La
Nuova
Maggioranza,
il Pds resta sulle barricate. Il partito di Maninchedda diserta il vertice di
oggi. Il Pd Sabatini: coinvolgere segretari e parlamentari
Oggi il vertice di maggioranza ci
sarà comunque, con o senza i cinque consiglieri regionali del Partito dei
sardi, sempre più decisi a non parteciparvi. Nelle ore della vigilia, molto
concitate, lo strappo non è stato ricucito. Anzi, ora è uno squarcio. Lo è
diventato dopo che lo stesso Pds ha bloccato di fatto le correzioni volanti per
rimettere a posto la legge elettorale del 2014 e poi neanche firmato la
proposta di legge sull'inno della Sardegna, è «Procurade 'e moderare»,
presentata in blocco dagli altri partiti della coalizione.
Dissidi e strofe a parte, la coalizione
è in bilico? Forse no, ma qualche pilastro comincia a scricchiolare più del
solito. Fino al punto che, nei corridoi del Consiglio, c'è chi ha detto
sottovoce: «Purtroppo siamo già in piena campagna elettorale, anche se mancano ancora
dieci mesi alle Regionali del 2019». Non è proprio così: il Pd non ha nessuna
intenzione di far chiudere in anticipo la legislatura e tanto meno che i
prossimi mesi finiscano per trasformarsi in un conto alla rovescia, più o meno
accelerato, verso la scadenza elettorale.
Col sostegno degli altri alleati, da
Mdp all'Upc, il Partito democratico è convinto invece che dalla riunione di
questo pomeriggio possa arrivare «l'attesa svolta politica», tra l'altro
necessaria per «ridare forza all'azione di governo» soprattutto dopo la pesante
sconfitta incassata nelle elezioni politiche di marzo. È la voglia del cambio
di passo è così dirompente che potrebbe sfociare persino in alcune inattese
richieste. Da quella del cambio in corsa di alcuni assessori o almeno che ci
siano «alcune sostituzioni significative negli staff degli assessorati».
Si sa che sul rimpasto Pigliaru non
è d'accordo, mentre il rimescolamento delle carte negli uffici di gabinetto
potrebbe passare. Così il vertice convocato per discutere solo o quasi di legge
urbanistica e lotta alla disoccupazione potrebbe prendere tutt'altra piega.
Anche se per il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, «prima di tutto Pigliaru ci ha
convocato per decidere quali sono le priorità e su come affrontarle da qui alla
fine naturale della legislatura».
Per questo il governatore, che al
vertice dovrebbe presentarsi senza assessori al seguito, dalla riunione
vorrebbe uscire solo con l'agenda delle cose da fare e lasciare il resto delle polemiche
fuori dalla porta. Non sarà facile, ma ci proverà. È evidente comunque che non
è possibile neanche azzardare una o più previsioni su come potrebbe finire il
faccia a faccia di questo pomeriggio. Gli ultimi tira e molla col Partito dei
sardi qualche effetto collaterale l'hanno scatenato, ma non si sa ancora di
quale portata.
La tensione è arrivata a un punto
tale che Franco Sabatini del Pd ha detto: «Un vertice di maggioranza potrebbe
non bastare. È arrivato il momento di una riunione collegiale del
centrosinistra col coinvolgimento non solo dei consiglieri regionali ma anche
dei segretari di partito e dei nostri parlamentari eletti a marzo». È una possibilità,
ma prima c'è un vertice di maggioranza da portare a casa senza però che nel
frattempo a crollare sia invece proprio la casa. (ua)
UNIONE
SARDA
Oggi il
vertice di maggioranza senza il Partito dei sardi
Il
centrosinistra si ritrova dopo la sconfitta alle Politiche per
rilanciare
il programma
Il giorno dei buoni propositi è
arrivato: a poco più di un mese dalla
sconfitta alle elezioni politiche e
con un clima non sempre idilliaco,
il centrosinistra prova a ricucire
gli strappi. Questo pomeriggio alle
15 la coalizione che governa la
Regione si incontrerà con il
presidente Pigliaru per analizzare i
motivi della disfatta alle urne e
capire come agire negli ultimi dieci
mesi di legislatura.
Ma già ai nastri di partenza la
situazione si presenta in salita,
visto che i 5 consiglieri regionali
del Partito dei sardi non
parteciperanno alla riunione.
Per il capogruppo Gianfranco Congiu,
«non ci sono le condizioni, ci
aspettavamo risposte su temi importanti
come sanità e lavoro, ma tutto
tace». La scelta dell'Aventino da parte
del Pds è stata confermata dal fatto
che Congiu ha abbandonato la
riunione dei capigruppo di ieri pomeriggio,
durante la discussione
sulla legge elettorale. Si tratta di
uno degli spigoli che la
coalizione dovrà limare perché gli
argomenti fonte di malumore sono
diversi.
Nella riunione di questo pomeriggio
si parlerà della legge urbanistica
e di come tagliare il traguardo
senza rischiare ulteriori spaccature.
Negli ultime settimane, il gruppo di
Art.1-Sdp è stato più volte sul
piede di guerra a causa di una
divergenza di vedute sia sul metodo di
discussione sia sul merito della
legge. Atteggiamento che non è
piaciuto all'assessore Cristiano
Erriu e al presidente della
commissione Antonio Solinas (Pd).
L'altra questione riguarda i
passaggi chiave che possano essere
efficaci anche in chiave
elettorale.
Per Lavoras e Reis i consiglieri
regionali chiedono di dare gambe a
provvedimenti importanti per i quali
il Consiglio regionale ha
stanziato rispettivamente 130 e 45
milioni di euro. Infine, potrebbe
esserci anche il tempo per capire se
questo centrosinistra sarà lo
stesso anche per le prossime
regionali, aspetto tutt'altro che
scontato. La separazione tra il
Partito democratico e la sinistra
confluita in Liberi e Uguali, non ha
premiato nessuna delle due
formazioni, a dimostrazione del
fatto che i problemi non erano
soltanto circoscritti ad alleanze e
confini di coalizione.
La posizione del Partito dei sardi,
inoltre, è il sintomo che il
centrosinistra, così come tarato in
questo momento storico, non è
particolarmente gradito alla
formazione indipendentista. Oggi sarà
l'occasione per capire quanto il
collante della coalizione funzioni,
perché è parere di tutti che il
risultato delle prossime regionali,
senza un cambiamento, sia già
scritto. (m. s.)
Gli altri
eletti a Roma si dimetteranno presto, in arrivo Coinu,
Lancioni
e Cacciotto
Lampis
giura, è consigliere al posto di Cappellacci
Cambia ancora una volta - dovrebbe
essere l'ultima - la composizione
dell'Assemblea sarda. Effetto
dell'elezione in Parlamento di quattro
consiglieri: Ugo Cappellacci (Forza
Italia), Pietro Pittalis (Forza
Italia), Gavino Manca (Pd) alla
Camera dei deputati e Christian
Solinas (Psd'Az) al Senato. Sinora
si è dimesso solo l'ex presidente
della Regione, e ieri ha potuto
prestare giuramento chi è subentrato
al suo posto: Gianni Lampis
(Fratelli d'Italia), 29enne originario di
Uta. Per lui si tratta di un ritorno
in Consiglio regionale dove aveva
occupato un posto per due mesi per
aver scalzato Modesto Fenu (Zona
Franca), dichiarato decaduto dal
Consiglio di Stato lo scorso luglio
insieme a Efisio Arbau (Zona
Franca), Michele Azara (Idv) e Gavino
Sale (iRs).
Due mesi dopo, però, Lampis aveva
dovuto abbandonare il
seggio per decisione del Tar della
Sardegna che aveva accolto il
ricorso dell'ex sindaco di Buddusò,
Giovanni Satta, candidato dell'Uds
nella circoscrizione Olbia-Tempio
alle Regionali del 2014.
Ancora non si sono dimessi, ma lo
faranno presto Pittalis, Solinas e
Manca. Il deputato nuorese ha
precisato ieri che si dimetterà
mercoledì prossimo in Aula: «Dopo 24
anni da consigliere mi piace
guardare la gente in faccia e
ringraziare i colleghi». Al suo posto
subentrerà Stefano Coinu, ex sindaco
di Fonni.
L'ex capogruppo si è
però già dimesso dalla Giunta delle
elezioni lasciando il posto al
vicepresidente del Consiglio
regionale, Antonello Peru. Christian
Solinas, eletto al Senato, sarà
sostituito dal sardista Nanni
Lancioni, mentre al posto del
renziano Gavino Manca approderà in
Consiglio l'algherese dem, Raimondo
Cacciotto.
I tre parlamentari devono optare per
il seggio in Parlamento perché le
due cariche sono incompatibili. Sino
ad allora, non percepiranno la
doppia indennità. Quella di Camera e
Senato, infatti, è congelata sino
a quando i tre non rinunceranno alla
carica di consiglieri.
Ro. Mu.
Due
ricorsi alla Camera
Giagoni e
Murgia vogliono il seggio di Deidda (Fdi)
Due ricorsi per annullare l'elezione
alla Camera di Salvatore Deidda,
deputato di Fratelli d'Italia. A
contestare l'assegnazione del seggio
sono Dario Giagoni, candidato con la
Lega alle ultime Politiche, e il
parlamentare uscente Bruno Murgia,
anche lui candidato in Fdi come
Deidda, ma nel collegio Sardegna 2,
che comprendeva Nuorese e
Sassarese. I ricorsi sono stati
presentati nei giorni scorsi alla
Giunta per le elezioni di
Montecitorio, l'organo competente in questi
casi.
Per Giagoni e Murgia sarebbe stato
violato il criterio di
rappresentatività. Salvatore Deidda
ha affidato il suo commento a
Facebook: «Lavoro serenamente. Ci
penseranno i miei avvocati a
rispondere. Sappiamo di essere nel
giusto. Non abbiamo scritto noi la
legge elettorale. Se avrà ragione
uno di loro tornerò a militare come
sempre ho fatto. Se avremo ragione
noi, continueremo a lavorare».
Il Rosatellum bis prevedeva la
divisione dell'Isola in due collegi
elettorali (a grandi linee:
Cagliaritano e Oristanese per il primo,
Nuorese, Sassarese e Gallura per il
secondo) ai quali erano stati
assegnati rispettivamente sei e
cinque seggi.
In concreto, però, i
posti assegnati sulla base dei
collegi plurinominali sono diversi. Al
“Sardegna 1” sono stati attribuiti
sette posti, uno in più del
previsto, mentre il “Sardegna 2” ne
ha ottenuto solo quattro. Sono
questi i motivi che hanno portato
Giagoni e Murgia a presentare il
ricorso alla Giunta per le elezioni,
che deve ancora entrare in
carica.
CONSIGLIO.
Naufraga
la nuova legge elettorale I partiti bocciano la proposta di Ganau
I
capigruppo chiudono il dibattito: «Non è la priorità». Il
presidente:
«Occasione persa»
La possibilità di cambiare la legge
elettorale naufraga in una
conferenza di capigruppo. Forte del
mandato di tutte le forze
politiche, ieri Gianfranco Ganau si
è presentato con la sua proposta
per «garantire una migliore
rappresentatività dell'elettorato
all'interno del Consiglio
regionale». Un testo scritto apposta per
evitare l'effetto “Michela Murgia”,
la scrittrice non eletta nel 2014
nonostante un dieci per cento
personale e un otto per cento della
coalizione, e per scongiurare tutti
i ricorsi che hanno reso girevoli
le porte dell'Assemblea sarda.
LA BOCCIATURA Buoni motivi, ma non
sufficienti: dopo pochi minuti il
capogruppo del Partito dei sardi,
Gianfranco Congiu, ha detto che la
legge elettorale non è una priorità,
per poi sfilarsi dalla
conferenza, azzerando di fatto la
discussione. Di fronte alla
spaccatura l'opposizione ha fatto
notare che mancavano le condizioni e
quasi contemporaneamente è arrivata
una nota del neo deputato e
capogruppo (prossimo alle
dimissioni), Pietro Pittalis, di sostegno al
sistema vigente: «Ritengo che non
sia una priorità per i sardi la
modifica della legge elettorale che,
peraltro, secondo il gruppo di
Forza Italia, garantisce la
governabilità ed assicura una maggioranza
certa all'interno del consiglio
regionale. Dunque, nessun mutamento e
nessuna furbata per accreditare
partiti e persone che solo il voto
popolare può legittimare».
IL PRESIDENTE È bastato - ha
spiegato dopo Ganau - «per prendere atto
del fatto che non esistono le
condizioni per portare avanti la
modifica della legge elettorale. Non
credo che il Consiglio abbia
tempo di elaborare, né ci sono le
condizioni politiche, altre proposte
elettorali, quindi si va ad elezioni
con questa legge, con tutti i
limiti che sono stati più volte
segnalati e denunciati». Resta il
fatto che se fino a due giorni fa il
presidente dell'Assemblea aveva
un mandato preciso, ieri non gli è
stato confermato. «Io», ha
ribadito, ho avuto l'incarico da
parte di tutti i capigruppo per
formulare una proposta ampiamente
condivisa, e a questo mi sono
attenuto». E allora cos'è successo?
«Posso ipotizzare che ci siano
timori a metter mano alla legge per
interpretazioni che potrebbero
essere date da forze attualmente non
presenti in Consiglio, ma questa
era una proposta rispettosa che
favoriva la partecipazione».
IL TESTO La legge che ieri Ganau ha
consegnato ai colleghi si basava
«sulle osservazioni che sono state
sempre fatte in termini di
rappresentatività della legge e
dalle modifiche imposte dalla
magistratura con interpretazioni e
disinterpretazioni che hanno
caratterizzato l'entrata e l'uscita
in Consiglio di numerosi
consiglieri». In particolare - ha
spiegato - «si configurava con un
abbassamento delle soglie per le
coalizioni dal 10 all'8% e quelle dei
partiti e delle liste singole dal 5
al 3%».
Questo per dare la
possibilità di «riconoscere
l'elezione del candidato presidente che
superava la soglia dell'8%, così da
evitare quanto successo nel 2014
con Michela Murgia». Altra modifica
prevista: «L'inserimento della
soglia di sbarramento all'interno
della coalizione fissata al 2% e la
modifica del premio di maggioranza
in conformità con quanto stabilito
dalla Corte Costituzionale
sull'Italicum da portare dal 25 al 35%».
VOTO ROSA Insomma, l'unica novità
nel sistema per votare alle
regionali del 2019 sarà la doppia
preferenza di genere. Per il resto,
«il Consiglio ha perso un'occasione
per correggere una pessima legge»,
ha concluso. D'altra parte, per come
si sono messe le cose, non poteva
finire in altro modo.
«In genere le leggi elettorali si
fanno con
l'apporto di tutte le forze
politiche, sia di maggioranza che di
minoranza - ha commentato il
capogruppo del Pd, Pietro Cocco - si
tratta di un tema delicato, mancano
pochi mesi alla fine della
legislatura, in questo caso si è
tirato fuori dalla discussione il
Partito dei sardi, ma poteva essere
chiunque». In ogni caso: «Le
modifiche da apportare sarebbero
comunque poche, non si possono
cambiare le regole alla fine della
legislatura». E nel merito:
«L'elezione diretta del presidente
della Regione non dovrebbe essere
toccata, e chi vince le elezioni
dovrebbe avere un premio di
maggioranza tale da consentirgli di
governare».
Roberto Murgia
Il
segretario reggente del Pd chiude ancora la porta a un accordo con il M5S
Martina:
«Dai Cinquestelle una proposta irricevibile»
ROMA «Se Di Maio pensa di spaccare
il nostro partito, sappia che non
ce la farà mai. Il Pd non si spacca,
discute, anche con punti di vista
differenti. È quello che si fa in un
grande partito, non siamo in una
caserma e, soprattutto, non ci
facciamo comandare da qualcuno. Di Maio
non può fare il pane in due forni».
Il segretario reggente del Pd
Maurizio Martina chiude le porte a
un accordo con il M5S. «Proposta
irricevibile». Lo dice all'assemblea
dei parlamentari Dem, convocata
in vista del secondo giro di
consultazioni. Alla riunione non ha
partecipato l'ex segretario Matteo
Renzi. Assente anche il presidente
del Consiglio Paolo Gentiloni.
IL CASO RENZI Ma ieri Martina ha
anche risposto alle domande di chi lo
stuzzicava sulla possibile uscita di
Matteo Renzi dal Pd, per creare
un nuovo soggetto politico. «Renzi
farà un movimento politico? No,
Renzi ha già smentito. Il problema
non è andare oltre il Pd, abbiamo
bisogno fuorché di formule divisive,
di ennesimi contenitori. ll tema
è il rilancio del nostro progetto
non è una questione di andare
indietro o di andare oltre», ha
detto il reggente, che poi ha
aggiunto: «Renzi è un'energia per
questo partito e per il Paese.
Abbiamo lavorato insieme, quando si
governa è chiaro che si facciano
anche errori ma questo non ci far
venire meno alla consapevolezza che
abbiamo fatto tanto.
L'energia espressa in questi anni è
un valore».
ASSEMBLEA Intanto Renzi ha
confermato la sua intenzione di parlare
soltanto il 21 aprile, nel corso
dell'assemblea nazionale del partito.
I mille delegati saranno chiamati a
decidere il percorso del Pd dopo
le sue dimissioni da segretario. Le
opzioni, da Statuto, sono due:
l'assemblea elegge un nuovo
segretario in carica fino alla scadenza
naturale, nel 2021, oppure decide di
sciogliersi e anticipare così il
congresso.
La
Nuova
Nuova
legge elettorale:
salta
l'intesa tra i partiti
politica regionale
CAGLIARILa legge elettorale del 2014
rimarrà quella che è: un
pasticcio. L'anno prossimo il
Consiglio regionale sarà eletto con
quella stessa legge che dai giudici
amministrativi è stata bocciata e
rivoltata in più di una sentenza dal
2015 in poi. Tutte le buone
intenzioni di correggere gli errori
sono svanite all'improvviso:
l'accordo politico è saltato.
Il colpo di scena s'è consumato
durante
la riunione dei capigruppo,
convocata dal presidente Consiglio,
Gianfranco Ganau, proprio per
presentare quella che sarebbe dovuta
essere la bozza su cui cominciare a
lavorare da subito e poi votare
massimo entro maggio. A far saltare
il banco è stato, ancora una
volta, il Partito dei sardi, che in
questi giorni sembra essere
arroccato su un Aventino da cui pare
non voler scendere. Dopo aver
annunciato che non sarà presente al
vertice del centrosinistra di
questo pomeriggio, il capogruppo pds
Gianfranco Congiu ha sbarrato la
strada anche alla riforma
elettorale.
Entrato nella sala grande
dell'ufficio di presidenza del
Consiglio, ha detto in apertura: «Non
parteciperò alla riunione, perché
per noi questa legge non è fra le
priorità». Per il Pds, si sa, le
urgenze sono altre - dalla vertenza
Ottana alla sanità - e per questo
diserterà il vertice, e ora quelle
stesse emergenze le ha messe anche
davanti a una riforma che fino
all'altro giorno sembrava essere
necessaria per tutti. Sta di fatto
che l'arrivederci e grazie di
Congiu, secondo molti tutt'altro
inaspettate visto le sue risapute
resistenze sulle soglie di
sbarramento del 2014, è stato
sfruttato subito dall'opposizione.
La vicecapogruppo di Forza Italia,
Alessandra Zedda, ha detto: «Prendiamo
atto che la maggioranza è spaccata e
quindi non ci sono più le
condizioni per andare avanti». A
quel punto, in un battibaleno, la
riunione dei capigruppo s'è sciolta
e mai la riforma sarà fatta. Con
la stessa Forza Italia che dopo il
rompete le righe ha fatto sapere:
«La legge che c'è per noi va bene
così, perché garantisce comunque la
governabilità». E il centrosinistra
come ha commentato? Preso atto
dell'ennesimo strappo col Pds, ha
detto: «Peccato, è un'occasione
mancata, ma per le riforme
elettorali ci vuole l'accordo di tutti e
chi oggi non è d'accordo si prenderà
tutte le responsabilità di aver
negato ai sardi una legge elettorale
più giusta ed equa».
Presa d'atto.
«Non esistono più le condizioni per
portare avanti la riforma - è
stata la dichiarazione ufficiale del
presidente Ganau - Dopo questo
stop non credo ci sarà più neanche
il tempo per presentare altre
proposte. Quindi resta in vigore la
legge che c'è, con tutti i limiti
più volte denunciati. È stata persa
un'occasione per correggere quella
che tutti sappiamo essere una
pessima legge». Per poi lasciarsi andare
anche a questo commento: «Eppure,
sino a pochi giorni fa, tutti i
partiti s'erano detti pronti a
discutere la riforma e infatti dai
capigruppo avevo ricevuto il mandato
di proporre una proposta che
tenesse conto delle varie richieste
interne ed esterne al Consiglio».
Fino ad arrivare a una conclusione
ancora più amara: «Purtroppo mi
pare che in molti, con largo
anticipo siano già in campagna elettorale
ed è per questo che il clima è
cambiato».La proposta. Per fortuna che
la doppia preferenza di genere è
stata approvata nei mesi scorsi e
quasi all'unanimità, altrimenti
viste le ultime tensioni forse sarebbe
saltata anche quella.
Nella proposta di Ganau, le
principali
correzioni sarebbero dovute essere
queste: sbarramenti più bassi degli
attuali per le coalizioni (dal 10
all'8 per cento) e i partiti (dal 5
al 3), con però in più la soglia del
2 per cento interna alle alleanze
e solo chi la supererà potrà
partecipare alla suddivisione dei seggi.
Ancora: l'elezione anche dei
candidati-presidenti che superano lo
sbarramento dell'8 per cento, oltre
ovviamente a quella del vincitore
e del primo degli sconfitti. Infine,
il ridimensionamento del premio
di maggioranza. Niente da fare:
quello che era teoria rimarrà una
teoria, mentre la vecchia legge
elettorale, dai più definita una
schifezza, purtroppo è
sopravvissuta. (ua)
fratelli
d'italia
Lampis in
Consiglio al posto di Cappellacci
Strano ma vero: c'è un consigliere
regionale che ha giurato due volte
fedeltà alla Costituzione. È Gianni
Lampis di Fdi. Nel 2015, la prima,
poi dopo un anno di pausa, l'ha
dovuto rifare ieri. Colpa di una legge
elettorale che dopo averlo ammesso
d'ufficio in aula, due anni f al
posto del consigliere Modesto Fenu
(Zona franca), l'ha ricacciato
fuori all'indomani della sentenza,
nel 2016, del Consiglio di stato,
che invece ha aperto le porte a
Giovanni Satta dell'Uds.
Stavolta Lampis è ritornato in
Consiglio al posto del neo deputato Ugo
Cappellacci, Fi, e quindi ha
rigiurato nonostante non fosse un
esordiente. Mercoledì dovrebbero
dimettersi dalla carica di
consigliere Pietro Pittalis, Fi, e
Christan Solinas, Psd'Az, anche
loro eletti in Parlamento. Poi dovrà
farlo anche il neo deputato
Gavino Manca del Pd.
Puddu:
«Della vicenda se ne occupano lui e lo staff. Solidarietà a Vittoria»
La
senatrice su Facebook: se la prendono con me solo perché ce l'ho fatta
M5s, il
caso Bogo Deledda nelle mani di Di Maio
di Alessandro Pirina
SASSARI
Il caso Bogo Deledda finisce nelle
mani di Di Maio. Tra una telefonata
con Salvini e un corteggiamento al
Pd l'aspirante premier del
Movimento 5 stelle si dovrà occupare
anche della vicenda che vede
protagonista la senatrice Vittoria
Bogo Deledda, eletta a Palazzo
Madama dopo 8 mesi di malattia e
rientrata al lavoro al Comune di
Budoni appena tre giorni prima
dell'avvio della campagna elettorale.
Un caso, sollevato in tv dalle Iene,
che dal piccolo schermo si è
trasferito sui banchi del
Parlamento, con la presentazione di
interrogazioni e richieste di
ispezioni da parte di parlamentari Pd.
Sulla vicenda il Movimento 5 stelle
sposa una linea garantista,
rimandando ogni decisione finale
allo staff, e in particolare al
leader Luigi Di Maio.
«Ho visto in tv il servizio delle
Iene e come
prima cosa non posso che esprimere
la mia solidarietà a Vittoria -
dice Mario Puddu, sindaco di
Assemini, già coordinatore della campagna
elettorale grillina e ora ritornato
soldato semplice, pur rimanendo
uno degli uomini simbolo dei 5
stelle nell'isola -. È una donna
gentile ed elegante e mi è
dispiaciuto vederla coinvolta in quella
aggressione. Di tutta la vicenda è a
conoscenza lo staff e ce ne
stiamo occupando. Di più non dico,
se non che ogni altra
considerazione è lasciata allo staff
e allo stesso Di Maio». Puddu,
insomma, rimanda ogni decisione ai
vertici del Movimento, ma non prima
di lanciare uno stoccata allo show
di Italia 1.
«Prima di esprimere
giudizi e opinioni bisogna conoscere
bene i fatti - aggiunge -. Spesso
certe trasmissioni tv dipingono le
cose come non sono e tendono a dare
una interpretazione faziosa delle
cose. Sono certo che lo staff e la
stessa Vittoria avranno modo di
spiegare bene come sono andate le
cose». Per ora la senatrice, eletta
nel collegio del Nord Sardegna,
non parla. Le sue uniche parole le
ha affidate a un post pubblicato su
Facebook poche ore dopo la messa in
onda delle Iene. «Tutto questo per
aver lavorato troppo, non poco.
Basterebbe vedere le mie agende degli
appuntamenti socio-assistenziali di
25 anni - scrive la parlamentare
di Posada -.
Tutto questo perché chi avrebbe dovuto
non ha voluto
verificare le fonti per dare
informazioni veritiere e complete, come
la corposa cartella Inail con fitta
relazione e ben 60 allegati, forse
poco funzionale alla costruzione di
un caso mediatico, ma rivelatrice
di ben altra storia. Tutto questo
per avercela fatta dopo un lungo e
graduale percorso. Tutto questo per
essermi messa a disposizione della
politica, forte di una dura
esperienza personale e professionale,
pensando a chi si ammala sul lavoro
e non trova vie d'uscita».
Insomma, il M5s fa muro intorno alla
senatrice che appena un mese fa
ha sbaragliato un big della politica
come il presidente del Consiglio
regionale, Gianfranco Ganau.
Ma ovviamente le immagini trasmesse
da
Italia 1 fanno discutere parecchio, soprattutto
sui social. Anche
perché l'incursione della iena
Filippo Roma a Budoni è finita con la
troupe dello show spintonata dal
marito della senatrice. Chi non ha
perso tempo sono stati gli altri
partiti, Pd su tutti, scatenati sia
in Parlamento, con una
interrogazione di Michele Anzaldi che chiede
una ispezione di ministero e Inps,
che sui social. «Grazie ai grillini
ora abbiamo anche i furbetti del
Parlamento - twitta Alessia Morani -
Bogo Deledda del M5s è stata in
malattia per 243 giorni. Il 29 gennaio
viene candidata e il 2 febbraio
guarisce del tutto. Di Maio dirà
qualcosa o è troppo occupato a
bisticciare con Salvini?».
I gruppi
Pd si riuniscono ma lo scontro resta aperto
Renzi non
si presenta per non condizionare il dibattito, parlerà il 21
in assemblea
I dem
ancora sulla linea dell'opposizione, ma Franceschini spinge: «Cambiare»
Il reddito di cittadinanza proposto
dal M5s va nella giusta direzione:
quella cioè di dare più sicurezza ad
un mondo del lavoro diventato più
flessibile e di conseguenza più
precario. A promuovere la proposta dei
grillini è l'economista inglese Guy
Standing, che non a caso è il
teorizzatore del reddito di base
universale, un'idea ancora più ampia,
che prevede di riconoscere una certa
somma di denaro a ogni persona
residente in un Paese, ricca o
povera che sia, che lavori o meno.
«L'aspetto più importante del
reddito di cittadinanza proposto dai M5s
è che ha cambiato la prospettiva e
portato una politica vitale
all'interno del dibattito pubblico
italiano. È fondamentale muoversi
nella direzione del reddito di base
in Italia come in tutti gli altri
Paesi», spiega Standing. «Un reddito
di base avrebbe effetti molto
benefici sull'economia italiana»,
aggiunge l'economista che venerdì
parteciperà al Festival
Internazionale del Giornalismo:
«Incoraggerebbe la produzione
localizzata di beni e servizi e darebbe
ai precari una maggior fiducia e la
capacità di investire e assumersi
rischi imprenditoriali. Questi
effetti sono stati raggiunti in altri
paesi e secondo me sarebbero probabilmente
più forti in Italia».
Inoltre, secondo l'economista, non
si rischia di incorrere in problemi
con l'Europa: «Muovere nella
direzione di un reddito di base - e
questo è quello che farebbe la
proposta M5S, anche se lo farebbe solo
in parte - sarebbe perfettamente
compatibile con le politiche Ue,
specialmente se finanziato al posto
di spese non produttive o
progressive, come i sussidi». Per
questo Standing si augura che il M5s
«non perda le proprie radici
profonde» e non abbandoni la strada verso
un reddito di base.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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