Unione
Sarda
Centrodestra
insieme al voto - Berlusconi, Salvini e Meloni confermano l'alleanza nell'Isola.
Intanto in Consiglio arriva la sfiducia sulla sanità: ma Cappellacci attacca il
gruppo FI
La conferma arriva da palazzo
Grazioli, dopo il vertice Berlusconi-Salvini-Meloni: la coalizione si
presenterà unita e con l'individuazione di un candidato condiviso alle prossime
regionali di Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Sardegna. Nell'Isola le prove di intesa
erano già a buon punto dopo l'incontro di tre giorni fa tra i coordinatori
regionali di Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia, Riformatori e Udc. E ieri
il centrodestra unito è ritornato alla carica sulla sanità, rilanciando con una
mozione di sfiducia contro l'assessore Luigi Arru, uscito indenne dall'ordine
del giorno di censura presentato martedì dal Partito dei sardi.
LA RICHIESTA «Un atto debole, tanto
che siamo usciti fuori dall'Aula al momento del voto», ha detto ieri la
capogruppo di Forza Italia, Alessandra Zedda, «quindi ai consiglieri del Pds
diciamo: se volete che Arru non ricopra più il ruolo che occupa allora votate
la sfiducia con noi».
A stretto giro è arrivata la
risposta del capogruppo Pds, Gianfranco Congiu: «Il rimedio che cercano di
mettere in campo con questa mozione - ha spiegato - evidenza che se solo 24 ore
fa si fosse ragionato sul senso dell'ordine del giorno senza far prevalere la voglia
di oscurare una battaglia che era ed è di tutti, avremmo dato tutti impulso e slancio decisivi
all'avvio di quella rete ospedaliera da noi votata un anno fa e ancora al
palo».
FORZA ITALIA Ma in realtà il voto contrario
alla censura ha creato non poche turbolenze in Forza Italia. Lo si capisce
dalle parole del coordinatore regionale azzurro Ugo Cappellacci: «La scelta non
è stata mia bensì del gruppo in Consiglio. Personalmente la considero totalmente
errata e frutto di ragionamenti che di politico hanno ben poco», spiega su
Facebook il deputato. «Se io fossi stato consultato, come sarebbe stato
naturale usando il buon senso, avrei suggerito di votare senza alcun indugio la
censura».
LA BOCCIATURA Nel mirino della
mozione, la bocciatura della rete ospedaliera da parte del ministero. «Il
punto», ha chiarito Paolo Truzzu (FdI), «è che questo è uno dei peggiori
assessori alla Sanità di sempre. E di questo hanno responsabilità il presidente
Pigliaru e tutta la Giunta, ma anche la maggioranza che la sostiene, compreso
il PdS che ha prima votato la Asl Unica, poi la legge di riordino, e ora vuole
rifarsi una verginità».
Il capogruppo dell'Udc, Gian Luigi Rubiu,
ha fatto notare che «il titolare della Sanità ha battuto ogni record per
manifestazioni contro questo assessorato e contro la Giunta Pigliaru», mentre
Attilio Dedoni (Riformatori) ha puntato il dito contro il manager dell'Ats,
Fulvio Moirano: «Questa maggioranza non può dare il potere a un ayatollah che
sta a Sassari».
Mario Floris (Uds) ha ricordato che
la Sardegna «sostiene i costi della sanità: è arrivato il momento che ritorni a
carico dello Stato, come anche la continuità territoriale e i trasporti
interni». La sanità «è al tracollo», ha tagliato corto il leader dell'Udc
Giorgio Oppi, «questa maggioranza ha danneggiato gli utenti che hanno deciso di
non farsi curare». Oppi ha parlato anche del Mater Olbia, la struttura di proprietà
della Qatar Foundation e per la quale la Regione ha previsto prestazioni
convenzionate.
«Ho richiesto un accesso agli atti
al dg dell'assessorato per capire se hanno fatto o no l'accreditamento dell'ospedale:
il rappresentante della Qatar in Italia, Lucio Rispo, ha affermato che il Mater
ha l'accreditamento, ma ricordo che per ottenerlo è necessario avere prima le
attrezzature e personale assunto, e non è questo il caso».
Roberto Murgia
LA
NUOVA
Il
centrodestra attacca: «Arru va cacciato via»
Un'altra
mozione di sfiducia e «vogliamo vedere se il Partito dei
sardi la
voterà» Oppi dell'Udc chiede l'accesso agli atti sul Mater Olbia: «C'è
qualcuno
che mente»
di Umberto Aime
CAGLIARI
Martedì il centrodestra non ha
votato la censura del Pds contro
l'assessore alla sanità solo per
strategia politica, «non certo perché
volevamo salvare chi da sempre
accusiamo di aver distrutto tutto e
tutti». Chiarito che «non siamo
stati e mai lo saremo la stampella di
chi comunque è stato già scaricato
dalla sua stessa maggioranza»,
Alessandra Zedda, capogruppo di
Forza Italia in Consiglio regionale, è
andata oltre in un battibaleno,
«Quando ritorneremo al governo della
Regione e sarà all'inizio del 2019 -
ha detto - nei primi sei mesi
della legislatura smantelleremo la
riforma Pigliaru-Arru-Moirano.
In tre hanno sfasciato gli ospedali
e provocato solo la rivolta dei
sardi, dai cittadini ai sindaci, dai
pazienti ai medici, agli
infermieri». Per poi lanciare il
guanto di sfida al Pds, che della
maggioranza di governo fa parte, «se
vuole davvero mandar via
l'assessore, voti con noi l'ultima
mozione di sfiducia che abbiamo
presentato contro Arru». Perché
prima di quanto potrebbe accadere a
febbraio, nei seggi elettorali, il
centrodestra ha ancora diverse
cartucce contro il «solito bersaglio
grosso».
E infatti a pochi mesi
da una prima mozione contro Arru,
ovviamente bocciata dal
centrosinistra, ecco la seconda. In
cui «invitiamo Pigliaru a ritirare
immediatamente la delega
all'assessore per la figuraccia, l'ennesima,
in cui s'è cacciata la Regione dopo
il parere negativo del ministero
della salute sulla riorganizzazione
della rete ospedaliera così com'è
stata approvata un anno fa dal
centrosinistra», ha annunciato Paolo
Truzzu, capogruppo di Fratelli
d'Italia.
Per poi sottolineare: «Se
anche la censura del Pds fosse
passata, sarebbe stata solo acqua
fresca. Arru invece dev'essere
proprio cacciato per i danni che ha
fatto». O lasciato fare - ha detto
Attilio Dedoni, capogruppo dei
Riformatori - «a un ayattolah
rfiferito a Fulvio Moirano, il manager
dell'Asl unica) che fa e disfa
qualunque cosa, infischiandosene
persino delle leggi approvate dal
Consiglio». Però il centrodestra ha
dichiarato di avere anche un altro
obiettivo.
È il Mater Olbia, che
secondo Giorgio Oppi, consigliere
regionale dell'Udc «continua a
essere un pasticcio e non solo
perché nessuno sa quando aprirà». Ha
annunciato di aver chiesto
l'immediato accesso agli atti sui «recenti
rapporti» fra Regione, Qatar
Foundation e Fondazione Gemelli. «L'ho
dovuto fare - le sue parole - dopo
che il portavoce qatoriata, Lucio
Rispo, ha detto d'avere in mano la
convenzione con la Regione per
laboratori e ambulatori. Com'è
possibile - s'è chiesto Oppi - se non
ci sono ancora le apparecchiature e
nessuno è stato assunto dal Mater?
L'istruttoria per ottenere
l'accreditamento è complessa e può essere
concessa solo quando tutto è pronto.
Noi sappiamo invece, dopo un
sopralluogo, che lì non c'è ancora
nulla. Quindi, qualcuno mente».
Dello scontro politico in atto hanno
parlato Edoardo Tocco di Fi, il
sardista Paolo Dessì e ancora
Dedoni. Il primo ha detto: «I partiti
del centrosinistra che contestano
Arru abbiano il coraggio di uscire
allo scoperto e non nascondersi
dietro inutili astensioni. Chiedano
con noi l'azzeramento delle
decisioni folli dell'Ats e delle ex Asl».
Dessì ha aggiunto: «Stanno
scaricando la bocciatura della Rete
sull'attuale governo, ma le colpe
sono dei loro vecchi falsi amici
romani».
Dedoni ha sparato ancora contro il
Pds: «È stato complice, ma
ora vuole rifarsi una verginità
elettorale». L'accusa di pessima
qualità è stata ribadita da
Antonello Peru Fi, «il disastro è
dovunque», e da Gianni Lampis, Fdi,
«hanno distrutto anche il 118».
Stefano Tunis, Fi, ha lanciato un
altro allarme: «Il centrosinistra
sta occupando a tappeto il potere
prima di essere cacciato via». Mario
Floris, Uds, ha chiuso così: «Anni
fa lo Stato ha scaricato sui sardi
i costi della sanità e quella beffa
s'è trasformata in una
maledizione».
Il post
su Facebook dopo il no alla censura presentata dal Pds e le
nuove
accuse del centrodestra
L'assessore:
«Non faccio macelleria sociale»
CAGLIARISe in aula, durante il
dibattito sull'ordine del giorno contro
di lui, presentato dal Pds e poi
bocciato, l'assessore è rimasto
impassibile, su Facebook s'è
lasciato andare. Da anni messo sotto
accusa dall'opposizione di
centrodestra e da diversi mesi dal Partito
dei sardi, quindi da chi fa parte
della maggioranza, Luigi Arru ha
replicato a quel fuoco incrociato.
«Fino adesso ho tenuto un profilo
istituzionale - è uno dei passaggi
del post - ma non posso più tacere
di fronte alla memoria, molto corta,
di tanti, troppi.
Non sono egocentrico e capisco che
l'attacco è contro la Giunta di
centrosinistra. Non voglio fare
complottismo, dietrologia, ma quando
si raccontano le cose in maniera
martellante, senza distinguere i
fatti dalle opinioni, legittime,
contrarie, c'è qualcosa che non va
bene». Il riferimento è all'incontro
avuto mercoledì con i sindaci del
Sulcis, che sono scesi in piazza per
protestare contro il mancato
avvio della riorganizzazione degli
ospedali. In quell'occasione,
secondo la ricostruzione
dell'assessore, ai territori è stato spiegato
quanto «abbiamo fatto finora per
ridurre l'inefficienza e quanto
dobbiamo ancora fare per migliorare
la qualità del sistema sanitario
anche nel Sulcis».
Ma al di là del caso concreto lo
sfogo consegnato a
Facebook dall'assessore Arru è prima
di tutto politico con una replica
indirizzata un po' a tutti. «Per
tanti, secondo alcuni, la sanità è
stata la Caporetto del
centrosinistra, ma volevo ricordare a queste
persone che se si ha convinzione in
un progetto e si ha voglia di
reagire, immediatamente dopo la
disfatta c'è stato il Piave». Per
proseguire: «Mai ho fatto macelleria
sociale, calcoli ragionieristici.
Prima di essere nominato assessore,
sono stato un medico che ha
lavorato a tempo pieno in un reparto
che curava leucemie e linfomi,
senza avere incarichi di primariati
o altro e senza mai bussare alle
porte dei potenti di turno. Scrivo
queste cose personali per
rispondere a una mia paziente curata
all'ospedale di Nuoro e guarita
da una leucemia acuta, che mi ha
chiesto: "Dottor Arru mi dicono che
sta tagliando servizi, togliendo
farmaci... ma è impazzito?".
Ed ecco quale è stata la mia
risposta: "No signora, non sto facendo questo,
sto cercando di ripetere, con le
dovute proporzioni, quel che ho fatto
con lei, cioè replicare un caso di
buona sanità pubblica, senza
chiedere se fosse ricca o povera.
Per arrivare a raggiungere
quest'obiettivo: una nuova sanità
responsabile senza quegli sprechi e
doppioni che tutti sono pronti a
denunciare ma nessuno finora aveva
avuto il coraggio di affrontare».
«No agli
aumenti dell'Iva» Ma Tria non cede sui conti
I timori di Bruxelles sull'ipotesi
del deficit al 2%, più difficile l'ok
di Chiara ScalisewROMAIl ministro
dell'Economia Giovanni Tria prova a
rassicurare tutti: stoppa l'aumento
dell'Iva, così come invocato da
Matteo Salvini e Luigi di Maio, e al
contempo ribadisce che nella
manovra ci sarà spazio per gli
interventi messi nero su bianco nel
contratto di governo, anche se
saranno introdotti inevitabilmente con
gradualità per salvaguardare il
necessario equilibrio dei conti.
E l'impegno a mantenere la barra
dritta sarebbe stato confermato anche
dal premier Giuseppe Conte, proprio
in questi giorni, al presidente
della Repubblica Sergio Mattarella,
nel corso di alcuni colloqui
telefonici. Il titolare di via XX
Settembre sceglie il Parlamento per
spendere parole di mediazione sui
vari fronti aperti in vista della
presentazione della legge di
bilancio: è infatti rispondendo ad alcuni
senatori che si affretta a spiegare
di avere tutte le intenzioni di
rispettare il contratto di governo,
dalla sterilizzazione degli
aumenti dell'imposta sul valore
aggiunto all'introduzione del reddito
e della pensione di cittadinanza
senza dimenticare la pace fiscale
che, precisa, «non significa varare
un nuovo condono», ma piuttosto
vuol dire disegnare un «fisco
amico».
Ma nei fatti ogni giorno gli
alleati di maggioranza si trovano a
incrociare le armi ora fra di
loro, ora con il responsabile
dell'Economia come dimostra anche
l'ultimo scontro sull'incremento
dell'Iva che per essere neutralizzato
richiede un importante investimento
(10-12 miliardi). Che l'ipotesi di
non neutralizzarla, magari
parzialmente, sia stata per qualche giorno
sul tavolo dei tecnici viene
confermato anche dal viceministro del
Tesoro e leghista Massimo Garavaglia
che però poi smentisce.
Fatto sta che la strada, che non è
mai dispiaciuta allo stesso Tria e su cui
forse anche il premier Conte sarebbe
stato disponibile a ragionare pur
di trovare qualche fonte di
copertura, viene sbarrata all'unisono
dalla coppia di vicepremier
Salvini-Di Maio e nel giro di qualche ora
viene ufficialmente bloccata.Per un
fronte che sembra chiudersi, uno
si apre e proprio di questo dovranno
discutere oggi gli alleati in un
nuovo vertice di maggioranza.
La nuova riunione dovrà cercare di
rispondere a una lunga serie di
domande: la Lega infatti delinea ogni
giorno che passa sempre di più il
profilo delle misure su cui vuole
mettere la propria firma (riforma
Fornero, pace contributiva e
fiscale, flat tax per aziende e
partite Iva) ma allo stesso tempo
fissa anche i paletti per quanto
riguarda quelle che dovrebbero essere
targate M5S.
Un esempio su tutti, il reddito di
cittadinanza che -
sottolinea Salvini - dovrà
riguardare «solo gli italiani». A parole si
mostrano tutti d'accordo ma in
realtà - secondo quanto viene spiegato
da fonti parlamentari - i confini
della platea sono tutt'altro che
scontati e molto probabilmente non
sarà possibile escludere almeno i
cittadini europei. L'atteggiamento
leghista provoca irritazione agli
alleati pentastellati, che per voce
di Di Maio ci tengono a tornare su
un concetto che suona come una
minaccia: «un governo serio trova le
risorse - scandisce il vicepremier -
perché sennò è meglio tornare a
casa».
Ed ecco riaffiorare quindi il
ragionamento sulla flessibilità
di bilancio: portare il rapporto
deficit/pil al 2% non è un tabù, dice
sempre Di Maio.Ma i 5 stelle sanno
bene che quella soglia è difficile
da raggiungere, per quanto anche il
premier Conte si stia spendendo
proprio in Europa per cercare un pò
di ossigeno e facilitare anche il
lavoro di Tria, con il quale l'asse
si rafforza sempre di più: «Adesso
non impicchiamoci ai decimali»,
chiosa da Salisburgo.
Salvini
si smarca, allarme nel M5s
Vertice
con Berlusconi, la Lega scrive le sue misure. Tensione nella maggioranza
L'eco dell'infuocato dibattito su
quanto aumentare il deficit italiano
arriva fino a Bruxelles e il clima
si scalda. Finora le rassicurazioni
del ministro Tria hanno tenuto il dialogo
aperto su un negoziato
pragmatico che potesse soddisfare
entrambe le parti: la richiesta di
correzione dei conti della Ue, già
rivista al minimo, e l'esigenza del
governo di una manovra espansiva che
trovi risorse per tutti i
provvedimenti del «contratto»
M5s-Lega.Un negoziato che parte da un
dato, riassunto nella «linea Tria»:
portare il deficit nominale non
oltre l'1,6%, e puntare a non far
peggiorare il saldo strutturale.
Ma ora che aumenta la pressione sul
ministro e si moltiplicano le
richieste di arrivare al 2% e oltre,
la Commissione Ue, in attesa di
vedere inumeri messi nero su bianco,
si prepara all'idea di un
confronto difficile e dall'esito
imprevedibile. I tecnici avrebbero
preferito un'evoluzione sul terreno
che avevano preparato mesi fa,
proprio in vista del nuovo governo
gialloverde.
Già a maggio, infatti,
la Commissione aveva promosso i
conti 2017 e rinviato il giudizio
definitivo su quelli 2018 alla
primavera 2019. Un modo per non
«commissariare» il governo entrante,
ma ricordandogli che la manovra
2019 doveva rispettare alcuni
paletti. In particolare lariduzione del
debito pubblico, che passa per la
riduzione del deficit strutturale.
Tria aveva raccolto il messaggio fin
dal suo insediamento, e tirato
però una linea rossa: l'Italia non
farà aggiustamenti rigidi che
comprometterebbero lacrescita.
A Vienna, i commissari Dombrovskis e
Moscovici avevano già ceduto sulle
regole che chiedono una correzione
di 0,3% per il 2018 e 0,6% per il
2019, proponendo a Tria uno sforzo
minimo di 0,1%. Il ministro lo
giudicava compatibile conun deficit che
sale all'1,6%-1,7%. Portando invece
il deficit al 2%, quello sforzo
minimo di 0,1% non sarebbe più
sufficiente a tenere il debito su
unpercorso in discesa soddisfacente.
A quel punto, Bruxelles si
troverebbe a novembre a giudicare
una manovra in palese violazione
delle regole. In un simile caso, il
Patto di stabilità prevede che sia
rispedita al mittente per le dovute
correzioni.
Una mossa
politicamente molto rischiosa,
passibile di attacchi soprattutto da
parte degli euroscettici.di
Serenella MatterawROMA«In un futuro non
lontano il centrodestra tornerà al
governo». Silvio Berlusconi lo dice
fuori da Palazzo Grazioli, dopo il
vertice con Matteo Salvini e
Giorgia Meloni in cui si è sancita
l'intesa di centrodestra per le
elezioni regionali. E fa impennare
la tensione nel governo. È
immediata la richiesta di
chiarimento dei Cinque Stelle: c'è l'accordo
di Salvini con Fi per tornare al
voto a breve? La Lega si affretta a
smentire: «Andremo avanti 5 anni»,
assicura Giancarlo Giorgetti. Ma
l'immagine del leader del Carroccio
che fa la spola tra Palazzo
Grazioli e la sua vicina casa romana
per scrivere le proposte della
Lega sulla manovra, a partire dalla
flat tax cara al centrodestra, dà
corpo a un «doppio forno» leghista
che poco piace al M5s. «Se non
realizziamo le promesse, meglio
andare a casa», ripete in questi
giorni Luigi Di Maio.
Il vertice del centrodestra si
svolge in ore
cariche di tensione nella
maggioranza, per la scarsità di risorse per
la manovra. E viene accolto con un
silenzio irritato e piccato dei
vertici pentastellati: noi voliamo
molto più alto - dicono fonti dei
5Stelle - sappiamo che Salvini fa
leva sull'alleanza di centrodestra e
si mostra più tranquillo perché le
misure della Lega hanno costi
inferiori delle nostre e perciò
possono permettersi un pressing a più
bassa intensità su Tria e Conte.
Questa la loro versione. Che è molto
diversa da quella che filtra dal
vertice di centrodestra.
Su richiesta
di Berlusconi, raccontano fonti
azzurre, Salvini ha promesso di
informare sempre gli alleati sulle
misure del governo e ha detto che
farà di tutto per portare a casa
punti del programma come la flat tax
unica con aliquota bassa. Una misura
del genere, promettono Fi e Fdi,
sarà sostenuta da tutto il
centrodestra. Il Cavaliere si spinge oltre
e più volte, nelle quattro ore di
incontro a Palazzo Grazioli, invita
l'alleato a mollare i Cinque stelle
per tornare al voto col
centrodestra. Ma sul punto Salvini
si mostra fermo: lo so che al loro
interno hanno problemi e non sono
sempre affidabili - è il
ragionamento fatto dal vicepremier -
ma con Di Maio il rapporto è
ottimo.
Ed è una nota della Lega in serata a
precisare che sì, il
centrodestra correrà «come sempre»
unito alle Regionali d'autunno, ma
«a livello nazionale resta l'accordo
con il M5s, a partire dalla
manovra». La ritrovata unità del
centrodestra, dopo la spaccatura
sulla Rai che rischiava di far
saltare l'intesa per le Regionali,
viene messa nero su bianco in una
nota al termine del vertice. «Il
centrodestra esiste e resiste»,
esulta il Cavaliere. Che aggiunge una
personalissima postilla: «Gli
italiani - pronostica al termine del
primo vertice di centrodestra dalle
elezioni - usciranno abbastanza
presto dall'ubriacatura nei
confronti del M5s». A suggellare l'accordo
ci sarà la prossima settimana il
voto per eleggere Marcello Foa alla
presidenza della Rai ma anche -
fanno sapere fonti azzurre - nomi
condivisi, di area centrodestra,
alla guida delle testate della tv
pubblica.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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