Di Maio a
Tria: «Trovi i soldi» E poi: «Via 345 parlamentari»
Pressing
sul ministro dell'Economia: si deve attuare il programma di governo
ROMA Il taglio del numero di
parlamentari è nel contratto di governo e per anni è stato uno dei cavalli di
battaglia dei pentastellati. Ora sta per diventare realtà. «Abbiamo fatto una
riunione con la Lega e la settimana prossima presentiamo una proposta di legge
costituzionale per tagliare 345 parlamentari», ha annunciato il vicepremier
Luigi Di Maio a Di Martedì, su La7. Resta alta la tensione nel governo gialloverde
sulla manovra.
Il vertice a palazzo Chigi, e il
lavoro di mediazione del premier Giuseppe Conte, non sarebbero serviti a riportare
la pace fra il ministro dell'Economia Giovanni Tria (che vuole scrivere la
manovra non sforando i paletti Ue) e gli azionisti dell'esecutivo M5S-Lega, che
scalpitano per inserire nella legge di bilancio i propri cavalli di battaglia,
ovvero reddito di cittadinanza e flat tax.
L'AFFONDO In particolare c'è il
pressing del vicepremier Luigi Di Maio che ieri ha dichiarato: «Nessuno ha
chiesto le dimissioni del ministro Tria, ma pretendo che il ministro
dell'Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che
momentaneamente sono in grande difficoltà. Gli italiani in difficoltà non
possono più aspettare: un ministro serio i soldi li deve trovare».
L'ANNUNCIO Parlando al forum di
Bloomberg il ministro dell'Economia ha detto che l'obiettivo «è di una crescita
forte e sostenibile attraverso riforme strutturali». Ha poi aggiunto: «Il
governo è impegnato in una legislatura di 5 anni» e che si punta a «eliminare
il gap di crescita dell'1 per cento che ci separa dai Paesi.
dell'eurozona». Il governo, ha
sottolineato il responsabile dell'Economia, «pur mantenendo il proprio impegno
europeo, traccerà un percorso bilanciato che tenga conto dei diversi bisogni
sociali e dei requisiti economici per creare una base solida per una crescita a
lungo termine».
Bisogna andare, ha aggiunto, «oltre
la flat tax riducendo il carico fiscale sulla classe media. Siamo a uno studio molto
avanzato - ha spiegato - che ridurrà il carico fiscale sulla classe media
mantenendo il budget gestibile». Il ministro Tria ha voluto rassicurare ancora
i mercati dicendo che «le misure di cui ho parlato non cambieranno l'impegno
del governo sulla riduzione del debito».
PENSIONI D'ORO Intanto la maggioranza
di governo ha trovato l'accordo sul taglio delle pensioni d'oro. «È stata raggiunta
un'intesa dopo che è stata accolta la nostra richiesta di specificare nel testo
il limite di 4500 euro netti», ha detto il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo
Molinari. Ha aggiunto Davide Tripiedi, vicepresidente della Commissione lavoro
alla Camera: «Andremo a tagliare le pensioni superiori ai 4.500 euro non
giustificate dai contributi versati a chiunque, a oggi, abbia preso anche solo
un centesimo in più di quanto effettivamente dovuto».
Unione
Sarda
Pds,
parata di sindaci all'assemblea di
domenica
Sono oltre 25 i sindaci che, alla
prima giornata di iscrizione, hanno
chiesto di intervenire, domenica
alle 10 al centro congressi di
nuraghe Losa, all'assemblea popolare
promossa dal Partito dei sardi.
Amministratori ma non solo perché
sono pronti a rispondere “presente”
al progetto di convergenza nazionale
anche esponenti politici e
rappresentanti dei lavoratori.
Tra questi l'ex assessore regionale,
Nardino Degortes, l'ex deputato
del Partito democratico, Gianpiero
Scanu, l'ex assessore agli Enti
locali della Giunta Soru,
Gianvalerio Sanna, il professore Mario Puddu
e Monica Manca, rappresentante di 51
lavoratori Air Italy di Olbia.
All'assemblea interverranno i
sindaci di Lula, Lodé, Torpé, Siniscola,
Ottana, Villamassargia, Scano
Montiferro, Siligo, Perfugas, Siamanna,
Macomer, Santulussurgiu, Tortolì ,
Sedilo, Ussassai, Lanusei, Cardedu,
Girasole, Villanova Monteleone,
Mara, Romana, Talana, Abbasanta, Suni,
Tresnuraghes e Villacidro. Per le
iscrizioni c'è tempo sino a venerdì.
(m. s.)
Sanità,
Arru si salva grazie al centrodestra
No alla
censura proposta dagli alleati del Pds
L'opposizione
lascia l'aula. Busia (Cd): ora via Balzarini dalla Giunta
Luigi Arru non dà soddisfazione, lo
attaccano e non fa una piega. Gli
dicono di tutto, avversari e
soprattutto alleati, e intanto
l'assessore alla Sanità consulta il
tablet, mastica una gomma, scrive
su Whatsapp. Il linguaggio del corpo
tradisce meno emozioni di un
nuraghe. Eppure non è una splendida
giornata in Consiglio regionale,
per lui e per la Giunta. La censura
politica del suo operato, proposta
dal Partito dei sardi, viene
bocciata con soli 25 voti (5 favorevoli,
4 astenuti). La soglia di
maggioranza in aula è 31: quindi a salvare
Arru è - numericamente - una
minoranza. E risulta decisiva la scelta
del centrodestra di non partecipare
alla votazione.
TENSIONI Infatti lo scampato
pericolo non porta il sereno, anzi:
subito dopo il voto Anna Maria Busia
(Centro democratico) chiede a
Francesco Pigliaru di cacciare
l'assessore ai Lavori pubblici Edoardo
Balzarini, in quota Pds. Nessuna reazione
dal governatore, ma certo
avrebbe fatto a meno di questa
polemica.
Lo scompiglio nasce appunto dal
partito di Paolo Maninchedda, in
maggioranza ma sempre più critico
con l'esecutivo. Il capogruppo
Gianfranco Congiu, illustrando
l'ordine del giorno sulla censura, non
si sente un traditore: «L'abbiamo
presentato perché la rete
ospedaliera, approvata il 25 ottobre
2017, è ancora inattuata». A cose
fatte, lo stesso Congiu denuncerà la
«pericolosa trasversalità in
Consiglio», con i due poli che
«evitano lo smacco» ad Arru. Quanto a
Balzarini, «siamo alle minacce, ma
fa nulla: sulla sanità continueremo
a dire la verità».
Oltre al Pds, vota sì all'ordine del
giorno Pierfranco Zanchetta
(Upc), anche lui in maggioranza:
«Alla riforma non ha fatto seguito la
volontà di applicarla», spiega. Le
astensioni - a parte il presidente
Gianfranco Ganau, secondo prassi -
arrivano da Busia e Francesco Agus
(Campo progressista), che avevano
votato contro la rete ospedaliera,
nonché da Emilio Usula (Rossomori).
«Noi non siamo più rappresentati
in Giunta», rimarca Agus, «Pigliaru
verifichi che gli atti a lui
graditi siano votati da chi ne fa
parte».
L'ASSESSORE Nella sua replica Arru
si sofferma sul parere del
ministero della Salute che boccia
parte della rete ospedaliera sarda:
«Difenderemo fino in fondo la nostra
proposta, che rispetta la legge».
Quanto all'accusa di non aver
attuato la riforma, «abbiamo fatto i
dovuti atti di programmazione».
Anche al microfono l'assessore resta
imperturbabile, così come quando
il Pds Roberto Desini gli urla che
«nei corridoi i suoi alleati la
fanno a coriandoli , qui in aula
invece fanno gli ipocriti». Gli
strappa un sorriso solo l'originale
difesa di Roberto Deriu (Pd):
«Dire che tutti i problemi della
sanità sono colpa sua significherebbe
sopravvalutarla».
IL DIBATTITO I Dem sono i più
convinti nel sostegno all'assessore:
«Noi abbiamo fatto la riforma, altri
in precedenza non ci sono
riusciti», punge il capogruppo
Pietro Cocco. Rossella Pinna individua
l'avversario del Consiglio nel
governo: «Trasformiamo l'ordine del
giorno in una censura alla ministra
Giulia Grillo». Non si dissocia
neppure la sinistra: per Luca
Pizzuto (Sdp) «non si possono imputare
all'assessore 40 anni di clientele».
«Arru si dimetta pure», provoca
Fabrizio Anedda (gruppo misto), «ma
dicendo con chi ha condiviso le
nomine nella sanità: verrà fuori
quella parte politica che appare in
tutte le maggioranze», chiara
frecciata al Pds.
IL PRESIDENTE Ma è di Pigliaru la
difesa più netta: «Arru non merita
alcuna censura, avrà difetti come
tutti noi ma sta lavorando
tantissimo alla riforma. E ha fatto
bene a sottoporla al governo: se
poi il governo entra nel merito
della nostra riorganizzazione, è
illegittimo. Il ministero si è
allargato, e noi daremo battaglia».
L'OPPOSIZIONE Per il centrodestra è
la sola Alessandra Zedda,
capogruppo di Forza Italia, a
motivare la scelta di uscire dall'aula
durante il voto: «Vogliamo che si
discuta la nostra mozione di
sfiducia all'assessore, non solo una
censura».
Probabilmente però
c'entra il fatto di non voler
servire un assist al Pds di Maninchedda.
Sta di fatto che l'Aventino
dell'opposizione sterilizza il pericolo
per Arru, ma è inutile cercargli sul
volto la traccia di un sospiro di
sollievo: mentre proclamano i
risultati ha già impugnato la borsa e
sta infilando l'uscita dall'aula, lo
stesso sguardo di due ore prima.
Ai nemici non si dà mai
soddisfazione. Giuseppe Meloni
La
Nuova
Arru, la
censura non passa ma la maggioranza traballa
L'ordine
del giorno del Pds bocciato dal centrosinistra e snobbato dalla destra
Busia,
Cd: Pigliaru ritiri la delega a Balzarini. Congiu, Pds: siamo
alle
minacce
di Umberto Aime
CAGLIARI
Sulla sanità il Partito dei sardi è
rimasto solo. Però la sberla
politica che ha ricevuto dal resto
del mondo, in Consiglio regionale,
arrivata alla fine del processo
imbastito contro l'assessore Luigi
Arru, presto potrebbe trasformarsi
persino in una nuova bandiera
elettorale per chi professa
l'indipendentismo. E forse il Pds quello
stendardo finirà per sventolarlo
lontano dai blocchi tradizionali, in
una campagna elettorale solitaria.
Perché all'improvviso
centrosinistra e centrodestra
sembrano aver deciso di tagliare i ponti
col partito guidato da Paolo
Maninchedda.Il fatto. Presentata un mese
fa proprio dal Pds contro Arru,
accusato in un ordine del giorno di
«non aver applicato la
riorganizzazione della rete ospedaliera votata
undici mesi fa dal Consiglio», la
censura è stata bocciata a valanga
dalle due coalizioni seppure con due
diverse strategie. Prima, in
aula, dal resto del centrosinistra,
a parte Pierfranco Zanchetta
dell'Upc, che ha affossata la
censura con un «no» palese.
Poi dal
centrodestra che invece l'ha
snobbata non partecipando neanche al
voto. Quindi, con «una pericolosa
trasversalità», dirà il capogruppo
del Pds Gianfranco Congiu,
quell'attacco frontale è stato reso
inoffensivo da chi da sempre sta
dalla parte di Arru, anche se
l'assessore alla sanità sembra essere
amato sempre meno dalla sua
maggioranza. E poi delegittimato da
quanti dell'opposizione avrebbero
votato volentieri la censura, ma non
potevano certo farlo per non dare
un vantaggio ai dei possibili
avversari alle Regionali. Così, almeno
sembra, il Pds è stato lasciato da
tutti col cerino acceso in mano, ma
conoscendo l'altrui furore quello
stesso stecco invece potrebbe essere
mutuato in una clava dagli
indipendentisti se dovessero correre da
soli nel 2019. Si vedrà.
Il voto. Scontato da giorni, il no secco
alla
censura s'è materializzato nella
chiamata nominale: 25 i contrari, con
l'ordine del giorno che così di
fatto è stato brutalmente rispedito al
mittente, il Pds, da oltre tre
quarti abbondanti della maggioranza al
governo. Maggioranza di cui, va ricordato,
il Partito dei sardi fa
parte dal 2014, anche se
quest'alleanza sembra essere arrivata ai
titoli di coda. Ma di fatto è stata
bocciata, la censura, anche dai 25
assenti, l'opposizione in blocco,
che hanno disertato il voto. Poi ci
sono stati quattro astenuti - Anna
Maria Busia del Cd, Francesco Agus,
Campo progressista, Emilio Usula,
Rossomori, più quella
"istituzionale" del
presidente del Consiglio regionale Gianfranco
Ganau. Solo cinque i voti a favore:
Gianfranco Congiu, Augusto Cherchi
Roberto Desini e Piermario Manca del
Pds.
Più appunto Zanchetta,
l'unica sorpresa della giornata, che
l'ha motivata: «L'assessore Arru
ha azzerato la sanità nelle
periferie e questo non posso
perdonarglielo».L'effetto. C'è stato
eccome e potrebbe essere
dirompente nei futuri equilibri del
centrosinistra da qui alla fine
della legislatura anche se da
snocciolare sono rimasti cinque mesi.
Subito dopo la conta stravinta dal
blocco anti-Pds, con tempestività
Anna Maria Busia ha detto:
«Presidente Pigliaru, visto l'esito della
votazione, le chiedo di ritirare la
delega all'assessore ai lavori
pubblici». In parole spicce: il
licenziamento senza preavviso dovrebbe
essere «immediatamente consegnato»
nelle mani di Edoardo Balzarini. A
chi oltre un anno fa e proprio dal
Pds è stato indicato per sostituire
il dimissionario Paolo Maninchedda,
allora presidente di quel partito
e ora segretario.
Pigliaru difficilmente raccoglierà
l'invito, un
rimpasto a ridosso della elezioni
sarebbe devastante e autolesionista
per il centrosinistra. Qualcosa però
di sicuro è cambiato nelle appena
avviate trattative per formare il
gruppone del Pd più chissà quanti
altri destinato a scendere in campo
nel 2019. Tanto che sempre il
capogruppo del Pds arriverà a
commentare così la richiesta di sbattere
fuori l'assessore Balzarini: «Dopo
aver delegittimato se stesso, con
il patto trasversale per bocciare la
censura, dal Consiglio regionale
sono arrivate addirittura le minacce
da parte di uno dei tanti
difensori d'ufficio dell'assessore
Arru.
Sì, siamo alle minacce, ma
sulla sanità continueremo comunque a
dire la verità e niente ci
fermerà». Neanche davanti al rischio
di rimanere isolati? Sembra di
no, perché e va ricordato lo
schiaffo ricevuto dal Pds in Consiglio, è
arrivato neanche ventiquattr'ore
dopo un altro abbastanza simile.
Cioè il veto, partito dalla sponda
opposta, a un possibile ingresso dello
stesso partito nella futura
coalizione elettorale del centrodestra.
Per questo oggi, non è certo
difficile ipotizzare che il Partito dei
sardi sembra essere destinato a
correre da solo, molto lontano dai due
Poli, nel 2019.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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