La Nuova
Sardegna
Il Pd ora
è a rischio di implosione Duello Martina-Calenda sul dopo Il reggente è per una
nuova coalizione con perno i Dem, l'ex ministro vuole tabula rasa per
ricostruire. I renziani attaccano: «Elezioni perse anche senza Matteo». Franceschini
accelera sul congresso subito
di Serenella Mattera
Di rosso in Toscana è rimasta una
macchia. La trincea dei sindaci non regge all'onda lunga del 4 marzo e perde 33
Comuni su 76. «Il Pd c'è, esiste», si sgolano dal Nazareno all'indomani dei
ballottaggi. Il primo turno delle amministrative faceva sperare si potesse reggere,
ma il crollo di Pisa, Siena, Massa, Imola, trascina via tutto. Mai come ora, il
futuro è un'incognita. «Andare oltre il Pd. Subito!», twitta all'alba Carlo
Calenda, che lancia per settembre una costituente antisovranista.
Ma nel Pd cresce il fronte per il
congresso subito. E Maurizio Martina frena Calenda: «Bisogna ricostruire il
centrosinistra con il partito democratico al centro. Cambiare persone e idee».
La fibrillazione tra i Dem per quella che secondo Calenda è una conclamata
«irrilevanza», emerge nelle dichiarazioni post voto. I renziani, come il
capogruppo al Senato Andrea Marcucci, rinfacciano a chi, a partire dai
territori, ha chiesto a Matteo Renzi di non farsi vedere in campagna
elettorale, che «si perde anche senza Renzi». «No ai capri espiatori», ribatte
il «non renziano» Luigi Zanda, che chiama alle proprie responsabilità chi ha
perso «tutte le elezioni dal 2014».
Mentre Matteo Orfini punta il dito
contro «ex premier e ministri», da Paolo Gentiloni a Carlo Calenda, che
si sono spesi in campagna elettorale e non hanno ribaltato il risultato. «Oltre
il Pd c'è solo la destra», dice ancora Orfini, riecheggiando una vecchia frase
di D'Alema. Calenda, che chiede ai dirigenti Pd di far largo a sindaci come
l'ex M5s Pizzarotti, lo accusa di «presunzione». Volano stracci.
Tace Paolo Gentiloni, a cui molti
tra i Dem chiedono di prendere la guida del partito ricevendo un gentile no in
risposta. Tacciono per ora i padri nobili Walter Veltroni e Romano Prodi, su
cui molti sperano per un nuovo slancio ulivista. E tace Renzi, che è a Londra per
proseguire il suo tour all'estero: in Ue sta lavorando per un asse tra En
Marche di Macron, i Ciudadanos di Rivera e i socialisti, in vista delle
europee. Ma l'idea di un partito macroniano sembra accantonata, sulle macerie
di una sconfitta.
Chi parla, pronuncia intanto parole
di fuoco. «Si è chiuso un ciclo storico», dice Nicola Zingaretti, candidato in
pectore al congresso Dem. Quel congresso nelle ultime settimane si era pensato
di rinviarlo: sopire le tensioni, eleggere Martina segretario nell'assemblea
che sarà convocata per il 7 o al più tardi il 14 luglio, ed eleggere il nuovo leader
dopo le europee del prossimo anno. Ma la scossa dei ballottaggi, che trascina
il Pd ancora più giù, convince tanti tra i Dem che si debba reagire, non
procrastinare.
«Congresso subito», dice in serata
Area Dem, che fa capo a Dario Franceschini ed è in grado di spostare gli
equilibri in assemblea. Lo dice un deputato gentiloniano come Roberto
Giachetti, che invoca una «nuova classe dirigente». I renziani, che non hanno
un candidato, si dicono disponibili al congresso, purché sia «vero».
La scelta
del segretario il Pd alla stretta finale
L'assemblea
regionale decisiva sarà convocata ad Abbasanta il 2 o il 9 luglio
L'accordo
tra le correnti ci sarebbe già. Si fa largo il nome dell'ex
deputato
Cani
Il nuovo segretario del Pd sarà
eletto di lunedì. Sono due le date
possibili: 2 o 9 luglio. Dove?
L'assemblea regionale del partito
dovrebbe essere convocata ad
Abbasanta, ma anche Tramatza è ancora in
corsa. Al di là della logistica, la
domanda è questa: chi sarà il
successore del dimissionario
Giuseppe Luigi Cucca? Un nome comincia a
circolare ed è quello dell'ex
deputato Emanuele Cani, che a marzo non
è stato rieletto. A proporlo sarebbe
stata la corrente dei
popolari-riformisti dell'area
Fadda-Cabras, renziani ed ex Diesse
avrebbero dato già il via libera.
Basterebbero queste tre componenti a
garantire al prossimo segretario una
maggioranza robusta, è la stessa
che un anno fa ha eletto Cucca, però
c'è un tentativo per far sì che
l'elezione sia all'unanimità o
quasi. Da convincere ci sono ancora i
soriani, che continuano, soprattutto
con il loro leader, a puntare a
un congresso straordinario prima
delle Regionali del 2019. In questi
ultimi giorni però qualcosa
d'importante s'è mosso anche sul quel
fronte. A essere determinante per
smussare gli spigoli sarebbe stato
un documento politico preparato a
più mani e in cui ci sarebbero gran
parte delle parole chiave per far
rinascere il Pd. Si sa per esempio
che subito dopo le elezioni regionali
il congresso ci sarà comunque.
Ma nel frattempo le trattative con
gli altri partiti della possibile
coalizione di centrosinistra saranno
portate avanti non solo dal
segretario ma anche da «una
segreteria molto ampia e autorevole». Poi,
a proposito di alleanze, «c'è la
volontà del partito ad andare oltre
gli attuali confini della coalizione
che ha vinto le elezioni nel
201». Infine, nello stesso
documento, ci sarebbe per tutti la garanzia
che «se ci fossero più candidature
per il posto di governatore,
saranno organizzate entro ottobre,
massimo a novembre, le primarie di
coalizione».
In questi giorni che mancano a una
delle due date utili
per la convocazione dell'assemblea
regionale, molti dettaglia dovranno
essere messi a punto fino al
particolare. Soprattutto uno: per la
segreteria c'è da tempo
l'autocandidatura dell'indipendente Dolores
Lai: resisterà, oppure no? (ua)
Puddu:
ora le regionali. Pigliaru: rinnoviamoci
Le
reazioni di vincitori e sconfitti. Cappellacci, Fi, non perde
l'ottimismo:
siamo sulla strada giusta
SASSARII due ballottaggi hanno
riscaldato il clima politico nell'isola
e le reazioni sono arrivate dalle
parti che si contendevano il
successo ma anche da chi, in questo
caso era solo un osservatore
interessato. Il più entusiasta è
naturalmente Mario Puddu, ex sindaco
di Assemini: «È stata una bella
soddisfazione, temevo un contraccolpo
dopo la scelta di non ricandidarmi e
invece il lavoro del Movimento 5
Stelle e di Sabrina Licheri ha
convinto gli elettori, nonostante fosse
arrivato anche un ministro a
sostenere il nostro avversario. Adesso
lavoriamo in vista delle Regionali».
Secondo il presidente della
Regione Francesco Pigliaru «le
elezioni comunali e soprattutto la
vittoria del centrosinistra ad
Iglesias dimostrano ancora una volta
che nella nostra coalizione c'è
bisogno di rinnovamento, nelle idee e
nelle persone. Oggi più che mai, le
due cose devono andare insieme.
Abbiamo bisogno di capire cosa stia
succedendo nel centrosinistra e
cosa dobbiamo dire ai nostri
elettori, ma anche a chi ha smesso di
votarci. E naturalmente abbiamo
bisogno, in questo dibattito, di forze
nuove, che sappiano portare idee e
interpretarle».
La deputata dem
Romina Mura è fiduciosa: «La
vittoria a Iglesias è aria nuova per un
Partito democratico, in Sardegna
come a livello nazionale, a corto di
ossigeno. Per il resto continuano a
vincere Salvini, Cinque stelle e
anche l'astensione. Noi progressisti
dobbiamo costruire una rinnovata
visione di società in cui sia più
evidente la nostra determinazione
nel combattere le disuguaglianze».
Paolo Maninchedda, segretario del
Partito dei Sardi, immagina il
futuro: «Oggi nessun partito nazionale
italiano può considerarsi
autosufficiente per vincere le prossime
elezioni sarde, mentre sicuramente
una grande alleanza di partiti
costruita sugli interessi nazionali
dei sardi vincerebbe le elezioni.
Nella competizione virtuale dei
modelli di alleanze, gli schemi
tradizionali Centrodestra,
Centrosinistra, Cinquestelle, sono incerti.
Invece la Convergenza nazionale che
noi proponiamo ha molte chance in
più».
Anche il deputato di Forza Italia
Ugo Cappellacci, nonostante la
doppia sconfitta, è convinto di
essere sulla strada giusta: « Adesso
dobbiamo ritornare sul territorio
per proporre il rinnovamento che
deve proseguire. E infatti abbiamo
avviato una nuova campagna per i
tesseramenti e una fase congressuale
per l'elezione di chi
rappresenterà Forza Italia nei
territori».
LO
SCHIAFFO DI PUDDU AL CENTRODESTRA
di LUCA
ROJCH
Le amministrative sono la tappa
intermedia, l'ultimo step prima della
grande corsa. Certo un test
ristretto, ma con qualche piccolo spunto
di riflessione. La ruspa salviniana
si è ingolfata. E non spiana la
strada alla vittoria del
centrodestra. I dati dei due ballottaggi
nell'isola, Assemini e Iglesias,
dànno qualche indicazione. Sarebbe
eccessivo vedere in questi risultati
una verità assoluta. Non sono la
pietra su cui costruire la casa
della verità. Ma una linea la
tracciano. La roccaforte stellata
resta nelle mani del Movimento.
Assemini è ancora un feudo grillino.
Mario Puddu ha governato bene in
questi 5 anni.
E per i 5 Stelle, mai troppo
travolgenti alle
amministrative, è un risultato
pesante. Per prima cosa il Movimento
rinforza la sua corsa verso le
Regionali. Si rafforza anche la
candidatura di Puddu a governatore.
Nel bombardamento giallo che ha
portato l'M5s a essere il primo
partito alle Politiche del 4 marzo
Puddu ci ha messo la faccia. Più di
tutti. Non solo come coordinatore
è andato alla caccia di volti
credibili per il Movimento, ma ha
guidato la campagna di Sardegna
senza mai nascondersi. L'abbraccio di
governo con Salvini nell'isola
sembra avere fatto più male alla Lega
che ai 5 Stelle. Il centrodestra non
sfonda e perde ai ballottaggi.
Forza Italia non si è ancora
ritrovata.
Il cerone di un accordo tra le
diverse anime del partito, non
nasconde le rughe profonde di un
partito che non trova un leader. Gli
azzurri, sempre più pallidi,
rischiano di scomparire. Si discute
su quale possibile leader
lanciare, non su coalizione e
contenuti. E uno dei possibili
candidati, il senatore Christian
Solinas, Psd'Az, sarebbe un ulteriore
schiaffo della Lega a Forza
Italia.Il leader del Partito dei sardi,
Paolo Maninchedda, sostiene che la
divisone tra centrodestra e
centrosinistra non garantisce la
governabilità e una vittoria limpida.
E forse ha ragione lui.
Ma è difficile pensare a un futuro
da alleati
tra partiti che non riescono a
trovare il dialogo neanche al loro
interno. Neanche quando rischiano di
estinguersi come dinosauri
minacciati dai meteoriti
gialloverdi. Il Pd sarà capace di farsi
sfuggire anche questa ultima
ciambella di salvataggio. La vittoria a
Iglesias con Marco Usai, 29 anni, è
un segnale preciso. Gli elettori
potrebbero tornare a dare fiducia ai
Dem, ma solo dopo uno tsunami
interno. Un cambio radicale.
La catarsi collettiva non ci sarà,
neanche dopo il 32esimo incontro ad
Abbasanta alla ricerca di un
accordo. Le tre correnti riusciranno
ad alambiccare un candidato
segretario. Un perfetto
equilibrista, una ballerina sulle punte. E
anche se il partito Democratico
rischia di subire il tracollo alle
prossime regionali la rivoluzione
per loro può attendere. @LucaRojch@
Unione
Sarda
Dem
sardi: ora la svolta FI: via al tesseramento
Il
bilancio dopo il ballottaggio a Iglesias e Assemini
Pd e 5 Stelle festeggiano, il
centrodestra incassa la sconfitta ma
rilancia con l'avvio di una campagna
di tesseramenti. Con i
democratici battuti quasi ovunque, i
grillini costretti a cedere
terreno e Lega, Forza Italia e FdI
che sfondano, i ballottaggi di
Iglesias e Assemini registrano
risultati in controtendenza. Lo sanno
bene i vertici dei partiti. «A
Iglesias - dice il capogruppo dem in
Consiglio regionale Pietro Cocco -
abbiamo ottenuto un ottimo
risultato visto il clima generale.
Ora il Pd si deve dare una mossa,
riorganizzarsi al più presto con una
nuova classe dirigente».
Secondo la deputata Romina Mura «la
vittoria di Usai è aria buona per
un Partito democratico a corto di
ossigeno». Ma per il resto, «non ci
siamo, di noi si percepiscono solo
la dialettica interna volta a
mantenere equilibri, non si capisce
utili a chi e a cosa». Per
Francesco Pigliaru, «le comunali
dimostrano che c'è bisogno di
rinnovamento, nelle idee e nelle
persone. Abbiamo bisogno di capire
cosa succede nel centrosinistra,
cosa dobbiamo dire ai nostri elettori
e a chi non ci vota più». Ad
Assemini, roccaforte pentastellata della
prima ora, i cittadini hanno scelto
ancora 5 Stelle. Ora il sindaco
uscente Mario Puddu è più che mai il
probabile candidato governatore
per le regionali di febbraio.
Anche se lui è prudente: «Da oggi
non ho
più ruoli istituzionali, potrò
iniziare a lavorare in vista delle
regionali, ma in quale ruolo lo si
vedrà cammin facendo». Quanto ad
Assemini, «la lascio in ottime
mani». Licheri ha staccato il candidato
del centrodestra, Antonio Scano,
meglio è andata Valentina Pistis a
Iglesias. Cosa è successo? «Abbiamo
sostenuto candidati che
rappresentavano un rinnovamento vero
- spiega il coordinatore
regionale di Forza Italia, Ugo
Cappellacci - questo ci ha portato a
due ballottaggi, ma abbiamo perso».
Ora, però, «la strada del
rinnovamento deve proseguire,
dobbiamo essere presenti nelle case
della nostra isola, vicini ai nostri
amministratori con una proposta
politica che parta dalle comunità».
Ecco perché, «avvieremo una nuova
campagna per i tesseramenti e una
fase congressuale per l'elezione di
figure che rappresenteranno Forza
Italia nei territori per costruire
l'alternativa a cinque anni di nulla
del centro-sinistra».
Roberto Murgia
«Ora si
cambia», e il Pd si spacca - Calenda a Martina: progetto più
aperto.
Di Battista: siete morti Salvini: più la sinistra ci insulta più vinciamo. Ma
Berlusconi gela Toti sul partito unico
ROMA «Ripensare tutto: linguaggio,
idee, persone, organizzazione.
Allargare e coinvolgere su un nuovo
manifesto. Andare oltre il Pd.
Subito! #fronterepubblicano».
Nel Day After della disfatta del Pd
nelle roccaforti di Emilia e
Toscana, il tweet dell'ex ministro
allo sviluppo economico Carlo
Calenda risuona come una sirena che
come un cinguettio. Non tanto per
l'invito al rinnovamento, ccondiviso
un po' da tutti i Dem che hanno
voglia di commentare le
amministrative, quanto per l'hashtag: fronte
repubblicano significa dialogare con
Berlusconi in funzione
antipopulismo.
«BASTA RENZISMO» È esattamente il
contrario di quel che dice il
deputato Francesco Boccia, già
presidente della commisisone Bilancio,
che invita a chiudere col renzismo e
a rilanciare la coalizione di
centrosinistra: «Il Pd era ed è il
perno del centrosinistra unito.
Averlo scientemente scomposto ha
determinato questo disastro. Non a
caso nelle regioni in cui il
centrosinistra largo è stato difeso
abbiamo vinto ovunque. Il caso
Puglia è emblematico: 10 a 1 per il
centrosinistra».
«CAMBIAMO TUTTO» E al “frontista”
Calenda replica anche un altro
deputato Dem, Andrea Romano, che con
l'ex ministro condivide la
provenienza dal partito di Monti
Scelta Civica: «Non credo si debba
“superare” il Pd, scioglierlo
sarebbe precipitoso ed autolesionista.
Non credo sia realistico immaginare
un altro partito: semmai
bisognerebbe allargare il Pd in
questo momento, non archiviarlo».
Fronte ampio, centrosinistra
ristrutturato o Pd allargato, di fatto
«dobbiamo riscrivere il nostro
progetto dalle fondamenta», ammette su
Facebook il reggente Maurizio
Martina, che avverte: «Dobbiamo scrivere
una pagina nuova per il nostro
impegno. Cambiare tutti. Riconoscere
gli errori per non rifarli».
«COMPARSE BORGHESI» L'alternativa è
rassegnarsi alla diagnosi di un
volto simbolo del M5S come
Alessandro Di Battista: «Il Pd è morto. Ad
ucciderlo non sono stati i
Franceschini, le Boschi, i Renzi o i
Gentiloni. Costoro sono “comparse”
già finite nell'oblio. Ad ucciderlo
è stato l'atteggiamento
profondamente “borghese” ed anti-popolare che
ha dimostrato in questi anni.
Pensavano di cavarsela con qualche
diritto civile. Quante volte li
abbiamo sentiti dire: “ma noi abbiamo
fatto le unioni civili”, etc, etc.
Sia chiaro, io reputo i diritti
civili fondamentali ma oggi servono
più che mai quelli economici e
sociali».
«L'INSULTO CI RAFFORZA» Ne ha per il
Pd anche il leader leghista
Matteo Salvini, che tra Siena, Pisa,
Massa e altri centri ha vinto
molte sfide contro i Dem e a Terni
ha sconfitto proprio gli alleati di
governo pentastellati. «Ieri mi sono
addormentato con gioia - ha detto
- perché i sacrifici fatti in tanti
anni hanno portato a risultati
sorprendenti in alcuni comuni
amministrati dalla sinistra da
settant'anni». I ballottaggi
dimostrano che «più la sinistra insulta e
spara menzogne più la gente ci
apprezza, e che queste prime settimane
di governo sono state percepite
positivamente».
Forza Italia intanto guarda con
sospetto al rafforzarsi dell'alleato
leghista e gli ricorda che nessuna
componente del centrodestra da sola
è autosufficiente.
GELO AD ARCORE A dirlo è Berlusconi,
che dopo settimane di silenzio
interviene e bacchetta Giovanni
Toti, che in un'intervista sfida il
fondatore di Forza Italia e si
candida «per una profonda
ristrutturazione».
L'idea fa infuriare Berlusconi, che
da tempo vede con ostilità il
feeling con la Lega del governatore
ligure, fra i sostenitori del
partito unico del centrodestra a
trazione salviniana. Il ragionamento
che circola ad Arcore è chiaro:
impensabile che si possa dare fiato
alle trombe mentre gli italiani
vengono chiamati al voto e, così
facendo, favorire la Lega.
L'intervista dicenta una mossa «non
gradita» che, secondo alcuni,
serviva coprire la disfatta, cioè la
vittoria di Claudio Scajola a
Imperia, territorio del presidente
ligure. Nella sua analisi del voto
che «chiude una lunga stagione
elettorale cominciata il 4 marzo»,
Berlusconi fissa il primo paletto:
«Quello che vince è un centro-destra
plurale». Insomma, l'ipotesi che
FI finisca in un unico partito, col
Carroccio e FdI, è da escludere.
IGLESIAS.
Primo giorno in comune per il neo sindaco dopo la vittoria elettorale
Mauro
Usai, il Pd e l'Europa:n«Pronto a lavorare per la città»
IGLESIAS Il suo partito è uscito dal
ballottaggio accusando a livello
nazionale un'altra pesantissima
emorragia di voti. Mauro Usai, neo
sindaco di Iglesias è uno dei pochi
tra militanti e attivisti del Pd
che ha qualche motivo per sorridere.
«Mi dimetterò da segretario dei
giovani democratici - commenta - mi
occuperò soltanto di Iglesias».
Guarda con attenzione (e con
apprensione) a quanto sta accadendo nel
partito. «Il Pd può rinascere -
sottolinea - solo se decide di
rappresentare i deboli di questo
Paese.
Non credo al partito della
nazione. Quando Renzi parlava di
rottamazione mi veniva l'orticaria.
Bisogna puntare sulle politiche per
il lavoro. Dobbiamo saper parlare
alle imprese». Dopo una notte di
festeggiamenti culminata con un
comizio improvvisato davanti al
portone del Comune in piazza
Municipio, ieri mattina Mauro Usai
si è presentato nell'ufficio
direzionale del Comune in via Isonzo
per il primo giorno di lavoro.
IN COMUNE «Non bisogna perdere tempo
- afferma il sindaco - abbiamo un
programma per i primi cento giorni.
Tante cose da fare, tanti progetti
da realizzare. In primo luogo
istituiremo lo Sportello Europa. Si
occuperà dei fondi Ue e di tutte le
altre iniziative che vedranno il
Comune confrontarsi con le
istituzioni comunitarie. Avremo un occhio
di riguardo per le famiglie povere e
le persone in difficoltà».
L'elenco delle cose da fare è
lunghissimo. In primo luogo la nuova
amministrazione comunale dovrà fare
i conti con l'emergenza-sanità,
uno dei temi più dibattuti durante
la campagna elettorale appena
conclusa. Resta da approvare anche
il piano urbanistico, un
provvedimento che la città aspetta
da quarant'anni.
LA CHIESA Il neo sindaco intanto
incassa le congratulazioni da parte
di don Giorgio Fois, attivissimo
parroco della chiesa di San Pio X a
Serra Perdosa. Il sacerdote si
rivolge anche a tutti i nuovi
amministratori: «Amate la vostra
città e spendete con passione le
vostre energie. Costruite ponti di
speranza per tutti. Buon lavoro».
LA NUOVA GIUNTA «Tra qualche giorno
sarà definita anche la nuova
Giunta», dice il primo cittadino.
Rispetto a Valentina Pistis, che
aveva annunciato tutti gli assessori
nell'ultimo giorno di campagna
elettorale, Mauro Usai non si è
sbilanciato. E non si lascia andare
nemmeno all'indomani della vittoria.
«Posso solo dire che sarà una
Giunta politica, l'assessore è un
politico per definizione», afferma.
Per ora niente nomi, anche se negli
ambienti politici cittadini
filtrano già le prime indiscrezioni,
in particolare sul nome del
prossimo presidente del Consiglio,
cioè il successore dello stesso
Usai. In pole position ci sarebbe
Ignazio Mocci, eletto nella lista
Piazza Sella con 449 preferenze,
secondo solo a Francesco Melis (Pd)
che ha ottenuto 476 voti. Mocci
approda in Consiglio insieme a
Eleonora Deidda, Vito Didaci e
Nicola Concas. I quattro rappresentano
l'Udc, che dopo l'alleanza con il
centrosinistra, punterebbe le sue
attenzioni sull'assessorato
all'Urbanistica.
Ma anche nel partito di
Giorgio Oppi, artefice dell'accordo
elettorale con il Pd, per il
momento nessuno rilascia
dichiarazioni. Il sindaco nei giorni scorsi,
parlando con alcuni sostenitori,
avrebbe detto che in Giunta
potrebbero trovare posto anche
alcuni candidati non eletti in
Consiglio, ma considerati dal primo
cittadino con le carte in regola
per ricoprire il ruolo di assessore.
LA RIMONTA MANCATA Ha conquistato
1.348 voti in più rispetto al primo
turno, ma non è bastato per
raggiungere e superare Mauro Usai. Con
altri 455 consensi Valentina Pistis
avrebbe conquistato la vittoria.
Il neo sindaco, invece, rispetto a
due settimane fa nel ballottaggio,
ha lasciato qualche consenso per
strada passando da 5.728 a 5.687
voti. I due contendenti hanno fatto
i conti con un'astensione da
record. Ha votato il 46,51 per cento
degli aventi diritto rispetto al
59,13 per cento del primo turno.
Il numero degli elettori è passato
da
14.229 a 11.192: 3037 in meno
rispetto al 10 giugno. «Ha vinto
l'astensionismo», ha detto Valentina
Pistis pochi minuti dopo la
conclusione dello scrutinio. Poi la
leader del centrodestra ha
ringraziato candidati e sostenitori
prima di archiviare una nottata
difficile da dimenticare. Come del
resto tutta la campagna elettorale,
una maratona iniziata nel dicembre
scorso.
LE REAZIONI Ieri Valentina Pistis
non ha voluto rilasciare
dichiarazioni. Si è limitata a un
post su Facebook. «Il risultato -
scrive - è la somma dei voti delle
donne e degli uomini liberi, senza
condizionamenti. Lo straordinario
lavoro fatto è l'inizio di un
percorso di crescita, dedizione e
amore per la città. Noi ci siamo e
ci saremo. Grazie».
«Assemini
sarà un posto migliore»
Al
ballottaggio gli elettori confermano la fiducia al Movimento. Ma il
59% si è
astenuto La promessa della nuova sindaca pentastellata Sabrina Licheri
ASSEMINI
La prima giornata da sindaca per
Sabrina Licheri è andata più o meno
così: in tanti l'hanno fermata per
un abbraccio, per farle gli auguri
o metterle tra le mani un mazzo di
girasoli. Qualcun altro le ha
inviato un messaggio per
complimentarsi del lavoro fatto. Tra questi
Davide Casaleggio, «che mi ha commosso».
La consulente del lavoro
grillina ha totalizzato il 59,3% dei
voti con 5.482 schede (contro il
40,7 dello sfidante Antonio Scano) e
raccolto la pesante eredità del
sindaco uscente Mario Puddu.
Sindaca Licheri, cosa succederà
adesso?
«Che iniziamo subito a lavorare. Ho
una squadra carica di energia, non
vediamo l'ora. Ci sono tantissimi
progetti».
Domenica 5.482 persone l'hanno
votata. Significa che 18 mila non lo hanno fatto.
«Chi aveva le idee chiare è andato a
votare e ha scelto il Movimento 5
Stelle. Il mio impegno è quello di
raggiungere tutti per far conoscere
loro quanto abbiamo intenzione di
fare e far capire a chi non vive a
pieno la città tutto quello che può
offrire».
Hanno scelto lei o il Movimento?
«Hanno votato il Movimento
rappresentato da Sabrina Licheri».
La Giunta non si cambia?
«Sarà una scelta condivisa, io
vorrei che facessero parte della mia
squadra gli uscenti Diego Corrias,
Gianluca Mandas e Gianluca di Gioia
per il supporto che mi hanno dato».
L'agenda dettata dai cittadini:
appalto rifiuti, quando e come?
«Subito. Ce ne occuperemo nelle
prossime settimane. L'obiettivo è la
tariffazione puntuale e la riduzione
della Tari per le famiglie».
Riqualificazione delle aree
abbandonate e dei sottopassaggi, quando e come?
«La settimana prossima inizieremo da
via Coghe dove sarà realizzata
una rampa pedonale, ma vorrei prima
un incontro con i cittadini».
Opere pubbliche.
«Abbiamo dimostrato di saper
realizzare le opere con grande velocità:
40 in cinque anni e altre nove già
cantierabili».
Asfalto.
«Ci affideremo a una società che si
occuperà della manutenzione
costante delle strade per mantenere
quanto fatto. Ci sono 300 mila
euro all'anno già disponibili».
Come favorirete l'occupazione?
«Aiutando le imprese e dando loro
supporto, per esempio, con lo
sportello Europa, facendo corsi di
formazione gratuiti, come abbiamo
già fatto».
Concorsi per assunzioni in Comune?
«No, ce n'è stato uno da poco»
Chi è Sabrina Licheri?
«Una cittadina prestata alla
politica che in questi cinque anni ha
imparato tanto e vuole mettere
queste competenze al servizio di una
nuova esperienza».
Mai stata indagata?
«Mai».
Titolo di studio?
«Diploma di ragioniera».
Da quando è iscritta al Movimento?
«Dal 2013 quando è iniziata
l'esperienza con Mario Puddu».
Ha mai fatto politica prima di
allora?
«Mai».
Gli avversari l'hanno chiamata per
farle gli auguri?
«Antonio Scano mi ha chiamato a
mezzanotte e otto minuti e ha
assicurato che la sua sarà
un'opposizione costruttiva».
A chi deve dire grazie?
«A Mario sicuramente, perché nel
2013 è stato lui a chiedermi di far
parte del gruppo. Al Movimento che
ha creduto in me e a tutti
cittadini che ci hanno confermato la
fiducia».
Qualcuno nel Movimento vorrebbe
essere al suo posto?
«C'erano state delle candidature. Ma
io non mi sono proposta, il mio
nome è stato fatto dall'associazione
all'unanimità».
Come sarà Assemini tra cinque anni?
«Sarà più sostenibile, continueremo
a sviluppare il progetto delle
piste ciclabili, delle aree verdi e
le persone capiranno che questo è
un posto in cui si può vivere bene».
Legge
elettorale, nuovo ricorso: «Arriveremo sino alla Consulta»
L'avvocato
che ha affossato il “Porcellum” annuncia battaglia contro
il
sistema sardo
L'intesa politica per riformare la
legge elettorale sarda è saltata
più di due mesi fa. «Il Consiglio
regionale», aveva detto il
presidente Gianfranco Ganau, «non ha
il tempo di elaborare altre
proposte, quindi si va ad elezioni
con la legge vigente, con tutti i
limiti che sono stati più volte
segnalati e denunciati».
A breve, però, contro la legge che
ha impedito a Michela Murgia di
entrare a far parte dell'Assemblea
nonostante il 10% delle preferenze,
sarà presentato un nuovo ricorso dai
Comitati sardi per la democrazia
costituzionale. Dopo quelli al Tar e
al Consiglio di Stato, i Comitati
si rivolgeranno al giudice
ordinario.
L'UMBRIA APRE LA STRADA Questo è
possibile grazie al pronunciamento
della Corte di Cassazione che nel
2016 ha deciso così sulla legge
elettorale umbra. «Si tratta di uno
strumento molto più veloce», ha
spiegato a Cagliari Felice Besostri,
avvocato amministrativista
conosciuto per essere riuscito ad
“affossare” il Porcellum dopo sei
anni di battaglia e che anche
stavolta ci metterà la faccia. Uno
strumento che «potrebbe mandare in
Corte Costituzionale la legge
elettorale sarda».
VERSO L'IMPUGNAZIONE «Il giurista ha
partecipato all'incontro “La
deriva autoritaria e la legge
elettorale antidemocratica sarda”
coordinato da Marco Ligas e
organizzato dal coordinamento regionale
delle forze democratiche impegnate
nella difesa della Costituzione.
«Il problema», ha aggiunto Besostri,
«è se si trova un accordo
politico per tentare di modificare
questa legge che prevede tra le
soglie più alte tra i sistemi
regionali, coalizioni al 10% e liste
singole al 5%». Se non si trova
«allora va impugnata».
Ma non ci sarà nessun accordo.
L'ultimo tentativo è andato male oltre
due mesi fa quando il presidente
Ganau aveva presentato ai capigruppo
un testo che «teneva conto delle
osservazioni che sono state sempre
fatte in termini di rappresentatività
della legge». Ma in
quell'occasione aveva constatato che
«non esistevano le condizioni».
«FAREMO IL RICORSO» «Vorrà dire che
sarà fatto ricorso», dice oggi
l'avvocato «affossatore di leggi
elettorali». D'altra parte, spiega,
«nella legge elettorale sarda la
contraddizione è evidente ed è tipica
di altre leggi proporzionali che
attribuiscono un premio di
maggioranza».
Besostri è al lavoro anche sul
fronte Rosatellum: «Ho depositato la
prima impugnazione il 14 dicembre e
la sua ammissibilità sarà discussa
il 4 luglio in Corte Costituzionale.
Se sarà ammissibile, allora si
farà un'udienza dove si giudicherà
nel merito della legge elettorale».
CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE È la prima
volta che «lo si fa con un
accesso diretto: abbiamo configurato
la cosa come un conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato.
In caso venisse accolta, la
Giunta delle elezioni deve tenerne
conto». Il nodo, in questo caso,
riguarda «l'effetto flipper prodotto
dal Rosatellum», considerato che
«non si possono sottrarre alle
circoscrizioni i parlamentari assegnati
in base alla popolazione residente»,
e che «ogni candidato non può
essere favorito né sfavorito dal
comportamento elettorale di elettori
di circoscrizione diversa da quella
in cui è candidato».
Roberto Murgia
Cagliari
Traballa
la poltrona di Secchi - L'assessore potrebbe saltare per far
spazio ai
sardisti dissidenti- Intanto il Pd chiede un rimpasto
e punta
ai Lavori pubblici: il sindaco Zedda prende tempo
«Il mio è un settore troppo delicato
per stare dietro alle voci, sono
concentrato sul lavoro e non sono
assolutamente attaccato alla
poltrona». L'avventura da assessore
alle Politiche sociali di Nando
Secchi potrebbe essere vicina al
capolinea e lui si dice tranquillo.
Alle elezioni del 2016 è stato il
primo dei non eletti nella lista del
Psd'Az ed è entrato nella squadra
del sindaco assieme al segretario
cittadino Gianni Chessa, ricevendo
la delega alle Politiche sociali. I
rapporti col gruppo consiliare non
sono sempre stati ottimi e più
volte è finito al centro del fuoco
amico, ma ha superato ogni crisi.
LA CACCIATA DI CHESSA Era stato
Chessa a rivelare che la guida di
quell'assessorato sarebbe dovuta
cambiare con una rotazione, ma il
terremoto dopo l'alleanza
Lega-Psd'Az ha fatto saltare la testa di
Chessa con Nando Secchi che, contro
ogni previsione, ha passato
indenne la bufera ed è rimasto al
suo posto.
Dopo quella fase il
sindaco aveva dato inizio alle
consultazioni incontrando i gruppi
della maggioranza, compreso gli
Autonomisti con Lussu, il gruppo nato
dopo la rottura col Psd'Az composto
dalla capogruppo Monia Matta, dai
consiglieri Aurelio Lai e Franco
Stara e ora anche dal nuovo acquisto
Lino Bistrussu che è appena stato
nominato presidente della
commissione Attività produttive
prendendo il posto di Gabriella
Deidda, l'unica sardista rimasta
fedele alla linea Psd'Az e passata
all'opposizione.
I DISSIDENTI Con l'uscita di scena
di Chessa è tornata nelle mani del
sindaco la delega ai Lavori pubblici
ma anche l'altra assegnata ai
sardisti, quella alle Politiche
sociali, ha ormai le ore contate. I
dissidenti sardisti che hanno deciso
di restare in maggioranza e
sostenere il sindaco sono vicini
alla poltrona su cui ancora siede
Nando Secchi e al suo posto potrebbe
entrare in Giunta un outsider.
«Non chiediamo la sua testa, per noi
potrebbe restare o avere un'altra
delega: questo è quello che abbiamo
detto al sindaco», spiega la
capogruppo Monia Matta.
I LAVORI PUBBLICI L'assessorato ai
Lavori pubblici, potrebbe essere
rivendicato dal Pd che da tempo
sollecita una revisione politica della
Giunta per capire insieme al sindaco
se c'è qualche ritocco da fare.
Nei prossimi giorni una delegazione
dem dovrebbe incontrare il primo
cittadino che poi potrebbe sistemare
tutti i tasselli e magari fare un
vero rimpasto.
«Devo fare alcune riunioni prima di
decidere», assicura
Massimo Zedda confermando che i
giochi non sono ancora chiusi, ma sono
alle battute finali. Sullo sfondo ci
sono le incognite delle Regionali
che potrebbero far saltare il tavolo
se il sindaco decidesse di
candidarsi costringendo il capoluogo
a tornare alle urne per scegliere
il suo sostituto.
M. Z.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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