“Stando qui inizia la mia rovina. Venendo là inizia quella
degli altri.” Gaio Giulio Cesare (Roma,
13 luglio 101 a.C. – Roma, 15 marzo 44 a.C.)
(10 gennaio 0049 AC) Giulio Cesare, che sta combattendo la
feroce Guerra della Gallia, viene dichiarato dal Senato “nemico della
Repubblica” a seguito del suo rifiuto di deporre il comando, e rientrare a Roma
da privato cittadino. Il Senato avrebbe voluto dargli il governo di una
provincia, e la cosa poteva sembrare un premio per le sue vittoriose battaglie.
Il realtà proprio il Senato, ed in primo luogo Cicerone, aveva compreso che
Giulio Cesare aveva consenso tra la popolazione ed un potente esercito, e tutti
sapevano che sarebbe arrivato a Roma non per rispondere al Senato, ma per
diventare il primo imperatore di Roma.
Invece di sciogliere l’esercito, infatti, e piegarsi ad un
ordine che ritiene iniquo decide di marciare verso Roma, alla testa di una
legione formata da cinquemila fanti e trecento cavalieri.
Con i suoi legionari armati varca il fiume Rubicone e
pronuncia la storica frase "Alea iacta est" ovvero "il dado è tratto".
Nessun romano, infatti, può oltrepassare in armi quel confine senza il permesso
del Senato: di qua dal fiume Cesare è considerato un pericoloso ribelle, un
sovversivo, un pericolo per la Repubblica. È l’inizio della guerra civile: il
Senato si affida a Pompeo e, nel tentativo di difendere le istituzioni
repubblicane, decise di dichiarare guerra a Cesare (49 a.C.).
Dopo alterne vicende, i due contendenti si affrontarono a
Farsalo, dove Cesare sconfisse senz’appello il rivale. Pompeo cercò rifugio in Egitto,
ma lì fu raggiunto dalle armate di Cesare ed ucciso (48 a.C.) senz’alcuna
pietà. Anche Cesare in seguito si recò in Egitto, e lì rimase coinvolto nella
contesa dinastica scoppiata tra Cleopatra VII e il fratello Tolomeo XIII:
risolta la situazione riprese la guerra, e sconfisse il re del Ponto Farnace II
a Zela (47 a.C.).
Partì dunque per l'Africa, dove i pompeiani si erano
riorganizzati sotto il comando di Catone, e li sconfisse a Tapso (46 a.C.). I
superstiti trovarono rifugio in Spagna, dove Cesare li raggiunse e li
sconfisse, questa volta definitivamente, a Munda (45 a.C.). La guerra civile
aprì la strada alla fine della Roma repubblicana, a cui sarà dato il colpo di
grazia con la successiva guerra civile tra
Ottaviano e Marco Antonio (terminata con la battaglia di Azio del 31 a.C.),
vinta come tutti sappiamo da Marco Antonio, che in seguito, dopo le Idi di
marzo (dove Giulio Cesare fu ucciso da una congiura di Senatori) entrò in
contrasto con l’erede di cesare Ottaviano (che in seguito adottò il nome di
Augusto.
La gloria di cesare arrivò sino ai nostri giorni, ma non
tutto ci è stato detto di lui. Cesare era infatti una persona estremamente
spietata, che in Gallia non esitò a compiere dei veri e propri genocidi. Nella
Bretagna sono state ritrovate i resti di migliaia e migliaia di cadaveri,
insieme ad armi romane. La sua crudeltà emerse anche nel corso della guerra
civile, dove i suoi nemici furono letteralmente spazzati via con la massima crudeltà.
Tuttavia non possiamo pensare ad un generale ed alla guerra coi criteri di
oggi, Giulio Cesare va contestualizzato nel suo tempo, anche perché i suoi
avversari non erano inferiori a lui, per quanto riguarda la ferocia messa nel
campo di battaglia.
Di
Vincenzo Maria D’Ascanio.
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