La
Nuova
Il
presidente con l'euro e per Draghi. «No ai nazionalismi dell'800»
«Il
sovranismo non si può attuare»
Tornano anacronistiche «formule
ottocentesche» dense di nazionalismi che dovrebbero essere ormai digerite nel
percorso della storia. E viaggia pericolosa, sia in Italia che in Europa, una subdola
«narrazione sovranista», assai seducente ma altrettanto pericolosa. Politiche
primordiali che cercano la pancia dei cittadini ai quali si nega la verità: cioè
che si tratta di «soluzioni inattuabili».
Sergio Mattarella si cala nella
politica europea a Fiesole dove ha aperto i lavori della conferenza «The state
of the Union» per l'annuale check up dello stato di salute dell'Europa. Con i presidenti
di Portogallo, Irlanda e Grecia giunti sulle colline di Firenze, il capo dello
Stato ha analizzato a 360 gradi problemi e opportunità del vecchio Continente
giungendo a una sola conclusione: di fronte a un mondo sempre più «turbato
occorre unirsi e non dividersi», iniziare a sfatare «narrazioni» che ingannano
l'opinione pubblica spingendo i cittadini a pensare che i singoli Stati
«possano farcela da soli».
«Numerosi concittadini hanno smesso
di pensare che l'Europa possa risolvere i loro problemi. Vedono sempre meno nelle
istituzioni di Bruxelles un interlocutore vantaggioso, rifugiandosi - ha
sottolineato Mattarella - in un orizzonte puramente domestico, nutrito di una
illusione: pensare che i fenomeni globali che più colpiscono possano essere
affrontati a livello nazionale».
Un pericoloche interessa buona parte
d'Europa. Ma i sensori del presidente sono puntati su quanto avviene a Roma.
Mattarella è in queste ore al centro di tutto, in paziente attesa di vedere
risultati in materia di governo nazionale. E mai come oggi la politica estera è
sotto la lente del Quirinale. A Fiesole lo hanno cercato Luigi Di Maio e Matteo
Salvini per chiedergli altro tempo, fino a domenica, per iniziare a definire anche
la squadra di governo. E si comprende bene come il presidente non possa essere
spettatore esterno quando si parla delle basi della politica estera italiana,
dei vincoli atlantici, del rispetto dei Trattati.
Ecco perché le considerazioni del
capo dello Stato saranno lette con grande attenzione da Lega e Cinque stelle
che sapranno poi trasferirle in nomi e profili da inserire o meno nella
compagine che costruiranno. Linee fondamentali, dicevamo. A partire dalla linea
Maginot dell'Euro, dalla difesa della Bce e del suo Governatore italiano, tanto
lodato dal Quirinale. Quel Mario Draghi che sarebbe molto utile anche a Roma.
(F.F.).
Unione
Sarda
Tra il
Pds e la Giunta è scontro aperto
Riflettori
sulla rete ospedaliera
«Caro presidente, è da tempo che
rispetto alle nostre sollecitazioni ti poni il problema se la nostra sia una
forza di maggioranza o di opposizione. Non accade mai per il merito delle cose
che diciamo, ma per i toni o per le parole che usiamo». Il capogruppo in
Consiglio regionale, Gianfranco Congiu, interviene nella querelle scoppiata
sulla Sanità e in una lettera a Pigliaru riassume i punti-chiave dello strappo
che ha portato il Partito dei Sardi (anche) a disertare il vertice di
maggioranza un mese fa.
«È mai possibile che di fronte al
problema della lunghezza chilometrica delle liste d'attesa qualcuno teorizzi
provvedimenti sanzionatori per chi non si presenta?». Poi, c'è il caso Ottana,
esploso in Regione un mese fa perché il sindaco Franco Saba ha minacciato di
dare le dimissioni. «È mai possibile che su Ottana», prosegue Congiu, «si
chiedano provvedimenti urgenti e la risposta sia l'analisi del contesto
affidata all'ennesima task force, l'ennesimo luogo di diluizione delle
decisioni? È mai possibile che di fronte al voto dell'Aula sull'impiego di
risorse regionali per chi non ha goduto di due anni di mobilità, non si riesca
a decidere con quale strumento renderle disponibili ai lavoratori?».
E ancora: «Nessuno batte un colpo
sulle nefaste conseguenze che avrebbe il disegno accentratore ordito
dall'Associazione italiana allevatori e dal governo e che di fatto affiderà a
terzi la tutela e valorizzazione del nostro patrimonio zootecnico?». Intanto Augusto Cherchi, avverte:
«Abbiamo chiesto la convocazione urgente dei direttori generali delle aziende
sanitarie nella sesta Commissione. Serve un chiarimento: dopo che per mesi
l'assessorato ha continuato a ripeterci che la rete ospedaliera non era vigente
perché ancora al vaglio del ministero, ora apprendiamo invece dal direttore
generale dello stesso assessorato che la rete ospedaliera è vigente».
La
Nuova
«Pronti a
candidarci alle regionali nell'isola» L'INTERVISTA»IL
SINDACO
PIZZAROTTI
L'onda lunga di Pizzarotti è
arrivata anche in Sardegna e, con
l'appoggio di molti fuoriusciti dal
M5S, ha fatto spuntare liste
civiche in tutta l'isola. Col
prefisso "Effetto": a Sassari, Cagliari,
Porto Torres, Olbia, Tempio, Sorso, Tissi,
Alghero, Nuoro, Oristano,
Quartu Sant'Elena e Cagliari. Tutti
pronti a confluire in Italia in
Comune. Ancora coperti i nomi
pesanti, ma non mancano i primi
amministratori: a Sassari il
consigliere comunale Marco Boscani (che
ha salutato il M5S da un paio di
mesi), e Antonello Zicconi,
antesignano dei grillini sassaresi;
a Porto Torres e a Tissi ii due
consiglieri comunali, Paola
Conticelli e Sergio Merella; a Cagliari
Tiziana Mori, a Sorso Massimiliano
Marogna.
A Sarule l'assessore
Maurizio Sirca. A Oristano Carlo
Puddu, a Tempio Savino Di Muro.di
Giovanni BuawSASSARILa
"sua" Parma, che governa da sei anni, ha
bruciato Nuoro sul filo di lana
nella nomina a capitale della cultura
2020. E proprio per parlare di
"modelli di gestione della cultura a
confronto" Federico Pizzarotti
sarà stasera a Sassari per un faccia a
faccia col collega sindaco Nicola
Sanna. Ma l'"eretico", primo sindaco
pentastellato d'Italia che
nell'ottobre del 2016 uscì dal movimento
sbattendo la porta, per poi
riconquistare la città lo scorso anno con
il suo Effetto Parma, non è certo
solo di cultura che viene a parlare.
Il suo "Italia in Comune"
è infatti ufficialmente in pista da qualche
settimana. E gli "effetti"
si vedono anche nell'Isola. Dove Pizzarotti
fa incetta di ex grillini delusi. E
guarda con estremo interesse alle
vicine Regionali, pronto a occupare
il famigerato spazio a sinistra
diventato terra di nessuno.È qui in
Sardegna a caccia di sindaci per
il suo partito?Il nome "partito
dei sindaci" è stato coniato dai
giornalisti per semplificare.
L'iniziativa parte dai sindaci civici e
intende aggregare tutti i sindaci
che ci stanno, ma è un partito
aperto e plurale, e perciò tutti i
cittadini possono aderire.
Cittadini e sindaci insieme.
La società che sogniamo è
esattamente
quella che creiamo ogni giorno nelle
nostre città: qui, con fatti
concreti, lavoriamo quotidianamente
per migliorare la qualità della
vita degli italiani.Nell'Isola fa
proseliti.«C'è una parte importante
della società che, soprattutto a
livello locale, apprezza il saper
fare ed è stanca di chiacchiere.
Purtroppo questo buon senso spesso si
disperde quando si va a votare per
il nazionale. Dove prevalgono le
ricette facili e le promesse non
mantenibili».
Vuole scalare
l'elettorato Pd o guarda ai
tantissimi che hanno votato M5S?«Noi non
guardiamo a nessuno come elettore,
ma a tutti come cittadini. Il
modello è quello della classica
lista civica, magari di paese, con
dentro persone di varie provenienze
ed estrazioni, unite da un buon
progetto e dalla voglia di fare».
Vi considerate un partito di
sinistra?«Prima di tutto ci
consideriamo un partito. Anche se
ultimamente sembrava che il
"brand" non andasse più di moda e tutti
fossero movimenti. Un partito con
valori come l'ambiente, la cultura,
il lavoro, l'Europa. Sono di
sinistra o di destra? Io questo non lo so
più. Ho appena approvato un
regolamento per vietare gli spazi pubblici
a chi si dichiara espressamente
fascista, ma quando abbiamo fatto
un'ordinanza per vietare il
"bivacco" nelle strade di Parma mi hanno
dato del fascista».
Scenderà in campo alle prossime regionali
nell'Isola? «Sicuramente alla
sardegna guardiamo con più attenzione.
Anche perché è la prima di 4 regioni
che andrà al voto nel 2019. Ma
senza ansia. Se ci saranno le
condizioni, e soprattutto le persone
giuste, ci candideremo».
Da solo o col
centrosinistra?«L'ansia da
isolamento del M5S era uno dei suoi
valori più deteriori. Non
ripeteremo l'errore. Parliamo con
tutti, chiaramente senza essere la
stampella di nessuno. Se c'è
convergenza si può correre uniti.
Altrimenti andremo da soli».
Ha battuto Nuoro per la corsa a
capitale
della cultura. Ma di cultura si può
campare?«La cultura non è solo
tempo libero o divertimento. È il
mezzo per dare una visione più
matura del mondo. Un volano
importante, anche e soprattutto per le
imprese. Dove c'è fermento culturale
c'è anche fermento
imprenditoriale. Forse non si può
campare di sola cultura, ma senza
cultura non si campa».
Come è strutturato il suo
partito?«La campagna
di adesioni parte con il tour delle
regioni. Regione per regione,
città per città. In queste ultime
settimane ci stanno scrivendo da
tutta Italia, sindaci civici e
cittadini».In Sardegna?«Tornerò a
luglio per incontrare il sindaco di
Barisardo. Ma per parlare di
agroalimentare. Però la rete sta nascendo
anche nell'Isola».
Con Zedda
si è mai sentito?«Due anni fa
abbiamo fatto un dibattito insieme sul
ruolo dei sindaci. Sicuramente c'è
una simpatia e una certa affinità.
Vedremo se questo si trasformerà in
dialogo politico. Certo non c'è
nessuna chiusura nei suoi
confronti».
Con Grillo?«Su di me il M5S ha
lanciato una fatwa. Non solo il mio
nome ma anche quello di Parma è
sparito dai loro discorsi. Questo dà
bene l'idea di come abbiano
problemi a "processare" il
dissenso e il dialogo».
L'M5S pagherà la sua
scelta di governare con Salvini?«Un
populista si sgonfia sempre alla
prova dei fatti. Se poi i populisti
sono due....».
I
parlamentari sardi si adeguano: «È l'unica soluzione praticabile»
Ma FI e
FdI preferirebbero un esecutivo di centrodestra. Il Pd: li valuteremo
L'unico modo per uscire da uno
stallo pericoloso. In casa Lega e
Movimento 5 Stelle è questo il
parere più diffuso sull'ipotesi di un
governo targato Salvini-Di Maio.
Certo non è il miglior finale
rispetto alla storia scritta il 4
marzo scorso, ma l'urgenza di dare
un esecutivo politicamente legittimo
al Paese ha la meglio sulle
perplessità. Negli altri partiti di
centrodestra c'è rammarico per non
aver imboccato la strada di un
governo fatto in casa e si attendono
gli sviluppi per dare giudizi.
I TEMI La deputata del Movimento 5
Stelle Emanuela Corda , prima di
fare qualsiasi valutazione, ricorda
il motivo dello stallo: «Non
abbiamo votato questa legge
elettorale sbagliata e se fossimo
ritornati al voto non ci sarebbe
stato il tempo per modificarla».
Superato questo passaggio, c'è da
guardare avanti perché «il Paese è
in una situazione delicata e avere
un governo politico in questa fase
è necessario». Nessun timore di aver
perso di vista i princìpi:
«Partiamo dai temi e non dai nomi,
ci siamo comportati in maniera
cristallina e mi fa piacere che ci
sia uno slancio di responsabilità
delle forze politiche».
Il collega Pino Cabras ricorda che
«si concorre alle elezioni per
cercare anche di governare». Dunque,
ben venga questa ipotesi data
«l'urgenza di rispondere a temi
nazionali sempre più impellenti». Per
quanto riguarda il futuro «si
cercherà di mettere insieme due
programmi, distinti e diversi, negli
elementi in cui sono comuni e
congruenti». In cima alla lista c'è
«il reddito di cittadinanza, la
riduzione del carico fiscale e una
diversa regolamentazione europea
sui migranti».
«PIENA FIDUCIA» Sfumato il progetto
di avere un governo di
centrodestra a guida Matteo Salvini,
gli esponenti della Lega
accettano con «massima fiducia», le
mosse del leader del Carroccio,
sottolineando, però, di «non aver
alcun timore di ritornare alle
urne». Il deputato e coordinatore in
Sardegna, Eugenio Zoffili , non
ha dubbi: «L'Italia ha bisogno di un
governo, le camere sono ferme e
un esecutivo in grado di risolvere i
problemi è necessario, anche per
la Sardegna». Zoffili ribadisce «la
massima fiducia nel nostro
segretario». Sulla stessa linea il
deputato Guido De Martini , che
sposa la tesi per cui «un governo è
necessario, Salvini saprà gestire
al meglio questa situazione».
I DUBBI Gli alleati del centrodestra
attendono sviluppi e soprattutto
di capire quali saranno i punti
dell'accordo (qualora dovesse
chiudersi) tra Di Maio e Salvini. Il
deputato di Forza Italia Pietro
Pittalis esprime il rammarico per
«il mancato incarico a Salvini per
cercare di costruire una maggioranza
parlamentare per un governo di
centrodestra». Nonostante
«l'apprezzamento per l'ottimo lavoro di
responsabilità del presidente
Mattarella», Pittalis non ha dubbi che
un governo di centrodestra sarebbe
stata la soluzione «più corretta».
Poi un passaggio sul ruolo di
Berlusconi che «ha dimostrato un grande
equilibrio e generosità».
Salvatore Deidda , deputato di
Fratelli d'Italia, non ha lo stesso
atteggiamento clemente nei confronti
del capo dello Stato. «Riteniamo
inconsueto l'atteggiamento di
Mattarella che non ci ha dato la
possibilità di fare un governo di
centrodestra». Sul sostegno all'asse
Lega-M5S, Deidda dice: «Vedremo le
decisioni sul premier e aspetteremo
di capire quali saranno le basi dell'accordo.
Solo allora decideremo
sulla fiducia».
GIUSTO FINALE Il Partito democratico
sta in attesa di valutare quella
che si è rivelata «la soluzione più
percorribile, visto che il sistema
proporzionale porta a fare
alleanze», dice il deputato Gavino Manca .
Poi, i fatti parlano chiaro: «È il
frutto di ciò che hanno voluto i
cittadini e noi dobbiamo affrontare
questa fase con grande serietà,
confrontarci su temi specifici,
portare avanti le nostre proposte e
nel caso contrapporle».
Matteo Sau
Lega-M5S,
3 giorni per l'intesa Il premier? «Un nome terzo»
i Maio e
Salvini trattano sui programmi: sì a flat tax e reddito di cittadinanza
ROMA Il programma di governo è già
più di un abbozzo, sulla lista dei
ministri circolano ormai molte
ipotesi. La vera incognita è chi farà
il premier, ma molti assicurano:
«Sarà un nome terzo» rispetto a Lega
e M5S, esterno a entrambe le forze
politiche. Ma insomma, il primo
esecutivo formato dall'incontro tra
il Carroccio e i pentastellati
sembra ormai vicinissimo. L'incontro
di ieri tra Matteo Salvini e
Luigi Di Maio (che potrebbero avere
un ministero a testa) ha portato
molto avanti la trattativa, almeno
sulle cose da fare: le parole
d'ordine delle rispettive campagne
elettorali ci sono tutte, o quasi.
CONVERGENZE Il primo elenco
programmatico è contenuto in una nota
congiunta diffusa da Movimento 5
Stelle e Lega al termine del tavolo
tecnico, che ha visto all'opera
diversi esponenti delle forze che
stanno per formare il governo. Ecco
i primi punti di convergenza:
«Superamento della legge Fornero,
sburocratizzazione e riduzione di
leggi e regolamenti; reddito di
cittadinanza, con iniziale
potenziamento dei centri per
l'impiego; introduzione di misure per
favorire il recupero dei debiti
fiscali per i contribuenti in
difficoltà; studio sui minibot, flat
tax, riduzione dei costi della
politica, lotta alla corruzione,
contrasto all'immigrazione
clandestina, legittima difesa».
Molti hanno sottolineato subito
l'assenza del tema del conflitto di
interessi, anche se dal M5S hanno
insistito nel dire che la questione
non è depennata dall'agenda. Alfonso
Bonafede, in particolare, ha
confermato che «se n'è discusso con
gli esponenti della Lega» e «sarà
nel contratto che firmeremo col
Carroccio». Sul reddito di
cittadinanza, pare che la Lega abbia
ottenuto che sia a tempo
determinato, per non più di due
anni.
L'ESECUTIVO Lo stesso Bonafede è
stato tra i primi a rivelare la
possibilità di un «nome terzo» per
la presidenza del Consiglio, «di
alto profilo» ma anche «con
un'impronta politica forte». Non un
tecnico, quindi. Non si sa chi possa
essere, ma sembra la soluzione
più probabile dopo che hanno perso
quota le ipotesi di una staffetta
tra Di Maio e Salvini, o
dell'investitura del leghista Giancarlo
Giorgetti.
Per i vari ministeri, un candidato
probabile del M5S è proprio
Bonafede, così come Riccardo
Fraccaro, entrambi indicati nella squadra
di governo presentata da Di Maio
prima del voto. Si parla anche di
Vincenzo Spadafora, Emanuela Del Re,
della medaglia olimpica Domenico
Fioravanti (che potrebbe andare allo
Sport), o di Laura Castelli. Da
parte leghista, in pole position
Giulia Bongiorno per la Giustizia,
mentre il già citato Giorgetti
potrebbe andare all'Economia. Altre
indiscrezioni indicano l'ex ministro
Roberto Calderoli, l'economista
Claudio Borghi, Alberto Bagnai. Ai
leader Salvini e Di Maio
toccherebbero due posti-chiave come,
rispettivamente, l'Interno e gli
Esteri; ma secondo il parlamentare
grillino Emilio Carelli non è
ancora detto che entrino nel
governo.
I TEMPI Le 24 ore chieste
inizialmente dai leader di Lega e M5S a
Mattarella per trovare una prima
intesa sul governo si sono oramai
allungate, dopo che i due hanno
fatto sapere al capo dello Stato che
la trattativa - grazie anche
all'annunciata «astensione benevola» di
Forza Italia - ha buone probabilità
di andare in porto. Tra oggi e
domani proseguirà il confronto
bilaterale, poi è possibile che Di Maio
e Salvini vedano Mattarella
domenica.
Probabilmente, comunque, non sarà
ancora quello il giorno in cui verrà
indicato il nome del premier. Sui
singoli ministri, poi, è prevedibile
che il presidente della Repubblica
intenda esercitare tutte le sue
prerogative, stoppando eventuali
scelte “rischiose” soprattutto su
Economia, Esteri e Interno. Secondo
Spadafora, in ogni caso, il
governo potrebbe giurare alla fine
della prossima settimana.
IL PD Sul fronte Dem, passata la
paura del voto anticipato, si torna
alla consueta litigiosità. È
Maurizio Martina, questa volta, ad
attaccare Matteo Renzi, dopo che i
quotidiani hanno attribuito all'ex
premier una frase beffarda («ora
stiamo a guardare con i pop corn in
mano») sul nascente governo
M5S-Lega: «Altro che pop corn», dice il
reggente, «Il Pd e le forze di
centrosinistra devono prepararsi e
passare presto dalla (giusta)
preoccupazione alla sfida. Alla proposta
alternativa». Anche se in una nota
serale il portavoce di Renzi
precisa che la contestata frase sui
pop corn non sarebbe mai stata
pronunciata.
Anche Graziano Delrio punzecchia
Renzi, a proposito della sua chiusura
in diretta tv al dialogo coi
grillini prima della direzione nazionale
Pd: «Ho pensato che il M5S ci
avrebbe rimproverato di non aver fatto
il confronto con loro. Gli abbiamo
dato un assist».
IGLESIAS.
Nella lista a sostegno di Usai anche i sardisti di Ainnantis
Piazza
Sella-Udc ha deciso l'alleanza ufficiale col Pd
Non c'è più spazio per le
indiscrezioni: l'alleanza tra Piazza
Sella-Udc e Pd è cosa fatta. Più
volte tentato, poi messo da parte per
riemergere a poche ore dalla
scadenza per la presentazione delle
liste, l'allargamento del
centrosinistra (oltre a Piazza Sella e al Pd
ci sono due liste civiche di cui una
ha al suo interno esponenti ex
Sel) è cosa fatta. E Mauro Usai, 29
anni, attuale presidente del
Consiglio comunale, può ora contare
su un sostegno più ampio per
rincorrere il sogno di diventare
sindaco.
LA DECISIONE L'annuncio ufficiale
del “felice epilogo” di un
corteggiamento tormentato è arrivato
nella tarda mattinata di ieri,
attraverso un comunicato che porta
la firma di Beppe Pes, storico
esponente dell'Udc e uno degli
uomini di fiducia del leader regionale
Giorgio Oppi. «Piazza Sella a
seguito della individuazione, da parte
della coalizione, del candidato
Mauro Usai, sostenuto anche da liste
civiche connotate al rinnovamento e
al potenziamento, esprime la più
completa stima personale e il totale
appoggio politico per la guida
della coalizione e della città».
Un testo che lascia trasparire la
soddisfazione per il raggiungimento
di un'intesa, evidentemente
inseguita da tempo e che potrebbe
fare di Iglesias un vero e proprio
laboratorio politico in vista di
alleanze su scala regionale.
IL CANDIDATO Ma per rimanere
all'interno dei confini iglesienti, la
nota si sofferma sul ruolo che Usai
ha ricoperto per 5 anni
all'interno dell'assemblea civica
cittadina: «Ciò consente di
interpretare la carica di sindaco di
una coalizione con una garanzia
di equilibrio fra i vari gruppi».
Le ragioni che hanno ispirato
l'alleanza sono gli obiettivi
comuni. Ovvero: «Superare la
frammentazione dell'attuale quadro
politico e del relativo
personalismo che non sta consentendo
di articolare soluzioni di
prospettiva per la città. Siamo
fortemente convinti - prosegue il
documento - che l'unione possa
rafforzare la possibilità che Iglesias
assuma il ruolo guida nel
territorio». Occupazione da rilanciare,
salvaguardia dei settori produttivi
e implementazione dei servizi
turistici sono i temi centrali.
I SARDISTI La lista avrà anche una
connotazione sardista: al suo
interno confluiscono i candidati di
Ainnantis. «Abbiamo preso questa
decisione - dice Giancarlo Mameli,
fondatore - dopo avere constatato
la disponibilità e volontà politica,
attraverso il leader regionale
Giorgio Oppi, di supportare e
condividere i temi di un inclusivo
progetto di rinascita politica,
sociale ed economica del popolo sardo.
In questo modo - aggiunge - si dà
inizio a un nuovo percorso politico
mirato alla convergenza sugli
interessi generali della città».
Cinzia Simbula
ASSEMINI.
Comunali,
il Pd va da solo: è Lecis il candidato sindaco
Troppe
divisioni, nessun accordo con il resto del centrosinistra
È Francesco Lecis il candidato a
sindaco del Partito democratico in
vista delle elezioni comunali di
Assemini. Il nome del 52enne,
imprenditore, ex assessore ai Lavori
Pubblici (Giunta di Luciano
Casula) è stato ufficializzato ieri
dal segretario cittadino Antonio
Caddeo. Dovrà vedersela contro
Sabrina Licheri del Movimento 5 stelle,
Antonio Scano della coalizione di
centrodestra “Andare Oltre” e Irene
Piras della lista civica “Progetto
LiberAssemini”.
UNA LISTA Il Pd si presenterà con
un'unica lista e non con la
coalizione (ipotizzata nei giorni
scorsi) appoggiata da una civica
della corrente dei dissidenti la cui
costituzione era stata bloccata
all'unanimità dalla direzione
provinciale: «Gli iscritti - aveva
raccomandato l'organo - sostengano
la lista del partito e si impegnino
a non effettuare nessun tipo di
candidature al di fuori». Che, per
statuto, comportano l'espulsione.
LA ROTTURA La spaccatura si era
formata a dicembre: i dirigenti di tre
circoli su cinque, componenti del
direttivo locale (21 su 31) avevano
rassegnato le dimissioni, contrari
alla linea Caddeo, accusato di
voler formare una coalizione con
elementi di centrodestra. Ritenendo
sfiduciato il segretario, i
dissidenti avevano intrapreso una strada
nuova per la composizione di una
lista di centrosinistra. Nella
riunione di martedì, la direzione
provinciale ha però blindato la
posizione di Caddeo.
IL REGALO Lecis accoglie la
candidatura come «un regalo di compleanno,
ho compiuto gli anni la scorsa
settimana. La mia discesa in campo
nasce dall'esigenza di dare al Pd
una candidatura che potesse dare
stabilità, avendo sempre operato sul
territorio: storicamente faccio
parte del direttivo e sono stato
consigliere comunale per tre mandati.
Il mio nome è il risultato di un
compromesso tra le diverse anime del
partito».
Il programma è già pronto: «In linea
generale - dice Lecis - nasce
dall'esperienza di opposizione in
Consiglio di Luciano Casula:
puntiamo a promuovere a 360 gradi lo
sviluppo del territorio,
attraverso anche urbanizzazioni e
lavori pubblici. In questi cinque
anni la città è stata vittima di una
stasi».
LA LEGA Intanto dopo l'esordio alle
politiche, il simbolo della Lega
Nord comparirà in Sardegna per la
prima volta nelle comunali del 10
giugno, ad Assemini. Il Carroccio
approda in città forte delle 1600
preferenze ottenute il 4 marzo e
condividerà il simbolo con il Psd'Az.
Lo schieramento appoggerà Antonio
Scano, candidato a sindaco della
coalizione di centrodestra “Andare
Oltre”, composta anche da Forza
Italia, Riformatori, Fratelli
d'Italia, Partito dei sardi e Proposta
Civica.
Lorenzo Ena
ALGHERO.
Bruno nel mirino
Amministrazione
senza pace: la guerra del Pd
Una parte del Pd pronto a staccare
la spina a Mario Bruno? Nel
quartier generale dei democratici di
via Mazzini si è discusso anche
di questa eventualità, prendendo in
esame un documento presentato al
direttivo di Alghero, l'altro ieri
sera, da Tonino Alfonso, componente
dell'assemblea provinciale. La nota
è arrivata anche all'indirizzo del
segretario provinciale Gianpiero
Cordedda e del segretario cittadino
Mario Salis.
Alfonso non rinnega il patto stretto
a suo tempo tra il Pd algherese e
il sindaco Mario Bruno, per
consentire a quest'ultimo di proseguire
l'esperienza amministrativa. «Ero
convinto che per far ricongiungere
la sinistra tutta si dovesse
appoggiare l'amministrazione Bruno per
evitare che la città cadesse in mano
al commissario prefettizio e poi
alla destra». Ora però ritiene si
sia trattato di un accordo
fallimentare, «in quanto mai il
sindaco ha contattato il partito e i
suoi dirigenti per concordare
alcunché».
Ecco quindi l'invito a non
supportare più il sindaco
ciecamente, ma a votare di volta in volta
sui vari punti, secondo coscienza
dem. E mentre il Pd medita se
continuare o meno a fare da
stampella alla maggioranza di Mario Bruno,
Forza Italia affila le armi in vista
delle prossime elezioni. Durante
un incontro alla Misericordia, alla
presenza del gruppo consiliare,
del direttivo e del consigliere
regionale Marco Tedde, è stata
descritta una città con il freno a
mano tirato. «Dopo quasi 7 anni di
regia Bruno, diretta e indiretta,
lascia una città dove l'ordinario è
straordinario, mentre le azioni
importanti azioni attese da anni sono
tutte ferme al 2011». (c. fi.)
La
Nuova
Scricchiola
la maggioranza Ancora critiche dal Pds
CAGLIARINel centrosinistra che
governa la Regione continuano gli
attriti. Protagonista è ancora una
volta il Pds, che l'altro giorno,
per voce di Roberto Desini, ha
parlato di «troppe nefandezze nella
sanità». A ritornare alla carica è
stavolta il capogruppo Gianfranco
Congiu, che ha scritto una lettera
aperta al governatore Pigliaru. «Da
tempo - si legge - ti poni il
problema se la nostra sia una forza di
maggioranza o di opposizione.
Ma questo non accade mai per il
merito
delle cose che diciamo, te lo chiedi
solo per i nostri toni. Invece
d'irritarti per la parola
nefandezza, perché non indaghi sulle
ragioni?». Poi, partendo dalle liste
d'attesa - il motivo dell'ultimo
scontro in Consiglio - Congiu si
chiede come mai «la riforma della
rete ospedaliera, votata dal
Consiglio, sia ancora ferma da sette
mesi?». Poi c'è una stoccata anche
sulla vertenza Ottana: «È mai
possibile che sollecitiamo
provvedimenti urgenti e la risposta sia
solo un ennesimo tavolo tecnico?».
Congiu chiede conto anche della
messa in liquidazione di Ara,
l'associazione regionale degli
allevatori: «Come mai nessuno batte
un colpo sulle nefaste conseguenze
che avrebbe il disegno accentratore
ordito a Roma e che di fatto
affiderà a terzi la valorizzazione
del nostro patrimonio zootecnico?».
Quindi, conclude, «interroghiamoci
meno su questioni etimologiche e
andiamo alla sostanza delle cose» e
subito dopo «se poi la difesa dei
diritti dei malati, dei lavoratori,
degli agricoltori passa attraverso
una maggior ruvidezza nel lessico,
caro presidente dovrai portare
pazienza».
Sull'organizzazione degli ospedali è
intervenuto anche
Augusto Cherchi del Pds: «Per mesi
l'assessorato ha ripetuto che la
Rete era al vaglio del ministero, ma
in commissione abbiamo appreso
che è operativa. Per questo abbiamo
chiesto la convocazione urgente
dei direttori generali delle aziende
sanitarie, per verificare la
corrispondenza tra gli atti
amministrativi e la stessa Rete».
La
Nuova
Scambio
di attacchi ma anche qualche timida apertura
«Finiamo
al meglio il mandato, poi decideranno i cittadini»
I "nemici" Lai e Sanna
lanciano le primarie per le elezioni 2019
SASSARIChe Nicola Sanna e Silvio Lai
prendano una birra insieme al bar
è un'ipotesi altamente improbabile.
L'antipatia tra i due è robusta e
radicata. Il giudizio politico, se
possibile, anche peggiore. E il
sindaco e il senatore, che sulle
pagine della Nuova qualche settimana
fa si erano "menati" di
santa ragione, anche ieri non si sono
risparmiati più di una frecciata.
«Al sindaco chiediamo risposte su
problemi concreti - ha spiegato Lai
- casa dello studente,
metropolitana di superficie,
consorzio industriale. Rallentamenti che
si sono verificati, che ci hanno
impedito di fare il salto che altre
città hanno fatto». «Mi chiedo come
mai il gruppo dirigente del Pd non
era sulle barricate con me quando la
Regione ha deciso di fare una
sola città metropolitana, una scelta
ridicola. O come mai un
parlamentare (Lai) ha chiesto al
ministro se era vero che volevamo la
Caserma La Marmora per fare il
campus universitario, dove è la
solidarietà del gruppo dirigente?».
«Il tema non è cosa pensa il
singolo dirigente - ha incalzato Lai
- ma cosa pensa la città, Abbiamo
certo il dovere di difendere un
sindaco del Pd e della coalizione di
centrosinistra.
Ma anche di guidarlo. E di capire se
è dentro un
progetto condiviso o se vuole
percorrere altre strade». «In città vedo
potentati che non hanno più presa
sulla gente - ha affondato Sanna -
che non riconoscono il durissimo
lavoro fatto per portare a Sassari
risorse importanti e ingenti in un
momento di stratta economica sugli
enti locali drammatica. Non dico che
mi aspettavo gli applausi, ma
almeno la condivisone della
difficoltà del ruolo di sindaco, che tutti
i primi cittadini d'Italia
condividono con me». «Il problema non è il
potere fine a se stesso - ha
attaccato l'ex senatore - ma la
condivisone della strada da seguire.
Non possiamo più sbagliare, o
perdere una consiliatura intera
attendendo o cambiando progetti». «I
progetti della metropolitana di
superficie in realtà li aspetto ancora
dall'Arst - ha chiosato il sindaco -
come il nome dell'assessore alla
Cultura, che alla fine dovrò
nominare io».Pillole di un corpo a corpo
iniziato alle primarie del 2014, e
mai concluso. Che però, per
assurdo, ieri ha fatto vedere anche
qualche spiraglio di apertura. O
almeno di rientro nei ranghi di una
normale, soprattutto se si parla
del Pd, "dialettica di
partito". Lai infatti ha sottolineato che
«Nessuno pensa di far cadere il
sindaco Sanna, e non è possibile
pensare che le dinamiche attuali non
siano fortemente influenzate da
problemi nazionali e regionali.
Tra dodici mesi ci vedremo. E, visto
che siamo un partito popolare,
chiederemo ai nostri elettori di
scegliere chi dovrà guidare la
coalizione per il prossimo appuntamento
elettorale. Nel mentre stringiamo le
fila e facciamo scelte
strategiche di profilo elevato».
«Non temo il confronto - ha replicato
il sindaco Sanna - come ho già
dimostrato nelle primarie del 2014. Mi
ricandiderò, portando in dote il mio
lavoro. E i cittadini lo sapranno
riconoscere». (g.bua)
I leader
trattano a oltranza: «Ma ci sono passi avanti». Gelo di Fi.
Sale lo
spread, la Borsa giù
Lega-M5s,
servono altri 3 giorni
Lega e M5s calano il loro poker
d'assi sul tavolo della trattativa:
reddito di cittadinanza, flat tax,
immigrazione ed anche il nodo del
conflitto di interessi. Passando
dall'esame della legge Fornero. Al
tavolo insediato alla Camera
partecipano esponenti di spicco delle due
forze come Giancarlo Giorgetti e
Roberto Calderoli, Alfonso Bonafede e
Vincenzo Spadafora. Ognuno con il
compito di vigilare sulla tenuta dei
rispettivi programmi. «Il tema
immigrazione, sicurezza sbarchi sarà
parte fondante del programma del
governo» promette Salvini dopo il
vertice con Di Maio che ha dato il
via al tavolo sui temi. Dove si
parte dal reddito di cittadinanza e
dalla flat tax, a prima vista
inconciliabili anche se le due forze
sono riuscite a trovare possibili
compromessi, come la
progressivizzazione della tassazione unica grazie
alla leva delle esenzioni o
detrazioni.
Sono «punti di partenza
importanti» spiega Bonafede
lasciando la riunione e annunciando che in
discussione c'è anche il conflitto
di interessi: «Ne abbiamo parlato e
non c'è nessun problema» assicura. È
una strizzata d'occhio alla base
del Movimento che si chiede che fine
avrebbe fatto la misura
propagandata nel programma
elettorale. Un timore non infondato. Nel
comunicato finale diramato dal M5s
il tema non figura tra i «numerosi
punti di convergenza programmatici»
emersi durante il confronto.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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