Unione
Sarda
CENTROSINISTRA.
Pd, braccio di ferro sulle Primarias. Progres: ora un percorso duraturo. L'Upc:
evitiamo strappi I dem vorrebbero riscrivere le regole, ma Maninchedda dice no
Le primarie costringono le forze
politiche a un braccio di ferro fatto di trattative, rifiuti e strategie.
Nel centrosinistra comincia a maturare l'idea che la cosa migliore sia un
passaggio di questo tipo per il candidato in pectore Massimo Zedda. Ma non nel
terreno delle primarie nazionali sarde, che per ora rappresentano l'unico
progetto in campo. Si tratta di un format già scritto, con date e regole precise
e un perimetro politico chiaro che interroga i cittadini sul concetto di
nazione sarda.
A queste condizioni il
centrosinistra va in difficoltà perché preferirebbe riscrivere le regole delle
primarie, coinvolgendo anche il Partito dei sardi e le forze che hanno dato
vita alla convergenza nazionale. Il risultato è lo stallo. Perché nessuno cede
di un passo. Tutti consapevoli, però, che avere una massa critica di voti
potrebbe diventare fondamentale in uno scenario con tre o quattro forze ai
nastri di partenza per le regionali. Oltre a Pd, Campo progressista e Partito
dei sardi ci sono le altre forze, tentate dalle “Primarias” ma che vorrebbero
la coalizione più ampia possibile.
Nessun freno Bastano le parole del
segretario del Pds, Paolo Maninchedda, per capire che i margini di trattativa
sono ai minimi. Sul suo blog precisa che le Primarias si «svolgeranno
esattamente come sono state programmate e nei tempi previsti, e cioè on line,
aperte a tutti, trasparenti e democratiche, senza rinvii e negoziati di alcun
tipo».
Un paletto preciso, perché le
Primarias «servono proprio a unire i sardi, per questo rifiutano di essere
etichettate come primarie di questa o quella coalizione e si chiamano
nazionali». Il dibattito interno al Pd ha due radici, una politica e l'altra
strategica. Il primo aspetto rappresenta un salto importante per un partito
nazionale che si troverebbe a giocare in un perimetro in cui l'indipendentismo
è tutt'altro che utopia. L'aspetto strategico è riflettere se il percorso con
il Partito dei sardi possa garantire un peso in più per giocarsi la vittoria.
Saranno i sondaggi, commissionati in questi giorni, a dare indicazioni.
Le differenze Dentro il Pd
cominciano a emergere differenze di posizione. Per ora, solo i dirigenti
galluresi hanno aperto le porte a un'alleanza con il Pds. Ma non tutti i dem
sono così favorevoli, soprattutto quelli più vicini a Zedda che rivendicano la
possibilità di organizzare le primarie. Il segretario regionale, Emanuele Cani,
è costretto a gestire la situazione: «Si tratta di un progetto interessante che
vale la pena prendere in considerazione. Sarebbe bene, però, avere una condivisione
collettiva di tutti i soggetti che decideranno di partecipare a questo momento
di consultazione».
Le altre forze. Uno sguardo di
interesse verso il progetto è arrivato da Progres che chiede, però, «un
percorso duraturo che vada oltre le Primarias», dice il segretario Gianluca
Collu, dubbioso sull'apertura della competizione a forze nazionali: «Se ci
fosse il Pd non sarebbe più una convergenza nazionale, ma una coalizione di
centrosinistra. Noi chiediamo una rottura con il passato».
Il segretario del Psi, Gianfranco
Lecca, non ha dubbi: «La soluzione passa attraverso le primarie del Partito dei
sardi. Chi va a governare deve avere un'investitura dal basso e non dalle
segreterie». L'obiettivo è anche dare «un segnale di discontinuità rispetto a
questi cinque anni», dice Lecca, «e strutturare una coalizione fondata sugli
interessi dei sardi».
Il segretario nazionale dell'Upc,
Antonio Satta, ha una posizione leggermente diversa. Bene le primarie, ma «devono
coinvolgere tutte le forze che credono in un progetto di governo». L'idea
dell'Upc è che siano le autonomie locali a giocare un ruolo di prim'ordine e
così la presenza di un sindaco in corsa per la Regione è un motivo in più per
trovare una convergenza. «Sarebbe bene evitare di fare ognuno le proprie
primarie perché si arriverebbe a uno strappo», conclude Satta. Matteo Sau
Spread,
scontro Tria-Visco
Il testo
della Manovra inviato al Colle, in Aula arriverà a fine novembre
Il
ministro replica a Bankitalia: il nostro deficit è sostenibile
ROMA Mentre il testo della Manovra è
stato inviato al Colle, alla
Camera arriverà a fine novembre per
la discussione, botta e risposta
tra il ministro Giovanni Tria e il
governatore della Banca d'Italia
Ignazio Visco. Quest'ultimo ha
lanciato l'allarme e richiamato alla
stabilità dei conti pubblici.
Argomenti toccati anche dal presidente
della Repubblica Sergio Mattarella
in un telegramma inviato al
presidente Acri: «La tutela del
risparmio delle famiglie italiane
unito all'equilibrio dei bilanci
pubblici è condizione essenziale
dell'esercizio della effettiva
sovranità del Paese».
La replica di Tria
Alle richieste di cautela risponde
il ministro dell'Economia Tria:
«Dopo dieci anni e due recessioni
siamo già oltre gli effetti della
grande Depressione. Il deficit
previsto in manovra è sostenibile e
responsabile e ci consentirà di
affrontare prossimi anni convinti che
ridurremo il rapporto debito/pil e
miglioreremo il benessere sociale».
Nuovo monito
Il monito sullo spread è condiviso
dal presidente Acri, Giuseppe
Guzzetti, secondo cui «è
innanzitutto responsabilità del Governo di
non mettere a rischio il risparmio
degli italiani che nelle ultime
settimane è già stato significativamente
ridotto ma non può venire
sacrificato sull'altare del debito
pubblico». E il numero uno Abi
Antonio Patuelli aggiunge che «non
si può essere indifferenti agli
andamenti dello spread e dei mercati
e alle conseguenze su conti
pubblici, imprese e famiglie perché
lo spread appesantisce tutta la
catena produttiva e ostacola la
ripresa».
Tav e metropolitana
«Noi non siamo contro il Tav a
prescindere», ha detto il ministro
dello Sviluppo economico Luigi Di
Maio, a Torino. Poi ha aggiunto:
«Utilizziamo quei denari, per
esempio, per fare la metro due a Torino,
utilizziamo quei denari per
rilanciare le infrastrutture su questo
territorio che ne ha bisogno». Ma
gli industriali non ci stanno: «Il
ministro Di Maio non ha capito nulla
di quanto è accaduto», ha
risposto il presidente di Api Torino
Corrado Alberto. «Ci preoccupa -
ha spiegato Alberto - che questa
infrastruttura non si faccia. Non c'è
e non ci può essere scambio fra la
Tav e la metro di Torino: sono
entrambe infrastrutture essenziali
per il nostro territorio».
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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