Unione
Sarda
Ricchezza
e cultura, l'Isola in fondo alle classifiche Ue Eurostat: il 29% dei sardi è a
rischio povertà Il Pil sardo è al 220° posto su 312 regioni Tra i giovani solo
uno su quattro è laureato
La buona notizia è che il Pil pro
capite della Sardegna è aumentato. Poca roba: 300 euro annui a testa, circa 500
milioni di euro in più, questo dicono le ultime statistiche Eurostat (basate
sui dati del 2017), ma non è abbastanza per riemergere dal fondo delle
classifiche. Inutile illuderci: se si allarga lo sguardo all'Italia intera e soprattutto
all'Ue, l'Isola è sempre tra le regioni più povere.
In Europa
siamo al 220° posto su 312, in un'affollata zona retrocessione in cui si trova
tutto il Meridione italiano, buona parte dell'Est europeo, la Grecia e il Sud della
Spagna. Questo perché è vero che il prodotto interno lordo sardo è salito un
po' negli ultimi anni, ma mai quanto il Nord Italia e il resto del Vecchio
continente, che hanno decisamente un altro passo.
I dati. Ogni
abitante dell'Isola produce ricchezza per 20.600 euro, contro la media
nazionale di 28.500 e quella Ue di 30.000. La crescita lenta della nostra economia ci ha già condannato al rientro nel girone dei dannati delle “regioni in ritardo di sviluppo”, quello che un tempo si chiamava Obiettivo 1 e che per fortuna significa sempre una cosa: più soldi dall'Ue. Insomma: una cura ricostituente, come si fa per i bambini non troppo in salute.
Disoccupazione.
Gli altri dati dell'Eurostat sono forse più impietosi. E non solo perché il tasso di disoccupazione è ben oltre la media europea. L'ultima statistica dice che siamo al 11,2 %. Ma leggendo questo numero, riferito al terzo trimestre del 2018, si deve tenere a mente anche il concetto di stagionalità: nel conto
c'è l'esercito di dipendenti a termine, assunti per l'estate da alberghi,
ristoranti e dalla filiera turistica. L'Ue, quando si parla di
disoccupati, è tre punti percentuali più sotto.
Ecco
perché il 29% degli abitanti della Sardegna è a rischio povertà secondo
l'Eurostat, contro il 20% della media italiana e il 17% dell'Europa. «L'Isola è in queste
condizioni perché non sono state affrontate
realmente le cause della crisi, ovvero gli scarsi
investimenti, i redditi bassi e l'assenza di mobilità sociale», dice
Fulvia Murru, segretario regionale della Uil Fpl.
«Bisogna sostenere la crescita
economica e lo sviluppo, attraverso un piano di investimenti
pubblici e un taglio delle tasse per lavoratori dipendenti e
pensionati», è il messaggio recapitato alla Giunta regionale che si
sta formando in questi giorni.
Gli
studenti Le performance peggiori certificate dall'Eurostat riguardano il campo culturale.
L'abbandono scolastico, si sa, è tra i più alti d'Europa: nel 2017 era al 21,2%, dato in aumento rispetto al 2016 (quando era sceso al 18,1%). E poi ci sono i famosi Neet - acronimo di not engaged in education, employment or training -, quei giovani che non studiano, non si formano e non cercano lavoro.
Nella
fascia tra i 15 e i 29 anni rappresentano il 24,1% del totale, contro il 10,9%
della media Ue. «L'Isola è agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda la scolarizzazione.
Per invertire questa tendenza serve una volontà politica», ricorda Francesco Stochino
componente del Cda dell'università di Cagliari e
rappresentante dell'associazione
studentesca Unica 2.0. Certo,
qualcosa è stato fatto: ultimamente sono state aumentate le borse di studio, i
trasporti per gli studenti sono diventati quasi gratuiti.
«Ma serve un maggior interesse,
soprattutto da parte del Governo». La situazione è tutt'altro che rassicurante:
nella fascia tra i 30 e i 34 anni il tasso di laureati è fermo al 23%. A Cipro,
tanto per citare un'altra Isola del Mediterraneo, è al 55%.
Articolo
tratto dall’Unione Sarda del 13.03.2019
Michele Ruffi
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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