Unione
Sarda
Zedda:
«Il M5S non sa che cosa sia l'insularità». Deidda: «Occasione persa» Le
strategie e gli strappi romani agitano il centrodestra sardo
Difficilmente il governo
Lega-Movimento 5 Stelle potrà contare sui festeggiamenti di tutto il
centrodestra. L'accordo tra Salvini e Di Maio lascia qualche rammarico e il
sapore dell'occasione persa. Per tutti, però, si tratta di un evento sporadico
perché lo schema della coalizione rimane invariato e la Lega (in Sardegna
insieme al Psd'Az) ha già una casa dove stare.
I DUBBI Una delle voci più polemiche
è quella del deputato di Fratelli d'Italia, Salvatore Deidda, che parla di
«occasione sprecata». Per l'esponente di Fdi, le lacune di questo governo
riguardano innanzitutto il premier, Giuseppe Conte, «un tecnico con il cuore a sinistra».
Altre ferita aperta è il fatto che «invece di essere inclusivi e aperti alle
forze sovraniste, pensavano di comprare i nostri voti con dei ministeri, ma non
siamo burattini che entrano in un governo con idee e programmi imposti».
Sul futuro, Deidda sottolinea che
«non siamo noi a mettere in discussione le elezioni a livello locale». Una
buona dose di scetticismo c'è anche nelle parole di Alessandra Zedda,
capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale: «È un governo camaleonte. Prima
se ne sono detti di tutti i colori e ora ci fanno credere che, nel nome
dell'interesse del Paese, si uniscono». Ma questo è l'epilogo e tanto vale
prenderne atto: «Va bene così - sottolinea - sono assolutamente scettica
sull'applicazione della Flat tax e sul reddito di cittadinanza». Zedda si
dimostra più ottimista su un'eventuale «modifica dignitosa della legge
Fornero».
L'attacco è soprattutto nei
confronti del Movimento 5 Stelle: «Non hanno alcuna idea su cosa voglia dire
insularità, leva fiscale e zona franca. Sarebbe positivo, invece, avere da
Salvini un supporto su queste tre battaglie». Il centrodestra del futuro non si
cambia, al massimo «dobbiamo aprire ad altre forze civiche e autonomiste».
IL PREMIER Paolo Truzzu, consigliere
regionale 45 enne, da ieri è il nuovo portavoce di Fratelli d'Italia
nell'Isola: «Sono onorato per la scelta di Giorgia Meloni - dice -
l'obiettivo è ricambiare la fiducia lavorando nell'interesse della Sardegna e
del movimento». Il neo portavoce si concentra sulla scelta di Giuseppe Conte,
finito in un vortice di ironia e dubbi tanto che potrebbe non essere lui la prossima
guida del governo.
Per Truzzu, rappresenta «l'unico
dubbio, perché sino a oggi i professori universitari non hanno mai portato grande
fortuna, al livello nazionale come in Sardegna». Truzzu avrebbe preferito un
altro finale, ossia «un governo di centrodestra che ci avrebbe permesso di
portare a termine il programma per cui siamo stati votati».
LA BILANCIA Il deputato di Forza
Italia, Pietro Pittalis, non teme nessuna nuova alleanza, e vede di buon occhio
il governo «dopo il via libera da parte del presidente Berlusconi». L'unica
perplessità riguarda i contenuti del contratto, siglato da Salvini e Di Maio:
«Mi auguro di essere smentito dai fatti, ma vedo con preoccupazione il prevalere
di tesi grilline in questo accordo che ha un'attenzione scarsa per le Isole e
per il sud».
La coalizione «rimarrà quella che dal
1994 governa insieme in tante Regioni», dice Pittalis che si sofferma sul
premier: «Non lo conosco di persona. Ho studiato su altri testi di Diritto
privato e benché lo abbia fatto a Firenze, da dove lui proviene, ho avuto altri
docenti di chiara fama. Non ho mai avuto l'occasione di leggere una sua
pubblicazione, ovviamente si tratta di un mio limite».
«NESSUN PROBLEMA» Gli esponenti
della Lega si preparano a vivere questa nuova esperienza, frutto di «una
contingenza particolare», dice il deputato, Guido De Martini. Poi, aggiunge:
«Ci siamo ritrovati a dover fare questo accordo a causa del sistema
proporzionale che non è stato in grado di garantire una maggioranza al Paese».
Un'esperienza che non sarà l'inizio di nessuna nuova alleanza visto che «in
tutte le regioni siamo con il centrodestra», dice De Martini, preoccupato piuttosto
«dall'attacco delle istituzioni europee».
Matteo Sau
Dopo il
rinvio - L'assemblea Pd convocata per sabato
L'assemblea regionale del Partito
democratico è stata convocata per
sabato prossimo alle 10 e si
svolgerà, salvo cambiamenti dell'ultima
ora, nel centro congressi di Nuraghe
Losa. È stata la presidente
dell'assemblea Lalla Pulga a
diramare la convocazione dopo il rinvio
dell'incontro previsto avant'ieri a
causa dell'indisposizione del
segretario Giuseppe Luigi Cucca.
Una decisione che ha permesso agli
ambasciatori delle tre correnti di
continuare le trattative per non
arrivare alla riunione con il
coltello tra i denti. Il rischio è
che si crei un collo di bottiglia
dal quale si uscirà soltanto a colpi
di maggioranza per decidere quale
sarà il futuro dei dem in Sardegna.
Per ora le posizioni non sono
proprio conciliabili e serviranno
tutte le buone pratiche di
diplomazia per un riavvicinamento.
La riunione di sabato comunque
vadano le cose, sarà uno spartiacque
per i prossimi mesi, sempre che sia
garantito il numero legale,
necessario per votare i documenti e
decidere come chiudere questo
lungo periodo post-elettorale.
M. S.
Si fa più
in salita la corsa dell'euroscettico Savona ma la Lega vuole blindarlo
ROMA Dalle «perplessità del
Quirinale» allo scontro politico aperto:
in 24 ore la strada dell'economista
cagliaritano Paolo Savona verso il
ministero dell'Economia si è fatta
più in salita. All'origine dei
problemi c'è lo stesso elemento che
lo rende gradito a Lega e Cinque
Stelle: lo scetticismo sull'euro e
sulle regole dell'Ue.
«CHE CI VOTATE A FARE?» «Pare che
nella lista dei ministri - scandiva
ieri Matteo Salvini in diretta
Facebook - ci sia qualcuno che non è
gradito all'establishment, per
esempio Paolo Savona. È un sardo, un
economista, un esperto riconosciuto
in Italia e in tutto il mondo, con
una solida base di studi e di lavoro
alle spalle. Ma per qualcuno in
Francia e in Germania ha osato dire
che l'euro è una gabbia usata dai
tedeschi.
Se c'è qualcuno che osa mettere in
discussione la sacralità
di questa Unione e la moneta unica,
via agli attacchi, dai commissari
europei ai giornali americani. Che
cosa ci fate votare a fare se
quando i popoli votano per un
cambiamento serio e responsabile,
partono gli spread e le agenzie di
rating?».
«TANTI INCARICHI» Ma se la Lega
difende l'economista, il Pd lo attacca
a testa bassa: «Ecco perché
nell'accordo Lega-M5S - dice su Facebook
il renziano Michele Anzaldi - al
conflitto di interessi sono dedicate
solo poche righe molto blande: non
ci sono solo gli interessi di
Casaleggio da tutelare, ma forse
anche quelli dei prossimi membri di
governo?».
E poi: «Paolo Savona ha ricoperto
incarichi di primo piano
in società come Banca di Roma, Adr,
Generale Immobiliare, Salini,
Consorzio Venezia Nuova del Mose, ed
è stato presidente di Impregilo
nel periodo in cui l'azienda vinse
l'appalto per il Ponte sullo
Stretto. Su di lui il Fatto
quotidiano pubblica alcune intercettazioni
giudiziarie nelle quali riceve
rassicurazioni per conto di Marcello
Dell'Utri sul fatto che la gara
sarebbe stata vinta dalla sua azienda.
Era il periodo del Governo Berlusconi.
Nel 1992 Francesco Cossiga lo
nominò in una commissione che si
occupava della ristrutturazione dei
Servizi segreti».
«ARGENTERIA» Un appoggio a sorpresa
l'economista lo incassa dal
forzista Gianfranco Rotondi («Faceva
pare dell'argenteria
democristiana, quella che si
cacciava nelle occasioni terribili: al
governo con Ciampi lo mise la Dc e
nei convegni della destra
democristiana era ospite fisso, al
governo sarebbe per tutti noi un
elemento di rassicurazione») ma
certo non basta a blindare un nome che
tanti ieri davano in calo.
E suona significativo che a Porta a
Porta
la deputata M5S Laura Castelli, a
precisa domanda sul destino
ministeriale di Savona, se la sia
cavata con un diplomatico «Sarà il
professore Conte a portare al Colle,
dopo aver sentito Salvini e Di
Maio, la squadra di governo».
Il leader
di Forza Italia attende ad Arcore. Il Pd attacca: «Faranno
male alla
gente». Berlusconi ai suoi: «Niente affondi contro Matteo»
ROMA Silvio Berlusconi sta alla
finestra e ad Arcore attende gli
ultimi sviluppi della trattativa tra
5 Stelle e Lega per la formazione
del governo gialloverde definita
dagli azzurri una «vera e propria
telenovela». Prima di convocare il
Comitato di presidenza di Forza
Italia e indicare la linea del
partito, che ora resta di ferma
opposizione con un voto contrario
alla fiducia, Berlusconi vuole prima
capire chi avrà l'incarico di
presidente del Consiglio e quale sarà la
lista dei ministri. Per questo
guarda con attenzione i segnali che
arrivano dal Quirinale.
L'input arrivato da Villa San
Martino ai
parlamentari azzurri è stato
chiarissimo: niente affondi contro
Salvini, dunque, attaccate solo M5S.
Un concetto ribadito durante il
direttivo di Forza Italia riunitosi
ieri a Montecitorio.
L'ex premier, raccontano, ha sentito
al telefono Giorgia Meloni. La
presidente di Fdi ha annunciato il
suo netto «no» a Conte premier e se
l'è presa con Salvini: «È caduto
nella trappola dei 5 Stelle, farsi
isolare e indebolire: è l'unico
generale che conosco che, appena vinta
la guerra, si consegna al nemico».
PARTITO DEMOCRATICO Il segretario
del Pd Maurizio Martina promette
battaglia: «Facile scrivere il
contratto a tavolino provando a
promettere tutto a tutti, molto più
complicato poi governare la
realtà. Noi - ha annunciato - li
sfideremo, perché l'alternativa si
costruisce concretamente stanno nei
luoghi del bisogno, del paese
reale, provando a costruire dal
basso all'alternativa a queste
politiche che peraltro rischiano di
essere di grande iniquità».
Il capogruppo del Pd alla Camera Graziano
Delrio fa un appello ai leader
europei: «Non attacchino Salvini e
Di Maio che usano questo come
alibi. Vogliono apparire vittime,
vanno invece messi davanti alle loro
responsabilità. Quello
grillo-leghista - sottolinea Delrio - è un
patto di potere, in cui i cittadini
non centrano nulla. Faranno male
alla gente. Noi lavoreremo per fare
cambiare idea agli italiani».
La
Nuova
Il Pds :
l'Ats è un impero che non funziona. Uras, Cp: i sardi esclusi
dai fondi
nazionali per le esenzioni
Maninchedda
su Moirano: altro che fuoriclasse
CAGLIARIIl Partito dei sardi non
molla la presa sulla sanità. A
lanciare l'ennesimo attacco è il
segretario Paolo Maninchedda, che
nell'editoriale del blog «Sardegna e
libertà», titola e scrive: «Fatto
l'imperatore, è nato un impero che
non funziona». Non serve grande
fantasia per intuire quali siano i
bersagli del Pds: Fulvio Moirano,
il super manager dell'Asl unica,
mentre l'impero che non funziona è di
sicuro l'Ats.
Per poi aggiungere poco dopo: «I
servizi stanno
peggiorando. Si sente, si vede e
questo danneggia la fiducia dei sardi
nelle proprie capacità di
autogoverno. L'inefficienza distrugge la
coscienza nazionale dei sardi, li
porta a teorizzare e praticare il
rifugio in improbabili salvatori
esterni anche quando, come nella
sanità, il fallimento non è della
capacità dei sardi, ma di un modello
di governo sbagliato e affidato per
di più a un fuoriclasse che poi si
è accomodato su una lobby di
potere». Scritto questo giudizio, per
Maninchedda c'è soprattutto un
problema politico: «La rete ospedaliera
votata dal Consiglio regionale è
vigente ma non attuata. Perché?
Inspiegabile, ma terribile. A che
serve un Consiglio regionale se i
suoi atti sono platealmente
disattesi?». Da chi? «Da una serie
infinita - conclude il Pds - di
decisioni contrarie (prese proprio dal
manager dell'Ats) a quanto votato
dal Parlamento dei sardi». Perché -
secondo Maninchedda - sono stati
dati pieni poteri a un «imperatore,
ma l'impero è allo sfascio».Sempre
sulla sanità c'è un'altra denuncia.
A fare la voce grossa è, in questo,
caso, l'ex senatore di Campo
progressista Luciano Uras. In un
comunicato scrive che «la Sardegna è
stata tagliata fuori dai
finanziamenti nazionali (60 milioni di euro)
diretti ad estendere le esenzioni
previste anche a favore alle
cosiddette categorie vulnerabili.
Cioè quelle che lo sono per il basso
reddito, oppure a causa di
particolari patologie o perché ancora
minorenni». Quella che Uras chiama
una grande beffa - doppia per lui
visto che, a suo tempo, in
Parlamento era stato lui a ottenere
l'esenzione - è contenuta in un
decreto del ministero della salute. «È
una discriminazione inaccettabile
per i sardi - scrive - che ancora
una volta sono costretti a subirla
per il vecchio accordo con lo Stato
sule entrate. Accordo che ha
scaricato sulla Regione l'intero costo
della sanità».
Ma, nel caso concreto, «il ministero
ha commesso un
grave errore» e spiega perché: «Il
beneficio previsto da
quell'emendamento alla Legge di
stabilità nazionale è diretto alle
persone e non alle Regioni». Quindi,
è la conclusione di Uras, «il
differente trattamento tra cittadini
non ha motivazioni valide e certo
non lo può essere l luogo di
residenza». È solo un'ingiustizia da
cancellare subito.
La Lega
divide la Base: rischio rottura
Il gruppo
di Nuoro critica l'intesa col Psd'Az: no alle forze estremiste
SASSARI
Si rischia lo strappo nella Base.
Una parte del movimento sembra
vicina a un accordo con il Psd'Az, e
di conseguenza con la Lega. Ma
c'è un'anima della Base, che ha
Nuoro come fulcro, che non condivide
questa scelta. E lo fa con un
comunicato lontano dalla polemica, ma
che mette al centro l'esigenza di un
dibattito nel movimento. «La
Base, dalla sua nascita nel 2010, ha
portato nel dibattito temi
importanti. Nel suo percorso ha
incontrato tante persone libere che
non hanno accettato posti in cambio
di fedeltà, che chiedevano diritti
e non favori, legalità e non
connivenze, sicurezza e non protezione.
In tanti, aderendo a quel disegno,
ci siamo proposti di offrire la
sintesi condivisa di un progetto che
sgorgasse dal cuore civico delle
realtà locali e della Sardegna
tutta, una visione che puntasse a
connettere strettamente il presente
con gli orizzonti del domani, con
la spinta imponente delle nuove
generazioni, delle start up e delle
professioni. Senza dimenticare gli
esclusi, gli ultimi».È proprio
questa visione che ha spinto la Base
a stringere nel 2017 un'alleanza
civico-sardista col Psd'Az.
«L'accordo - sottolinea la nota -
aveva
l'obiettivo di includere e unificare
le varie esperienze civiche con
il mondo diffuso del sardismo
storicamente rappresentato dal Partito
sardo. Il successivo accordo del
Psd'az con la Lega avrebbe richiesto
una rivisitazione di quella scelta
politica, perché in parte
contraddiceva lo spirito del
progetto. Il movimento non è più
percepito come punto di riferimento
di un progetto chiaro, anche nei
contenuti valoriali di riferimento».
Ma la critica della Base di Nuoro
alla gestione di Efisio Arbau non si
limita all'alleanza con i
sardisti.
«Da tempo la nostra proposta a
livello regionale è diventata
monotematica, come se fossimo una
qualsiasi associazione di categoria.
Questo ha comportato confusione e
disorientamento».Il gruppo di Nuoro
della Base non vuole andare alla
rottura col resto del movimento.
Anzi. Ma ribadisce i suoi paletti.
«Apparteniamo a quella cultura
politica che rifugge estremismi,
demagogia, paura dell'altro,
giustizialismo; la differenza tra
chi vuole integrare altre culture e
chi ci vuole sparare sopra è chiara.
E, per intenderci, con questi
ultimi non vogliamo averci a che
fare.
Ripartiamo da qui. Sulla base
di queste coordinate possiamo
favorire davvero un processo di
aggregazione tra tutte le realtà
civiche della Sardegna, che peraltro
guidano circa l'80 per cento delle
amministrazioni comunali. La Base
deve concorrere a far sì che questo
impegno civico assuma una
soggettività politica definita e
strutturata per creare una costante
connessione tra la vita reale dei
cittadini e quella ovattata dei
palazzi della politica. Questa era
ed è la sua missione»
Savona il
rigorista anti-Euro dalla Prima alla Terza Repubblica
di Serenella Mattera
ROMA
La bufera sul curriculum di Giuseppe
Conte, il riaffacciarsi
dell'ipotesi Luigi Di Maio premier,
lo stop di Matteo Salvini, che
torna a ventilare il ritorno al
voto. Doveva essere una giornata di
riflessione, prima della stretta
finale sul governo. E invece diventa
giornata di tensione, che fa
vacillare il nome del professore di
diritto, su cui i leader di M5s e
Lega avevano trovato una difficile
quadra. In mattinata, mentre Sergio
Mattarella riceve i presidenti di
Camera e Senato, Roberto Fico ed
Elisabetta Casellati, sulla stampa
rimbalzano due polemiche che
investono il nome di Conte.
C'è da un
lato il legame con la vicenda
Stamina, da legale di una famiglia
coinvolta, dall'altro la New York
University, che smentisce che Conte
abbia «perfezionato» i suoi studi
lì, come da suo curriculum. Durante
la giornata Davide Vannoni, il padre
del metodo Stamina, smentisce
contatti con Conte. E M5s dichiara
che il professore nell'ateneo
americano ha compiuto ricerche e
perfezionato l'inglese giuridico, pur
non essendone stato studente.
«Sono tutte stupidaggini, sarà un
buon
premier», assicura l'ex moglie del
professore, che continua a tacere.
Ma la vicenda del curriculum ha eco
internazionale, spuntano dubbi
anche sulle frequentazioni delle università
di Vienna e Cambridge.
Mattarella, che compie un attento
vaglio del profilo del candidato
premier, sceglie di prendere tutto
il tempo necessario: il prescelto
non dovrebbe essere convocato al
Quirinale per il conferimento
dell'incarico prima di giovedì.
Intanto, però, la bufera su Conte, che
si somma ai dubbi su Paolo Savona,
il prof anti-euro indicato dalla
Lega per il ministero dell'Economia,
fa traballare l'intesa
giallo-verde.
Di Maio e Salvini si incontrano a
pranzo in una mensa
nel centro di Roma. Ed è mistero su
un colloquio dei due con Conte, in
un primo momento confermato da fonti
del Movimento. «Non sanno che
inventarsi», sbotta Di Maio quando
al termine dell'incontro gli
chiedono delle polemiche su Conte.
Mentre Salvini difende a spada
tratta Savona: «Mi piacerebbe molto,
sarebbe una garanzia per gli
italiani». Ad agitare le acque però
c'è un'idea che torna a farsi
largo tra i Cinque stelle: se Conte
non regge allo «stress test»,
meglio tornare al nome di Di Maio
per Palazzo Chigi.
Alla Lega, magari
con un dirigente come Giancarlo
Giorgetti, potrebbe andare l'Economia
e altri ministeri di peso. Salvini,
però, «ripete» il suo no fermo
alla premiership «stellata». E
avverte: «Noi abbiamo fatto tutto il
lavoro e gli sforzi possibili, siamo
pronti. Non c'è tempo da perdere:
o si cambia l'Italia, o si vota».
Come a dire: se non c'è l'intesa
nessuna paura ad andare a elezioni
anticipate.
Intanto anche i Cinque
stelle, con Giulia Grillo e Laura
Castelli, assicurano che si va
avanti sul nome di Conte: «Ci
mancherebbe!». E anche sull'82enne
Savona, il cui profilo sembra
destare più di una perplessità al Colle,
i pentastellati rassicurano i futuri
alleati di governo. Ma la Lega
non si fida. E con Lorenzo Fontana
avverte: «Se salta Conte
bisognerebbe tornare a ridiscutere
tutto. Un veto su Savona sarebbe un
bel problema».
L'esito delle trattative non è
scontato. E neanche la
squadra dei ministri, su cui M5s e
Lega continuano a trattare, anche
se ora, in ossequio alle prerogative
del Quirinale, precisano: «I nomi
al Colle li farà il premier
incaricato». Intanto la Cei, con il
presidente Gualtiero Bassetti,
avverte che il passaggio è delicato:
«Ricordiamo a tutti come non basti
nemmeno avere un governo per poter
guidare il Paese. Occorre questo
Paese conoscerlo davvero. Grazie a
Mattarella per la sua guida
paziente».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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