Unione
Sarda
Solinas:
«Più poteri ai sardi per gestire la sanità e realizzare la zona franca» Il
leader del centrodestra: chiederò a Roma e Bruxelles la fiscalità di vantaggio
come nelle Canarie
Christian Solinas sarebbe un
presidente-negoziatore. L'espressione che usa di più, se gli si chiede cosa
farà da governatore, è «contrattare con lo Stato». Dalla zona franca alle
competenze su sanità e beni culturali, il leader del centrodestra interpreta il
sardismo come una via per allargare i confini dell'autonomia: «Con l'obiettivo
di migliorare le condizioni economiche dei sardi», precisa.
Puntando
su cosa? Nel 2009 il centrodestra promise la revisione del Ppr, 5 anni fa la
zona franca. Stavolta non emerge ancora un tema centrale.
«Il governo della Regione è una
partita articolata, non si può ridurre a slogan. Noi parliamo di un modello di
sviluppo completo, in cui tutti i settori produttivi si colleghino per
restituire ai sardi l'orgoglio e la dignità di poter abitare quest'isola
felicemente. Il che implica una continuità territoriale efficiente, una sanità
che risponda ai bisogni di salute, la possibilità per i giovani di non partire».
In quel
modello di sviluppo compare anche il metano?
«Sì. Ma serve subito. La dorsale
temo che richieda troppo tempo: fai gli espropri, poi il bando e
l'aggiudicazione, poi chi ha perso ricorre, poi magari le imprese vincenti
vanno in crisi... Meglio la soluzione dei depositi costieri».
La zona
franca invece non le interessa?
«È una battaglia del Psd'Az già
dall'Assemblea costituente, poi portata avanti per anni in solitudine. Oggi
tutti fanno razzia dei nostri temi programmatici, ma quando potevano realizzare
la zona franca non l'hanno fatto. Ora bisogna partire anzitutto da ciò che già abbiamo,
attivando subito i punti franchi, e da lì mirare a una zona franca integrale
declinata in termini di fiscalità di vantaggio».
Su quale
modello?
«Penso a quelli già esistenti nell'Ue
come le Canarie, con un trattamento privilegiato sull'Iva, al 7%. O una
tassazione per le aziende inversamente proporzionale al numero di assunti
stabili. L'idea è contrattare con Roma e soprattutto con Bruxelles una compensazione
degli svantaggi strutturali dell'Isola».
Da
assessore ai Trasporti lei varò la flotta sarda. Ora lo rifarebbe? O il
monopolio di Onorato non è più un problema?
«Oggi è cruciale superare la
convenzione Tirrenia. Quando diventai assessore avevamo i porti occupati dagli
autotrasportatori, e l'allarme del mondo produttivo e del settore turistico per
le tariffe alle stelle. La Regione diede una risposta di sistema. Purtroppo chi
è venuto dopo non l'ha difesa».
Ma c'era
il buco nei conti.
«Queste sono le mistificazioni che
si raccontarono allora. Avevamo investito 5 milioni all'anno per due anni, per
garantire tariffe ridotte: il business plan, redatto da un'importante società,
prevedeva di centrare l'equilibrio di bilancio in un quinquennio. Poi non è stata
difesa questa impostazione e si è parlato di un buco di 10 milioni. Per bus e
treni ne spendiamo 154 all'anno, come compensazioni: ma non è un buco, è un
servizio pubblico assistito da tariffe abbordabili».
A
proposito di conti: come terrà a bada quelli della sanità?
«Il problema è che anni fa il
presidente Soru decise di accollare alla Regione l'intero costo del servizio
sanitario. In cambio lo Stato avrebbe dovuto garantire più entrate da Iva e
altre voci. Quindi anzitutto dovremmo contrattare con lo Stato risorse idonee a
sostenere quella spesa. Ma anche la competenza a disciplinare da noi i
servizi».
Che cosa
intende?
«Se ci paghiamo la sanità dobbiamo
poter strutturare la rete ospedaliera e i servizi con criteri definiti da noi,
che tengano conto dell'orografia, delle strade... Non possono accollarci la
sanità e poi applicare i decreti ministeriali parametrati su città come Milano
o Roma, con tanti abitanti in spazi circoscritti».
Se
servono più poteri, serve anche un nuovo Statuto?
«La nostra idea resta riscriverlo
con un'Assemblea costituente del popolo sardo. Dello Statuto attuale molte
parti sono rimaste lettera morta; altre richiedono una rivisitazione integrale.
Per esempio: la più grande minoranza linguistica d'Italia non ha nella sua
Carta fondamentale la tutela della lingua. Perciò ho presentato al Senato una
proposta di riforma dello Statuto. Un'altra rivendicazione sarà la competenza
primaria sui beni culturali, come ha la Sicilia».
Novità
rilevanti per i profili culturali, più che per lo sviluppo.
«Non creda. Tutela linguistica
significa competenza sul dimensionamento scolastico, indennità per il
bilinguismo nel pubblico impiego. Sui beni culturali, pensi al nuraghe di
Barumini: 140mila visitatori all'anno, la prima azienda del territorio per
buste paga. Mettendo a sistema le nostre eccellenze attireremo un turismo culturale che è in crescita, creando
indotto per i prodotti alimentari, artigianali e così via».
Nei
giorni scorsi lei ha accolto nell'Isola il governatore Luca Zaia, che reclama
più poteri e più risorse per il Veneto. Voterebbe sì all'autonomia per le
regioni del nord?
«Assolutamente sì, non temiamo il
fatto che l'autonomismo si affermi altrove. Un governo e un Parlamento attenti
all'autonomia di altre regioni non possono che essere ancora più attenti alla
specialità della Sardegna. Diffiderei semmai di un governo che non concede autonomia
a nessuno. La partita da giocare sarà piuttosto chiedere per noi ulteriori
spazi di autogoverno, più competenze nei settori strategici».
La Lega
sta mandando in giro i manifesti con la scritta “Solinas presidente” e la
faccia di Salvini. Non le dà fastidio?
«È una polemica strumentale, non
vedo dove stia il problema. Anche i santini elettorali diffusi dalle liste
recano la fotografia di ciascun candidato, e la scritta Solinas presidente. È
un modo per riconoscersi
tutti nella figura del candidato
governatore».
Lei ha
firmato la Carta delle parità: può già promettere che la sua Giunta sarà divisa
equamente tra uomini e donne?
«La parità ci sta a cuore, è una
battaglia delle donne sardiste nata in epoche in cui nessuno ne parlava. La
prima donna presidente di provincia in Italia fu del Psd'Az. La Giunta sarà
fatta con criteri di assoluto rispetto della parità di genere, e soprattutto
delle competenze».
L'attuale
Giunta si è detta disponibile ad accogliere i migranti bloccati in mezzo al
mare. Lei è alleato con Salvini: se fosse già presidente, quale sarebbe il suo
atteggiamento?
«I sardi sono un popolo ospitale, e
il Psd'Az ha un'idea dell'immigrazione che coincide con quella della Lega
quando si ragiona su tre categorie di migranti: se uno scappa da guerre o
carestie le porte sono aperte, in Sardegna e anche in Italia, come scrive la
Lega nel suo programma. E così per un migrante sano che vuole integrarsi, studiare
o lavorare. Se uno invece non dà le sue generalità, non vuole integrarsi, è di
fatto un clandestino per le leggi italiane. Il traffico di esseri umani che
alimenta business e genera morti va smorzato sul nascere. Si può fare molto,
con accordi bilaterali, per cercare di evitare che queste persone lascino la
loro terra».
Aiutiamoli
a casa loro, quindi.
«Beh, si dice sempre che bisogna
dare ai nostri giovani le condizioni per restare qua. Perché allora in Africa
bisogna garantire solo le condizioni per partire? Il consesso internazionale si
adoperi per consentire a queste persone di abitare la loro terra, lontano da guerre
e miseria».
Giuseppe Meloni
Intervista tratta da "L'Unione Sarda" del 01.02.2019
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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970ca
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