venerdì 7 dicembre 2018

Attacco a Pearl Harbor: il giorno macchiato dall'infamia


(07 Dicembre 1941) E’ mattina quando più di 350 aerei giapponesi distruggono la Pacific Fleet statunitense presso una delle più importanti basi navali statunitensi: quella di Pearl Harbour, nell’arcipelago hawaiano. Con l’attacco a sorpresa, il Giappone dichiara ufficialmente guerra agli Stati Uniti ed alla Gran Bretagna. L’incursione aerea giapponese forza l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America.

Infatti, in patria Roosevelt aveva non poche difficoltà a convincere i suoi compatrioti, restii ad inviare i proprio giovani in una guerra sanguinosa e lontana. Tra i partiti che si opponevano alla guerra possiamo ricordare il “First America”, un partito filonazista che si rifaceva alle idee di Adolf Hitler, e che in quel periodo stava riscuotendo largo consenso.

Ai primi di settembre 1941 gli ammiragli giapponesi in comando si riunirono a Tōkyō per discutere il piano d'attacco contro Pearl Harbor. Intanto funzionava nell'isola di Oahu la raccolta d'informazioni sulla flotta americana.

Come è poi risultato da indicazioni segnate su una carta nautica, trovata su un sommergibile nipponico catturato, in un giorno fra il 1° e il 6 dicembre un sommergibile giapponese fece una ricognizione dentro Pearl Harbor, per constatare le posizioni delle navi, trattenendosi nel porto dalle 4 e 10 alle 6.

Per l'abitudine americana del riposo dal pomeriggio del sabato al lunedì, il cambiamento di turno nell'attività dei gruppi della flotta del Pacifico coincideva con la domenica, nel qual giorno la massima parte rimaneva in porto; perciò il comando giapponese stabilì di eseguire l'attacco al mattino di domenica 7 dicembre corrispondente al lunedì 8 dicembre in Giappone.

La partenza dei velivoli giapponesi cominciò all'alba quando le navi del Mikado giunsero a circa 200 miglia a nord di Oahu. La prima ondata che arrivò sugli obiettivi fra le ore 7 e 55 e le 8 e 05 fu costituita da 4 gruppi: 50 velivoli per bombardamenti in quota contro le corazzate; 40 velivoli siluranti contro le corazzate e le navi portaerei; 54 velivoli per l'attacco in picchiata contro hangars e velivoli a terra; 45 velivoli da caccia contro velivoli in volo o nel campi.

La seconda ondata che iniziò l'attacco alle ore 9 fu composta di tre gruppi: 54 velivoli per bombardamenti in quota contro hangars e velivoli nei campi; 81 velivoli per bombardamenti in picchiata contro navi portaerei ed incrociatori; 36 velivoli da caccia contro velivoli in volo o nei campi.

Nel 2000 il fotografo Robert Stinnett, sostenne la "teoria della cospirazione" architettata da Roosevelt e i suoi collaboratori per indurre i giapponesi ad attaccare Pearl Harbor. Roosevelt avrebbe applicato un piano per provocare l'attacco giapponese contro gli Stati Uniti: all'ammiraglio Kimmel sarebbe stato impedito di condurre esercitazioni che avrebbero fatto scoprire la flotta giapponese in arrivo, flotta che in realtà, secondo Stinnett, non avrebbe mantenuto il silenzio radio e, anzi, i suoi messaggi sarebbero stati intercettati e decifrati dai servizi statunitensi.

Il lavoro di Stinnett è stato tuttavia fortemente criticato da altri studiosi, che lo hanno smentito in vari modi, e le sue deduzioni sono state ritenute non esatte. Tuttavia altri fattori sono a favore della teoria del complotto: anche per Pearl Harbor si aprì un grande dibattito, per certi aspetti del tutto simile a quello che riguardò le Twin Towers abbattute nel Settembre nel 2001 da un commando terroristico.

Vincenzo Maria D'Ascanio

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