(05 Giugno 1967) Nelle
prime ore delle mattina, l'aviazione israeliana lancia un attacco a sorpresa
contro le forze aeree dell'Egitto e della Siria, annientandole quasi
completamente senza che nessun aereo potesse alzarsi in volo. Inizia così la guerra dei 6 giorni,
che vede lo stato d’Israele contrapposto a Egitto, Giordania e Siria
(appoggiati da Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Sudan e Algeria).
Tutto cominciò nel mese di maggio, quando Nasser (presidente
della Repubblica Egiziana) chiese il ritiro dei caschi blu dislocati lungo la
frontiera del Sinai per bloccare gli stretti di Tiran, impedendo così il
traffico navale nel Golfo di Aqabah e quindi anche il porto israeliano di Elat.
Gli Stati Arabi erano certi di distruggere Israele, e dunque di
restituire i territori ai legittimi proprietari, ovvero il popolo palestinese. Le forza in campo erano enormemente
superiori a quelle israeliane.
Tuttavia Israele partiva
in svantaggio solamente in apparenza: nonostante le sue forze militari fossero
numericamente inferiori a quelle degli stati arabi, il suo esercito si stava
preparando da anni all’eventualità di una guerra, di cui aveva studiato e
sperimentato tutti i possibili sviluppi. In un report del 1967, lo Stato maggiore congiunto degli
Stati Uniti aveva stabilito che le forze e le competenze dell’esercito
israeliano erano tali che il paese sarebbe stato militarmente imbattibile «da
qualsiasi coalizione di stati arabi per i prossimi cinque anni».
Il 5 giugno Israele aprì le ostilità, protrattesi fino al 10
giugno successivo, con un potente attacco aereo che distrusse quasi per intero
l’aviazione egiziana. Le forze israeliane occuparono Gaza e il Sinai a danno
dell’Egitto, la Cisgiordania e la parte araba di Gerusalemme a danno della
Giordania, gli altipiani del Golan a danno della Siria.
La Guerra dei Sei giorni
ebbe conseguenze sia sulla pace sia soprattutto sulle guerre che si sarebbero
combattute in futuro. La conquista del Sinai
pose le basi per la futura pace con l’Egitto, che fu firmata nel 1979 in cambio
della restituzione del Sinai. Mise fine al progetto militare e politico del
panarabismo, che almeno per quel periodo storico finì con la morte di Nasser
nel 1970.
«Dall’altra parte», ha scritto
il rispettato storico Benny Morris, «diede spinta a un’ideologia
espansionistica legata ai movimenti della destra religiosa che prima del 1967
era praticamente inesistente»: in Cisgiordania si trovano infatti moltissimi luoghi descritti nella
Bibbia, il libro sacro dell’ebraismo, cosa che secondo diversi leader religiosi
ebraici dava ad Israele il diritto di occuparli.
L’occupazione dell’intera Cisgiordania durò fino al 1994 –
contro il parere dell’ONU – causando disagi e sofferenze per milioni di
palestinesi, che nel giro di pochi giorni diventarono “cittadini di Serie B”
dello stato israeliano. L’occupazione legittimò la fondazione di colonie israeliane in tutta
la Cisgiordania, proseguita per decenni. Oggi si stima che nelle colonie israeliane in terra
palestinese viva circa mezzo milione di persone. La diffusione
delle colonie è considerata il principale ostacolo per le prospettive di pace
fra israeliani e palestinesi.
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