Unione
Sarda
Sondaggio
su Unionesarda.it - Lettori col ministro
La grande maggioranza dei lettori di
Unionesarda.it ha dato ragione alla linea adottata dal governo
italiano nella gestione della vicenda Aquarius. Nella rubrica “Il
termometro” sono arrivate le risposte alla domanda se è stata giusta «la
decisione di Salvini di chiudere i porti italiani».
Ieri a tarda sera più di otto
lettori su dieci si sono espressi a favore delle indicazioni del Viminale, con
un eloquente 87 per cento, contrastato da appena il 13 per cento dei
partecipanti al sondaggio, che avrebbero gradito un altro tipo di accoglienza
per la nave con 629 migranti ferma nelle acque internazionali tra la Sicilia e
Malta.
Pigliaru:
il Viminale deve fare chiarezza Bufera social su Zedda
«Se il governo italiano ha deciso di
cambiare le regole, prima lo deve annunciare al mondo, non farlo quando c'è una
nave carica di migranti in giro per il Mediterraneo», dice il presidente della
Regione Francesco Pigliaru. «La Sardegna, come sempre, è prontissima a fare la sua
parte, ma l'accoglienza non la decidono né i sindaci né la Regione, è il
governo che la stabilisce. Detto questo: è ovvio che nessuno può avere dubbi
sul fatto che le 629 persone a bordo debbano essere messe in sicurezza al più
presto».
I COMMENTI Il dibattito infuria,
soprattutto in Rete. C'è chi definisce il ministro dell'Interno “salvatore
dell'Italia” perché ha chiuso i porti ai profughi, c'è chi cita il Vangelo e
ricorda che prima di tutto è necessario «restare umani». Purtroppo sui social
la discussione degenera: al sindaco di Cagliari Massimo Zedda, ad esempio, che
già domenica notte ha spiegato chiaramente su Facebook da che parte sta - «il
rischio è che bambini, donne e uomini paghino le conseguenze più pesanti di
scelte irrazionali, scellerate e demagogiche. Il governo autorizzi l'ingresso
della nave in acque italiane e discuta nelle sedi opportune le politiche
dell'accoglienza» - è arrivata una valanga di insulti
vergognosi, insieme con tanti commenti favorevoli.
La Cgil sarda, che esprime
solidarietà a Zedda «per gli indecenti attacchi», «condanna con forza
l'atteggiamento disumano di un Governo che non esita a strumentalizzare il
bisogno di soccorso di persone disperate che hanno già patito sofferenze
indicibili, e lo utilizza come mezzo di pressione, in violazione dei trattati
internazionali e degli obblighi di una sana morale ed etica civile».
CON IL MINISTRO Dario Giagoni, vice
coordinatore regionale della Lega, sottolinea: «Bravo Salvini, l'Italia non può
essere l'unico posto in cui arrivano tutte le navi. Inoltre, gran parte di
queste persone non fuggono dalle guerre, sono galeotti. Il nostro ministro sta
mantenendo le promesse, prima gli italiani e i sardi, poi eventualmente si dà
una mano agli altri».
Interviene anche il deputato del M5S
Pino Cabras: «Le forze politiche che hanno firmato il contratto di governo
condividono questi elementi essenziali: il sistema di accoglienza deve essere europeo,
non nazionale; chi richiede asilo deve farlo direttamente dai Paesi di provenienza
o transito e da lì, deve essere già ripartito presso i 27 Stati membri dell'Ue
e quindi integrato negli stessi. Un problema gigantesco come le migrazioni
contemporanee, in particolare quelle irregolari e illegali, non deve essere
gestito solo dalla Repubblica Italiana».
L'ANCI Avverte Emiliano Deiana,
presidente dell'Anci: «Prima vengono le persone, poi le soluzioni politiche.
Che per me sono sempre le stesse. Salvare le vite in mare. Accogliere nei porti
del sud Europa e distribuire equamente i migranti in tutti i Paesi del
continente. Significa cambiare il Regolamento di Dublino: ciò che Orban e gli altri
nazionalisti non vogliono. Proporre, a livello locale, la microaccoglienza
senza concentrazioni per non creare lotte fra poveri che rischiano di far
esplodere le civile convivenza».
LA SOLIDARIETÀ Spiega l'assessore
regionale Filippo Spanu: «Fermo restando che l'Europa ha il dovere di assumersi
responsabilità, chiediamo al ministro dell'Interno i rispetto dei patti finora sottoscritti
con i Paesi nordafricani e le varie forze che governano la Libia, patti che
stanno funzionando. In Sardegna l'ultima nave carica di migranti è arrivata a
giugno dell'anno scorso, e attualmente il numero delle presenze è inferiore
alla quota che ci spetta cioè, come tutti, abbiamo una diminuzione. Noi stiamo
lavorando moltissimo sui progetti Sprar, cioè per l'accoglienza diffusa nei
territori e per l'integrazione, con progetti nelle scuole, nello sport, con il volontariato».
Cristina Cossu
La
Nuova
Pd, Cucca
si dimette ora un mese per l'accordo
I 160
delegati si troveranno tra 30 giorni per eleggere il suo successore
Scartate
le ipotesi di un triumvirato di passaggio o di un collegio di sei saggi
Trenta giorni di tempo per uscire
dal tunnel, ma le premesse per il Pd
non sembrano essere buone. Sul
futuro prossimo venturo le tre correnti
la pensano diversamente sin da
subito. Con le dimissioni di Cucca
appena finite sul piatto, prima di
parlare l'ex deputato Siro Marrocu,
capofila dei Diesse, ci ha pensato
un attimo, poi s'è lasciato andare:
«Spetta all'assemblea nominare il
nuovo segretario. Vorrei tanto che
il successore fosse eletto
all'unanimità.
Se non fosse così, nasca
allora una maggioranza, ma spero nel
contrario per evitare nuovi
scontri. Abbiamo bisogno finalmente
di pace, la guerra deve finire».
Anche il deputato renziano Gavino
Manca la pensa così: «Quanto vorrei
- dice - che nelle prossime
settimane tutti tornassimo a essere
responsabili. Però di quella
responsabilità che le correnti devono
innanzitutto ritrovare al loro
interno e non pretenderla invece, come
se fosse una condizione, prima dalle
altre due.
Così è accaduto finora
ed è per questo che purtroppo ci
siamo bloccati dal 4 marzo in poi.
Mentre devo riconoscere al
segretario Cucca di essersi dimostrato
responsabile e l'ha dimostrato fino
all'ultimo anche con le
dimissioni». I popolari-riformisti
per voce dell'ex senatore Silvio
Lai, sono convinti invece che
l'assemblea debba essere riconvocata
molto prima dei 30 giorni previsti
dal regolamento. «In due settimane,
possiamo chiudere la partita. Le
trattative sono ben avviate ed
eleggere un segretario non devi
trasformarsi in un problema. C'è ben
altro di cui dobbiamo occuparci e da
tempo sostengo che dobbiamo
liberarci dal vincolo con Roma.
Abbiamo proposto un referendum fra
gli
iscritti proprio su questo e
crediamo che sia arrivato il momento di
discuterne e decidere il da farsi
molto prima delle prossime elezioni
regionali». Ma per Renato Soru
l'unica soluzione possibile è quella
del congresso anticipato: «Penso che
Cucca non avesse altra scelta e
apprezzo la sua decisione di
presentare le dimissioni. Come ipotesi di
scuola lui ha immaginato ancora la
possibilità che si possa trovare
una persona terza e autorevole, ma
credo invece sia necessaria una
svolta più radicale. Non è questo il
tempo dei notai, serve un
congresso, c'è forte l'esigenza di
un cambiamento».
Anche l'unica
attuale candidata alla segreteria,
l'indipendente Dolores Lai, che
però al gruppo di Soru non dispiace,
ha detto la sua. «Ho accolto -
dice - con un sospiro di sollievo le
dimissioni di Cucca. Son
trascorsi quasi quattro mesi dalle
Politiche in cui il partito non è
riuscito a concludere neanche l'analisi
del voto e quindi ho accolto
con favore l'invito del segretario
uscente ai giovani a farsi avanti
con coraggio e fermezza». Ma,
aggiunge, «colgo, in quell'invito, anche
un altro significato: non dobbiamo
avere paura del congresso. Ero
candidata e lo sarò ancora».
Tirate le somme due correnti sono
per
l'elezione, più o meno immediata,
del successore di Giuseppe Luigi
Cucca. e, guarda caso, sono le
stesse che un anno fa si sono
compattate proprio intorno al nome
del senatore nuorese. Oggi, insieme
avrebbero ancora i numeri in
assemblea per dar vita a una ri edizione
di quell'accordo e le trattative fra
loro sarebbero a buon punto. La
terza corrente è per l'azzeramento e
il congresso. Chi vincerà? La
lotteria è troppo lontana per
scoprirlo adesso.
(ua)
di Umberto AimewINVIATO AD
ABBASANTALe dimissioni volontarie di Giuseppe Luigi
Cucca alla fine sono arrivate, come
un colpo di frusta sul Pd. «Dovevo
farlo. Eravamo finiti in un vicolo
cieco. Il tempo stringe, le
elezioni regionali sono dietro
l'angolo. Basta, sprecare ancora altre
settimane», dirà tutto d'un fiato,
il senatore, subito dopo aver
annunciato l'addio con tre anni di
anticipo sul mandato, in scadenza
nel 2021. Il Pd da ventiquattr'ore è
senza segretario.
Fra trenta
giorni l'assemblea dei 160 delegati
avrà la possibilità di eleggere
quello nuovo. Dovrà provare a farlo
senza la scorciatoia della
reggenza scaricata su un triumvirato
e neanche delegare la soluzione a
sei o più saggi scelti dalle
correnti. L'assemblea è un organismo
eletto e democratico, ha l'obbligo
di tentarci, lo impone il
regolamento. Oppure se l'accordo non
dovesse essere trovato, in queste
quattro settimane a disposizione,
sarà azzerato tutto. Se così fosse,
a settembre, spetterà invece al
congresso degli iscritti rivotare,
rispaccarsi e scegliere il
successore di Cucca.
La svolta s'è
materializzata proprio nel momento
in cui, a tre mesi e sei giorni
esatti dalla batosta di marzo, alle
Politiche, il Partito democratico
ha dimostrato di essere ancora vivo,
seppure agonizzante, nelle ultime
elezioni comunali, finite a metà
strada o quasi del cammino verso le
prossime e decisive Regionali. Non è
certo un caso che Cucca abbia
scelto un «giorno dopo» per
dimettersi, cioè all'indomani dell'ultimo
giro nei seggi. Non lo è stato, un
caso.
«In queste amministrative -
dirà dal palco - è arrivata
l'ennesima conferma di quello che sostengo
da sempre, ma spesso e purtroppo non
mi avete ascoltato. Uniti siamo
ancora fra i possibili vincitori,
come potrebbe essere ad Iglesias,
mentre divisi finiamo di sicuro fra
gli sconfitti, come ad Assemini.
Bene, oggi vi chiedo di ritrovare
l'unità anche dentro il partito per
riprendere a correre insieme.
Nulla è ancora compromesso. Io sono
per
eleggere il nuovo segretario in
assemblea, mentre temo che la
riapertura improvvisa della stagione
congressuale potrebbe trascinarci
in un ennesimo scontro di cui invece
non abbiamo bisogno». Cucca ha
parlato a braccio per mezz'ora e
l'ha fatto con un tono di voce sempre
sostenuto, però senza mai aggredire
la platea. Non sarebbe stato nelle
sue corde, soprattutto per chi, sui
titoli di coda, s'è sentito
salutare così da un fedelissimo.
«Ti posso chiamare santità per
quello
che hai sopportato in questi dodici
abbondanti di segreteria?». Lui ha
sorriso, come sempre, anche se nel
monologo di poco prima qualche
sasso dalla scarpa se l'è tolto.
«Dopo il 4 marzo - le sue parole - mi
sono messo a disposizione del
partito, pur non sentendomi responsabile
di quella sconfitta. Già da allora,
ero pronto a dimettermi, con
l'unica richiesta che non ci fosse
però una crisi al buio. Ho pensato
e proposto delle soluzioni, ma si
scontrate, una dopo l'altra, contro
quel male da cui non riusciamo a
liberarci: la reciproca diffidenza.
Aggiunta purtroppo a un'infinità di
iniziative parallele e personali
che hanno finito per avvelenare i
pozzi».
Subito dopo sarà ancora più
diretto: «Non sono stato certo io,
come invece qualcuno ha messo in
giro, a tenere sotto ostaggio il
partito. È stato il partito a farmi
prigioniero e sentirsi soli non fa
certo piacere. Troppe volte mi
avete preso di mira e, alla fine,
anche a me sono scattati i cinque
minuti. Sia chiaro però: non sono
più il segretario, ma non mi metterò
da parte. Continuerò a lavorare,
mettendoci ancora una volta la
faccia, per allargare i confini del
centrosinistra. Senza che sin da
ora ci siano veti e pregiudizi, e
questo dovrebbe essere anche il
primo obiettivo del nuovo
segretario».
Che potrebbe essere? «Una
figura autorevole, capace di
rimettere assieme le molte anime del
partito, senza però più
l'esasperazione delle correnti. O anche un
giovane che si assuma l'onore di
fare da apripista al cambiamento di
cui abbiamo bisogno e oggi preteso
dagli elettori». Alle 18.45 Cucca è
sceso dal palco fra gli applausi a
scena aperta di chi l'ha sostenuto
fino all'ultimo, i renziani e gli ex
Diesse, quelli più tiepidi degli
ex alleati di un anno fa, il gruppo
popolare-riformista dell'area
Fadda-Cabras, e gli altri quasi
impercettibili della terza corrente,
oggi in minoranza, capeggiata da
Renato Soru. Il domani, nel Pd, è
appena cominciato e il finale tutto
da riscrivere.
Unione
Sarda
Cucca
lascia la guida del Pd sardo e il partito si divide sul congresso
«Le
Regionali non sono ancora perdute ma bisogna allargare la coalizione»
Giuseppe Luigi Cucca lascia la
segreteria del Pd ad appena un anno
dall'elezione. «Penso ci voglia uno
scossone per consentire al partito
di riprendere a respirare, e a
questo punto non mi resta che
rassegnare le dimissioni».
Ma non è una resa. Anzi: «Da domani
riprenderò a lavorare per
l'unità». E rilancia: «Auspico che
si trovi una figura super partes,
libera da condizionamenti di
corrente, mentre eviterei il congresso».
LE DUE OPZIONI Due le strade
percorribili, entrambe previste dal
regolamento del partito. Lavorare
nei trenta giorni che devono
trascorrere sino alla prossima
assemblea per trovare una persona
terza, autorevole e libera da
influenze; in alternativa, se non si
riesce a raggiungere un accordo, si
apre la fase congressuale.
Due possibili soluzioni e le prime
divisioni sulla gestione del dopo
Cucca: renziani e popolari
riformisti favorevoli a investire su una
persona di garanzia capace di
gestire il partito in vista delle
regionali del 2019, soriani per il
congresso senza se e senza ma.
«ALLARGHIAMO LA COALIZIONE» L'assemblea
di “Su Baione”, ad Abbasanta,
cade il giorno dopo le comunali.
«Questo è un giorno importante per il
Pd - sono le prime parole del
segretario - il risultato di Iglesias è
emblematico e deve indirizzare il
nostro partito perché ci fa capire
che uniti vinciamo; divisi come ad
Assemini, no». Ma da Iglesias
«possiamo ripartire: da sempre parlo
della necessità di allargare la
coalizione, questo però ci impone di
essere attrattivi nei confronti
delle altre forze politiche, senza
porre veti trasversali».
Il risultato delle comunali per
Cucca è uno spiraglio, anche se
piccolo perché «il vento del 4 marzo
spira ancora»: «Le regionali
ancora non sono ancora perdute ma -
insiste - nessuno si metta di
traverso, tutti abbiamo pari
dignità, chiunque del partito più piccolo
può aspirare a diventare candidato
alla presidenza della Regione».
«ARROCCATI» Sul voto delle
politiche, vera causa delle sue dimissioni:
«Ho compiuto ogni sforzo per trovare
una via d'uscita improntata alla
coesione, ma è evidente che non basta
la volontà del singolo per
raggiungere un obiettivo così alto».
Il senatore si leva anche qualche
sassolino dalla scarpa: «Mi sono
scontrato con la miopia di molti
dirigenti che si sono arroccati su
posizioni inconciliabili generando
lo stallo. Ho ribadito più volte che
ero disposto a lasciare qualora
vi fosse un serio progetto di
rilancio».
«IO, UN BERSAGLIO» Ma rispetto a tre
mesi fa non è cambiato nulla e
ieri Cucca ha comunque rinunciato:
«Sfatiamo la narrazione che mi
vuole attaccato alla poltrona da
segretario, sono rimasto tre mesi a
fare il bersaglio e non è bello
sentirsi soli». Poi auspica il
rinnovamento della classe dirigente,
dando maggiore spazio alla
componente giovanile, «come è
successo a Iglesias»: «Il giorno del mio
insediamento ho detto ai giovani di
osare, di liberarsi del
correntismo, di avere il coraggio di
manifestare le proprie idee, di
prendersi il partito. È un invito
che rinnovo ora più che mai».
LAI CONTRO LAI Invito accolto da
Dolores Lai, già autocandidata a
sostituire il senatore nuorese alla
guida del partito: «Ho accolto con
un sospiro di sollievo le dimissioni
del segretario, son trascorsi
quasi quattro mesi in cui il partito
non è riuscito neanche a
concludere l'analisi del voto - dice
ad assemblea conclusa - e ho
accolto con favore l'invito di Cucca
ai giovani a farsi avanti con
coraggio e fermezza».
Ma, aggiunge, «io colgo l'invito
anche nel senso
che non dobbiamo avere paura del
congresso, l'unica strada per
ricostruire il partito e consentire
un ricambio generazionale, e nella
quale ripropongo la mia
candidatura». Dello stesso avviso Renato Soru:
«Non credo sia il momento di cercare
terze persone, non servono notai,
serve invece che la discussione si
faccia più alta per capire le
esigenze della Sardegna». Come i
renziani, invece, i popolari
riformisti non affronterebbero il
congresso. «Sono convinto che non
abbiamo tempo per celebrarlo, ci
porterebbe via tre mesi che non
abbiamo», è l'opinione dell'ex
parlamentare Silvio Lai.
Roberto Murgia
La
Nuova
Il
partito di Pizzarotti sbarca nell'isola
Sabato il
debutto a Ghilarza di Italia in Comune: appello a sindaci e assessori
SASSARI
Italia in Comune sbarca anche in
Sardegna. Il partito fondato dal
sindaco di Parma, Federico
Pizzarotti, si presenterà sabato a
Ghilarza. L'appuntamento è per le
10,30 nella Torre Aragonese. A fare
gli onori di casa saranno i
coordinatori regionali Maurizio Sirca e
Antonello Zicconi. L'obiettivo del
nuovo soggetto politico è
coinvolger il maggior numero di
amministratori. Il partito, che
Pizzarotti ha fondato insieme al
sindaco di Cerveteri, Alessio
Pascucci, nasce infatti
dall'incontro tra oltre 400 amministratori di
tutta Italia.
«Siamo certi che l'esperienza alla
guida di una comunità
- dicono i coordinatori regionali -
attraverso l'impegno quotidiano
nel sociale e nel volontariato
associazionistico, possa contribuire
alla crescita del partito, in un
percorso impegnativo e qualificante,
oggi diventato necessario per
contrastare l'antipolitica e il
populismo dilaganti. Oggi il civismo
è un soggetto politico e non più
solo un fenomeno temporaneo».
I 5
Stelle non sfondano Tengono centrodestra e Pd
Alle
amministrative sarà ballottaggio in due centri. Cresce anche il Pds
cAGLIARII Cinque stelle si
accontentano di essere ancora primi ad
Assemini, seppure per ora solo al
primo turno, la loro roccaforte dal
2013, perché il terzo posto a
Iglesias, sostengono, «l'avevamo messo
in conto». Per il centrodestra, a
trazione sempre più leghista, c'è la
soddisfazione di essere ancora in
corsa nei due Comuni, Iglesias e
Assemini, che sceglieranno il
sindaco nel ballottaggio fra due
domeniche. Poi c'è il
centrosinistra, più o meno unito stavolta, che
può tirare un sospiro di sollievo:
l'emorragia di marzo sembra essersi
fermata.Lega a mille.
Il colonnello di Salvini in
Sardegna, Eugenio
Zoffili, è deciso nel dire:
«L'alleanza col Psd'Az continua a crescere
dopo l'esordio alle Politiche». Ad
Assemini, sostiene, «siamo noi il
primo partito del centrodestra».
Anche «stavolta siamo stati decisivi
per raggiungere il secondo turno e
il che vuol dire: i sardi sono
sempre più consapevoli di quanto sia
importante l'alleanza fra
leghisti e sardisti. Non è più
qualcosa di estemporaneo, come
sostenevano in molti, ormai siamo
all'accordo duraturo». Per
aggiungere: «Sempre ad Assemini i
nove punti di stacco dai Cinque
stelle non ci spaventano.
Nelle prossime due settimane, daremo
il
massimo: puntiamo al sorpasso».Forza
Italia soddisfatta. Il
coordinatore regionale Ugo
Cappellacci dice: «Abbiamo avuto la
conferma che il centrodestra unito
continua a mettere alla frusta i
Cinque stelle». Forse, aggiunge,
«speravamo di ottenere qualcosa di
più, soprattutto a Iglesias, ma è
importante che il nostro elettorato
non sia andato da altre parti».
Della coalizione ad Assemini faceva
parte anche il Partito dei sardi,
che alle Regionali del 2019 dovrebbe
essere invece un avversario
temibile. «Alle Comunali valgono logiche
più laiche - spiega Cappellacci - ma
il Pds che sceglie di stare con
noi e lascia il centrosinistra con
cui governa la Regione, dimostra
come intorno a Pigliaru il gruppo si
stia sfaldando mese dopo mese».
L'alleanza col Pds sarà cercata
anche nel 2019? «Regionali e Comunali
sono elezioni molto diverse, ma val
la pena di ragionarci».
Centristi
resistenti. Sempre sul fronte del centrodestra,
i Riformatori dicono
che «in questi anni, coerenza e
serietà del nostro lavoro, nei Comuni
e alla Regione, sono stati
riconosciuti dagli elettori e siamo
soddisfatti», è il commento del
coordinatore regionale Pietrino Fois,
deciso nel guardare ben oltre «le
ultime alleanze più disparate».Il
Pds esulta. Paolo Maninchedda,
segretario del Partito dei sardi affida
l'analisi all'editoriale sul blog
Sardegna e libertà. «Abbiamo vinto a
Macomer, riusciamo a dare un governo
a Chiaramonti, andiamo al
ballottaggio ad Assemini, e ci
aspetta il secondo turno a Iglesias con
Valentina Pistis (candidata del
centrodestra) che sostenevamo con una
lista civica. Per scendere poi nel
dettaglio: «Continuiamo a vincere
da quattro anni e lo facciamo senza
odiare nessuno, ma costruendo,
giorno dopo giorno, le basi per la
Nazione Sarda».
Cinque stelle a
metà. Il sindaco uscente e
coordinatore regionale, Mario Puddu, lascia
da parte i fronzoli: «È dal 2013 che
ad Assemini il Movimento non
scende sotto la soglia del 40 per cento.
Europee, Politiche e
Comunali, la fiducia nei nostri
confronti ormai è una costante». E poi
l'appello: «Chiedo agli asseminesi
l'ultimo atto di fiducia. Votateci
al ballottaggio con la sessa
passione che ci avete dimostrato negli
ultimi anni». E il terzo posto a
Iglesias? «Lì i nostri avversari sono
scesi in campo agguerriti.
Spesso in cinque contro uno», è un
altro
passo di chi potrebbe essere il
candidato-presidente del Movimento nel
2019.Colpo di coda del Pd.
L'alleanza di centrosinistra, che a
Iglesias è uscita in testa dal primo
tempo elettorale, va oltre la
lettura a caldo. «Dalle
amministrative arriva la conferma di quanto
sostengo da un pezzo - dice il
segretario regionale uscente del Pd
Giuseppe Luigi Cucca _ quando si
corre uniti vinciamo, separati
perdiamo». A Iglesias, conclude, «ci
siamo presentati con una proposta
forte di rinnovamento che la gente
ha apprezzato, ad Assemini invece
eravamo spaccati e abbiamo perso».
Come lezione non è nuova, ma finora
il centrosinistra pare non averla
ancora capita e proprio nella lunga
corsa verso le Regionali rischia di
frantumarsi sui confini, saranno
stretti o larghi, della futura
alleanza.
Gialloverdi mai. Le elezioni
comunali, almeno per ora, hanno
confermato che un'alleanza come quella
romana, a Palazzo Chigi, in Sardegna
è fantapolitica. Sul territorio
sono ancora troppe le diversità fra
la Lega e i Cinque stelle per solo
ipotizzare un contratto di governo a
uso e consumo per le prossime
regionali. Poi va detto anche
questo: sono forti gli appetiti di
vittoria da una parte e dall'altra
per dimostrare oggi generosità
verso i coinquilini romani siano
essi verdi o gialli. Quel matrimonio
celebrato all'ombra del Quirinale,
in Sardegna mai si farà. Lega e
Cinque stelle da Sassari a Cagliari
continueranno a essere ancora due
avversari. (ua)
L'ONDA
DEBOLE DEL 4 MARZO: E ORA LA REGIONE
di LUCA ROJCH
Tutti attendevano l'onda
gialloverde, ma le amministrative nell'isola
sembrano avere certificato che la
rivoluzione grillo-leghista può
attendere. La prova muscolare e
scintillante delle politiche lasciava
presagire una sorta di supernova a 5
Stelle che avrebbe spazzato via
tutti gli altri partiti. Ma in tanti
centri l'onda gialla non è
arrivata. Da Macomer a Iglesias i
grillini non hanno sfondato. Segno
che le politiche e le amministrative
sono due cose differenti.
Difficile pensare a una disaffezione
dell'elettorato in tempi tanto
brevi. Ma per il Movimento è un
segnale che deve essere analizzato. Le
percentuali oltre il 40 per cento in
molte parti dell'isola non si
sono ripetute in queste
amministrative. Anche l'altra metà del governo
gialloverde non esulta. Psd'Az e
Lega non sfondano in questa tornata
elettorale. Le amministrative per
loro sembrano essere un appuntamento
mancato. Non incidono come avevano
sperato. E quando il centrodestra
si afferma nell'isola il motore
sembra sempre essere l'azzurro di
Forza Italia.Il Partito dei sardi
conferma la roccaforte di Macomer.
Antonio Succu, rieletto sindaco, è
un fedelissimo di Paolo Maninchedda
e il comune del centro Sardegna
resta nelle mani del progetto di
"convergenza nazionale"
del Pds.
Ad Assemini e Iglesias la coalizione
in cui è presente il Pds finisce al
ballottaggio. Il progetto di
Maninchedda è creare un polo
nazionalitario. Una specie di magnete
sardocentrico che attiri nella sua
orbita i pezzi sardi di partiti
nazionali, dal Pd ai Riformatori, ai
sardisti, alla galassia
indipendentista. Per dirla con
Maninchedda chiunque sposi il progetto,
fascisti esclusi. E su questa idea
il leader del Pds lavora da oltre
un anno, il traguardo fissato sono
le Regionali del 2019.Il Pd sulla
carta dovrebbe essere il partito
battuto. Ma tra i Dem quasi si
festeggia.
L'estinzione non c'è stata. La
colonna del centrosinistra
ha tenuto. Limitati i danni dopo la
polverizzazione del 4 marzo. Il Pd
è al ballottaggio a Iglesias, un po'
a sorpresa. E anche negli altri
centri in cui si è votato ha tenuto.
La svolta dentro i Dem non c'è
stata e forse anche i vertici del
partito temevano un'altra pioggia di
meteoriti che sterminasse gli ultimi
dinosauri Dem.Le urne hanno dato
ancora un po' di ossigeno. Ma
nessuno pensi che le dimissioni di
queste ore di Giuseppe Luigi Cucca
da segretario siano la reazione
all'immobilismo di un partito
pietrificato.
Cucca lascia, al suo posto
ci attende un mese di vuoto e
trattative sotterranee tra le correnti.
Nessuna rivoluzione. In realtà è in
azione il laboratorio genetico del
centrosinistra che punta a creare in
provetta una nuova creatura
politica ormai estinta: il
segretario della riscossa.
La carica
dei 36 sindaci tra conferme e sorprese
In tutti
i Comuni con una sola lista è stato superato il quorum del 50 per cento
A Oliena
vince il candidato di ispirazione grillina. Budoni, si
conferma
Porcheddu
di Alessandro PirinawSASSARIL'isola
ha 36 nuovi sindaci tra riconferme
e debuttanti. Per due Comuni, gli
unici sopra i 15mila abitanti di
questa tornata elettorale, il
verdetto è rimandato di due settimane,
quando si svolgerà il ballottaggio
tra i candidati più votati. Ad
Assemini il M5s, con Sabrina Licheri,
cercherà il bis contro un
centrodestra unito guidato da
Antonio Scano, mentre a Iglesias Mauro
Usai, a capo di un centrosinistra
alleato dell'Udc, parte favorito
nella sfida con la candidata del
centrodestra, Valentina Pistis.
Nel resto dell'isola i sindaci sono
stati eletti tutti domenica. Tra le
sfide più attese c'era quella di
Macomer, dove l'uscente Antonio
Onorato Succu, esponente di spicco
del Partito dei sardi, ha battuto
di 300 voti Maria Luisi Muzzu,
sostenuta da una alleanza civica con
all'interno esponenti di Pd e
Fratelli d'Italia. Sotto il 10 per cento
il candidato del M5s, Maurizio
Cossu. A Oliena, a sorpresa, si è
imposto Sebastiano Congiu, a capo di
una lista di ispirazione
grillina, ma senza il benestare del
M5s. Distanziati l'archeologa
Gianfranca Salis, l'ex presidente
del Consiglio, Mattia Sanna e,
ultimo, l'ex sindaco Babore Fele.
A Budoni si è ripetuta la sfida del
2013, con lo stesso finale: il
sindaco uscente Giuseppe Porcheddu ha
avuto la meglio sulla consigliera di
opposizione Loredana Meloni per
quasi 400 voti. Divario ancora più
ampio a Palau, dove l'anno scorso
l'unica lista in corsa non aveva
raggiunto il quorum: il nuovo sindaco
è Franco Manna, area centrodestra,
sconfitta Paola Pischedda, già
assessora in una precedente lista di
area centrosinistra. Verdetto a
sorpresa a Cabras: Andrea Abis, area
centrosinistra, ha stravinto
contro Gian Piero Meli, espressione
del centrodestra che ha governato
la cittadina negli ultimi 20 anni.
Ultimo Antonello Manca. Tra le
altre sfide, nel Sassarese la più
avvincente è stata a Cheremule, dove
Antonella Chessa ha battuto Silvia
Brundu di appena 7 voti. Negli
altri Comuni della provincia è
bastato raggiungere il quorum per
l'elezione del sindaco. E così
Aglientu ha riconfermato Antonio
Tirotto, a Chiaramonti è stato
eletto Alessandro Unali, consigliere
regionale del Partito dei sardi,
mentre a Sedini ha conquistato il
Comune Tore Carta, già vicesindaco
tra il 2008 e il 2013 e consigliere
di minoranza nell'ultima
legislatura. Nel Nuorese riconfermato senza
problemi il sindaco di Galtellì,
Giovanni Santo Porcu, che ha superato
Antonello Delussu di 370 voti.
Ignazio Porcu, invece, è il nuovo
primo
cittadino di Irgoli, dove ha battuto
Massimo Mele. Vittoria netta a
Jerzu per l'esordiente Carlo Lai,
che ha superato di oltre 100 voti
l'ex sindaco Marcello Piroddi. È
bastato tagliare il traguardo del
quorum a Marco Demuru a Meana Sardo
e a Demetrio Luigi Daga a Sindia.
Oltre Cabras, erano solo due i
Comuni della provincia di Oristano con
almeno due liste in corsa. A Riola
Sardo è stata una battaglia
all'ultimo voto: Mauro Saba ha
superato Lorenzo Pinna di appena 14
preferenze. Netta la vittoria di
Giorgio Scano a Simala, che ha
stracciato Marco Zuddas con il 72
per cento dei voti. Nessun problema,
perché senza avversari, per
Francesco Mereu ad Ales, Fabrizio Miscali
a Boroneddu, Omar Hassan, per la
terza volta sindaco di Modolo, Gian
Giuseppe Vargiu a Narbolia,
Francesco Mura a Nughedu Santa Vittoria,
Moreno Atzei a Pompu, Greta Pes a
Soddì (a cui sono bastati appena 56
voti), Sandro Marchi a Villa Verde.
Nella provincia del Sud a
Fluminimaggiore il giornalista Marco
Corrias ha battuto nettamente il
sindaco Ferdinando Pellegrini. Anche
a Senorbì l'uscente Adalberto
Sanna si è dvotuo arrendere ad
Alessandro Pireddu. Nette le vittoria
di Daniele Serra a Teulada, Ediberto
Cocco a Gesturi e Gianluca Melis
a Villaspeciosa. Fabrizio Serra l'ha
spuntata a Ortacesus, mentre
Francesco Sanna a Collinas ha
superato quota 80 per cento. Hanno avuto
la meglio sul quorum Maurizio Meloni
a Donori, Nicola Cau a Furtei e
Marcello Cannas a Seui.
Nella Città metropolitana si è
votato a
Decimomannu, dove l'uscente Anna
Paola Marongiu ha stracciato gli
avversari e a Maracalagonis, che ha
eletto Mario Fadda per la quinta
volta. Commissariati i 5 Comuni in
cui non era stata presentata
nessuna lista: Putifigari, Sarule,
Ortueri, Magomadas e Austis.
Il M5s
vuole il bis, ma la destra è vicina
La
candidata dei 5 stelle in vantaggio. Fuori dai giochi la sinistra
di Stefano Ambu
ASSEMINI
Assemini deve aspettare ancora:
elettori di nuovo alle urne e
decisione sul sindaco rinviata al 24
giugno. Ballottaggio, proprio
come cinque anni fa. Con qualche
differenza, però: a contendersi la
fascia tricolore saranno il
Movimento 5 stelle- e qui non cambia
nulla- con la candidata Sabrina
Licheri. Mentre lo sfidante non è più
il centrosinistra, affossato dal
vento contrario nazionale e anche
dalle sue spaccature locali, ma il
centrodestra con Antonio Scano. M5s
in vantaggio: 4.983 voti per Licheri
significano il 44,75 per cento
delle preferenze.
Mentre Scano di voti ne ha preso
3962 con una fetta
del 35,58 per cento. Ora si apre una
nuova partita con diverse
incognite e tanti voti che dovranno
riposizionarsi. C'è il 50 per
cento degli elettori che non è
andato al votare, innanzitutto. E poi
la somma delle percentuali delle
altre tre liste: 8,48 per cento del
Pd di Francesco Lecis, 6,43 dei
Democratici progressisti di Francesco
Consalvo e 4,74 della civica di
Irene Piras, ex grillina entrata in
rotta di collisione con il sindaco
Mario Puddu nella scorsa
consiliatura. Mettendo mano alla
calcolatrice il pacchetto di voti
sfiora il 20 per cento.
E cioè è superiore al gap tra M5s e
centrodestra. Sulla carta gli
apparentamenti sembrano inverosimili.
Gli alleati di governo in questo
caso sono sfidanti e quindi niente da
fare. Il Pd (8,48) non può scendere
a patti né con Lega, né con M5s.
Rimangono Democratici progressisti e
lista di Piras: ma eventuali
accordi con una parte o con l'altra
sembrano proprio fantascienza. «È
dal 2013 che ad Assemini - questo il
post su Fb di Mario Puddu,
sindaco uscente e coordinatore
regionale di M5s - il movimento non
scende sotto il 40 per cento:
europee, politiche, una fiducia costante
nei nostri confronti».
Per Licheri esiti lusinghieri:
«Molto contenta
del risultato - spiega la candidata
- ora lavoreremo per affrontare il
ballottaggio. Confidavo in una
maggiore affluenza l'obiettivo è
raggiungere e farci conoscere da chi
non ha avuto interesse ad andare
a votare e da chi si è disaffezionato
alla politica. Assemini sta
cambiando: lo stesso risultato di
ieri lo dimostra». Scano in gara:
«Da domani si gioca il secondo tempo
- avverte dai social - e noi
tutti siamo più decisi di prima:
adoriamo le sfide difficili».
La
riscossa del Pd alleato dell'Udc
Il 24
giugno sfida con il centrodestra. Determinanti i voti del M5s
di Tamara PeddiswIGLESIASIglesias
sceglierà tra due giovani candidati
per la poltrona più alta del
municipio. La sfida al ballottaggio è tra
Mauro Usai, 29 anni, segretario
regionale dei giovani democratici e
presidente del consiglio uscente
sostenuto anche dall'Udc e la
consigliera uscente di Cas@iglesias,
Valentina Pistis, 33 anni, a capo
di una coalizione di centro destra
con Riformatori, Forza Italia,
Fratelli di Italia e due liste
civiche. Il primo turno ha visto in
netto vantaggio Usai con 5.727 voti
(solo il Pd ne ha conquistato
2.331) su 3.862 consensi ottenuti
dalla Pistis con il risultato più
rilevante raggiunto dalla lista
Forza Italia, 1.307 voti.
«Abbiamo ottenuto un grande
risultato - dice entusiasta Mauro Usai - ma adesso
con il ballottaggio si ricomincia da
zero, i cittadini dovranno
scegliere tra chi ritengono possa
amministrare meglio, noi abbiamo una
visione della città che non si ferma
alle buche delle strade, ma pensa
a Iglesias come guida del
territorio». Si ricomincia da zero anche per
Valentina Pistis «visto il dato
della poca affluenza ci rivolgiamo a
quei cittadini che non hanno votato
al primo turno, per costruire una
città forte con una coalizione unita
e determinata che vuole attuare
il cambiamento».
La sfida tra i due non può non
tenere conto
dell'importante risultato
conquistato dalla singola lista del
Movimento 5 stelle che è riuscita a
ottenere 2.792 voti. «È un ottimo
traguardo soprattutto perché
Iglesias ha un passato politico
caratterizzato dalla presenza di
alcuni personaggi di spessore che
ancora decidono gli equilibri», ha
detto con soddisfazione il 26enne
Federico Garau scelto dal Movimento
5 stelle per guidare la città. In
vista del secondo turno elettorale
saranno determinanti non solo i
voti dei pentastellati, che si
vocifera potrebbero sostenere Pistis,
ma anche quelli delle due liste
civiche (1.038 voti) che hanno
sostenuto Carlo Murru, direttore
degli ospedali di Iglesias e il
contributo della lista Sinistra
Sarda con la candidata di origine
marocchina Asmaa Oug (299 voti).
L'unico dato negativo che emerge in
queste amministrative è quello
sull'affluenza: 59,13 per cento, sette
punti in meno rispetto a cinque anni
fa. Il pericolo dell'astensione
diventa in genere ancora più reale
al secondo turno che riguarda non
più gli aspiranti consiglieri in
lista, ma il singolo candidato alla
carica di sindaco.
Per il
sindaco Zedda pioggia di insulti sui social
Il primo
cittadino di Cagliari aveva invitato il Governo a fare marcia
indietro.
Boeddu (Cgil): attacco vile
CAGLIARIÈ finito nel tritacarne
spietato dei social subito dopo la
pubblicazione di un post su Facebook
nel quale invitava a rimettere in
ordine le cose: «C'è un senso, un
principio, un sentimento che le
politiche hanno il dovere di
anteporre: l'umanità». Il sindaco di
Cagliari Massimo Zedda ha denunciato
il rischio che «esseri umani e
bambini paghino le conseguenze più
pesanti di scelte irrazionali,
scellerate e demagogiche».
Ecco allora l'invito: «Il governo
autorizzi
l'ingresso della nave in acque
italiane e discuta, nelle sedi
opportune, con l'Europa, le
politiche dell'accoglienza». Apriti cielo.
Gli hanno scritto di tutto.
Centinaia e centinaia di commenti, in
larga parte insulti, del tipo
"vergognati", "fai schifo", "portali a
casa tua", "pensa ai
cagliaritani", "tu e i tuoi amici siete complici
dei trafficanti di esseri
umani", "ci hai riempito di clandestini e
delinquenti", per tralasciare
le parolacce, gli attacchi personali
pesantissimi.
Il post è rimasto lì, le offese
mitigate anche da una
buona dose di "bravo
sindaco", "siamo con te", "la Sardegna apra le
porte". Con il sindaco di
Cagliari si è schierata la Cgil che ha
espresso «piena solidarietà rispetto
agli indecenti attacchi che ha
subito sui social per il suo
doveroso richiamo al governo al senso del
dovere». Il sindacato ha condannato
«con forza l'atteggiamento
disumano di un Governo che non esita
a strumentalizzare il bisogno di
soccorso di persone disperate,
bambini, donne incinte, giovani che
hanno già patito sofferenze
indicibili, e utilizzandolo come mezzo di
pressione verso gli altri Paesi
d'Europa, in violazione dei trattati
internazionali e degli obblighi di
una sana morale ed etica civile».
Durissimo il commento di Arnaldo
Boeddu, segretario generale regionale
della Filt Cgil. Nel manifestare
solidarietà «personale e dell'intero
gruppo dirigente» al sindaco Zedda
per il vile attacco sul web, Boeddu
annuncia l'invio di una lettera ai
sindaci delle città in cui si trova
un porto «chiedendo che non li
chiudano né pregiudichino un eventuale
attracco di imbarcazioni con i
migranti a bordo. Senza si e senza ma,
le persone, di qualsiasi nazionalità
o colore - dice Boeddu - debbono
essere salvate. A loro va data la
possibilità di attraccare in un
porto sicuro con strutture a terra
di prima accoglienza. Questo lo
prevede la nostra Costituzione.
Questo lo prevedono i trattati
internazionali ma, soprattutto, lo
deve prevedere il nostro modo di
stare al mondo». (si. sa.)
Vespa
(Unica 2.0): Cagliari è accogliente e solidale, rifiutiamo la xenofobia
Gli
studenti in piazza: «Porti aperti, basta odio»
«Via, via, via la xenofobia».
«#portiaperti, restiamo umani». Slogan,
t-shirt, baci e megafoni: il
passaparola e l'annuncio sui social ha
funzionato benissimo, gli studenti
di Unica 2.0 in poche ore, ieri
pomeriggio, hanno chiamato a
raccolta - a Cagliari, in piazza Deffenu
al tramonto - trecento persone per
dire “no” alla politica
anti-migranti del nuovo Governo.
C'erano gli studenti universitari e
quelli dei licei, tanti
consiglieri comunali e un paio
regionali, la Cgil, le Acli, l'Arci e
diverse altre associazioni, don
Ettore Cannavera, che ha parlato al
megafono e ricordato il passo del
Vangelo, ero straniero e mi avete
accolto .
«Dopo la marcia degli uomini scalzi
del 2015 siamo di nuovo in piazza
per dire che Cagliari è un porto
aperto e solidale, e non condivide la
politica della paura e della
xenofobia e l'uso di centinaia di vite
umane per un mero calcolo
elettorale», sottolinea Matteo Vespa, il
portavoce del sindacato studentesco.
«In questi ultimi giorni abbiamo
visto due volti dell'Italia: da un
lato chi si vuole chiudere, chi si
basa sul razzismo e l'ignoranza.
Dall'altro, un Paese della speranza,
tanti sindaci che si sono detti
pronti ad accogliere».
Dice Michela Lippi, coordinatrice di
Eureka: «Vogliamo dimostrare che
siamo un Paese solidale, non
soltanto quello dove si vomita odio sui
social».
Nell'Isola il M5S frena I due poli
in lieve ripresa
Cresce il Partito dei sardi, si
risveglia l'Udc. Molto incerti i ballottaggi
Fare pronostici per le Regionali
basandosi sul voto di domenica è
fatica sprecata: gli esiti in
Sardegna sono troppo frastagliati per
trarne vaticini attendibili. Ma
indicano lo stato di salute delle
forze politiche, e allora si può
dire che il Movimento 5Stelle non
sfonda; il Pd riceve segnali
positivi ma anche qualche lezione; il
centrodestra tiene una linea di
galleggiamento che riflette
l'incertezza sulla formula della
coalizione. E centrano buoni
risultati il Partito dei sardi e
l'Udc.
IL M5S Rispetto al trionfo delle
Politiche i pentastellati perdono
voti in tutti i Comuni in cui sono
presenti. Calo lieve (dal 47,9% al
44,8) ad Assemini, dove avevano
vinto nel 2013 con Mario Puddu .
Emorragia grave a Iglesias,
Decimomannu e Macomer: il 4 marzo
ottennero più o meno il 46%, stavolta
si fermano rispettivamente al
20, al 15 e addirittura al 9,5.
«Ma erano contesti molto difficili»,
precisa Puddu, «ed è comunque
positivo che i nostri attivisti si
siano presentati. Ora avremo dei
portavoce nei Consigli comunali, che
potranno fare proposte e
crescere». Ovviamente il primo
cittadino uscente conta di tenere
Assemini con Sabrina Licheri ,
mentre non annovera tra i sindaci M5S
Sebastiano Congiu , vincitore a
Oliena con “Movimentiamo il nostro
futuro”: «Purtroppo la lista non è
stata certificata dallo staff
nazionale, ma erano candidati vicini
alle nostre idee e li guardavamo
con simpatia».
IL PD Assemini è anche il terreno
della disfatta dei democratici:
partito spaccato, il candidato fermo
all'8,5%, ma anche col 6,4 della
lista nata dalla frattura interna si
resta lontani dal 35,6 che porta
al ballottaggio il centrodestra.
Inutile anche il sostegno per Maria
Luisa Muzzu a Macomer.
Nel resto dell'Isola però il Pd ha
buone notizie: a Iglesias è
nettamente in testa con Mauro Usai ,
giovanissima sorpresa di queste
elezioni, simile per certi versi
all'exploit di Massimo Zedda nel
2011. Lo aiuta l'accordo con l'Udc,
come per Daniele Serra a Teulada.
Vince a Cabras e Jerzu, a
Decimomannu conferma alla grande Anna Paola
Marongiu , vicina all'ex assessore
regionaleEliseo Secci . «Iglesias e
Assemini sono i casi tipici», è la
riflessione del segretario Giuseppe
Luigi Cucca , da ieri dimissionario:
«Uniti vinciamo, dove ci si
divide perdiamo».
CENTRODESTRA In Sardegna per ora non
c'è l'effetto Salvini: il simbolo
Lega-Psd'Az appare solo ad Assemini
(col centrodestra e contro il M5S)
e passa dall'11,8% delle Politiche
al 7,8. I ballottaggi daranno il
verdetto sulla coalizione, che è in
corsa in entrambi (anche se con
alleanze diverse) ma sia Antonio
Scano che Valentina Pistis partiranno
in svantaggio.
«Non è il nostro periodo migliore»,
ammette Alessandra Zedda ,
capogruppo di Forza Italia in
Consiglio regionale, «dobbiamo
recuperare gli elettori moderati:
però il voto conferma che FI resiste
e ha ancora da dire. Di certo, la
consacrazione definitiva del binomio
Lega-M5S non c'è stata: in vista
delle Regionali, il centrodestra
unito è ancora vincente». Per il
2019 un altro consigliere azzurro,
Edoardo Tocco , sollecita «scelte
epocali» che vadano «oltre la
classica coalizione».
Spera di vincere i ballottaggi anche
Pietrino Fois , coordinatore dei
Riformatori sardi a cui fa
riferimento Pistis a Iglesias: «La coerenza
e la serietà del nostro lavoro sono
stati premiati», aggiunge Fois, «i
risultati del secondo turno lo
certificheranno».
INDIPENDENTISTI Con Scano ad
Assemini e con Pistis a Iglesias c'era
anche il Partito dei sardi (pur
senza il simbolo, per la linea
congressuale favorevole alle liste
civiche), che col consigliere
regionale Alessandro Unali esprime
il sindaco di Chiaramonti; e
soprattutto festeggia la conferma
del suo Antonio Succu a Macomer,
capace di sfiorare il 48% contro la
lista Muzzu che andava dai Dem a
pezzi del centrodestra. «Continuiamo
a vincere da quattro anni e lo
facciamo senza odiare nessuno»,
commenta il segretario Paolo
Maninchedda sul suo blog,
«costruendo la Nazione sarda».
Nel mondo indipendentista c'è anche
la soddisfazione del leader di
Liberu Pier Franco Devias per
l'elezione della giovane attivistaLaura
Celletti al Consiglio comunale di
Cabras, nella lista del sindaco
Andrea Abis: è la terza
amministratrice di Liberu, dopo il consigliere
Elia Puddu a Tula e l'assessora
Patrizia Gungui a Mamoiada.
CENTRISTI L'Udc invece va al secondo
turno con apparentamenti diversi:
sostiene Usai a Iglesias e Scano ad
Assemini. «Ma abbiamo eletto anche
i sindaci di Maracalagonis e Furtei,
siamo decisivi a Teulada, abbiamo
il più votato nella lista civica
asseminese che è la seconda dopo il
M5S», elenca Giorgio Oppi . «E sento
che potremmo vincere entrambi i
ballottaggi: anche ad Assemini la
partita è aperta».
Giuseppe Meloni
IGLESIAS.
Il Movimento 5 Stelle arriva terzo ma si conferma il primo
partito
della città Pistis e Usai al ballottaggio
Il 24
giugno sarà battaglia tra centrodestra e centrosinistra
Il Movimento 5 Stelle si conferma il
primo partito di Iglesias, ma
perde consensi rispetto alle
politiche di marzo e non arriva neppure
al ballottaggio. Perché la sfida
finale (tra due domeniche, il 24
giugno) per la conquista della
fascia tricolore sarà tra la candidata
del centrodestra e quello del
centrosinistra: Valentina Pistis , 33
anni, impiegata in uno studio legale
e Mauro Usai , 29, presidente del
Consiglio comunale uscente e
segretario regionale dei Giovani
democratici.
VOLTI GIOVANI Comunque vada, una
certezza c'è già: Iglesias sarà
rappresentata da un volto giovane.
Tra i due aspiranti sindaco c'è un
divario di 1865 voti: il vantaggio
del primo turno è per Usai, che ha
ottenuto 5.727 preferenze contro le
3.862 di Pistis. Entrambi hanno la
consapevolezza che ora si deve
giocare un'altra partita. Orientata,
prima ancora che al “corteggiamento”
delle forze escluse dal
ballottaggio, a convincere gli
elettori che non sono andati alle urne
per il primo turno: ben 9.834 su
24.063.
MAURO USAI «Ci aspettano 15 giorni
caldi - riflette Mauro Usai - sono
intenzionato a inaugurare una
maratona del dialogo con la città e,
soprattutto, con il partito più
grande: l'astensionismo. È necessario
- aggiunge il candidato del
centrosinistra - avere la capacità di
intercettare coloro che non sono
andati a votare perché,
evidentemente, disaffezionati alla
politica». Non sono esclusi
tentativi di conquistare la fiducia
delle forze sconfitte dal voto di
domenica: «Con loro vogliamo
parlare, capire le istanze che vorrebbero
portare alla nostra attenzione per
arricchire la nostra offerta
politica».
VALENTINA PISTIS È pronta per quella
che definisce «una bella corsa
fino al 24 giugno» anche Valentina
Pistis: «Quello del primo turno è
stato sicuramente un risultato atteso
e importante. Nessuna delusione,
ma un ringraziamento convinto a
tutti i cittadini che hanno deciso di
darci fiducia».
Per la candidata del centrodestra
non c'è in programma
la ricerca di alleanze con i partiti
e movimenti usciti sconfitti dal
primo turno. «La nostra alleanza
sarà con la città, con i cittadini
che hanno scelto di non votare. A
loro vogliamo principalmente
rivolgerci per farci ascoltare e
cercando di convincerli ad
affiancarci in questo programma
finalizzato alla rinascita di
Iglesias».
VOTO DISGIUNTO La candidata di Forza
Italia, Fratelli d'Italia,
Riformatori, Iglesias in Comune e
Cas@Iglesias (coalizione che, al suo
interno, vede anche ex comunisti e
socialisti) ha ottenuto più voti
dell'alleanza che si è fermata a
3.601. Un divario di ben 261 punti.
La coalizione di Usai, composta da
Pd, Rinnova Iglesias, Il tuo segno
per Iglesias e allargata a Piazza
Sella-Udc, al contrario, ha
conquistato più elettori del
candidato a sindaco: 5.765, con uno
scarto di 38 voti.
Effetto del voto disgiunto che
permette di
scegliere il candidato a sindaco di
una coalizione e, allo stesso
tempo, dare la preferenza ai
consiglieri di una avversaria. Una
possibilità che gli iglesienti hanno
sfruttato appieno. Lo confermano
anche i risultati degli altri
candidati.
Il ventiseienne Federico
Garau , in corsa con il Movimento 5
stelle, è andato al di sopra dei
voti della sua lista: 2792 contro
2494. Anche Carlo Murru , 54 anni,
sostenuto dalle civiche Progetto per
Iglesias e Iglesias Risorge, ha
ottenuto più voti: 1038 contro 968.
E Asmaa Oug è stata votata da 299
elettori, mentre la sua lista
(Sinistra sarda) 257.
PRIMO FORZA Federico Garau (M5S)
parla di «un risultato grandissimo».
E lo motiva così: «Intanto saremo
presenti in Consiglio e ci
confermiamo la prima forza in città.
Inoltre i sentimenti nei nostri
confronti sono passati da una sorta
di tenerezza iniziale alla paura:
è innegabile che a Iglesias esista
una tradizione di forze e
personaggi veterani della politica
che hanno fatto ricorso alle
ammucchiate per cercare di
contrastarci».
Per il ballottaggio nulla è
deciso. Carlo Murru (Progetto per
Iglesias e Iglesias Risorge) dice:
«Andremo a vedere chi ha il miglior
programma e decideremo. Sappiamo
che i nostri voti sono molto ambiti
in quanto reali e non d'opinione:
speravo in un risultato diverso ma
mi rendo conto che Iglesias è
ancora troppo avviluppata a
politiche vecchie». Il telefono di Asmaa
Oug, ieri, ha squillato a vuoto.
Cinzia Simbula
Assemini,
la donna delle stelle sfida l'uomo del centrodestra
Al ballottaggio
la grillina Sabrina Licheri e la coalizione di Antonio Scano
ASSEMINI Si torna alle urne. Il
futuro sindaco di Assemini si deciderà
tra due settimane con la sfida
diretta tra la pentastellata Sabrina
Licheri - che al primo turno ha
sfiorato il 45 per cento dei voti
(4.983) - e Antonio Scano, leader
della coalizione di centrodestra che
si è fermato poco oltre il 35 per
cento (3.962 preferenze). Tagliati
fuori dalla corsa alla poltrona più
alta del Municipio il candidato
del Pd Francesco Lecis con l'8,5 per
cento (945), il dissidente dem
Francesco Consalvo che ha
conquistato il 6,4 per cento con 716 schede
e, fanalino di coda, l'ex grillina
Irene Piras ferma al 4,7 per cento
(528 voti).
GIOCHI DI SQUADRA In quello che si
riconferma un vero feudo grillino e
dove l'affluenza non è andata oltre
il 50,05 per cento, la campagna
elettorale ricomincerà già oggi
perché quelli che verranno saranno
giorni decisivi: i componenti delle
liste si ritroveranno per
analizzare i risultati e stabilire
una strategia in vista del
ballottaggio. E la domanda è: gli
sconfitti appoggeranno l'uno o
l'altro o resteranno neutrali?
Mentre il Movimento Cinque Stelle
continuerà a ballare da solo («Noi
non cercheremo alleanze al di fuori
di quella con i cittadini» assicura
Mario Puddu), c'è chi ipotizza che
il centrosinistra offra una
stampella alla grande alleanza che
riunisce Forza Italia, Fratelli
d'Italia, Riformatori, Lega e Psd'Az e
Proposta civica. «È troppo presto
per fare questo tipo di ragionamenti
- spiega Antonio Scano al termine di
una notte insonne passata a
contare schede -. Ora dovremo fare
il punto e analizzare i voti. Sul
risultato ottenuto devo dire che si
poteva fare di più e in vista del
ballottaggio penso che farcela sia
possibile». Parole prudenti prima
di andare a dormire.
Intorno a mezzogiorno il circolo
Arci che espone i manifesti con il
volto di Francesco Consalvo è ancora
operativo: escluso qualunque tipo
di appoggio ufficiale a una delle
parti ancora in corsa. Da parte sua,
il partito democratico prende tempo.
Francesco Lilliu, segretario
provinciale, è intervenuto sulle
consultazioni asseminesi prima ancora
della chiusura delle liste - e della
conseguente scissione interna al
partito - ribadendo il proprio
sostegno al segretario cittadino
Antonio Caddeo. Fiducia riconfermata
a poche ore dallo spoglio. «Piena
autonomia al direttivo che si
riunirà nei prossimi giorni.
Credo sia
difficile ipotizzare un sostegno ad
Antonio Scano, immagino che il
partito lascerà piena libertà ai
propri iscritti di valutare secondo
coscienza». E poi, anche a voler
giocare con i numeri, ipotizzando un
impraticabile travaso di voti e una
semplice somma algebrica, in base
ai risultati di domenica il Pd non
basterebbe al consulente del lavoro
per mandare a casa i grillini
dell'uscente Mario Puddu. «Quel che si
può dire è che se non ci fosse stata
la scissione e con una coalizione
di centrosinistra nella quale far
confluire anche l'ex grillina
avremmo offerto un'alternativa più
credibile agli elettori» conclude
Lilliu.
I NUMERI Sul fronte stellato quella
di domenica non può che essere una
promozione all'amministrazione in
scadenza. Nel 2013 Mario Puddu venne
eletto al ballottaggio (6.884 voti
per il 68,84 per cento), ma al
primo turno (tra undici aspiranti
sindaci) collezionò il 21,18 per
cento con 2.557 preferenze. Sabrina
Licheri, attuale presidentessa del
Consiglio comunale, ha quasi
raddoppiato quel tesoretto di voti in una
tornata elettorale che, in campo
nazionale, ha visto il Movimento
perdere buona fetta dei consensi
raccolti alle Politiche dello scorso
4 marzo. Nel resto d'Italia ma non
qui.
Assemini si conferma
roccaforte dei grillini e non è un
caso che il consigliere comunale
più votato in assoluto appartenga
proprio alla lista di Sabrina
Licheri: Ivano Melis, quarantottenne
gioielliere e attivista della
prima ora, ha portato a casa 546
voti, più dell'intera lista dell'ex
compagna Irene Piras. «Sono molto
contenta, mi dispiace per
l'affluenza perché contavo su una
maggiore partecipazione. Per un
attimo abbiamo anche sperato nel
grande risultato al primo turno.
Iniziamo a lavorare subito per
raggiungere i cittadini che non sono
andati a votare, perché
evidentemente c'è ancora qualcuno che non ha
fiducia nella politica, proveremo a
convincerlo della bontà della
nostra proposta» spiega Licheri.
LA LEGA Da sottolineare poi anche la
grande affezione degli asseminesi
alla bandiera della Lega. La lista
che ha riunito i simboli di Psd'Az
e Carroccio ha totalizzato 850
preferenze, ben 203 in più rispetto a
quella di Forza Italia. Un successo
annunciato tre mesi fa quando al
proporzionale per l'elezione della
Camera dei deputati la Lega prese
1.600 voti che le valsero l'11,8 per
cento del totale.
La nuova chiamata alle urne è
fissata per domenica 24.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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