Al voto. I Cinque Stelle
già rassegnati desertano i comizi, Il PD si aggrappa a Zedda, nei sondaggi è
avanti Solinas. Con i suoi “Impresentabili.”
di Tommaso Rodano inviato a Cagliari
Sembra una gara a perdere, ma il grande favorito è sempre lo
stesso, Matteo Salvini. Non solo per i sondaggi, ma per una sensazione che si
respira in ogni angolo della Sardegna. Salvini la gira a ritmi forsennati da
una settimana, riempiendo le piazze di una Regione dove cinque anni fa la Lega
non esisteva. Non si era nemmeno presentata, come in Abruzzo.
Sembra una gara a perdere, dicevamo. Perché il Carroccio
isolano – come abbiamo raccontato martedì – è un’accozzaglia improvvisata e
litigiosa di notabili riciclati, dirigenti con guai giudiziari, massoni più o
meno conclamati e neofiti senza esperienze politiche. Poco importa: le beghe
leghiste non le conosce nessuno, in questo momento l’aura di Salvini può
oscurare anche disastri del genere.
Il candidato delle destre è Christian Solinas, segretario
del Partito sardo d’azione. Con lui “il Capitano” ha siglato un patto di ferro:
candidatura in Senato a marzo e subito dopo scalata alla Regione. Solinas non è
un gigante, ma conosce la politica isolana. Ex democristiano di rito
cossighiano, è cresciuto all’ombra di uno dei padri della Dc locale, l’eterno
Mariolino Floris.
Fa politica da quando era ragazzo, poco tempo per lo studio:
si porta appresso il poco lusinghiero soprannome di “Trota sardo” (nel senso di
Renzo Bossi) per colpa di una famigerata laurea farlocca rilasciata dal Leibniz
Business Institute, università non riconosciuta dal Miur. Due mesi fa comunque
ha rimediato con una tesi in giurisprudenza a Sassari, ma dell’argomento non
parla volentieri. Poco conta: sul camioncino elettorale della Lega, sotto la
scritta “Solinas presidente”, c’è il faccione di Salvini. Il marchio è “il
Capitano”. Le alternative invece?
La più credibile è Massimo Zedda. Il sindaco di Cagliari è
il candidato più conosciuto, dopo 8 anni (e due elezioni) alla guida del
capoluogo. I sondaggi lo danno in rimonta, ma la sua corsa è legata al nome e
al simbolo del Pd, nel momento peggiore della storia del partito.
I Cinque Stelle, da consolidata tradizione, non sono
competitivi nel voto locale. Il candidato si chiama Francesco Desogus. “È una
brava persona”, ripetono tutti, “proprio una brava persona”. Studi da agronomo
e carriera da impiegato pubblico, si è fatto apprezzare per il sudore versato
da attivista nei meetup locali. Ma non sembra avere (eufemismo) il carisma del
leader politico.
Intanto ci mette la faccia e il nome, visto che il Movimento
l’ha lasciato praticamente da solo: Luigi Di Maio non s’è visto, Alessandro Di
Battista mai pervenuto. I due partner della campagna abruzzese erano attesi per
il weekend della scorsa settimana, ma sono rimasti a Roma per sopraggiunti
impegni. Il capo politico si concederà in extremis: domani sarà a Cagliari per
l’ultimo comizio.
Desogus è troppo mite per le polemiche: “Se qualcuno viene
sono contento, altrimenti vado avanti lo stesso”, ha detto al Fatto qualche
giorno fa. La candidatura gli è piovuta un po’ in testa: il designato era il
sindaco di Assemini Mario Puddu, costretto al ritiro da una condanna in primo
grado per abuso d’ufficio. Le nuove primarie online hanno premiato Desogus per
una manciata di voti, 450 in tutto. “Se scriverò un libro – dice lui – lo
chiamerò ‘28 clic’, quelli che mi hanno fatto vincere la sfida”. E l’hanno
fatto finire in questa missione improbabile.
Il Movimento qui il 4 marzo era volato sopra al 40%. Uno
standard impossibile: domenica sera saranno comunque dolori. “Nella migliore
delle ipotesi quei voti saranno dimezzati”. A parlare è Ornella Piredda. Il suo
nome è legato a un grande atto di coraggio: è stata la funzionaria pubblica che
ha denunciato lo scandalo della Rimborsopoli sarda.
Un’inchiesta in tre filoni che ha coinvolto 120 tra
consiglieri e dipendenti regionali. La medaglia di Ornella è stata
l’isolamento: “Ero una 5Stelle, ma non sono stata considerata una risorsa.
Veleni e gelosie mi hanno costretto a cambiare aria. Sono candidata con una
lista autonomista, Autodeterminatzione”.
Somma beffa, due dei condannati per le spese pazze sono
ancora in lista, pronti a un’altra consiliatura nella stessa Regione in cui
hanno compiuto il reato. Entrambi corrono per Forza Italia: Oscar Cherchi e
Alberto Randazzo (rispettivamente 4 e 3 anni per peculato). Non sono gli unici
casi imbarazzanti nel centrodestra.
Con il Partito sardo d’azione di Solinas c’è persino un uomo
a processo per traffico internazionale di droga: è l’ex sindaco di Buddusò
(Sassari) Giovanni Satta. A Salvini è costato una figura di palta: a novembre
il ministro dell’Interno in visita a Cagliari si è vantato delle “liste pulite”
della coalizione. Mentre lo diceva, Satta era proprio alle sue spalle. Altri
eventuali “impresentabili” saranno resi noti oggi pomeriggio dalla commissione
antimafia presieduta dal Cinque Stelle Nicola Morra.
I numeri delle elezioni di domenica sono folli: 7 aspiranti
alla presidenza, 24 liste e oltre 1.400 candidati. Con Zedda ci sono ben 8
sigle, in supporto a Solinas addirittura 11. Un vantaggio per il centrodestra,
ma forse l’unica incognita per Salvini, che nel voto clientelare drenato di
tutte queste liste rischia di perdere percentuali preziose per la sua Lega.
Quelle che a meno di sorprese, a partire da lunedì gli serviranno per
rivendicare l’ennesima prova schiacciante della sua egemonia.
Ques’articolo
è tratto dell’Editoriale il Fatto Quotidiano
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