giovedì 11 luglio 2019

Craxi ed il suo discorso alla Camera dei Deputati


(11 luglio 1995) Nell’ambito delle indagini di "Tangentopoli" la magistratura italiana emette un mandato di cattura nei confronti dell'ex segretario del Partito Socialista Italiano, Bettino Craxi. L'epicentro del potere socialista e craxiano era Milano, centro nevralgico della finanza e degli affari, con il cui ambiente il PSI finì per identificarsi.

Nel dicembre del 1986 si avvicenda alla guida del comune Paolo Pillitteri, cognato di Craxi, sostituendo Carlo Tognoli, con una giunta pentapartito. Lunedì 17 febbraio 1992 avviene un fatto clamoroso: poco dopo le 17.30, nel suo ufficio al Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa viene arrestato per concussione per una tangente da 14 milioni che gli era stata consegnata da un giovane imprenditore, Luca Magni, che aveva organizzato l'operazione per 'incastrare' Chiesa con l'allora sostituto procuratore a Milano, Antonio Di Pietro e il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani.

Craxi al TG3 del 3 marzo, a un mese dalle elezioni politiche, commenterà sostenendo che «una delle vittime di questa storia sono proprio io... Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un'ombra su tutta l'immagine di un partito che a Milano, in 50 anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione». Il 23 marzo Chiesa inizia a confessare svelando ai pubblici ministeri dell'inchiesta Mani Pulite il complesso sistema di tangenti che coinvolgono i dirigenti milanesi del PSI.

Craxi stesso ricevette una ventina d'avvisi di garanzia e dopo aver accusato la Procura di Milano di muoversi dietro "un preciso disegno politico", si presentò alla Camera e tuonò: "Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro." Il giuramento, cui Craxi sfidò tutto il Parlamento, non fu raccolto da nessuno, ma fu per anni sentito come un silenzio ipocrita.

Secondo Gerardo D'Ambrosio il discorso craxiano fu «onesto», mentre il silenzio altrui era dovuto al fatto che «in quel periodo gli altri partiti speravano di farla franca, anziché affrontare il problema lasciarono Craxi solo» Per Giorgio Benvenuto il discorso fu "simile a quello di Aldo Moro quando affermò con orgoglio che non accettava che la Democrazia Cristiana fosse processata. Craxi distinse tra malaffare e finanziamento della politica, i in tentativo disperato di salvare una qualsiasi parvenza di moralità. Ammise tuttavia le proprie responsabilità.

Insomma, egli si dichiarò colpevole, anche davanti ai giudici, solo di finanziamento illecito al PSI, ma negò sempre ogni accusa di corruzione per arricchimento personale. Il 29 aprile 1993, la Camera dei deputati negò l'autorizzazione a procedere per quattro dei sei procedimenti intentati nei suoi confronti – le uniche richieste che passeranno (per soli due voti) furono quella di procedere per i fatti di corruzione accaduti a Roma e quella per i fatti di illecito finanziamento del partito –, provocando l'ira dell'opinione pubblica e facendo gridare allo scandalo numerosi quotidiani.

Nella stessa aula seguirono momenti di tensione, con i deputati della Lega e dell'MSI che gridavano "ladri" ai colleghi che avevano votato a favore di Craxi, secondo una tecnica di utilizzo politico definita "la mossa del cavallo." Alcuni ministri del governo Ciampi si dimisero in segno di protesta.





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