Unione Sarda
CAGLIARI - VIA ROMA. Velenoso
attacco dell'ex assessore Chessa contro il sindaco e i suoi ex colleghi
«Zedda inaffidabile e consiglieri
del Psd'Az mercenari»
«Il sindaco è inaffidabile e i tre
consiglieri sono mercenari che hanno venduto il Psd'Az, senza il quale non
sarebbero stati eletti». Gianni Chessa torna all'attacco dei colleghi di
partito che gli hanno voltato le spalle e sono rimasti col primo cittadino
quando questi lo ha cacciato dalla Giunta. Del gruppo sardista che c'era originariamente
in Comune, è passata nelle file dell'opposizione Gabriella Deidda mentre Monia
Matta, Aurelio Lai e Francesco Stara hanno dato vita al gruppo “Autonomisti con
Lussu” senza lasciare la maggioranza.
«Hanno tradito il partito e gli elettori:
senza il Partito sardo d'Azione non sarebbero mai stati eletti e ora
rivendicano assessorati e poltrone senza neanche averne diritto», attacca l'ex
rappresentante della Giunta, «gli assessorati e il Ctm rientravano in accordi
che il sindaco aveva preso col partito, non con i consiglieri. Zedda è inaffidabile
perché ha spaccato il partito e non sta rispettando gli impegni preso col
Psd'Az: parli con il segretario nazionale e vediamo come ne esce».
Il segretario cittadino dei sardisti
replica alle parole di Monia Matta, che si è detta dispiaciuta per quello
strappo: «Lo dimostri non accettando incarichi. Hanno sempre chiesto la testa
di Nando Secchi ma ora non vogliono quell'assessorato e neanche il mio, anche
perché i Lavori pubblici non li avrebbero mai, e ne stanno chiedendo un altro per
sviare», lo sfogo, «è sta accadendo la stessa cosa al Ctm: Roberto Porrà è
stato candidato col Psd'Az, è stato a un passo dall'entrare in Giunta ed è
vicino alla presidenza del Consorzio trasporti in base ad accordi che aveva
fatto il partito». Ora però, aggiunge Chessa, ci sono stati sviluppi non
trascurabili: «Siamo andati all'opposizione».
L'ex assessore ai Lavori pubblici è
un fiume in piena perché, sottolinea, non sopporta la strategia che stanno
seguendo i suoi ex colleghi del gruppo sardista: li accusa di aver venduto il
partito e la sua testa senza alcuna remora. Dopo l'accordo che ha portato a Massimo
Zedda voti decisivi per la vittoria al primo turno nelle elezioni
amministrative del 2016, secondo mandato di fila dopo la vittoria del 2011, la
rottura col Psd'Az è arrivata in seguito all'accordo tra il segretario
nazionale Cristian Solinas e Matteo Salvini, suo omologo nella Lega, che aveva
fatto saltare Chessa dalla Giunta. «Nessuno dei tre mercenari ha speso una
parola nei miei confronti, non mi hanno detto nulla», conclude l'ex assessore, «dovremmo
fare come negli Stati Uniti: lì chi dice bugie viene cacciato».
Marcello Zasso
Di Maio e
Salvini al Colle. Militanti M5S e Lega al voto sul contratto
«Ci serve
altro tempo» Ma decideranno gli iscritti
ROMA Serviranno i tempi
supplementari per chiudere la trattativa sul
governo, con un'ulteriore verifica
che passerà per il voto online
della base 5Stelle e per i gazebo
della Lega. È ancora una fumata nera
quella arrivata ieri dal Quirinale,
dopo che al Colle sono saliti sia
Luigi Di Maio che Matteo Salvini. I
due avevano chiesto domenica sera
a Sergio Mattarella di essere
ascoltati, dopo il weekend serrato al
Pirellone. Ma restano ancora punti
da limare, come hanno ammesso i due
leader: «Abbiamo chiesto al
presidente del tempo, qualche giorno, per
ultimare il contratto di governo nel
migliore dei modi», ha subito
detto Di Maio dopo le consultazioni
con il capo dello Stato.
SALVINI «Non voglio prendere in giro
nessuno. Il governo parte, e
sarebbe una bellissima avventura, se
può fare le cose», ha detto poco
dopo Salvini, salito al Colle per
secondo. «Nessuno si scandalizzi se
per sincerità abbiamo chiesto
qualche altra ora», per vedere se si
riesce a trovare una soluzione su
alcuni temi. Per esempio la
giustizia: «Un tema assolutamente
centrale su cui partiamo da
posizioni differenti», ha ammesso il
segretario leghista.
La dilazione di tempo è stata
chiesta proprio perché manca l'accordo
su alcuni dei punti caldi del
contratto. Mattarella ha detto sì, ma
non per assecondare la melina:
semmai con lo scopo di togliere ogni
alibi ai partiti che rivendicano di
aver vinto le elezioni.
DI MAIO Con la Lega «non ci sono contrasti»
per quanto riguarda la
stesura del programma di governo,
spiegano dai Cinque Stelle: «Su
alcune cose c'è disaccordo, noi
stiamo lottando per portare a casa i
nostri punti». I Cinque Stelle
avrebbero comunque consegnato a
Mattarella una copia della bozza del
contratto di governo con la Lega.
E in serata Danilo Toninelli ha
assicurato che «ci vorranno 48-72 ore
e avremo la chiusura del contratto
di governo».
Anche Di Maio, dopo il colloquio con
Mattarella, si è detto
«ottimista» sulla formazione del governo.
Ma senza sbilanciarsi sui
tempi che serviranno per trovare la
quadra: «Quelli li decide il capo
dello Stato». Del resto «stiamo
concludendo un contratto di governo,
non di locazione».
IL PREMIER Ancora molta incertezza
su chi potrebbe guidare il governo:
domenica sera il favorito sembrava
il docente torinese Giulio Sapelli,
ma poi Lega e M5S hanno smentito
l'intenzione di portare il suo nome a
Mattarella (dopo che il diretto
interessato si era sbilanciato
garantendo disponibilità).
Al Quirinale per ora non è stato
proposto alcun nome; è circolato
anche il nome di Giulio Tremonti, ma
il senatore forzista Maurizio
Gasparri ha detto di aver ricevuto
una smentita telefonica
direttamente dall'ex ministro. Nella
serata di ieri il tam tam
insisteva ancora su Giuseppe Conte,
docente di Diritto privato
dell'Università di Firenze e
indicato da Di Maio, prima del voto, come
ministro per la Pubblica
amministrazione.
I REFERENDUM Le delegazioni
trattanti assicurano che il premier sarà
scelto solo dopo la firma del
contratto di governo, che però dipenderà
anche dal parere della base dei due
partiti. Sia il M5S che la Lega
pensano di indire, entro questa
settimana, una votazione tra i propri
militanti sulla bozza di accordo:
per i pentastellati questo avverrà
ovviamente online, sulla piattaforma
Rousseau.
I leghisti invece apriranno i loro
gazebo sabato e domenica per
esprimersi su «abolizione della
legge Fornero, nuove regole per
l'immigrazione, legittima difesa,
flat tax e riformulazione dei
trattati europei», spiega una nota
di via Bellerio.
FORZA ITALIA Alcuni esponenti di
Forza Italia chiedono che il voto sia
aperto a tutto il centrodestra,
tradendo così il malumore per la
possibile intesa giallo-verde.
Confermato dalle indiscrezioni sulle
telefonate che sarebbero intercorse
tra Silvio Berlusconi e Salvini,
in cui il leader di FI avrebbe
suggerito all'alleato massima prudenza:
i Cinquestelle sono inaffidabili e
irresponsabili, avrebbe detto in
sostanza l'ex premier.
Restano
le distanze su tasse, immigrazione e rapporti con l'Ue
I tecnici di Movimento 5 Stelle e
Lega sono ormai in riunione
permanente da una settimana, ma
ancora manca la quadra su diversi
punti del contratto di governo alla
tedesca, venticinque temi sulla
maggior parte dei quali dev'essere
trovata l'intesa.
I TEMI La distanza è ampia su
immigrazione, infrastrutture, rapporto
con l'Europa e copertura della flat
tax (o di quello che sarà il piano
di riduzione della pressione
fiscale). Tre argomenti su quattro che
rappresentato il core business
dell'ultima campagna elettorale del
centrodestra e su cui, dunque, il
leader della Lega non può
assolutamente transigere o mediare
al ribasso. La Lega vuole che le
imprese paghino meno tasse, ma ha
più volte ribadito che «i vincoli
esterni non ce lo permettono».
Vincoli imposti dalle istituzioni
europee, ovviamente, altro tema
caldissimo su cui pretende
rassicurazioni in merito
all'atteggiamento che il prossimo esecutivo
dovrà assumere.
I TRATTATI Non è un mistero che la
Lega pretenda di andare a Bruxelles
con la ferma intenzione di
ridiscutere quasi tutti i trattati
comunitari, partendo da quelli che
interessano la gestione dei flussi
migratori, ulteriore punto che la
allontana dai Cinquestelle. Anche se
entrambi parlano di «business
dell'immigrazione». Il Carroccio
vorrebbe una linea più dura, con
salvataggi dei migranti in mare ma
riaccompagnamento immediato dalle
coste di provenienza, mentre il
Movimento 5 Stelle è favorevole al
rimpatrio di chi non ha strumenti
verificabili e verificati per
l'identificazione.
In poche parole, i
gialli farebbero arrivare i barconi
in Italia e solo dopo
respingerebbero chi non ha diritto
all'asilo nel nostro Paese, mentre
per i verdi quei barconi non
dovrebbero mai completare la traversata
del Mediterraneo, a meno che non si
tratti di rifugiati che scappano
da guerre o reali pericoli per la
loro incolumità.
CONFLITTO DI INTERESSI La
trattativa, insomma, si prevede ancora dura.
C'è sostanziale intesa sull'Ilva di
Taranto e sul taglio delle tasse,
sul rilancio delle infrastrutture e
il contrasto alla disoccupazione,
su riduzione della burocrazia,
tutela dell'ambiente e legittima
difesa. C'è una visione comune sui
capitoli scuola e sanità; si
discute su giustizia e lotta alla
corruzione.
Il conflitto di
interessi potrebbe risultare ostico
dopo che Salvini ha ribadito di
essere «leader del centrodestra» e
ora che l'alleato Silvio Berlusconi
ha riacquistato l'agibilità politica
dopo la riabilitazione del
Tribunale di sorveglianza di Milano.
In tema di lavoro e pensioni,
salvo sorprese, dovrebbe essere
confermato l'obiettivo di superamento
della legge Fornero con
l'introduzione di quota 100 (somma di età e
anzianità) e la possibilità di
andare a riposo dopo 41 anni di lavoro.
STIPENDI D'ORO Il Movimento 5 Stelle
preme per inserire nel contratto
di governo il capitolo relativo al
taglio degli stipendi dei
parlamentari. È quanto trapela da
fonti vicine agli esponenti M5S che
stanno partecipando alla stesura del
programma assieme alla
delegazione della Lega. I
pentastellati, stando a quanto viene
riferito, vorrebbero specificare in
maniera più approfondita nel
contratto le modalità per arrivare a
un taglio organico degli stipendi
dei parlamentari. «Noi già lo
facciamo, deve diventare una cosa per
tutti», rimarca un esponente di
spicco del M5S che sta seguendo la
trattativa.
La
Nuova
«Serve
altro tempo» Lega e M5s frenano
Incontri
separati con Mattarella, chiesto qualche giorno per il programma
Restano
distanze sul premier. Il leghista: «Si parte se si possono fare le cose»
di Michele Esposito
ROMA
Dopo il sesto giorno di trattative,
il governo gialloverde è ancora
una chimera. M5S e Lega nel lunedì
che avrebbe dovuto essere decisivo
per dare il là perlomeno al
contratto di governo, si rivelano distanti
sul programma e sulla casella della
premiership, vero e proprio nodo
gordiano per Luigi Di Maio e Matteo
Salvini.
I due leader salgono al
Colle separatamente e,
all'apparenza, due soli dati sembrano legarli:
la richiesta di altro tempo
inoltrata al presidente Sergio Mattarella
e la decisione di mettere il
programma al vaglio di una base sempre
più scalpitante.Mattarella per ora
pazienta e concede un lasso di
tempo imprecisato ai due partiti, ma
all'indomani della vorticosa due
giorni di riunioni al Pirellone la
quadra tra M5S e Lega ancora non
c'è. Di Maio e Salvini tornano a
vedersi alla Camera, a margine della
nuova riunione tecnica convocata
dalle due delegazioni.
Quindi vanno
al Colle, il primo alle 16.30, il
secondo alle 18. E, di fronte ai
cronisti ammettono, ognuno con il
suo tono, che l'accordo di governo è
ancora lontano. «Siamo consapevoli
delle scadenze internazionali ma
chiediamo qualche altro giorno
perché si sta scrivendo un programma di
governo per 5 anni», afferma Di Maio
che mostra, comunque, un certo
ottimismo nonostante la fumata nera:
«In fondo è solo la prima
consultazione che facciamo dopo
l'intesa». Più dure le parole di
Salvini. Il leader della Lega parla
di «visioni diverse o distanti» su
giustizia e infrastrutture, rilancia
la necessità di ridiscutere i
trattati europei e pretende «mano
libera sui migranti».
«Se non siamo
in grado di fare quello che ci
chiedono gli italiani non cominciamo
neanche e ci salutiamo», è il
messaggio di Salvini, che torna a
evocare le urne: «Se dessi retta ai
sondaggi sarei il primo a dire
andiamo al voto». Entrambi, invece,
lasciano da parte la questione
della squadra. «Nomi pubblicamente
non li facciamo», spiega Di Maio.
«Non questioniamo sui nomi», gli fa
eco Salvini. Ma il nodo c'è,
eccome. La ricerca del premier
terzo, finora, non dà frutti, le chance
dell'economista Giulio Sapelli -
proposto dalla Lega - affondano nel
giro di una mattinata né sembra
prendere quota l'avvocato Giuseppe
Conte, candidato ministro del M5S,
unico nome rimasto ancora appeso -
a quanto pare - nei colloqui tra
M5s-Lega e Quirinale.
I due nomi, tra
l'altro, sarebbero stati fatti nella
giornata di domenica. Al fulcro
dell'impasse, al di là della scelta
tra una figura tecnica o politica,
c'è tuttavia lo scontro su chi, tra
M5S e Lega, avrà lo scettro di
comando del governo Jamaica. Un nodo
sul quale pesa, soprattutto dopo
la riabilitazione di Silvio
Berlusconi, il legame di Salvini con la
coalizione di centrodestra. E non è
un caso, forse, che il leader
della Lega dica «no» ad una
premiership di Di Maio nel giorno in cui
Giorgia Meloni ribadisce la sua
opposizione ad un esecutivo a guida
M5S. E anche sul programma, l'ombra
dell'ex Cavaliere non
svanisce.
«Siamo per i processi brevi ma
partiamo da questioni
differenti anche perché io sono in
questa veste non solo da leader
della Lega ma della coalizione di
centrodestra», avverte l'esponente
del Carroccio che il weekend
prossimo allestirà dei gazebo ad hoc per
consultare i suoi elettori sul
programma. E «presto» anche il MS5
chiederà il parere dei suoi iscritti
sulla piattaforma Rousseau per
«decidere se il governo dovrà o meno
partire». Di fatto con queste
scadenze M55 e Lega si danno
un'altra settimana di tempo. L'ultima,
anche perché, lunedì prossimi
saranno passati quasi 80 giorni dalle
elezioni.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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