giovedì 17 maggio 2018

Rassegna stampa 17 Maggio 2018


Governo, pronto il contratto Si tratta su premier e squadra
Approvata una bozza quasi definitiva, Di Maio e Salvini sempre più ottimisti

Il “Contratto per il governo del cambiamento” è «semidefinitivo». Ma ci sono alcune parti che «necessitano di un ulteriore vaglio in sede contrattuale» e altre che hanno bisogno di un «via libera politico primario» da parte dei leader. Una bozza è nella disponibilità del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, tuttavia, non ha intenzione di leggerla perché - come ha chiarito il Quirinale - «non compete al Capo dello Stato vagliare o approvare bozze di programma di governo, piuttosto testi definiti, frutto della responsabilità dei partiti che concludono accordi di governo».

Ora, dettagli a parte, tra Movimento Cinquestelle e Lega resta da definire un accordo sul nome del premier e, se ci sarà, da concordare la squadra di governo. Sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini hanno ostentato ottimismo ed hanno confermato di essere pronti a rinunciare alla premiership, ma non è detto che sarà così. Domani, o al più tardi lunedì, come ha detto il numero uno del Carroccio, i due leader potrebbero salire al Colle.

I PUNTI DEL CONTRATTO Il contratto-programma di governo è frutto di una lunga mediazione tra le delegazioni dei partiti. In una prima bozza, ad esempio, era contenuta una strategia per l'uscita dall'euro e la richiesta alla Bce di cancellare 250 miliardi di debito pubblico acquistati dalla Banca centrale italiano con il quantitative easing.

Nella versione circolata ieri è scritto che il governo si attiverà in sede europea «per proporre che i titoli di Stato di tutti i Paesi dell'area euro, già acquistati dalla Bce con l'operazione del quantitative easing, siano esclusi dal calcolo del rapporto debito Pil». Restano anche la riforma delle legge Fornero sulle pensioni, la fine delle sanzioni alla Russia, un intervento sulle pensioni sopra i 5 mila euro e il debito pubblico ricalcolato in base al Pil.

PENSIONI E LEGITTIMA DIFESA Confermata la composizione del comitato di conciliazione, un organo simile al Consiglio di gabinetto previsto dal regolamento di Governo. Ne farebbero premier, capo politico del M5S e segretario della Lega, presidenti dei gruppi parlamentari dei due partiti, ministro competente per materia. Previsto un intervento sulle pensioni d'oro, quelle sopra i 5 mila euro «non giustificate dai contributi versati»; sulla riforma della prescrizione - argomento caro a Berlusconi - la valutazione finale è affidata ai due leader. L'M5S spinge per allungarla, la Lega e (come tutto il centrodestra) sono storicamente contrari. Invece la riscrittura dell'articolo del codice penale che riguarda la legittima difesa, caro alla Lega, resta al primo punto del capitolo giustizia.

STOP SANZIONI ALLA RUSSIA Movimento Cinquestelle e Lega intendono restare nella Nato ma vogliono la fine delle sanzioni alla Russia. «Si conferma l'appartenenza all'Alleanza atlantica, con gli Stati Uniti d'America quale alleato privilegiato, con una apertura alla Russia, da percepirsi non come una minaccia ma quale partner economico e commerciale», è scritto nella bozza del contratto. «A tal proposito è opportuno il ritiro immediato delle sanzioni imposte alla Russia, da riabilitarsi come interlocutore strategico al fine della risoluzione delle crisi regionali (Siria, Libia, Yemen)”

Sui vaccini, resi obbligatori dal governo attuale pena il divieto di frequentare la scuola, per il probabile nuovo esecutivo «va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra il diritto all'istruzione e il diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale».

IL NODO DEL PREMIER Quanto al premier, di nomi ne sono circolati molti anche ieri. Nei corridoi dei palazzi della politica, però, a taccuini chiusi, da diverse fonti di area M5S è trapelata una voce (insistente) su un metodo condiviso dai due protagonisti della fase politica attuale. In sostanza, la base di questo accordo prevederebbe che se a capo del governo andasse Di Maio, allora la squadra di governo sarebbe di 20 ministri e le deleghe di peso (Interno, Difesa, Lavoro, Economia) andrebbero alla Lega.

Se, invece, a Palazzo Chigi sedesse un esponente del Carroccio (la figura individuata sarebbe quella di Giancarlo Giorgetti), i contrappesi sarebbero tutti in favore del Movimento, che potrebbero a casa anche un numero maggiore di dicasteri. Resta però in piedi anche l'ipotesi neutrale, con un terzo uomo gradito a entrambi gli azionisti del nuovo esecutivo. In questo caso Di Maio e Salvini entrerebbero nella partita per dare un valore politico alto alla squadra.


UNIONE SARDA

ASSEMINI. I fuoriusciti dal Pd: le ragioni dell'addio
Parlano Pintus e Piano

Nuove reazioni sugli 11 tesserati del Pd candidati in altri
schieramenti in vista delle comunali di Assemini e per i quali sarà
avviato il procedimento di espulsione. Sono Davide Pintus, inserito
nella lista del M5s di Sabrina Licheri, Monia Piano, passata alla
Lega-Psd'Az, e i dissidenti della civica Democratici progressisti per
Assemini di Francesco Consalvo.

CON IL M5S Parla Pintus, difeso dal M5s, il cui statuto non consente
l'adesione agli iscritti ad altri partiti: «Ho fatto parte del circolo
Rosselli come tesserato, senza aver partecipato attivamente
all'attività politica. Lo avevo comunicato ai referenti del M5S,
aggiungendo che, molto tempo prima della candidatura, ho espresso
verbalmente la volontà di non essere legato più al Pd. È seguita una
richiesta di dimissioni formale, attestata da un documento del
presidente del circolo. Pur di attaccare l'avversario di turno, il Pd
locale autodenuncia il fenomeno abbandono, frutto di una gestione
basata su un sistema senza dialogo interno, incapace di coinvolgere la
base e miope rispetto ai problemi della comunità». L'ufficio
tesseramenti Pd però conferma la sua presenza nell'elenco.

CON LEGA-PSD'AZ «Non mi rivedevo più nell'ideologia dem», aveva detto
Piano. Gianluigi Scalas, referente Lega-Psd'Az, che appoggia Antonio
Scano, candidato sindaco per la coalizione di centrodestra Andare
Oltre, aggiunge: «Monia è una delle 24 risorse che hanno scelto di
scendere in campo, ponendo Assemini al centro. Ognuno, con la propria
sensibilità politica, ha privilegiato l'unità e la convergenza in un
unico progetto. Nessun pregiudizio per le scelte politiche dei nostri
candidati ma arricchimento e confronto costruttivo su soluzioni e
metodo per far crescere la città». Per Scano «il passato dei candidati
non è un problema ma un'opportunità da mettere a sistema in un
progetto innovativo e inclusivo».

DISSIDI I dissidi nel Pd erano iniziati a dicembre con le dimissioni
di 21 su 31 componenti del direttivo, in segno di sfiducia nei
confronti del segretario Antonio Caddeo, accusato di volere una
coalizione con il centrodestra. Tra i dissidenti figurano Piano,
Consalvo. La corrente di Consalvo avrebbe voluto presentare una civica
di centrosinistra che appoggiasse il Pd ma la direzione provinciale
aveva blindato Caddeo e ammonito i dissidenti, ricordando che la
candidatura senza simbolo, o contro il partito, comporta l'espulsione.
Da qui la presentazione della lista dem, capeggiata da Francesco
Lecis, e lo strappo del gruppo di Consalvo.

CENTRODESTRA Continua la campagna elettorale: Scano, candidato del
centrodestra, definisce l'inquinamento a Macchiareddu «un fatto
documentato. Dobbiamo spingere l'acceleratore verso un progetto di
sviluppo rispettoso del diritto al lavoro, ma anche della nostra
meravigliosa terra». (l. e.)


Il segretario del Psd'Az Solinas conferma l'intesa col Carroccio
«Alleati anche sulle battaglie per l'Isola»

Il governo targato Lega-M5S potrebbe essere l'occasione per un
progetto dedicato all'Isola. Il senatore del Psd'Az, Christian
Solinas, eletto nelle file del Carroccio, non esclude, infatti, «un
accordo ampio per sostenere le battaglie della Sardegna».

Questo governo è l'unico modo per uscire dallo stallo?
«Il voto del 4 marzo ha dato un'indicazione precisa: è stata bocciata
la stagione dei governi tecnici e delle alchimie di palazzo alle quali
si sono ancorate le vecchie consorterie del potere. I cittadini hanno
riposto in larga parte le grandi aspettative di cambiamento su due
proposte politiche che oggi hanno il dovere di confrontarsi e trovare
una sintesi per uscire dal guado e dare una guida sicura e democratica
al Paese».

Prima delle elezioni lo avrebbe immaginato?
«La nostra speranza era chiaramente di una vittoria del centrodestra
per governare autonomamente con una nostra maggioranza. Il dato
elettorale ha confermato, invece, la presenza di differenti
sensibilità sociali e politiche, obbligando tutti a contemperare le
proprie istanze programmatiche per formare un governo di coalizione».

L'epilogo più giusto visto il risultato elettorale?
«Le elezioni possono, forse, aver lasciato qualche incertezza sul
vincitore, dato che la coalizione più votata non contiene il partito
di maggioranza relativa. Non ci sono grossi dubbi su chi abbia perso e
sul fatto che il cambiamento sia una priorità. Le due forze politiche
che maggiormente interpretano questa crescente domanda della società
nel suo complesso sono la Lega-Psd'Az e il Movimento 5 Stelle».

Un governo “giallo-verde” permetterà di garantire le battaglie per la Sardegna?
«Assolutamente sì. Noi abbiamo un patto firmato con Salvini sui punti
programmatici importanti per l'Isola. Non possiamo dimenticare, però,
che i sardi hanno dato un ampio consenso ai pentastellati, eleggendo
ben 16 parlamentari su 24. Sugli interessi vitali della Sardegna
potremmo costruire un accordo ampio che ci veda finalmente uniti nelle
battaglie che non consentono affatto divisioni di parte come
continuità territoriale, entrate, zona franca e riforma dello Statuto
speciale, con crescenti e reali spazi di autogoverno per la Regione».

Perché il Pd vorrebbe un governo del presidente?
«Perché rappresenta l'opzione più conservativa, mentre noi vogliamo il
cambiamento. Basta con i governi dei nominati, dei burocrati e dei
mille lacci che stanno deprimendo il nostro Paese da troppi anni».

Una legislatura di questo tipo, può essere duratura?
«Dipende da molti fattori, ma credo che un governo e un parlamento in
grado di risolvere le attuali emergenze non avrebbero ragione di non
essere duraturi».
Matteo Sau

Autodeterminatzione, si riparte
Il progetto indipendentista lancia la corsa alle Regionali. Palazzari presidente

Dopo l'esordio alle elezioni politiche, Autodeterminatzione prosegue
la sua corsa verso le Regionali con un nuovo presidente e portavoce,
Fabrizio Palazzari, un nuovo statuto e una nuova componente,
rappresentata da Radicales Sardos. Ieri, in Consiglio regionale, le
sette sigle che fanno parte del sodalizio indipendentista hanno
tracciato il percorso verso il prossimo appuntamento elettorale.

L'idea è aprire le porte a «forze politiche, movimenti e associazioni
che abbiano testa, cuore e gambe nella nostra Isola», spiega
Palazzari, sicuro «dell'impossibilità di allearci con i blocchi che
hanno governato la Sardegna negli ultimi anni». Il consigliere
regionale Emilio Usula ribadisce la volontà di costruire una forza
«alternativa al centrosinistra». Un pensiero anche al Partito dei
sardi, forza indipendentista che fa parte della maggioranza: «Devono
decidere cosa fare in futuro».

Dunque, c'è una nuova fase in cui ci si prepara ad affrontare una
legge elettorale regionale che ha dimostrato «quanto sia
antidemocratica», sottolinea Palazzari ricordando l'esperienza di
Sardegna Possibile, «rimasta fuori dal Consiglio regionale nonostante
le migliaia di voti, a causa di una soglia di sbarramento alta». Per
quanto riguarda questa fase, la vicepresidente Stefania Lilliu dice:
«La leadership diffusa è quella che paga di più nel progetto
Autodeterminatzione, che dalle elezioni non si è mai fermato».

Inevitabile un passaggio anche sulle due associazioni (Sardos e
Comunidades) che hanno abbandonato il tavolo: «Tutti i progetti nuovi
devono assestarsi», spiega Palazzari, «forse sono venute meno
motivazioni e obiettivi. Il progetto, comunque, va avanti». (m. s.)

MUNICIPIO.
Oggi in programma l'approvazione del Bilancio
Torna il sereno in Consiglio dopo lo scontro tra Massidda e Stara

Il Consiglio comunale potrebbe approvare oggi il bilancio di
previsione: le trattative tra maggioranza e opposizione hanno portato
al ritiro di tanti emendamenti in un clima tranquillo, dopo la seduta
infuocata di martedì sera con lo scontro ad alta tensione tra Franco
Stara dei “Progressisti per Lussu” e Piergiorgio Massidda di
“#cagliari16”. Le parole dell'ex senatore forzista, che riprendeva le
dichiarazioni di Gianni Chessa (Psd'Az) contro gli ex compagni di
partito dopo la sua cacciata dalla Giunta, hanno scatenato la reazione
di Stara.

«Non serbo rancore, ma vivo le istituzioni da tutta la vita e mi
dispiace per quello che è successo. Le istituzioni vanno rispettate,
qualche volta di sicuro ho trasceso ma in quel caso sono stato
aggredito», commenta Massidda, «ho chiarito con la capogruppo Matta e
con Stara non ci siamo sentiti, ma credo che abbia sbagliato anche il
presidente del Consiglio a equiparare il mio comportamento a quello
del consigliere Stara».

Un'accusa respinta da Guido Portoghese, il quale sostiene di essersi
ben comportato. «Ho censurato la condotta di Stara, sono intervenuto
per riprenderne modi e linguaggio utilizzati in Aula», spiega, «ma
contestualmente il consigliere Massidda ha avuto atteggiamenti non
consoni e ho ripreso anche lui». L'ex presidente dell'Autorità
portuale però tiene il punto e ribadisce le critiche sulla trattativa
tra il sindaco Massimo Zedda e il Psd'Az prima delle elezioni
amministrative (per i posti in Giunta e per la guida del Ctm) e su
quella attuale dei tre consiglieri espulsi, che rivendicherebbero
quelle poltrone. «Ho detto la verità e lo vedremo nei prossimi giorni.
Tra loro c'è molta tensione, si è visto dalla reazione di Stara», dice
Massidda.

«L'episodio si è chiuso lì però Massidda deve evitare di dire
inesattezze e bugie. Ha fatto allusioni pesanti a cose non vere, che
non stanno né in cielo né in terra», replica Franco Stara, «e lo
vedremo col rimpasto: non siamo della vecchia politica, che barattava
sedie e posti. Vogliamo seguire le linee programmatiche che abbiamo
sposato senza cercare sedie, perché non ne abbiamo bisogno». I due
protagonisti non si sono ancora chiariti. «Non abbiamo avuto modo di
parlarci, siamo alle prese col bilancio. Non serbo rancore: ci
prenderemo un caffè e ne parleremo», assicura Stara.
M. Z.

La Nuova

Autodeterminatzione, Lilliu nuova portavoce
Gli indipendentisti scelgono una nuova guida dopo le dimissioni di
Muroni: in campo per le regionali

CAGLIARI
È innegabile. A marzo il Progetto Autodeterminatzione si aspettava un
bel po' di voti in più rispetto ai ventimila con cui ha chiuso alla
fine le Politiche. Ma «in appena due mesi di campagna elettorale, il
nostro è stato un miracolo di cui andiamo fieri e siamo convinti che
quello sia stato solo l'inizio». La sfida va avanti. Con
quest'auspicio, l'alleanza indipendentista ha aperto quella che il
consigliere regionale dei Rossomori, Emilio Usula, ha definito la fase
due: «Il prossimo obiettivo saranno le Regionali del 2019 e siamo già
in azione nei territori.

Alle amministrative di giugno appoggeremo
diverse liste civiche in cui sono presenti candidati indipendentisti.
Poi, ancora una volta, ci presenteremo da soli, lontanissimi dai
soliti schemi destra, centro e sinistra. Cioè da tutti quei partiti
italiani che finora hanno devastato la Sardegna». Certo, qualche
contraccolpo per il risultato elettorale di marzo c'è stato. A
cominciare dalle dimissioni volontarie del primo portavoce, era il
giornalista Anthony Muroni, per proseguire con l'addio del gruppo
Comunidades, avrebbe voluto che quelle dimissioni fossero respinte ma
così non è stato. «Appartiene tutto al passato», ha detto il
presidente Fabrizio Palazzari, eletto pochi giorni fa dall'assemblea
formata dai movimenti Gentes, Sardegna possibile, Rossomori, Sardinia
Natzione, Irs e Liberu, più i Radicali sardi, che si sono uniti dopo
le Politiche. Oltre ad avere un nuovo vertice, la portavoce è Stefania
Lilliu, il Progetto s'è dato soprattutto uno statuto.

 «È il patto da
cui vogliamo partire - ha detto Palazzari - per arrivare
all'autogoverno della Sardegna». Per poi aggiungere: «È in atto un
processo inarrestabile. Sempre più sardi sono convinti che
l'autodeterminazione sia l'unica strada per liberarci dal giogo
romano». L'alleanza è pronta ad accogliere altri movimenti che
professano l'indipendentismo, ma Usula ha precisato: «Non il Partito
dei sardi. Sta ancora nel centrosinistra, però fa le bizze ogni
giorno, ma non si capisce cosa voglia fare in futuro». Un'ultima
domanda: il simbolo del Progetto continuerà a essere «su carrabusu»,
lo scarabeo? «Vedremo. È tutto in evoluzione», ha detto Gavino Sale di
Irs.

Il Colle vuole il testo Lega e M5s stringono

Verso il governo
di Marcello Campo
ROMA
Lega e Movimento Cinque stelle stringono l'accordo sul programma. Ora,
entro domenica, trattativa a oltranza per l'intesa sul premier, con
l'ipotesi sempre in campo di una staffetta tra i leader a Palazzo
Chigi. In un vertice notturno i due leader hanno limato il programma e
sono tornati sulla questione del premier, senza escludere il principio
della staffetta, con Luigi Di Maio in pressing su Salvini, ancora
freddo al riguardo, per ottenere il mandato di partenza.

Intanto, la
futura maggioranza giallo-verde raggiunge un primo importante passo
lungo la strada verso la formazione di un governo, un passo necessario
ma non ancora sufficiente: ora hanno il compito fondamentale di
dialogare e trovare una via d'uscita comune con il Capo dello Stato
sulla struttura dell'esecutivo. Il Colle, dal canto suo, dopo le
polemiche sulla bozza «no-euro», ammonisce che il suo ruolo è
esaminare solo testi definiti, frutto delle responsabilità dei
partiti, certamente non bozze preparatorie.

Sergio Mattarella non
prende la parola, tuttavia molti osservatori politici sono convinti
che, dopo oltre 70 giorni di trattative, porrà l'accento sulla
necessità che l'Italia non perda la credibilità conquistata negli
ultimi mesi, avanzando proposte che mettano a rischio la tenuta dei
conti e del tutto incompatibili con i vincoli europei. Ad ogni modo,
dopo giorni di lavoro febbrile, il tavolo tecnico trova il tanto
sospirato accordo, lasciando aperti solo pochi nodi che vengono
affrontati dall'ennesimo faccia a faccia tra Luigi Di Maio e Matteo
Salvini. Si tratta di temi molto importanti, dal fiscal compact alle
grandi opere, dall'immigrazione alla sicurezza.

Tuttavia i
protagonisti giurano che si tratta solo di limare posizioni non troppo
distanti, problemi sostanzialmente risolvibili. Il contratto si
traduce in un documento di oltre 40 pagine, in cui s'è trovato un
punto di equilibrio sui temi cari alle due forze politiche, dalla
legittima difesa alle pensioni d'oro, dall'abolizione della Fornero al
reddito di cittadinanza.

Nel testo non c'è traccia dell'uscita
dell'euro e si pone l'accento sulla tutela dei risparmiatori. «Siamo
orgogliosi e soddisfatti perché in 6 giorni abbiamo fatto un lavoro
enorme su un contratto di governo molto ambizioso», sintetizza Alfonso
Bonafede (M5S), al termine dei lavori. «I punti di convergenza -
conclude - sono stati tanti e il risultato è enormemente positivo».
Soddisfatto anche il leghista Claudio Borghi: «Siamo riusciti a
mettere sul tavolo una enorme mole di proposte e grazie a un lavoro
molto proficuo siamo riusciti a trovare una soluzione positiva per
tutti». Definito il programma - che sarà approvato dai gazebo di Lega
e M5s nel fine settimana - sul tavolo rimane il nodo centrale del
futuro premier e la squadra di governo.

Quello che sembra certo è che
sarà un politico. Sia Matteo Salvini, sia Luigi Di Maio, fanno sapere
in pubblico di essere disponibili a un «passo di lato» pur di far
partire l'esecutivo. Anche se la partita sembra essere sempre più
ristretta a loro due. I rumors di Montecitorio rilanciano le chances
anche dei pentastellati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Restano
alte le quotazioni del leghista Giancarlo Giorgetti. Per quanto
riguarda i ministeri Salvini su Facebook ribadisce la richiesta di
avere per il suo partito la delega agli Interni e all'Agricoltura.
«Nel contratto c'è la difesa dei confini e credo che un ministro della
Lega possa fare da garante. Se parte un governo dimezzeremo i centri
di accoglienza per mettere più soldi sulle espulsioni»

-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca

Nessun commento:

Posta un commento