L'
imbarazzo dei 5Stelle «Finita l'epoca del Cav» Conte chiede di abbassare i
toni. Mattarella segue il nuovo confronto tra alleati. Il Movimento prende le
distanze. Le inchieste riavvicinano la Lega a Berlusconi, di Michele Esposito
«L'epoca di Berlusconi e del suo
rapporto con i giudici è finita». C'è un certo imbarazzo e una forte presa di distanza
nel Movimento 5 Stelle nelle ore in cui il loro alleato, Matteo Salvini,
sceglie di attaccare frontalmente la magistratura. Le parole del leader della
Lega irrompono nel pomeriggio proprio mentre il premier Giuseppe Conte è in
procinto di partire per Ceglie Messapica. «Il premier sulla vicenda darà un
messaggio istituzionale», preannunciano dall'entourage di Conte.
Ma è il cuore politico del Movimento,
la sua matrice fortemente legalitaria, a ribollire. Con il rischio che la
vicenda dei fondi della Lega indebolisca il connubio giallo-verde al governo.
Nelle stesse ore anche il presidente Sergio Mattarella aumenta il livello di
vigilanza su una vicenda che, essendo il capo dello Stato anche presidente del
Consiglio Superiore della Magistratura, non può non toccarlo.
Il Quirinale, per il momento, non interviene,
limitandosi a monitorare gli sviluppi dello scontro. Ma le parole con cui il
ministro della Giustizia Alfonso Bonafede commenta l'attacco del vicepremier ai
magistrati di Palermo e di Genova marcano una presa di distanza del M5s che, in
questo caso, potrebbe trovare sponda nei ragionamenti che si fanno sul Colle
più alto.
Con un'appendice: sin dall'inizio
della legislatura il flusso di contatti tra Mattarella e i due partiti
alleati è sempre stato più intenso nella direzione proprio del M5s. La
questione, si sottolinea nel Movimento, è prettamente politica laddove dal
premier Conte giungono continue rassicurazioni sulla tenuta del governo.
Il premier, ancora una volta è in
qualche modo costretto a scendere in campo nella veste del mediatore, esortando
ad abbassare i toni. Ma, proprio dal punto di vista politico, è un fatto che la
vicenda dei fondi della Lega e quella dell'avviso di garanzia per la Diciotti
riavvicini Salvini al suo tradizionale alleato, Silvio Berlusconi, allontanandolo
da un Movimento che l'ex Cavaliere ha sempre bollato come giustizialista e, per
questo, pericoloso.
Del resto, ai vertici dei 5 Stelle,
la preoccupazione su un'alleanza con un partito coinvolto in un'inchiesta come
quella di Genova e che replica attaccando platealmente i giudici è alta. E il
rischio di una ricaduta sull'elettorato penta stellato palpabile. Già giovedì,
subodorando l'incancrenirsi della vicenda giudiziaria sui fondi della Lega, il
leader del M5s Luigi Di Maio aveva indirettamente preso le distanze, lanciando
proprio con Bonafede il ddl anticorruzione in un Cdm che registrava l'assenza
di Salvini e promettendo, in conferenza stampa, lo stop ai finanziamenti
«nascosti» ai partiti.
E a ciò va aggiunto, come corollario,
che lo scontro tra Salvini e i giudici riguarda anche le indagini nei confronti
del vicepremier per la vicenda della nave Diciotti. Una vicenda che, all'interno
del M5s, aveva irritato l'ala ortodossa del M5s e dalla quale aveva preso le
distanze il presidente della Camera Roberto Fico.
Fico che, ieri al G7 dei Parlamenti
in Canada, non a caso, parla di «conciliazione tra la sicurezza e i valori e
principi iscritti nelle nostre Costituzioni, nelle convenzioni e Carte europee
ed internazionali». E il rischio, ora, è che il ddl anticorruzione trovi, in
Parlamento, l'ostruzionismo leghista che già prima del duplice «colpo» della
magistratura aveva espresso più di un dubbio sul provvedimento cosiddetto
«spazzacorrotti». Un provvedimento che, per il M5s, è invece fondamentale per
marcare la sua autonomia legalitaria.
La
Nuova
Per le
elezioni regionali si profila una corsa a 4
La
certezza è Puddu, si lavora su Pittalis e Zedda e c'è anche Maninchedda
Le
coalizioni sono ancora in alto mare ma già ci sono i primi nomi su
cui
puntano
di Luca Rojch
SASSARI
Il traguardo neanche si vede, ma la
corsa per le Regionali è già
iniziata. Nessuno lo ammetterà mai,
ma coalizioni e partiti si pesano.
Tutti vogliono il top player, il
fuoriclasse capace di catalizzare
voti. Carismatico, non troppo usato,
nuovo, o almeno nuovista, e con
abbastanza verginità politica per
poter guardare con il giusto sdegno
al passato. 5 Stelle. C'è chi un
candidato governatore lo ha già
fabbricato e scelto da tempo. I 5
Stelle hanno eletto nella giornata
cliccocratica sul loro sito Mario Puddu.
E l'ex sindaco di Assemini è
in campo da oltre un mese. E il
Movimento ha anche il vantaggio di non
dover perdere tempo ad alambiccare
compromessi programmatici o
cencellinare poltrone. L'M5s andrà
da solo. Scaricato da subito il
patto d'acciaio Lega-Psd'Az. Puddu
ha fatto capire che l'esperimento
di governo giallo verde non ha
radici per attecchire in Sardegna.
Troppo debole la Lega in Sardegna
per essere un alleato appetibile.
Troppo orientato a destra il Psd'Az
per piacere ai grillini di
Sardegna. Il risultato per ora è
plastico. Duri e puri i 5 Stelle si
presentano con il loro programma,
anche se per ora non si è visto, da
soli, diretti come un razzo al
Palazzo di via Roma. Centrodestra. I 5
Stelle guadagnano metri.
Ma il centrodestra mattone dopo mattone
costruisce una armata capace di fare
paura anche alla corazzata
grillina. Il perno è Forza Italia.
Attorno Fratelli d'Italia, Udc,
Riformatori Sardi, Lega e Psd'Az. E
Forza Italia dovrà esprimere anche
il candidato governatore. Il motivo
è duplice. Fi è ancora il primo
partito di centrodestra nell'isola.
E le candidature devono essere
viste su uno scacchiere nazionale.
Si vota anche in Basilicata,
Trentino, Emilia, Abruzzo e
Piemonte. E i partiti della coalizione
hanno diviso gli scranni da
governatore. La Sardegna spetta agli
azzurri. La designazione arriverà
sempre e solo da Silvio Berlusconi,
che rimane sempre il dominus del
partito. Il cavaliere azzurro
sceglierà il suo condottiero per le
Regionali.
Troppo presto per avere
certezze, ma la rosa si restringe.
Si parla di Salvatore Cicu,
sostenuto dal presidente del
parlamento europeo Antonio Tajani. Ma sul
suo nome c'è il veto di una parte
importante del partito. Al di là
delle smentite di facciata i rapporti
col deputato Ugo Cappellacci non
sono caldissimi. Ancora in corsa il
sindaco di Olbia Settimo Nizzi,
uno dei pochi capaci di vincere,
anche se di un pugno di voti, anche
quando Forza Italia colava a picco.
Prende quota il nome di Pietro
Pittalis, deputato Fi. Già quasi
coordinatore regionale, manca la
nomina ufficiale di Berlusconi, e
particolarmente gradito al
presidente. Come avere il jolly in
tasca e le carte vincenti in mano.
Coordinatore e candidato
governatore.
Un po' asso pigliattutto.
Centrosinistra. Il Pd cerca di
ripartire dopo lo choc delle Politiche
del 4 marzo. Molti chiedevano uno
tsunami nel partito, c'è stato al
massimo un po' di venticello. Il
segretario Emanuele Cani è arrivato
con l'accordo di una parte del
partito, che ha messo in minoranza
l'area soriana. Ma al di là di
questo è rimasta nel Pd la
contrapposizione in correnti. Il
tentativo di aprire a qualcosa di
diverso, come un Pd sardo, è finito
dentro il freezer.
Rimandato a
dopo le Regionali. La possibilità di
un'alleanza liquida sembra essere
quasi svanita. Se da una parte resta
aperta la possibilità di
convergere con il progetto portato
avanti dal Partito dei sardi,
dall'altra si va avanti alla ricerca
della conferma del perimetro del
centrosinistra che governa la
Regione. Cani prova ad allargare il
campo anche attraverso il dialogo
con il partito dei sindaci. Ma per
ora l'unica certezza è l'accordo con
Campo Progressista. Anche in
questo caso è forse troppo presto
parlare di un candidato, ma il nome
su cui si punta, già da tempo, è il
sindaco di Cagliari Massimo Zedda.
Lui non ha ancora sciolto la
riserva, anche perché sono da valutare
confini e programma della
coalizione.
Ma Zedda dalla sua ha due
mandati in cui ha convinto da primo
cittadino. Il golden boy della
politica isolana potrebbe essere la
carta vincente di questa
coalizione.Pds. È la mina vagante.
Il jolly che vorrebbe, e potrebbe,
scardinare questa architettura. Il
candidato governatore più probabile
è Paolo Maninchedda.
È lui il motore della coalizione che
prende
corpo. Ma il Maninchedda-pensiero va
al di là degli schieramenti. Più
volte l'ex assessore ha ribadito che
i concetti di centrodestra e
centrosinistra non sono più utili.
La "Convergenza nazionale" parte
dai temi, dalle battaglie che il
Partito dei sardi porta avanti da anni.
Temi che servono da base su cui
costruire una coalizione. Facile
capire che la saldatura non può
essere ideologica, ma tematica.
Visione che consente al Pds di
dialogare con facilità con Forza Italia
e con il Pd. A cercare l'alleanza
con i Riformatori sardi e con il
Partito socialista, con cui già c'è.
E Maninchedda ha lanciato la sua
opa anche sul partito dei sindaci.
Lo aveva già fatto nella convention
di Ottana ad aprile a cui avevano
partecipato un centinaio di primi
cittadini. Ora cerca di allargare
ancora la sua base. Il Pds ha
programmato per il 23 settembre un
incontro a Tramatza, di fatto
aperto a tutti, ma che vuole essere
anche un ulteriore consolidamento
di questo rapporto tra il Pds e gli
amministratori. @LucaRojch@
Salvini
attacca i giudici Il richiamo di Bonafede
Il
ministro dell'Interno indagato a Palermo, sequestro di persona aggravato
«Io
eletto, i pm no». Il Guardasigilli replica: «Sembra la Seconda Repubblica»
di Margherita Nanetti eSandra
Fischetti
ROMA
Stretto tra il doppio fuoco delle
indagini di Genova sui fondi della
Lega e dall'arrivo dell'avviso di
garanzia con l'accusa di sequestro
di persona per la vicenda di nave
Diciotti, il vicepremier e ministro
dell'Interno Matteo Salvini sceglie
la strada dello scontro frontale
con la magistratura, e lo fa sul suo
terreno preferito, in diretta
facebook, dopo aver letto l'atto
della Procura di Palermo ricevuto
dalle mani dei carabinieri al
Viminale.
Ma il vicepremier Luigi Di
Maio, pur rivendicando le decisioni
«forti» prese sulla nave Diciotti,
interviene duramente: «Non si può
dare sostegno alle accuse ai
magistrati». Tanto è in crescendo
l'esternazione di Salvini contro i
giudici che il ministro grillino
della giustizia, Alfonso Bonafede,
dopo aver a lungo taciuto, a fine
giornata rompe gli indugi e chiede
all'alleato di governo di non
tornare agli anni della Seconda
Repubblica. Lo stesso fanno anche il
vicepresidente del Csm Giovanni
Legnini e l'Anm.
«Qui c'è la certificazione che un
organo dello Stato
- ha detto Salvini via web - indaga
un altro organo dello Stato, con
la piccolissima differenza che
questo organo dello Stato, pieno di
difetti e di limiti, per carità, è
stato eletto, altri non sono eletti
da nessuno». «Questo ministro - ha
aggiunto, rivolto a 25mila
followers e quasi sfidando le
«toghe» - è stato eletto da voi, cioè a
questo ministro voi avete chiesto di
controllare i confini, di
controllare i porti, di limitare gli
sbarchi, di espellere i
clandestini: me lo avete chiesto
voi, quindi vi ritengo amici e
complici, altri non sono eletti da
nessuno e non devono rispondere a
nessuno».
L'aria che tirava si era già vista
dal mattino con il
ministro leghista che in
un'intervista aveva detto che «quello che sta
subendo la Lega - con riferimento al
via libera al sequestro di 49
milioni al Carroccio - è un processo
politico senza precedenti. Anzi,
sì, uno c'è: è successo qualcosa del
genere in Turchia, quando a un
partito fu sequestrato tutto il
patrimonio prima ancora della condanna
e poi la magistratura fu costretta a
restituirglielo».
Per il titolare
del Viminale, le inchieste sulla
Lega e su di lui rendono evidente che
«qualcuno» vuole «fermare Salvini,
la Lega e la voglia di cambiamento
del popolo italiano. Non ci
fermeranno». Inevitabile la reazione dei
dem, e anche dell'Associazione
nazionale magistrati che ha evitato
risposte di «pancia» e ha molto
calibrato la sua replica, dopo che Md,
la corrente di sinistra dei giudici,
aveva definito le parole del
ministro «eversive».
Un concetto ripreso anche dal
segretario del Pd
Maurizio Martina: «Le parole che il
ministro dell'Interno continua a
usare verso la magistratura sono
gravissime ed eversive e sono contro
lo Stato e la Costituzione».
«Vergogna! - scrive su Fb l'ex premier
dem Matteo Renzi - Salvini è dentro
fino al collo alla vicenda dei 49
milioni rubati dalla Lega. Quanto
dovremo aspettare per avere
dichiarazioni di sdegno del Premier
e del Guardasigilli?». Da Ceglie
Messapica Bonafede prende le
distanze. «Il ministro può ritenere che
un magistrato sbagli ma rievocare
toghe di destra e di sinistra è
fuori dal tempo. Non credo che
Salvini abbia nostalgia di quando la
Lega governava con Berlusconi. Chi
sta scrivendo il cambiamento non
può pensare di far ritornare
l'Italia nella Seconda Repubblica».
Rompe gli indugi anche il sindacato
delle toghe per dire che le parole di
Salvini «rappresentano un chiaro
stravolgimento dei principi
costituzionali, che assegnano alla
magistratura il compito e il dovere
di svolgere indagini ed accertamenti
nei confronti di tutti». Alla
fine, «forte preoccupazione» per il
contenuto delle dichiarazioni di
Salvini, viene espressa dal
vicepresidente del Csm Giovanni Legnini.
«Si tratta di espressioni che, anche
per le modalità con le quali sono
state rese, risultano lesive del
prestigio e dell'indipendenza
dell'ordine giudiziario», sottolinea
ricordando che la magistratura
poggia sulla Costituzione e «non ha
certo bisogno di trarre la sua
legittimazione dal voto dei
cittadini».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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