LA
NUOVA
Politica
regionale - Il centrosinistra riparte: puntiamo sul sociale di Umberto Aime
Quattro ore di conclave, una
trentina di consiglieri intorno al tavolo e cinque assenze confermate, quelle
del Partito dei sardi. Il centrosinistra s'è ritrovato, dirà il governatore
Francesco Pigliaru, dopo la batosta alle Politiche. Dal vertice pare che sia
uscito compatto, stringendo fra le mani quella che sarà l'agenda politica e di
governo per riconquistare gli elettori che a marzo non l'hanno votato.
«Sarà incentrata molto sul sociale e
dovrà essere ancora di più dalla parte degli esclusi. Lo faremo col piano
straordinario per il lavoro e aumentando la dotazione del reddito di
cittadinanza», hanno detto, uno dopo l'altro, i portavoce dei partiti
all'uscita dalla riunione. Dal primo all'ultimo, meno il Partito dei sardi, che
fa ancora parte o no della maggioranza? Se lo sono chiesto in molti consiglieri
durante il faccia a faccia col presidente della Regione, qualcuno ha accennato
persino a un continuo e insopportabile ricatto da parte di chi non s'è
presentato.
Pigliaru ha risposto con fermezza a
tutti: «Per me il Pds è ancora in maggioranza. Certo, ci sono alcuni aspetti
politici da chiarire, lo faremo presto, ma sono convinto che su come affrontare
le emergenze ritroveremo presto l'accordo». Dunque, la legislatura non è in
pericolo come poteva sembrare alla vigilia, ci sono un bel po' di bulloni da
stringere, ma ad esempio la parola rimpasto è stata bandita definitivamente
dall'ordine del giorno.
Le ferite aperte. Il tracollo
elettorale ha lasciato più di uno strascico. Ogni alleato pare si sia caricato
sulle spalle una quota importante di responsabilità, ma poi è passato questo
concetto: «Abbiamo fatto molto nei primi quattro anni abbondanti di
legislatura, ma spesso e soprattutto nelle riforme non siamo stati capiti». La prima
sterzata sarà proprio il rilancio del «rapporto diretto con la gente,
indispensabile e necessario», ma non con le parole. «I prossimi undici mesi - dirà Pigliaru
all'uscita - li riempiremo di fatti concreti e cercheremo sempre, con anche
maggiore insistenza rispetto al passato, la condivisione in ogni scelta».
L'agenda. Al vertice, come si
sapeva, il governatore s'è presentato da solo. Nessun assessore al seguito,
neanche il vicepresidente Raffaele Paci: ha preferito il faccia a faccia
multiplo, o forse così è riuscito ad evitare che la riunione fosse avvelenata
dai troppi scontri personali di cui spesso si sente parlare dopo ogni
contrapposizione, che ci sono state e ci sono ancora, fra Giunta e Consiglio. A
quel punto l'ordine del giorno è stato riempito solo di contenuti. «Saranno
queste le nostre priorità», dirà Pigliaru, dimostrando di essere sereno,
determinato e pare anche più forte, perché «questa maggioranza ha voglia di
fare, lo farà bene e riuscirà a dimostrarlo».
La priorità. Sono quattro: lavoro, sanità,
urbanistica e Forestas. Il primo braccio operativo sarà Lavoras: ci sono i
soldi, sono oltre 126 milioni, il progetto è avviato, ora «dobbiamo accelerare
le procedure», perché i Comuni possano ingaggiare i disoccupati e le imprese
assumere. Tutto dovrà essere rapido e con un effetto il più veloce possibile,
per scalfire lo zoccolo duro della disoccupazione soprattutto quella giovanile.
Un altro braccio operativo sarà il
reddito di cittadinanza o inclusione sociale: ci sono a disposizione una
quarantina di milioni, qualche altro potrebbe arrivare, ma anche in questo caso
l'obiettivo è accelerare il meccanismo: al più presto i Comuni dovranno essere
messi nelle condizioni di tamponare il fenomeno della povertà.
Poi c'è la sanità: abbattere le
liste d'attesa, confermare per giugno luglio l'avvio dell'elisoccorso e
soprattutto far «marciare come si deve la riorganizzazione degli ospedali», che
può essere stata anche «digerita male da buona parte della gente», ma se
cominceranno invece a esserci i primi effetti, leggi qualità e meno costi,
potrebbe essere metabolizzata più in fretta.
Subito dopo l'urbanistica, uno dei
grandi nodi di questa parte finale della legislatura, Pigliaru ha annunciato che
il dibattito pubblico sulla bozza presentata dalla giunta è stato spostato dal
20 al 27 aprile e aggiunto: «Sarà a tutto campo, senza ostacoli, per un solo
motivo: il testo finale dovrà essere condiviso al massimo dal primo all'ultimo
articolo, perché questa legge non dovrà essere di questo o quello, ma della
Sardegna intera». Infine il centrosinistra
ha deciso di risolvere velocemente la vertenza sul contratto dei forestali e
s'è impegnata anche a correggere qualcosa della legge elettorale anche se la
grande riforma è ormai bloccata.
Il calendario. Dalla prossima
settimana, il primo sarà mercoledì, cominceranno invece i vertici aperti anche
agli assessori. Con la scaletta imposta dall'attualità e quindi a tagliare il
nastro sarà l'urbanistica. Subito dopo toccherà al lavoro e alla sanità su cui
le richieste non mancano di sicuro. Nel frattempo ci sarà anche un matrimonio
da rimettere in piedi, quello fra i partiti del centrosinistra e il Pds. È
anche questa un'urgenza? Sì, ma politica, le altre sono tutte sociali e la
differenza non è da poco.
Congiu:
parliamo di sanità e centro Sardegna, non di soglie di sbarramento
Pds:
legge elettorale non è priorità
CAGLIARIIn molti hanno indicato il
Partito dei sardi come uno dei
responsabili del naufragio della
proposta di riforma della legge
elettorale proposta dal presidente
Gianfranco Ganau, ma il consigliere
del Pds Gianfranco Congiu ne dà una
spiegazione diversa, più politica
che tecnica. Anche se il partito non
nega che non condivida la legge
anche da un punto di vista più
tecnico. «È vero che siamo stati noi i
primi a uscire dall'aula, ma siamo
stati seguiti da Forza Italia, e a
dire il vero non mi è parso di vedere
grande consenso - dice Congiu -.
La legge è saltata perché non c'era
una condivisione reale in
maggioranza. Non ne abbiamo mai
parlato. Le uniche due volte che Ganau
ha vagamente accennato a un'idea di
riforma della legge è stato lo
scorso anno. La prima volta durante
la discussione sulla doppia
preferenza di genere. Ma abbiamo
preferito non inserire una riforma
della legge che potesse creare
rallentamenti alla doppia preferenza.
Questa volta Ganau ci ha presentato
una doppia opzione una legge
proporzionale o un correttivo di
quella in vigore ora. Alla fine si è
optato per quest'ultima. In realtà è
un correttivo in peggio. Ma per
prima cosa questo correttivo non
andava calato in conferenza dei
capigruppo. Andava presentato con
anticipo e discusso. Non c'è stato
neanche tempo per maturare una
posizione.
Se vuole fare un Rosatellum
in salsa sarda non siamo
disponibili. Ho visto che si fa finta di
abbassare la soglia dal 10 all'8, e
altri interventi che di fatto
sembrano proteggere i partiti che
rischiano di perdere le elezioni. Ma
non mi interessa entrare nel
dettaglio di una legge che non ci è stato
dato il tempo di leggere». Ma Congiu
contesta la stessa impostazione.
«Non entro neanche nel merito della
legge. Il motivo è semplice Per me
le priorità sono altre. Noi vogliamo
parlare della sanità, della
assenza di lavoro. Delle emergenze
del centro Sardegna, della
situazione di grande sofferenza del
settore dell'allevamento. Del
tariffario unico delle prestazioni
veterinarie.
Per noi sono questi i
temi fondamentali di cui parlare in
questo momento e di cui la
maggioranza di centrosinistra si
deve fare carico. Per questo mi sono
alzato e me ne sono andato. Non
siamo sull'Aventino, ma la nostra
priorità sono i sardi». Congiu
rilancia su un altro tema. «La consulta
sardo-corsa per noi resta uno dei
punti cardine, per questo abbiamo
dato il nostro assenso».
Prove di governo Contatti Lega-M5s
Attilio Fontana: «L'unico governo di
cui ho paura è M5s-Pd»
Consigli al suo segretario Matteo
Salvini non ne darebbe mai, ma il
nuovo governatore della Lombardia,
il leghista Attilio Fontana, ha ben
chiaro il governo che non vuole
vedere nascere. «L'unico governo di
cui ho paura è uno formato da
M5S-Pd», spiega nel corso di un forum
all'ANSA. La difficile formazione del
governo nazionale uno dei temi
principali del forum.
Fontana motiva la sua contrarietà a
un governo
Pd-M5S con il fatto che «il Pd ha
dimostrato di essere contrario ad
ogni autonomia e i 5 stelle sono
ondivaghi e quindi non ci
garantirebbero», anche se in
Lombardia «hanno votato a favore
dell'autonomia». «Se il M5S avrà la
stessa impostazione anche a
livello nazionale, allora sarà un
bene», aggiunge, e quindi un
possibile accordo di governo si
potrebbe stringere proprio partendo
dalla condizione che «si liberi
subito la riforma» dell'autonomia che
è ancora nella sua fase iniziale.
Secondo Fontana, infatti, il
preaccordo siglato con il governo
Gentiloni «è un primo passo, ma è
necessario completarlo», dato che
«l'autonomia dovrà riguardare tutte
le 23 materie.
Ma è chiaro - precisa - che sarà una
strada graduale,
ma non sono preoccupato. Da questo
referendum non si torna indietro».
Deve migliorare anche il sistema di
controllo della Regione sulla
sanità, ma non solo, dopo i recenti
arresti di 4 primari per
corruzione: «Abbiamo già dato
incarico a un avvocato che ci seguirà
come parte offesa, e ci costituiremo
parte civile», annuncia Fontana,
aggiungendo che «se le cose uscite
dall'inchiesta sono vere, allora
divento giustizialista e dovremo
cercare di intervenire sul sistema
dei controlli». Per prima cosa, la
giunta lombarda sta mettendo a
punto «una legge per
razionalizzarli», passando dagli attuali tre enti
ad uno solo, che si occupi di far
rispettare la legalità in tutti i
settori. di Francesca Chiri.
Un nuovo accordo tra Matteo Salvini
e
Luigi Di Maio sulla presidenza della
Commissione speciale della Camera
assegnata ad un uomo del Carroccio
sembra riportare la direttrice di
un possibile accordo di governo
sull'asse Lega-M5s. I due leader si
sono sentiti al telefono e poi hanno
diramato una nota congiunta in
cui annunciano l'accordo stretto con
«spirito di collaborazione» per
rendere «operativo il Parlamento al
più presto». L'intesa, a 24 ore
dal secondo giro di consultazioni al
Quirinale, riporta il focus su
una possibile alleanza M5s-Lega su
cui grava però sempre la figura
ingombrante di Silvio Berlusconi,
alleato del Carroccio, ma la cui
presenza in un esecutivo di
centrodestra con il Movimento resta
indigeribile per i 5 Stelle. Sul
Cavaliere piovono infatti prima gli
attacchi del 5 Stelle Alessandro Di
Battista che parla di lui come il
«male assoluto» e poi il più pacato
appello del capo politico del
Movimento che gli rinnova la
richiesta di farsi da parte e far partire
«un governo delle nuove generazioni,
un governo del cambiamento».
Eppure anche dentro la coalizione di
centrodestra qualcosa si muove:
oggi Salvini, Berlusconi e Meloni
saliranno insieme al Colle ma prima
si incontreranno per un vertice. Ma
gli umori che filtrano parlano di
un lento ma progressivo sganciamento
di Salvini dal Cavaliere sorretto
da una quasi certa vittoria del
Carroccio alle prossime Regionali. È
uno scenario in divenire che lascia
spazi per un possibile
allentamento della morsa di Forza
Italia sulla Lega per rendere
possibile la nascita di un governo
con il Movimento. «Chi vota in
Molise come in Friuli, sappia che
votando Lega può darci una mano ad
accelerare la nascita del governo.
Se la Lega e il centrodestra
vinceranno queste due elezioni
vedrete che il governo arriva in
fretta, qualcuno abbassa la cresta e
noi finalmente cominciamo a
lavorare» è il messaggio che lancia
Salvini e che pare diretto sia a
Di Maio che a Berlusconi. Con Di
Maio, per altro, il segretario del
Carroccio è molto esplicito: «Di
Maio scenda dal piedistallo, non può
dire 'io, io, io ho vinto, io faccio
il premier.
Noi diciamo noi e
voi, con umiltà e buon senso».
Matteo Salvini è convinto di riuscire a
convincere il leader di Forza Italia
a tenere un atteggiamento
responsabile per consentire la
nascita di un governo. «Ho chiamato Di
Maio per accelerare i tempi per
l'operatività di Camera e Senato», e
«come centrodestra unito andremo al
Colle dal presidente Mattarella».
Lo sostiene, per giocarsi la sua
partita, anche Luigi Di Maio: «Io
comprendo che la Lega sia
all'interno di una coalizione ma possiamo
dirci che questa coalizione è nata
solo per il Rosatellum. È una Lega
molto diversa», prova a tentarlo.
Anche il leader del Movimento prende
tempo: continua a rivendicare la sua
premiership ma capisce che il suo
possibile alleato ha bisogno di
tempo.
Per questo riferisce che al
Quirinale annuncerà la costituzione
di un comitato scientifico che
studi le possibili convergenze di
programma con Lega ma anche con il
Pd su cui tuttavia fa piovere una doccia
gelata: «Le risposte che
attendevo non sono quelle giuste».
Quanto ai dem, nonostante il fronte
del dialogo con il M5s cresca, le
prospettive per un'apertura non sono
mature. A Mattarella Di Maio dirà
che «ci sono dei passi in avanti».
Di fatto sia da Lega sia dal M5s
arriverà, in forme e modi diversi,
una sostanziale richiesta di avere
ancora tempo. Ma non è detto che
Mattarella acconsenta a lasciar
finire nel nulla anche questa seconda
consultazione.
Unione
Sarda
Fine
legislatura, l'agenda di Pigliaru
Al
vertice di maggioranza pesa l'assenza del Partito dei sardi. Busia
(Cd):
«Fanno i furbi»
Le
priorità: urbanistica, riforma sanitaria, rilancio di Reis e Lavoras
Luci e ombre sul primo vertice di
maggioranza post-batosta elettorale
del 4 marzo. Un Pigliaru
particolarmente ottimista ha lanciato lo
slogan per gli ultimi dieci mesi
della legislatura: «Pensare molto
alla gente e non a questioni
elettorali o legate alle poltrone». A
fare ombra, l'assenza - annunciata -
di una delle forze della
coalizione che sostiene la Giunta e
che, tra l'altro, esprime uno dei
suoi assessori: il Partito dei
Sardi. Ma questo non ha impedito al
governatore di dettare l'agenda di
fine mandato.
TRE PRIORITÀ Tre le priorità
indicate dal governatore: “Comunicare
meglio ciò che è stato fatto,
intensificare le azioni (Lavoras e Reis)
per stare più vicini a chi soffre di
più, far arrivare subito i
benefici di riforme importanti». Il
riferimento sull'ultimo punto è
alla sanità: «Abbiamo fatto una
buona riforma, dobbiamo dimostrarlo
vedendo in tempi brevi una riduzione
delle liste d'attesa». Non sarà
facile. Dietro le quinte del vertice
si registrano preoccupazioni e
malumori: il ministero della Salute
non si è ancora pronunciato sulla
riorganizzazione della rete
ospedaliera varata dal Consiglio ormai sei
mesi fa, e questo congelerebbe, di
fatto, i suoi effetti. Secondo
quanto emerge, Roma starebbe
chiedendo aggiustamenti della riforma
mentre esamina il testo, così da non
doverlo rimandare indietro. Il
via libera, comunque, dovrebbe
essere vicino.
PIÙ FONDI AL REIS Sulle azioni da
mettere in campo per tutelare chi ha
subito maggiormente la crisi, anche
oggi il capogruppo dell'Upc,
Pierfranco Zanchetta, ha rilanciato
sulla possibilità di implementare
il reddito di inclusione sociale
(Reis) da 45 a 65 milioni di euro:
«Questo - ha detto - significherebbe
innalzare l'erogazione per i
nuclei familiari oltre i 500 euro
attuali e i 200 per i singoli,
inoltre bisogna tener conto che il
contributo può essere cumulabile
con il Rei nazionale che va da un
minimo di 80 euro a un massimo di
400».
URBANISTICA Non potevano mancare una
serie di passaggi sulla legge
urbanistica, che potrebbe essere
l'ultima grande riforma di questa
Giunta. Al tema sarà dedicato il
prossimo vertice di maggioranza in
programma mercoledì prossimo nella
pausa tra due sessioni dei lavori
dell'Aula, mentre per il 27 aprile è
già stato fissato il primo
dibattito pubblico partendo proprio
dal ddl Erriu “Governo del
territorio”. I tavoli che seguiranno
a ruota nei giorni successivi
saranno sempre tematici e
riguarderanno la sanità, Forestas e
l'attuazione del piano LavoRas da
127 milioni di euro.
LEGGE ELETTORALE In quattro ore c'è
stato anche il tempo per parlare
di legge elettorale, dopo che ogni
possibilità di modifica è
naufragata due giorni fa. Il
presidente della commissione Autonomia,
Francesco Agus, ha sottolineato che
esistono i margini per apportare
piccole correzioni, «per esempio
sono modificabili le soglie di
sbarramento». Martedì il presidente
del Consiglio regionale,
Gianfranco Ganau, si è presentato in
conferenza dei capigruppo con una
proposta di modifica del sistema
vigente, ma il capogruppo Pds,
Gianfranco Congiu ha lasciato quasi
subito il tavolo, sostenendo che a
dieci mesi dalle elezioni cambiare
la legge non poteva essere una
priorità. In due giorni il Partito
dei sardi ha abbandonato un vertice
a metà e ne ha disertato un altro.
MAGGIORANZA Ieri qualcuno ha posto
il problema. «Esiste ancora una
maggioranza? - ha tagliato corto la
consigliera del Centro
democratico, Anna Maria Busia -
trovo vergognosa l'assenza del Partito
dei sardi, la loro è una forma di
ricatto. Si sono comportati allo
stesso modo con la legge sugli
appalti, e poi con la legge elettorale,
e ora non si presentano al vertice
di maggioranza. Sono presenti in
Giunta ma fanno i furbi». E poi:
«Chiedo una risposta al garante della
coalizione, il presidente Pigliaru».
IL NODO DEL PDS Risposta che non
tarda ad arrivare: «Considero il
Partito dei Sardi ancora una forza
della maggioranza - ha detto il
governatore a vertice concluso -
loro pongono delle questioni, la
crisi industriale di Ottana, per
esempio, oggi ce ne siamo occupati e
lo faremo anche nei prossimi giorni,
chi ha proposte per risolvere
problemi avrà sempre il nostro
ascolto». Uno dei motivi per cui il Pds
ha saltato il tavolo con gli alleati
è proprio la mancanza di risposte
chiare su temi cruciali come la
crisi nel centro Sardegna. L'assessora
all'Industria, Maria Grazia Piras,
ha detto che la Regione farà
istanza di area di crisi complessa.
Roberto Murgia
Molti
cambiamenti in Aula
Legge
elettorale, bene la governabilità ma norme confuse
Questa legislatura verrà ricordata
per i continui avvicendamenti tra
consiglieri regionali. Avant'ieri,
Gianni Lampis (Fratelli d'Italia),
ha giurato per la seconda volta, un
fatto non usuale per un'assemblea
regionale. Una parte dei cambiamenti
nella composizione dell'assemblea
è dovuta a una legge elettorale che
ha dimostrato molte lacune,
causando confusione e affidando ai
tribunali la corretta
interpretazione.
Il Consiglio regionale non è
intervenuto per modificare le regole,
visto che alcune proposte di
modifica non sono state accettate dai
gruppi politici. I cambiamenti
prevedevano l'inserimento di una soglia
di sbarramento all'interno delle
coalizioni e l'abbassamento di quelle
per le coalizioni e per i singoli
partiti (da 10 a 8% e da 5 a 3%). In
campo c'era anche l'idea di
aumentare la soglia da 40 a 45% per
consentire al vincitore il premio di
maggioranza del 60% dei
consiglieri e portare invece dal
25-40% al 35-45% il secondo scaglione
per avere il premio di maggioranza
del 55%. Il clima, però, non era
dei migliori e anche i tempi, troppo
stretti per avviare un
ragionamento per cambiare le regole
del gioco.
L'auspicio è che dopo
le sentenze del Consiglio di Stato
sia possibile migliorare
l'interpretazione della legge,
evitando così i continui cambi in
Consiglio regionale, ricordato anche
per la scarsa presenza femminile:
solo quattro consigliere su 60. (m.
s.)
La
richiesta
Pd, i
soriani: «Urgente l'assemblea»
Nel Partito democratico sardo c'è
l'urgenza di un nuovo confronto. La
richiesta arriva da parte dell'ala
soriana dell'assemblea regionale
che chiede al segretario del Pd
sardo, Giuseppe Luigi Cucca, la
convocazione «straordinaria e
urgente» dell'organismo. Quarantasei
richiedenti che pressano per
riprendere la discussione sulla
situazione in cui versa il partito
nell'Isola e fare un'analisi della
situazione politica a seguito delle
elezioni del 4 marzo. Si tratta di
un segnale tangibile che il clima
tra i dem è tutt'altro che sereno e
che lo strappo dei soriani dopo la
direzione regionale del partito,
convocata subito dopo le elezioni a
Oristano, è ancora da ricucire.
In tanti, dopo il risultato delle
politiche, avevano chiesto le
dimissioni del segretario, che si
era messo a disposizione delle
scelte del partito senza, però,
rinunciare alla segreteria.
In realtà tutto è congelato in
attesa della direzione nazionale del
Partito democratico, prevista per il
21 aprile al Nazareno, e solo
dopo sarà possibile capire quale strada
imboccheranno anche i dem
sardi. Per ora l'unico atto formale
è un documento di propositi,
maturato alla direzione regionale,
in cui si annuncia l'avvio di
assemblee nei circoli e la necessità
di avere maggiori forme di
autonomia rispetto ai vertici romani.
Gli stessi soriani, però, erano
stati critici e la richiesta di
convocare l'assemblea è la
testimonianza che c'è la necessità
di definire nuovi equilibri. (m. s.)
Disgelo
Salvini-Di Maio Oggi via alle consultazioni
I leader
di Lega e M5S: «Il Parlamento dev'essere subito operativo»
ROMA Al via oggi il secondo giro di
consultazioni convocate dal
Quirinale dopo la prima tornata
della settimana scorsa. E mentre fra
oggi e domani il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella
ascolterà prima i partiti e poi le
alte cariche dello Stato, dopo il
botta e risposta dei giorni scorsi
si rafforza l'ipotesi di un'intesa
Lega-5 Stelle per la formazione del
nuovo governo.
L'INTESA Durante una telefonata i
leader della Lega Matteo Salvini e
del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio
hanno manifestato l'idea di
avviare al più presto i lavori
parlamentari e si sono messi d'accordo
sul nome del presidente della
Commissione speciale della Camera, il
deputato leghista Nicola Molteni. Su
Facebook Matteo Salvini ha
confermato l'accordo annunciando
oltretutto che oggi le forze di
centrodestra incontreranno insieme
il Capo dello Stato. «Ho chiamato
Di Maio per cercare di accelerare i
tempi dell'operatività di Camera e
Senato - ha scritto -.
Andremo come centrodestra unito dal
presidente
Mattarella a ricordare che siamo la
coalizione che ha preso più voti».
Il leader della Lega ha comunque
rilanciato un avviso: «Ma Di Maio
deve scendere dal piedistallo, deve
smettere di dire io, io, io... Lui
dice io, noi diciamo noi e voi con
la voglia di cominciare a lavorare
il prima possibile per difendere i
diritti degli italiani
dimenticati».
«NON CHIEDO UN TRADIMENTO» È
evidente che tra Lega e 5 Stelle il nodo
più difficile da sciogliere resta
quello della fedeltà dei primi alla
coalizione di centrodestra e in
particolare a Silvio Berlusconi. «Non
chiedo un tradimento, ma dico, e lo
dico a Berlusconi, dopo 24 anni è
momento di far partire un governo
delle nuove generazioni, un governo
del cambiamento», ha detto il leader
M5S ieri a Porta a Porta.
«BASTA TENTENNAMENTI» A Terni, dove
ha presentato il candidato sindaco
alle prossime elezioni comunali
Leonardo Latini, Matteo Salvini ha
aggiunto: «Il centrodestra deve
dialogare coi secondi arrivati sia a
Terni che in Italia, se i secondi
arrivati ci stanno a ragionare, se
ce la fanno a smettere di dire no si
parte. Altrimenti, escludendo un
accordo contro natura Pd-Cinque
stelle, le vie sono solo due: o le
elezioni, dove sentendo l'aria che
tira vinciamo da soli e non abbiamo
più il problema di dover ascoltare,
incontrare e sottostare a veti e a
capricci, oppure, extrema ratio, ci
facciamo carico noi di tutti».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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