, quota in aumento ma
il rosatellum è aggirato. Le donne
in Parlamento potrebbero superare la
quota del 30% della scorsa
Legislatura ma senza avvicinarsi
alla soglia del 40% prevista dalla
legge elettorale. I partiti infatti
avrebbero aggirato la regola
attraverso il meccanismo delle
pluricandidature al femminile grazie
alle quali i colleghi maschi in
seconda posizione hanno scalato la
classifica. Ricambio. tanti i volti
nuovi: i deputati e i senatori 5S
sono triplicati, passando alla
Camera da 88 a circa 221 e al Senato da
35 a 112, mentre la Lega vede
aumentare le proprie truppe alla Camera
da 22 a 119 e al Senato da 11 a 58.
Crescono anche gli azzurri mentre
i deputati Pd calano da 281 a 108 e
i senatori quasi si dimezzano (da
97 a 52). La carica dei
professionisti, avvocati in pole.
Gli avvocati sono la truppa più
numerosa, un'ottantina tra Camera e Senato mentre
scendono a tre i magistrati (Pietro
Grasso, Cosimo Ferri, Giusi
Bartolozzi) . Circa 30 i
giornalisti, tra cui volti noti come l'ex
direttore di Skytg24 Emilio Carelli
e Gianluigi Paragone, entrambi
M5S. Nelle fila di Fi, ci sono
Andrea Cangini (Quotidiano nazionale) e
Giorgio Mulè (Panorama); il Pd ha
eletto l'ex condirettore di
Repubblica Tommaso Cerno. Subito
dopo si piazzano i medici: una
trentina, da Paolo Siani (Pd) alla
capogruppo 5S Giulia
Grillo.Leghisti arrivano dalla
politica locale. Il Carroccio vanta un
record di nuovi deputati e senatori
con precedenti esperienze in
comuni e Regioni, da Lucia
Borgonzoni, consigliera comunale e già
candidata sindaco per la Lega a
Bologna, a Francesco Zicchieri,
coordinatore regionale leghista del
Lazio.M5s, crescono i laureati ma
c'è anche il pastore.
Diversamente dal 2013, la valanga di
parlamentari a 5 stelle viene dal
mondo delle professioni e ha in
media titoli di studio più alti e
spesso sono laureati. Ma tra i
banchi 5S siederà anche un pastore e
allevatore: è Luciano Cadeddu,
sardo come un'altra new entry, lo
skipper Andrea Mura. -
La
Nuova
Il leader
della Lega: «Il dialogo con M5S non è impossibile». Bocciata
la linea
Maroni Salvini sente Di Maio per le Camere
ROMA La partita è aperta, e domani
si apre la settimana che porterà
all'elezione dei presidenti di
Camera e Senato. Sul fronte M5S, ai
colloqui della settimana scorsa di
Danilo Toninelli e Giulia Grillo,
con i vari schieramenti ne seguono
altri in queste ore direttamente
gestiti dal Luigi Di Maio. Il
candidato premier pentastellato ha
ribadito ieri, se mai ce ne fosse
stato bisogno, di essere disposto al
dialogo, senza trattative singole.
Il M5S guarda allo scranno più alto
di Montecitorio, per portare a
compimento la battaglia contro i
vitalizi.
Da Fratelli d'Italia la presidente
Giorgia Meloni fa sapere che nulla
«è dovuto» a Di Maio né al
Movimento, perché la presidenza delle due
Camere spetta alla coalizione che ha
preso più voti. Meloni propone
Matteo Salvini al Senato, cosa che,
sottolinea, «rafforzerebbe anche
la sua candidatura a premier». Poi
bacchetta i due alleati: «È
innaturale - chiosa - che uno vada a
parlare con i Cinque stelle e
l'altro con il Pd».
Il giro di telefonate di Di Maio
passa per Matteo Salvini,
sottolineando la necessità di far
partire il Parlamento quanto prima.
L'auspicio del leader della Lega è
che «ci sia l'accordo con un metodo
condiviso da tutti, anche dai 5
stelle, con cui dialoghiamo». Ma
l'avvertimento di Salvini è: «Vale
il voto degli italiani, che non va
ignorato». Di Maio chiama anche il
segretario reggente del Pd Maurizio
Martina, Renato Brunetta di Forza
Italia, Giorgia Meloni e il
presidente del Senato Pietro Grasso.
Caratteristiche queste che fanno
dire un netto no del M5S a parlamentari
«condannati o sotto processo».
Stando all'M5S pensiero, proprio i
guai giudiziari tirerebbero fuori
dal possibile elenco di candidati
alla presidenza di Palazzo Madama
due dei favoriti di Lega e Forza
Italia: Roberto Calderoli da un parte
e Paolo Romani dall'altra. Il
braccio di ferro continua, appuntamento
a venerdì prossimo con Senato e
Camera
già convocate per le 10.30 e le
11.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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