La collega contro la quale dei ragazzini, a cui molti
daranno indulgenti pacchette sulle spalle, hanno scagliato alcune sedie insegna
italiano e storia come me, lavora in un istituto professionale come me, ed
ha più o meno la mia età. E’ anche una donna come me, come tante che andavano
occupando le scuole italiane a mano a mano che andavate svalutando questo
lavoro, malpagandolo come nessuno in Europa, svalorizzandolo nelle sue
competenze, sminuendone il ruolo, salvo poi chiamarlo in causa ogni qual volta
si profili, in episodi che non vi sapete spiegare in alcun modo, il fallimento
educativo, il disagio di una comunità, di una società e di un modello di
relazione tra le generazioni e tra le persone.
Noi insegnanti siamo quelli a cui, nel mentre ci
sbeffeggiate richiamando, come fa Salvini, i tre mesi di ferie inesistenti,
chiedete sempre di più. Ci mettete di fronte anche 30 alunni per classe, molti
di loro con bisogni educativi speciali, e comunque ognuno con grandi bisogni di
lavoro personalizzato ed individualizzato e volete risultati educativi e competenze
acquisite.
Noi insegnanti siamo quelli che hanno l’orario settimanale
di lavoro suddiviso su due e tre scuole, in diversi comuni, spesso distanti
anche ore di viaggio e ci spostiamo da una scuola all'altra, anche nell’arco di
una mattina, senza alcun rimborso delle spese e senza che i nostri spostamenti
siano compresi nell’orario di lavoro. Noi siamo quelli che non conoscono orari
certi perché per tutto ci sono riunioni pomeridiane che introducono
flessibilità infinite ed è possibile che, alla fine, la settimana, abbia 4
rientri pomeridiani.
Capita anche che siamo quelli che, finalmente, la domenica,
riusciamo a concludere la correzione dei compiti e a lavorare con calma per
impostare bene la prossima unità di apprendimento da proporre ai nostri alunni.
Siamo anche quelli per i quali l’accesso al contratto a tempo indeterminato
segue percorsi infiniti che passano attraverso lauree, specializzazioni,
formazioni, acquisizioni di crediti formativi a pagamento...
Noi lavoriamo in un paese che, in Europa, si colloca al penultimo posto per la spesa che riserva all’istruzione e anche questa volta, il ministro del governo del cambiamento, nell’informarci che per la scuola gli investimenti sono pari a zero, ci ha detto che: “Occorre riscaldarci con la legna che c’è” . Ci riscalderemo, come sempre. Un abbraccio alla mia collega.
Di
Lucia Chessa
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