Unione
Sarda
Il Pd a
difesa della Costituzione Oggi manifestazione a Cagliari, venerdì a Roma
ROMA Il Pd non ha intenzione di
lasciare le piazze a Lega e Movimento 5 Stelle. Sulla mancata partenza del
governo gialloverde, sugli attacchi al presidente della Repubblica e sulle
probabili elezioni anticipate da tenersi presumibilmente dopo l'estate i dem
hanno intenzione di scendere in campo con forza. È il reggente Maurizio Martina
a chiamare alla «mobilitazione in difesa della Costituzione» con iniziative
«aperte a tutte le forze democratiche» nelle piazze italiane. Venerdì il clou
sarà a Milano e Roma.
Oggi, intanto, appuntamento a
Cagliari (ore 18,30, davanti alla prefettura in piazza Palazzo) organizzato dai
dem sardi. «Venerdì andremo in piazza con la Costituzione in mano - dice
Martina – perché nessuno può pensare che ci sia futuro senza il rispetto della
nostra Carta fondamentale, perché l'euro e l'Europa sono il nostro vero scudo,
la nostra reale sovranità». E proprio l'Ue e la moneta unica saranno i
capisaldi della campagna elettorale verso la quale già si lancia Matteo Renzi.
«Sarà una battaglia incredibile tra
chi vuole uscire dall'Europa e chi vuole un'Italia forte ma dentro l'Europa.
Una battaglia tra chi combatte sulla base di fake news e chi porterà numeri,
fatti, argomenti. Una battaglia tra chi mette in discussione l'appartenenza
atlantica dell'Italia e chi non vuole cambiare una linea di politica estera che
l'Italia segue da 70 anni». Per il futuro il Pd può giocarsi anche la carta
Carlo Calenda che su twitter risponde «puoi scommetterci» a chi gli chiede se
si candiderà.
Incarico
a Cottarelli: «Se non c'è la fiducia elezioni dopo agosto»
È arrivato al Quirinale a piedi,
trascinando il trolley. Un colloquio
col capo dello Stato durato un'ora e
Carlo Cottarelli ha accettato
(come da prassi «con riserva»)
l'incarico di formare il nuovo governo.
Dopo il passo indietro del professor
Giuseppe Conte che si è trovato
davanti al veto sul nome
dell'economista euroscettico Paolo Savona,
tocca all'ex commissario alla
spending review dar vita a un esecutivo
«neutrale» che, ha annunciato,
«assicurerà una gestione prudente dei
conti pubblici e riterrà essenziale
la partecipazione dell'Italia
all'area Euro». Niente consultazioni,
il presidente incaricato salirà
al Colle oggi con la lista dei
ministri.
Una squadra snella, con pochi
nomi e di peso. Tra i nomi circolati
ieri: Raffaele Cantone,
presidente dell'Anticorruzione;
Paola Severino, ministro della
Giustizia nel governo Monti;
Francesco Paolo Tronca, ex commissario
straordinario del Comune di Roma;
Elisabetta Belloni, segretario
generale della Farnesina.
LE TAPPE «Sono molto onorato, ce la
metterò tutta», ha detto il
premier incaricato, spiegando che il
presidente della Repubblica gli
ha chiesto di «portare il Paese a
nuove elezioni». Cottarelli ha
indicato due tempistiche: «In caso
di fiducia il Governo affronterà
l'approvazione della legge di
bilancio, per poi andare a elezioni a
inizio 2019». In caso contrario, «il
governo si dimetterebbe
immediatamente, il suo compito
sarebbe l'ordinaria amministrazione con
elezioni dopo il mese di agosto».
Con tutta probabilità a settembre.
Cottarelli ha garantito la
«neutralità rispetto al dibattito
elettorale», con una promessa: «Mi impegno
a non candidarmi e chiederò
un simile impegno a tutti i membri
del governo».
LE RASSICURAZIONI Quindi il
passaggio sui temi economici. «Negli
ultimi giorni sono aumentate le
tensioni sui mercati finanziari, lo
spread è aumentato, ma l'economia
italiana è in crescita e i conti
pubblici rimangono sotto controllo.
Un governo da me guidato - ha
sottolineato - assicurerebbe una
gestione prudente dei conti
pubblici». Un dialogo con l'Ue, ha
aggiunto, «in difesa dei nostri
interessi è essenziale. Possiamo
fare meglio del passato, ma deve
essere un dialogo costruttivo nel
pieno riconoscimento del ruolo
essenziale dell'Italia».
MISTER FORBICI E dire che, solo due
mesi fa, a chi gli chiedeva un
commento su un possibile incarico da
premier rispondeva: «A me sembra
più probabile che mi chiamino
all'Inter per giocare al posto di Icardi
come centravanti». Classe 1954, nato
a Cremona, sposato e con due
figli, dopo venticinque anni al
Fondo Monetario e sei alla Banca
d'Italia, l'economista Carlo
Cottarelli divenne Mister Forbici quando
a ottobre 2013 fu chiamato dal
governo Letta per individuare e
tagliare gli sprechi della pubblica
amministrazione come commissario
straordinario per la Revisione della
spesa pubblica. Come prima cosa
rinunciò all'auto di servizio.
Individuò tagli per 34 miliardi in
un
dossier di risparmi possibili dove
individuava nella burocrazia uno
dei freni. Un anno dopo ritornò al
Fmi su nomina del Governo Renzi.
«Il mio piano - disse - prevedeva 34
miliardi di risparmi e solo 8, 10
sono stati fatti».
ATTENZIONE PER L'ITALIA Dal 30
ottobre 2017 è il direttore
dell'Osservatorio sui conti pubblici
italiani dell'Università
Cattolica di Milano e più volte ha
ribadito che la spesa va tenuta
sotto controllo e il deficit
ridotto. Nessuna fiducia, da parte sua,
verso gli effetti salvifici della
flat tax: non gli piace «perché è a
favore dei più ricchi».
Intervenendo nel dibattito della
campagna
elettorale ha sottolineato l'assenza
di coperture per le misure
previste da diversi programmi,
compreso il contratto Lega-M5S. L'euro
e l'Europa saranno un punto fermo
per il suo esecutivo. Da sostenitore
comunque critico dell'attuale unione
monetaria ha spiegato più volte
che «l'abbandono della moneta unica
sarebbe un trauma».
Tiene
banco l'ipotesi di tenere comunque in vita “l'esecutivo
neutrale”
fino a settembre
E al
Quirinale ora si studia il calendario
Molto sereno e determinato. Così
viene descritto il presidente della
Repubblica nel “day after” della
tempesta per la mancata nomina di
Paolo Savona a ministro
dell'economia.
Il capo dello Stato - filtra dagli
ambienti più vicini a lui - non
intende indietreggiare, anche se
certamente Sergio Mattarella è
dispiaciuto e «profondamente
toccato» dai messaggi social gli augurano
di fare la stessa fine di suo
fratello Piersanti, assassinato dalla
mafia. E se per il presidente sono
colpi bassi, secondo altri
potrebbero essere reati: Fabio Roia,
presidente della sezione misure
di prevenzione del Tribunale di
Milano, in un intervento sulla mailing
list dell'Anm ipotizza il vilipendio
al Capo dello Stato. E riscuote
il plauso di molti suoi colleghi.
Sull'operato del presidente intanto
si divide ciò
che resta della
sinistra a sinistra del Pd. Dagli
“istituzionali” di Liberi e Uguali
arriva una bacchettata a Lega e M5S
che difendono la Costituzione «a
corrente alternata» e ampia
«solidarietà al presidente Mattarella da
parte di tutto gruppo parlamentare
per le minacce e le offese
ignobili. Invece secondo i
“movimentisti” di Potere al Popolo «il
presidente Mattarella ha portato un
attacco diretto alla democrazia e
alla Costituzione del nostro paese,
facendo una scelta politica in
continuità con lo sciagurato
interventismo dell'ex presidente Giorgio
Napolitano».
Voci che si incrociano e si
mescolano sotto il Colle, mentre il
presidente si concentra sul governo
di garanzia e studia il calendario
per capire quale sia la data
migliore per il voto anticipato.
Nel caso assai probabile che
Cottarelli non incassi la fiducia, il
primo momento utile per il voto
sarebbe Ferragosto.
Al Quirinale però
si studia un modo per far stare in
piedi quello che Mattarella ha
definito “l'esecutivo neutrale” per
qualche settimana anche se
sfiduciato, e far partire in conto
alla rovescia dei 70 giorni solo
quando ci sia la certezza di poter
fissare le elezioni a settembre.
Per far questo potrebbero venire in
aiuto i partiti a favore di
Cottarelli. Gli stessi che in queste
si sono schierati a difesa del
capo dello Stato, contro attacchi
definiti senza precedenti.
Di Maio:
in piazza il 2 giugno Salvini, dubbi su Forza Italia
Il leader
M5S venerdì ad Assemini. La polemica: «Fatti altri nomi per il Tesoro»
Luigi Di Maio chiama alla
mobilitazione e annuncia un «grande evento»
per il 2 giugno a Roma. «Quella di
domenica è stata la notte più buia
della democrazia italiana», con «il
presidente che ha deciso di
scavalcare le sue prerogative
costituzionali e di non fare andare al
governo una forza politica che ha
preso 11 milioni di voti. Un governo
che avrebbe avuto la maggioranza
assoluta grazie al contratto siglato
con la Lega», afferma il capo
politico del M5S in un video postato su
Facebook.
Per il momento è soltanto un'idea,
ma i due movimenti stanno
valutando se correre insieme alle
prossime elezioni, in quello che
definiscono un «referendum» tra
«cambiamento e poteri forti, lobby ed
establishment europeo».
DI MAIO
IN SARDEGNA Venerdì intanto Di Maio sarà ad Assemini (alle 21
in piazza
Sant'Andrea) per la campagna in vista delle amministrative
del 10
giugno.
LA GUERRA Lo scontro tra Lega-M5S e
Quirinale è totale. Dopo che il
sogno di dar vita al “governo del
cambiamento” si è infranto sulla
volontà di non cancellare il nome di
Paolo Savona dalla lista dei
ministri, i due partiti che insieme
rappresentano la maggioranza in
Parlamento hanno messo nel mirino il
presidente della Repubblica e
sono pronti a portare il popolo in
piazza.
Non solo, hanno tutta
l'intenzione prima di affossare
l'esecutivo Cottarelli, e poi di dare
avvio comunque alla legislatura, con
la formazione delle commissioni
di Camera e Senato. Non più da
Palazzo Chigi, dunque, ma direttamente
in Parlamento, vogliono realizzare i
punti del famoso “contratto”.
Questo cozza con l'altra volontà
espressa, tornare alle urne il più
presto possibile, e indurrebbe a
pensare che in realtà l'obiettivo
reale sia un altro: attivare la
procedura di messa in stato di accusa
del capo dello Stato.
L'IMPEACHMENT Al momento, però,
questa sembra essere una priorità
soprattutto di Di Maio e dei suoi.
Salvini prende tempo, non si spinge
oltre la volontà di «studiare»
l'eventuale impeachment. Tanto che il
capo politico M5S qualche
perplessità sulla tenuta dell'alleato la
esprime: «Se la Lega non si tira
indietro, abbiamo la maggioranza
assoluta», ovvero i numeri necessari
ad avviare la procedura.
LA SMENTITA Inoltre, nella querelle
politica più complicata degli
ultimi anni, non poteva mancare il
giallo. È sempre Di Maio a puntare
il dito verso Mattarella, spiegando
ai microfoni di Barbara D'Urso, a
Pomeriggio cinque , che per superare
i veti su Savona aveva «fatto
arrivare dei nomi alternativi» al
Quirinale per il ministero
dell'Economia, quelli di Alberto
Bagnai e Armando Siri. Circostanza
smentita con una nota ufficiale del
Colle - «la circostanza riferita
non risponde a verità» - mentre
Salvini glissa: «Non lo so, non c'ero,
non ero nella stanza con Di Maio e
Mattarella».
IL CENTRODESTRA Intanto è sempre più
in bilico la tenuta della
coalizione di centrodestra. «Forza
Italia? Siamo fuori dai Mondiali.
Per quanto riguarda la politica,
chiedete a Berlusconi», sottolinea
Salvini. «Alcune dichiarazioni di
esponenti di Fi sono state
spiacevoli, mi hanno detto brutto,
traditore, irresponsabile,
razzista, io ho tenuto salda
l'alleanza anche quando mi promettevano
ministeri perché non tradisco, e poi
mi vomitano addosso tutto questo.
Ci penserò».
BERLUSCONI IN ATTESA È evidente che
ora è il leader del Carroccio a
dominare il campo, i sondaggi lo
danno in volata, pronto per andare da
solo (o con l'appoggio semmai
dell'anima più sovranista della
coalizione: Giorgia Meloni) e il
voto anticipato sicuramente non piace
a Berlusconi e ai parlamentari
forzisti. In un comunicato il leader
azzurro richiama la coalizione
all'unità e conferma il no alla fiducia
al governo Cottarelli, ma
all'eventuale messa in stato d'accusa di
Mattarella non pensa nemmeno.
E intanto si profila con una certa
insistenza anche l'ipotesi
dell'alleanza Lega e M5S, su cui Salvini
non chiude. Anzi: «Vedremo in queste
settimane, abbiamo lavorato
bene». Oggi riunirà i gruppi, e per
la prima volta nella storia del
Carroccio, svolgerà il consiglio
federale nella Capitale. Il Cavaliere
aspetta, sta alla finestra e intanto
studia la prossima mossa.
Lo stallo
visto dai parlamentari eletti nell'Isola. Solinas (Psd'Az):
la
rivoluzione è solo posticipata
Il M5S:
«Il cambiamento non si ferma» FI: «Ci rifaremo». Il Pd: «Giusto così»
Indignazione rabbia e incredulità.
Il caleidoscopio di emozioni degli
esponenti di Lega e Movimento 5
Stelle è la fotografia di queste
giornate. Molti dei parlamentari neo
eletti rischiano di dover
abbandonare Camera o Senato senza
aver vissuto l'esperienza nella sua
pienezza e, seppure con un po' di
rammarico, meglio le urne rispetto a
un governo «frutto di giochi di
palazzo».
LA RABBIA Più che il nome di
Cottarelli sono le vicende delle ultime
48 ore a scatenare la rabbia tra i
parlamentari sardi del Movimento 5
Stelle. La deputata Emanuela Corda ,
parla di «situazione paradossale»
e sostiene la tesi dell'impeachment
per il presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella:
«Trovo giusta questa decisione - dice -
perché è stata fatta una valutazione
sulle idee per bloccare questo
governo che aveva già la fiducia».
La pentastellata, dopo aver
ribadito il momento «imbarazzante»
punta lo sguardo verso le borse:
«Sono in calo e lo spread continua a
salire alle stelle, non per il
nostro eventuale governo, ma per la
situazione di incertezza causata
da altri».
Per quanto riguarda l'eventualità di
chiudere in anticipo
la legislatura, Corda è convinta che
«ci sarà il tentativo di rimanere
al potere, come è successo negli
anni precedenti con un governo non
votato dai cittadini». Il senatore
M5S, Ettore Licheri , non avrebbe
nessun timore di tornare al voto,
anzi «ne sarei felice perché la
questione è diventata di portata
storica ed è giusto che i cittadini
si pronuncino». Ripercorrendo la
storia di questi ultimi anni, Licheri
ricorda che «dal governo Monti in
poi, l'Europa ci ha sempre dettato
le sue riforme.
Queste, però, non hanno funzionato
visto che gli
italiani stanno peggio e il debito
pubblico è aumentato». Il nome di
Paolo Savona è stato il “casus
belli” dello stop da parte del Capo
dello Stato, ma «il ministro
dell'Economia sarebbe dovuto essere
gradito alla borsa». Dunque, meglio
tornare al voto piuttosto che
avere un governo «chino al benestare
del regime tecnocratico
finanziario europeo», dice Licheri,
«noi non lo accettiamo a costo di
rinunciare ai nostri seggi».
IL RAMMARICO Alla sua prima
esperienza in Senato, l'esponente del
Movimento 5 Stelle, Emiliano Fenu ,
non nasconde il «dispiacere se
questa esperienza si dovesse
chiudere in anticipo, anche perché queste
cose non capitano tutti i giorni».
Ma non è solo una questione
personale a causare il rammarico per
il senatore pentastellato: «Mi
dispiace perché ci sono tante
persone preparate e se dovessero andare
a casa per manovre di palazzo
sarebbe un danno per il Paese».
ONDA LUNGA Il banco che salta
proprio a un passo dal governo
“giallo-verde” è un inciampo in un
percorso ormai segnato. Almeno per
il senatore Psd'Az-Lega, Christian
Solinas : «Non si può fermare il
mare a mani nude. In Italia c'è
un'esigenza di cambiamento che potrà
essere al massimo posticipata ma non
arginata». Per Solinas la
responsabilità è di tutta la classe
dirigente che dovrebbe assumersi
la «responsabilità di assecondare il
cambiamento, riconducendolo a un
livello istituzionale. Non si può
portare avanti un governo che il
popolo italiano non ha sostenuto».
In futuro la discriminante sarà tra
chi «asseconda i problemi della
gente e non le esigenze dei mercati e
della finanza».
AL VOTO Superata la fase di
tempesta, per il deputato di Forza Italia,
Pietro Pittalis , potrebbe esserci
l'occasione di «ricompattare il
centrodestra e presentarsi alle
elezioni con la possibilità di
governare in maniera chiara e senza
alchimie».
Pittalis dopo tanti
anni è riuscito ad arrivare in
Parlamento, ma una fine anticipata non
sarebbe un problema visto che «la
politica è un servizio e se ci sono
incidenti di percorso di tale
portata è giusto farsene una ragione».
LA DIFESA Chi, invece, si erge a
difesa del presidente Mattarella è il
senatore del Partito democratico,
Giuseppe Luigi Cucca . «Dovremmo
ringraziare il Capo dello Stato che,
anche a costo di una sofferenza
personale, ha difeso i valori
democratici che io vedo in pericolo».
Sul futuro «difficilmente si
cambierà la legge elettorale, come
auspico, ma tutto è possibile».
Matteo Sau
La
Nuova
Cottarelli:
fiducia o subito alle urne
Carlo Cottarelli al lavoro sulla sua
short list di ministri in un
giorno, quello di ieri, segnato
ancora dallo scontro frontale tra
l'asse M5s-Lega e il Quirinale. Il
premier incaricato salirà con la
lista dei nomi già oggi per
presentare al Capo dello Stato un governo
snello, con pochi ministri. Intanto
si scatena una bufera
istituzionale che esce dai palazzi
romani per arrivare nelle piazze:
Luigi Di Maio e Matteo Salvini,
chiamano alla mobilitazione popolare
contro i poteri forti e l'Europa
delle banche, a difesa del diritto
dei cittadini italiani di decidere
il proprio governo.
La Lega
annuncia che sarà presente in mille
piazze il 2 e il 3 giugno, i
Cinque Stelle, invece, puntano tutto
su una manifestazione nazionale,
a Roma il 2. Lo stesso il Pd che
annuncia per il primo giugno una
mobilitazione nazionale, sempre a
Roma, a difesa del Colle e della
Costituzione. Nel frattempo
Cottarelli, accettando il mandato,
chiarisce che senza la fiducia è
pronto a dimettersi immediatamente,
in modo da andare al voto dopo
agosto. In caso contrario, punta ad
approvare la legge di bilancio,
aprendo la strada a elezioni per
l'inizio del 2019.
Parole che non placano minimamente
gli attacchi
furiosi di Lega e M5s contro Sergio
Mattarella, accusato di aver
privilegiato gli interessi di
Bruxelles a quelli dei cittadini
italiani. Di Maio e Salvini,
tuttavia si distinguono nella richiesta
di elezioni immediate: il leader
leghista, com'è noto, ha sempre detto
che in caso di rottura restava solo
il voto prima possibile. Di Maio,
che definisce «assurda» la scelta di
Cottarelli è molto più prudente:
«Spero a ottobre, forse è meglio
settembre», sottolinea a Matrix.
Intanto si cimenta in un duro botta
e risposta con il Colle sui nomi
dei ministri dell'Economia
presentati a Mattarella.
Toni totalmente
diversi anche circa la decisione di
mettere in stato d'accusa il capo
dello Stato: i Cinque Stelle
annunciano, con Manlio Di Stefano, che
presenteranno «appena possibile» la
richiesta di impeachment. Il
Carroccio prende tempo: «Io -
osserva Salvini ieri di prima mattina -
le cose le faccio se ho elementi
concreti: al momento non li ho, devo
vedere, devo studiare». Una frenata
che rappresenta, al momento,
l'unico punto in comune tra Lega e
Forza Italia, i cui rapporti sono
sempre più difficili. Matteo Salvini
minaccia il Cavaliere: se vota la
fiducia a Cottarelli, addio
alleanza. Berlusconi non appoggerà questo
esecutivo e assicura che «l'unica
soluzione per il futuro è il
centrodestra unito» destinato a
«prevalere» alle prossime elezioni
anche grazie al suo ritorno in
campo. Ma Salvini resta freddo.
Domenica si era lamentato che il
Cavaliere avesse difeso il Colle:
«Invece di dire mezza parola a
difesa di un suo alleato, dice
sostanzialmente viva Mattarella,
viva la Merkel». Tutto rivolto alla
prossima campagna elettorale anche
l'ex segretario Pd, Matteo Renzi :
«È l'occasione di una rivincita del
Pd ma anche di un salvataggio del
Paese che può essere fatto non solo
dal Pd. Occorrerà l'impegno di
tutti».
Licheri,
M5s: da oggi nulla sarà più come prima
I
parlamentari sardi dicono la loro sui social. Grillini e destra
contro
Mattarella, i dem con il Quirinale
CAGLIARI
Grillini e leghisti furiosi,
democratici corazzieri di Mattarella,
forzisti silenziosi, fatta eccezione
per Cappellacci che si erge a
paladino del mancato ministro
Savona. In quelle che sono tra le
giornate più difficili della
Repubblica dalla sua nascita, i
parlamentari sardi scelgono il
palcoscenico social per dire la loro. I
più infuriati sono i grillini, che
sono anche la truppa più numerosa
in Parlamento. Sedici su un totale
di 25 tra deputati e senatori.
«Oggi posso affermare - twitta il
senatore Ettore Licheri - che tutti
i governi in Italia, prima di
nascere, passano al vaglio
tranquillizzante delle agenzie
europee (parole di Mattarella)
piuttosto che alla verifica di una
maggioranza parlamentare.
«Giudicate voi cittadini se siamo
una democrazia - scrive su Facebook
la senatrice Elvira Lucia
Evangelista, postando il video con
il messaggio di Mattarella -. Era
tutto previsto fin dall'inizio,
volevano un governo tecnico e hanno
trovato la scusa in Savona».
All'attacco del Quirinale anche il
deputato leghista cagliaritano Guido
De Martini. «Proprio come nel
2011 con Monti. Il macellaio cambia
solo nome: oggi si chiama
Cottarelli».
«L'opposizione non va fatta su
Facebook perché tanto non
ascoltano ma devono vederci in
piazza», si scaglia contro Mattarella
anche Salvatore Sasso Deidda,
deputato di FdI. Nessun commento dal
senatore Christian Solinas,
segretario del Psd'Az, che però nei giorni
scorsi sul suo profilo Facebook
aveva postato un elogio di Paolo
Savona. Sul ministro bocciato dal
Capo dello Stato è intervenuto con
un lungo post anche Ugo Cappellacci.
«Paolo Savona non è un sovversivo
o un pericolo ed è assurdo solo
pensarlo». L'ex governatore, deputato
di Forza Italia, chiede che il Paese
vada subito alle elezioni. «A mio
avviso, la strada giusta era quella
di un mandato al centrodestra,
forte di un programma condiviso. Ora
l'unica via è andare al voto al
più presto possibile». Nessun
commento social, invece, dagli altri
parlamentari azzurri.
Il Partito democratico, anche
nell'isola, fa
quadrato intorno al capo dello
Stato. «Indecente scaricare le
responsabilità sul presidente
Mattarella, che ha sempre agito
nell'interesse del Paese e nel
rispetto della Costituzione - scrive il
senatore Giuseppe Luigi Cucca,
segretario dei dem -. Mai come in
questo momento le istituzioni
italiane sono state messe a rischio».
«Gli interessi del Paese e degli
italiani e la Costituzione davanti a
ogni cosa - twitta la deputata
Romina Mura -. Non si possono accettare
certi atteggiamenti. Grande il
nostro presidente Mattarella». Si
affida, invece, a un comunicato
stampa il parlamentare dem Gavino
Manca. «C'è un limite che la
polemica politica non deve mai superare,
ed è quello del rispetto verso le
istituzioni. Sento toni
incompatibili con la democrazia,
irrispettosi verso le massime
istituzioni e chi le incarna a
cominciare dal presidente della
Repubblica. Pur nell'asprezza di
questo passaggio storico spero che il
senso di responsabilità ispiri in
tutti quel senso di misura che vedo
dimenticato». (al.pi.)
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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